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Prova titolarità del credito: onere del cessionario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio cruciale nelle procedure fallimentari: la società che acquista un credito deve fornire una prova rigorosa della sua titolarità. Nel caso specifico, una società di cartolarizzazione si era opposta a un’ammissione parziale del proprio credito allo stato passivo di un fallimento. La sua richiesta è stata respinta sia dal Tribunale che dalla Cassazione perché non aveva provato adeguatamente di essere la nuova creditrice, non avendo prodotto né l’atto di cessione né la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La Suprema Corte ha sottolineato che la prova della titolarità del credito è un onere imprescindibile per chi agisce in giudizio.

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Prova titolarità del credito: l’onere inderogabile del cessionario

Nel complesso mondo delle cessioni di crediti, specialmente quando si intersecano con le procedure fallimentari, un elemento emerge con forza cristallina: la prova della titolarità del credito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito che l’onere di dimostrare di essere il legittimo nuovo creditore spetta interamente alla società cessionaria. Senza una prova adeguata, come l’atto di cessione o la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la richiesta di ammissione al passivo fallimentare è destinata al fallimento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di insinuazione al passivo presentata da una società di cartolarizzazione dei crediti (la cessionaria) nei confronti di una società costruttrice dichiarata fallita. La cessionaria sosteneva di aver acquistato un pacchetto di crediti dalla banca originaria, che includeva mutui ipotecari e scoperti di conto corrente.

Il Tribunale competente ammetteva solo una parte minima del credito, escludendo la maggior parte delle pretese per due ragioni principali:
1. Mancava la prova della titolarità del credito da parte della società cessionaria.
2. Mancava la prova scritta dei contratti di finanziamento ipotecario e di altri rapporti di conto corrente.

La società cessionaria proponeva opposizione, ma il Tribunale la rigettava, confermando la decisione iniziale. Secondo i giudici di merito, la società non aveva prodotto né l’atto di cessione dei crediti né aveva indicato il numero della Gazzetta Ufficiale su cui era stata pubblicata la cessione in blocco, elementi essenziali per la prova della titolarità del credito. Di conseguenza, la società decideva di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Prova della Titolarità del Credito

La ricorrente basava il suo ricorso su diversi motivi, tra cui:
1. Violazione del contraddittorio: Sosteneva che il Tribunale avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti della banca cedente, ritenuta litisconsorte necessario.
2. Errata applicazione delle norme sulla cessione: Lamentava che, in caso di dubbio sull’effettiva cessione, sarebbe stato onere del debitore (il Fallimento) attivarsi per individuare il creditore legittimo.
3. Valore probatorio dei documenti: Affermava che il possesso della documentazione relativa ai crediti fosse di per sé una prova sufficiente del suo diritto.
4. Errata valutazione delle prove: Contestava la valutazione del Tribunale riguardo alla prova dell’esistenza dei crediti stessi, sostenendo che fossero provati da titoli esecutivi in altre procedure.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni chiare e nette. In primo luogo, ha affrontato il quarto motivo, ritenendolo prioritario in base al principio della “ragione più liquida”. La Corte ha stabilito che la valutazione del Tribunale sull’assenza di prova scritta dei contratti di finanziamento era un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. In altre parole, se manca la prova dell’esistenza stessa del credito, ogni discussione sulla sua titolarità diventa superflua.

Tuttavia, la Corte ha colto l’occasione per esaminare anche gli altri motivi, dichiarandoli manifestamente infondati e rafforzando principi cardine in materia.

La Cassazione ha chiarito che:
* L’onere della prova spetta a chi agisce: È colui che si afferma successore a titolo particolare (il cessionario) a dover fornire la prova della titolarità del diritto. Non è compito del debitore o del giudice ricercare il vero creditore. Chi agisce in giudizio deve dimostrare la propria legittimazione attiva.
* Il possesso di documenti non è sufficiente: Il semplice fatto di avere in mano i contratti o altri documenti relativi al credito non equivale a dimostrare di essere il nuovo titolare. La prova della cessione richiede l’atto formale o la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, come previsto dalla legge.
* La banca cedente non è litisconsorte necessario: Nella controversia tra il presunto cessionario e il debitore, la banca che ha ceduto il credito non è una parte necessaria del processo. La questione riguarda unicamente la legittimazione di chi ha iniziato la causa.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito fondamentale per tutte le società che operano nel mercato dei crediti deteriorati (NPL) e delle cartolarizzazioni. L’acquisto di un credito è solo il primo passo; per poterlo riscuotere in sede giudiziale, e in particolare nell’ambito di una procedura fallimentare, è indispensabile essere in grado di fornire una prova della titolarità del credito che sia chiara, formale e inoppugnabile. Non sono ammesse scorciatoie o presunzioni. La catena della titolarità deve essere documentata in modo impeccabile, altrimenti il diritto, anche se esistente, non potrà essere fatto valere, con la conseguente perdita economica per il cessionario.

Chi deve fornire la prova della titolarità di un credito in caso di cessione?
Secondo la Corte, l’onere della prova spetta in modo esclusivo a chi si afferma nuovo creditore (il cessionario). È quest’ultimo che, agendo in giudizio, deve dimostrare di aver acquisito legittimamente il credito.

Il semplice possesso dei documenti relativi a un credito è sufficiente a dimostrarne la titolarità?
No. La Corte ha chiarito che il mero possesso della documentazione idonea a provare l’esistenza del credito non equivale a dimostrare l’effettiva titolarità del diritto. È necessaria la prova formale dell’atto di cessione.

Il debitore ha l’obbligo di verificare chi sia il suo vero creditore in caso di contestazione sulla cessione?
No. L’ordinanza afferma che il soggetto che subisce un’azione legale per l’adempimento di un’obbligazione non è tenuto a individuare il proprio creditore. L’onere di provare la propria legittimazione è sempre a carico di chi agisce in giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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