Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11577/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 8126/2018 depositata il 20/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva adito il Tribunale di Roma convenendo in giudizio Intesa SanPaolo RAGIONE_SOCIALE e il Ministero dello Sviluppo Economico e chiedendone la condanna al risarcimento dei danni che affermava esserle derivati dalla revoca del contributo ex lege 488/92, concesso con DM 110493/2002.
Sia la banca che il Ministero si erano costituiti contrastando la pretesa risarcitoria: entrambi avevano evidenziato che tra i documenti richiesti necessariamente per l’accesso al contributo vi era una lettera di referenze con la quale un istituto bancario attestasse la capacità patrimoniale dei singoli soci rispetto agli investimenti programmati e, in concreto, la lettera di referenze relativa alla posizione di uno dei soci di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME era risultata provenire solo apparentemente da San Paolo Invest che, all’esito delle verifiche disposte l’aveva disconosciuta.
Dopo lo svolgimento di attività istruttoria il Tribunale di Roma aveva respinto la domanda risarcitoria, ritenendo legittima la revoca del contributo, sul presupposto che l’uso di un atto falso
costituisse condotta tale da incrinare in radice il rapporto di fiducia con la PA.
Contro la sentenza del Tribunale di Roma aveva proposto appello RAGIONE_SOCIALE lamentando che RAGIONE_SOCIALE non era parte del giudizio e quindi non poteva operare validamente disconoscimento alcuno, che la società non aveva l’obbligo di presentare querela di falso, che sussistevano evidenze testimoniali della veridicità della lettera di referenze assunta falsa dalle controparti e che l’eventuale falsità non avrebbe comunque dovuto provocare la revoca del contributo, non incidendo essa sulla reale capacità patrimoniale del socio la cui consistenza era desumibile aliunde.
Costituitosi ritualmente il contraddittorio, la Corte d’Appello di Roma aveva respinto l’appello sulla base delle seguenti considerazioni: -San Paolo Invest non solo ha disconosciuto con nota del 28/31.1.2005 la lettera di referenze oggetto di contestazione ma ha anche precisato (e Intesa SanPaolo s.p.a. ha documentato nel processo) che, contrariamente a quanto in essa riportato, all’epoca della sua datazione il conto del socio al quale si riferiva, NOME COGNOME presentava giacenze di ammontare decisamente inferiore a quanto in essa indicato; -la lettera proveniva inoltre dal promotore finanziario, non dall’Agenzia di Latina di San Paolo Invest, alla quale quindi non era riferibile; -la lettera non costituiva perciò una lettera di referenze proveniente da un istituto bancario e tanto bastava a giustificare la revoca del contributo ex lege n.488/1992, come espressamente previsto, del resto, dall’art.75 del DPR n.445/2000; -‘Non senza evidenziare, da ultimo, che ulteriore e altrettanto determinante ragione sostanziale della revoca del contributo è stata la mancata ottemperanza della CEEL ‘all’obbligo di dimostrare alla data di disponibilità dell’ultima quota del contributo, di aver sostenuto le spese, a fronte del programma agevolato, per un importo complessivo in misura almeno pari a quella necessaria per poter richiedere la prima quota
del finanziamento stesso ‘, circostanza di per sé già idonea a fondare il provvedimento di revoca del beneficio da parte della p.a.’.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, affidandolo a motivi che sono indicati in numero di due nella prima pagina e che, nello sviluppo dell’atto, diventano quattro:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 214 e ss. c.p.c. ed artt. 221 e ss. c.p.c. e degli artt. 115, 1° comma, e 116, 1° comma, c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE soggetto di diritto autonomo rispetto ad Intesa SanPaolo RAGIONE_SOCIALE anche se appartenente allo stesso Gruppo, non è mai stata parte del giudizio e quindi, secondo la ricorrente, sarebbe mancato il presupposto necessario affinchè la stessa, sola legittimata, potesse negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione, condotte solo dalle quali sorge l’onere di verificazione in capo alla parte che intende valersi della scrittura disconosciuta. La Corte di merito non avrebbe dovuto pertanto far seguire l’asserita falsità dal mancato esercizio dell’onere di verificazione.
