Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9263 Anno 2019
1376
Civile Ord. Sez. L Num. 9263 Anno 2019
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2019
ORDINANZA
sul ricorso 26111-2013 proposto da: da :
COGNOME C.F. CODICE_FISCALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta delega in atti; NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE; 2018
– intimati –
avverso la sentenza n. 1321/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 16/05/2013 R.G.N. CORTE R G . N .
COGNOME
631/2011.
RILEVATO
che, con sentenza depositata in data 16.5.2013, la Corte di Appello di Bari ha dichiarato inammissibile il gravame interposto da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME quale titolare dell’omonima azienda agricola RAGIONE_SOCIALE, avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna della detta azienda al pagamento di differenze retributive che gli sarebbero spettate per il lavoro svolto alle dipendenze di quest’ultimo;
che per la cassazione della sentenza ricorre il COGNOME articolando tre motivi;
che la parte datoriale é rimasta intimata; che il P.G. non ha formulato richieste
CONSIDERATO
che con il ricorso si censura: 1) la nullità della sentenza, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per violazione degli artt. 112, 145, 148, 160 e 161 c.p.c. , poiché, nonostante la sentenza impugnata riconosca che il Biase era stato convenuto innanzi al Tribunale «quale titolare dell’omonima azienda agricola RAGIONE_SOCIALE, reclamando nei confronti della stessa differenze ed indennità retributive varie rinvenienti dall’intercorso rapporto di lavoro>> e, nonostante le notifiche avessero raggiunto lo scopo in entrambi i gradi di giudizio, essendo state effettuate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., presso il procuratore costituito avv. NOME COGNOME con studio in Toritto (BA), INDIRIZZO ed altresì presso la sede legale della società, la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che, avendo il Macchia notificato l’atto di gravame «direttamente alla predetta società ed un’altra copia al suo procuratore costituito avv. COGNOME, si tratterebbe «di
notifica effettuata a soggetto che non ha partecipato al giudizio di primo grado, ove appunto era stato convenuto il COGNOME quale persona fisica, e laddove l’avv. COGNOME era il suo difensore, non certamente della società, che appunto non era stata evocata» e che, pertanto, «l’appello» sarebbe «inammissibile» per «un’evidente omessa notifica»; 2) «in via subordinata», la violazione degli artt. 2293, 2257 c.c., 75, 148, 160, 164, 414 c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché, in caso di rigetto del primo motivo, la decisione sarebbe comunque vulnerata dalla violazione delle norme citate per avere dato per presupposto che «la società non ha partecipato al giudizio di primo grado, ove appunto era stato convenuto il COGNOME come persona fisica e, laddove l’avv. COGNOME era il suo difensore, non certamente della società, che appunto non era stata evocata>>, senza considerare che le società dotate di personalità giuridica come quella di cui si tratta stanno in giudizio per mezzo di ciascun socio, anche disgiuntamente, spettando allo stesso, uti singulus, l’amministrazione e, quindi, la rappresentanza dell’ente; 3) la violazione o falsa applicazione degli artt. 75, 148, 156, 157, 160, 170, 414 e 330 c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché, sempre subordinatamente all’eventuale rigetto del primo motivo, la sentenza impugnata va censurata anche per la violazione delle predette norme, in quanto le notifiche avevano raggiunto lo scopo in entrambi i gradi di giudizio, essendo state effettuate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., presso il procuratore costituito avv. NOME COGNOME con studio in Toritto (BA), INDIRIZZO ed altresì presso la sede legale della società;
che il primo motivo è fondato; ed invero non è condivisibile la decisione della Corte di Appello laddove, pur dando atto che il COGNOME «ha convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari il sig. COGNOME COGNOME quale persona fisica, titolare appunto dell’omonima azienda agricola RAGIONE_SOCIALE», afferma poi che la notifica dell’atto di gravame effettuata «direttamente alla sede della predetta società ed al procuratore costituito avv. COGNOME» sia stata «effettuata a soggetto che non ha partecipato al giudizio di primo grado», in quanto, a
prescindere dalla contraddittorietà delle due affermazioni contenute nella sentenza, in cui, dandosi atto che il COGNOME era «stato convenuto quale persona fisica, titolare dell’omonima azienda agricola», si sostiene che la notifica dell’atto di appello, ritualmente effettuata presso la sede della società, nonché «presso lo studio del procuratore costituito avv. COGNOME», sarebbe stata diretta nei confronti di un «soggetto che non ha partecipato al giudizio di primo grado», la Corte di merito si è pronunziata su una domanda non proposta – quella contro il COGNOME quale persona fisica -, anziché su quella che il lavoratore aveva effettivamente e ritualmente proposto e notificato: quella contro il COGNOME, in qualità di titolare dell’azienda agricola omonima, nei cui confronti sono state dirette le domande e rassegnate le conclusioni;
che, peraltro, alla stregua degli arresti giurisprudenziali di legittimità, «Nella società in nome collettivo irregolare, ciascuno dei soci, in quanto munito del potere di amministrazione (art. 2297 c.c.), deve ritenersi titolare della rappresentanza sostanziale e processuale della società medesima; pertanto, il socio che venga citato oltre che in proprio, espressamente in tale qualità, deve ritenersi convenuto in giudizio anche quale rappresentante della collettiva irregolare, con la conseguenza che il rapporto processuale si instaura nei confronti di quest’ultima, la quale assume la veste di parte in giudizio» (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 1550/1998; 3398/1989; 6399/1981);
che i giudici di merito non hanno fatto, quindi, corretta applicazione della normativa che regola la disciplina delle società in nome collettivo, applicabile alla fattispecie, in tema di rappresentanza legale;
che il secondo ed il terzo motivo, peraltro formulati «in via subordinata», restano, all’evidenza, assorbiti;
che, pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto restando assorbiti gli altri -, con rinvio, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito, a quanto innanzi affermato
La Corte accoglie il primo motivo di rísorso; assorbiti gli altri. Cassa, in 5,; – K,, – 2.:,i jj , ‘.4 ivtt relazione al motivo accoltoYe rinvia alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 29 marzo 2018