Inoltre, l’errore della Corte d’Appello di Roma nell’affermare la falsità del documento avrebbe impedito alla società di proporre querela di falso contro il documento stesso, dato che anche per la proposizione in via incidentale della stessa sarebbe stata necessaria la partecipazione al giudizio di SanPaolo Invest.
II) Violazione del principio di disponibilità delle prove sancito dall’art. 115, 1° comma, c.p.c. nonché del disposto del successivo art. 116, 1° comma, c.p.c. avendo la Corte di merito compiuto un erroneo e non prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie.
La Corte d’Appello di Roma sarebbe pertanto incorsa nella violazione descritta ‘ affermando la ‘non veridicità’ della lettera della Banca SanPaolo Invest del 6.12.2000′ .
Non sarebbe neanche vero, infatti, che la lettera del 6.12.2000 di SanPaolo RAGIONE_SOCIALE fosse di contenuto falso, perché: il promotore finanziario, NOME COGNOME che l’aveva sottoscritta, sentito come testimone, avrebbe confermato che la lettera proveniva dall’istituto bancario; nella lettera del 31.1.2005 la dott. COGNOME per SanPaolo IMI avrebbe fatto presente che la carta utilizzata e la firma apposta in calce alla lettera del 6.12.2000 non sarebbero state riconosciute da SanPaolo Invest ma ‘ Tale dichiarazione è del tutto contrastante con quanto accertato dalla medesima dott.ssa COGNOME e confermato con la deposizione testimoniale in atti depositata (…) in quanto il promotore finanziario, dott. COGNOME della Banca SanPaolo Invest ha confermato che la lettera di referenza bancaria del 6.12.2000 era stata inviata dall’Istituto bancario stesso ‘.
Quanto alla affidabilità della posizione economica del socio, gli accertamenti in seguito disposti da Intesa SanPaolo s.p.a. avrebbero altresì confermato la solidità del patrimonio immobiliare di NOME COGNOME, sito nel Comune di Sabaudia e di valore pari a circa € 5.900.000,00, e il cospicuo sostegno finanziario da parte di società collegate allo stesso soggetto riconducibili.
III) Violazione del principio di disponibilità delle prove sancito dall’art. 115, 1° comma, c.p.c. nonché del disposto del successivo art. 116, 1° comma, c.p.c. avendo compiuto la Corte d’Appello un erroneo e non prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie quanto alla provenienza della lettera di referenze del 6.12.2000.
In conseguenza dei rilievi di cui al motivo sub II), la Corte d’Appello di Roma avrebbe commesso le stesse violazioni di legge sopra evidenziate affermando che la lettera di referenze non avrebbe potuto essere considerata tale perché sarebbe stata riferibile non alla banca ma ad un soggetto terzo, senza considerare che è in atti la testimonianza resa in altro giudizio dalla sig. COGNOME funzionario responsabile per l’istruttoria dei programmi di
investimento di cui alla l. n.488/92 di SanPaolo IMI: detta testimonianza confermerebbe che la lettera di referenze in discussione proveniva dalla banca, perché la teste avrebbe dichiarato di aver ‘ Parlato telefonicamente con il sig. COGNOME Angelo il quale conferma, in relazione ai mezzi propri da apportare le ampie capacità del sig. NOME COGNOME 20/XII/2001 ‘.
Quanto all’impossibilità oggettiva di RAGIONE_SOCIALE di dimostrare alla data di disponibilità dell’ultima quota di contributo, di aver sostenuto le spese nella misura richiesta, alla quale pure la Corte d’Appello fa riferimento per ritenere giustificata la revoca del contributo, sarebbe stata totalmente omessa la valutazione della richiesta di proroga per la rendicontazione trasmessa da RAGIONE_SOCIALE alla banca cessionaria e da questa evidenziata al Ministero nella nota del 10.5.2004.
IV) Violazione e falsa applicazione del DM n.257/95 e s.m.i., della circolare esplicativa MAP n.900315/00, della circolare MAP n.972064/03 e degli art.115, I comma, e 116, I comma c.p.c. in relazione all’art.360, I comma n.3 c.p.c.
La Corte d’Appello non avrebbe rilevato ‘ la violazione degli obblighi imposti al MISE di verificare la condotta posta in essere dalla banca concessionaria nella fase istruttoria, derivanti dalla normativa di riferimento sopra richiamata, obblighi, consistenti in una scrupolosa analisi e verifica di tutti gli elementi necessari per giungere ad una valutazione reale e concreta della situazione economicopatrimoniale della impresa istante’ . In particolare, il MISE non avrebbe adeguatamente valutato la relazione istruttoria svolta da Intesa SanPaolo ove sarebbe stata evidenziata, a seguito di verifica, la consistenza del patrimonio immobiliare di NOME COGNOME e la Corte di merito non avrebbe valorizzato, come invece necessario, tale comportamento illegittimo.
Hanno notificato controricorso sia Intesa SanPaolo RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE sia il MISE, insistendo per la declaratoria di inammissibilità o comunque per il rigetto del ricorso proposto.
Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso proposto prospetta in primis la violazione da parte della Corte d’Appello delle disposizioni normative dettate in materia di verificazione di scrittura privata e di querela di falso. Secondo la società ricorrente il Giudice di merito non avrebbe considerato che non poteva essere ritenuto esistente alcun disconoscimento della lettera di referenze del 6.12.2000, non essendo parte del giudizio RAGIONE_SOCIALE società che, all’apparenza, l’avrebbe formata, e che quindi avrebbe errato ‘ nell’aver fatto discendere l”asserita’ falsità dal mancato esercizio dell’onere di verificazione ‘; allo stesso modo ‘la Corte d’Appello ha errato nell’aver ritenuto la falsità del documento. Tale valutazione ha determinato l’impossibilità per la parte attrice di proporre la querela di falso avverso il documento stesso ‘ ancora -sembra- per l’assenza nel processo di RAGIONE_SOCIALE unica naturale controparte del relativo giudizio.
Il motivo, che non brilla per chiarezza, è per un verso infondato e per altro verso inammissibile.
9.1. Si premette che non è nemmeno prospettata una pretesa valorizzazione della lettera di referenza di cui si discute ad opera dei Giudici di merito come prova legale insuscettibile di essere contrastata, in violazione delle disposizioni in materia di valutazione delle prove: da ultimo la Corte d’Appello ha considerato il documento nel contesto probatorio complessivo, sottolineando non solo il suo disconoscimento da parte di SanPaolo Invest ma l’inattendibilità del suo contenuto alla luce della documentazione prodotta da Intesa SanPaolo e la sua materiale riferibilità non alla banca ma al promotore finanziario.
9.2. La valutazione del motivo in esame ne comporta la declaratoria di infondatezza ove vorrebbe far derivare dalla provenienza della lettera di referenze del 6.12.2000 da un soggetto terzo, SanPaolo Invest, l’impossibilità di rilevarne la falsità, rectius di contestarne provenienza e contenuto, nel giudizio per mancanza del soggetto legittimato a farla valere e a contraddire in un eventuale procedimento di verificazione.
Si richiama sulla questione l’orientamento interpretativo consolidato della giurisprudenza di legittimità, pienamente condivisibile e coerente con le disposizioni normative in materia, secondo il quale dal fatto che ‘ L’onere del disconoscimento della scrittura privata, di cui all’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., grava esclusivamente sul soggetto che appare essere l’autore della sottoscrizione e non già su colui che contesta l’opponibilità’ del documento, siccome non recante alcuna sottoscrizione a lui riferibile ‘, ‘ consegue che, quando il contenuto della scrittura privata “inter alios” venga contestato, il documento non viene in rilievo come prova legale e la corrispondenza a verità o meno del suo contenuto, dimostrabile con ogni mezzo di prova, è affidata al libero apprezzamento del giudice ‘ (Cass. n.20814/2018). Ancora di recente questa Corte ha ribadito, con l’ordinanza n.9329/2024, che ‘ In tema di prova documentale, il disconoscimento della scrittura privata ex art. 214 c.p.c. priva di efficacia probatoria solo il documento scritto o sottoscritto dalla parte contro cui è prodotto, non anche la scrittura privata proveniente da un terzo che, pertanto, è utilizzabile anche se disconosciuta e può pure essere ritenuta dal giudice inattendibile ancorché non ne sia contestata l’autenticità ‘, con la seguente motivazione: ‘… il disconoscimento della scrittura privata (art. 214 c.p.c.) priva di efficacia probatoria non qualsiasi documento, ma solo il documento scritto o sottoscritto dalla parte contro cui è prodotto. Quel che si ha l’onere di disconoscere, a pena di inoppugnabilità, è il documento proprio,
non il documento altrui. Se, dunque, una delle parti produce in giudizio un documento sottoscritto da terzi, l’unica questione di cui si può discorrere rispetto a quel documento è se esso sia o non sia una prova attendibile, ma non se sia stato validamente disconosciuto. Il documento proveniente da un terzo, in quanto non rientrante nella previsione di cui all’art. 214 c.p.c., è utilizzabile anche se ‘disconosciuto’ dalla parte contro cui è prodotto; per la stessa ragione può essere dal giudice ritenuto inattendibile anche se non se ne sia contestata l’autenticità. … Va da sé, infine, che lo stabilire se davvero quei documenti fossero attendibili o meno è questione di fatto, riservata al giudice di merito ed insindacabile in questa sede ‘.
Ora, nel caso di specie, la lettera di referenze del 6.12.2000, che la società ricorrente ritiene riferibile effettivamente a SanPaolo RAGIONE_SOCIALE e di contenuto sostanzialmente rispondente a verità, è sempre stata contestata, già prima del giudizio, da Intesa SanPaolo s.p.a. e dal MISE e vale, nel presente procedimento, come documento proveniente da un terzo -SanPaolo RAGIONE_SOCIALE (e/o il promotore finanziario sottoscrittore, NOME COGNOME)-: essa deve essere vagliata, quanto a forma, provenienza e contenuto e quanto alla contestata autenticità rectius, quanto all’effettiva attendibilità per i profili evidenziati-, nell’ambito della valutazione del materiale probatorio in atti senza necessità di seguire le disposizioni degli art.214 e s. c.p.c., per la cui applicazione non vi sarebbero i presupposti.
9.3. Anche la doglianza di RAGIONE_SOCIALE sul nocumento che le deriverebbe dall’impossibilità di proposizione -ad opera di SanPaolo RAGIONE_SOCIALE, non certo di RAGIONE_SOCIALEin questo giudizio -per le caratteristiche del contraddittorio- di querela di falso incidentale doglianza peraltro non chiarissima nei termini in cui è espostapresenta comunque criticità analoghe a quelle sopra esposte perché, a prescindere dall’esistenza, in concreto, dei presupposti
per ipotizzare la falsità del documento di cui si discute in tesi idonea a giustificare lo strumento indicato ad iniziativa della banca interessata, la lettera di referenze non è e non deve essere aprioristicamente considerabile, in questo giudizio, falsa o autentica per le sue caratteristiche specifiche ma deve essere vagliata per la sua attendibilità nel contesto probatorio complessivo, come elemento documentale proveniente da un terzo.
Questa Corte si è del resto pronunciata ancora di recente anche sulla possibilità di sottoposizione a querela di falso della scrittura proveniente da un terzo, e, pur ammettendola in linea teorica in specifiche ipotesi (che non ricorrono nel caso di specie), ‘… qualora la’ scrittura ‘abbia un intrinseco dato di attendibilità, come ad es. (oltre che nel caso del testamento olografo o della cambiale) nel caso in cui il soggetto che l’ha materialmente formata sia legato alla parte contro la quale è prodotta da un particolare rapporto, ovvero ne sia procuratore o institore, così che debba presumersi che le circostanze rappresentate nel documento siano sostanzialmente riconducibili alla parte medesima’, e solo al fine di scindere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione ma non per contestare la veridicità di quanto dichiarato -così Cass. n.35649/2022, che richiama sul punto la sentenza delle SSUU n.15169/2010-, ha ribadito ancora che qualora ‘…la scrittura privata provenga non già dalla parte contro la quale è prodotta, ma da un terzo estraneo alla lite… non si applica la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c. né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c., atteso che la scrittura costituisce una prova atipica di valore puramente indiziario, il cui contenuto è contestabile con ogni mezzo e che può contribuire a fondare il convincimento del giudice in armonia con altri dati probatori acquisiti al processo (Cass. S.U. n. 15169/2010; conf., da ultimo e fra molte, Cass. nn. 38805/2021, 21554/2020, Cass.
6650/2020). … ‘ -così si legge nella motivazione di Cass. n. 35649/2022-.
9.4. Se si valorizzassero poi i rilievi critici di RAGIONE_SOCIALE nell’ottica della rimessione in discussione delle valutazioni offerte dai Giudici di merito del materiale probatorio acquisito per giungere a ritenere la falsità/inattendibilità della lettera richiamata, il motivo di ricorso per cassazione in esame sarebbe all’evidenza inammissibile, perché volto ad ottenere una rivisitazione nel merito preclusa al Giudice di legittimità.
10. I motivi di critica sub 2 e 3 sono chiaramente inammissibili, perché volti esclusivamente a provocare una diversa lettura del materiale probatorio acquisito rispetto a quanto effettuato dal Tribunale di Roma e poi, in sede di appello, dalla Corte di merito, in violazione del disposto degli art.360 e 366 c.p.c.: ciò emerge del resto dalla stessa presentazione dei motivi da parte di RAGIONE_SOCIALE che si duole, appunto ‘ dell’erroneo e non prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie ‘ da parte dei Giudici di merito.
10.1. Si richiama in proposito l’interpretazione consolidata della Corte, espressa ancora di recente nell’ordinanza n.32505/2023, secondo la quale ‘Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ -cfr. nello stesso senso
anche Cass. n.10927/2024 che ha ribadito che: ‘ In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme ‘ -.
10.2. Appare ancora opportuno evidenziare che la Corte d’Appello -conformemente al Tribunaleha ritenuto la falsità della ‘lettera di referenze’ sufficiente a giustificare la revoca del contributo, sia perché integrante una condotta tale da incrinare il rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere tra la PA ed il soggetto che richiede l’agevolazione e ne beneficia, sia in ossequio al disposto dell’art.75 del DPR n.445/2000. Attesa la ratio decidendi esposta, nessun rilievo può essere attribuito alla pretesa della ricorrente di poter ricostruire comunque per altre vie la situazione patrimoniale adeguata del socio, attraverso la valutazione -non delle disponibilità mobiliari sui conti ma- del compendio immobiliare di cui questi sarebbe stato proprietario.
10.3. Le considerazioni svolte dalla Corte d’Appello sull’assenza di dimostrazione da parte di RAGIONE_SOCIALE di aver sostenuto le spese a fronte del programma agevolato, che costituirebbe un ulteriore autonomo motivo di revoca del contributo, sono un di più rispetto al fondamento della decisione, che è quello sopra individuato: ogni approfondimento sull’adeguatezza delle argomentazioni esposte dal Giudice di merito e sulla possibilità per RAGIONE_SOCIALE di dimostrare la regolarità del suo operato al riguardo è pertanto superfluo, perché rimarrebbe comunque ferma la rilevanza assorbente dell’utilizzo di una lettera di referenza falsa.
11. Anche il quarto motivo è inammissibile per le stesse considerazioni svolte in relazione ai motivi II e III: si deve ribadire
comunque che la Corte d’Appello di Roma non ha omesso di valutare, nemmeno sotto il profilo del rispetto degli obblighi di diligenza nel comportamento tenuto dal MISE nella loro valutazione, le emergenze della procedura istruttoria svolta da Intesa SanPaolo s.p.a. sulle reali condizioni economiche di NOME COGNOME ma non ha approfondito sul punto perché ha comunque considerato già da solo sufficiente l’utilizzo di una lettera di referenze falsa a giustificare la revoca del contributo -è questa, si ripete, la ratio decidendi della sentenza impugnata-.
Ove se ne volesse superare l’inammissibilità, la valutazione di questo motivo di ricorso sarebbe pertanto comunque assorbita dall’esito negativo del ricorso in relazione ai primi tre motivi sopra esaminati.
Il ricorso deve pertanto essere respinto.
In applicazione del principio della soccombenza le spese del presente giudizio, sostenute da Intesa SanPaolo s.p.a. e dal MISE si pongono a carico del RAGIONE_SOCIALE.r.l. e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rimborsare a Intesa SanPaolo s.p.a. e al Ministero dello Sviluppo Economico le spese processuali della presente fase di giudizio, che liquida come segue: a favore di Intesa SanPaolo s.p.a. € 8.000,00 complessivi, oltre € 200,00 per anticipazioni e oltre oneri di legge; a favore del Ministero dello Sviluppo Economico € 8.000,00 complessivi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione