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Prova documentale: la lettera di referenze di terzi

Una società si vede revocare un contributo pubblico a causa di una lettera di referenze finanziarie ritenuta falsa. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, stabilisce che la prova documentale proveniente da un soggetto terzo al processo non richiede la procedura formale di disconoscimento per essere contestata, ma può essere liberamente valutata dal giudice. L’appello della società è stato quindi respinto.

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Prova Documentale: Il Valore di una Lettera di Referenze di Terzi

L’affidabilità di una prova documentale è un pilastro di qualsiasi contenzioso. Ma cosa succede quando il documento in questione, come una lettera di referenze, proviene da un soggetto che non è parte in causa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la giustizia valuta tali documenti e quali sono gli strumenti per contestarne la veridicità, delineando un principio fondamentale sul libero apprezzamento del giudice.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata, dopo aver ottenuto un contributo pubblico ai sensi della L. 488/92, si è vista revocare il beneficio. La causa della revoca era una lettera di referenze bancarie, presentata per attestare la capacità patrimoniale di uno dei soci. L’Ente pubblico erogatore, a seguito di verifiche, aveva scoperto che la lettera, apparentemente emessa da una società di investimento del gruppo bancario concessionario, non solo era stata disconosciuta da quest’ultima, ma riportava informazioni sulle giacenze del socio palesemente non veritiere.

Ritenendo di aver subito un danno ingiusto, la società ha citato in giudizio sia la banca concessionaria sia il Ministero, chiedendo il risarcimento. La sua difesa si basava su un punto tecnico: poiché la società di investimento che avrebbe emesso la lettera non era parte del giudizio, non poteva esserci stato un formale disconoscimento ai sensi del Codice di procedura civile. Di conseguenza, a suo dire, la falsità del documento non poteva essere data per accertata. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo legittima la revoca del contributo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che la gestione di una prova documentale proveniente da un terzo segue regole diverse da quelle previste per i documenti formati dalle parti in causa. Il ricorso è stato giudicato in parte infondato e in parte inammissibile.

Il Valore della Prova Documentale proveniente da Terzi

Il cuore della decisione risiede nella distinzione operata dalla Corte. Le norme sul disconoscimento formale della scrittura privata (art. 214 c.p.c.) si applicano esclusivamente quando una parte nega la propria firma o scrittura su un documento che le viene attribuito.

Quando, invece, il documento proviene da un terzo estraneo alla lite, come nel caso della lettera di referenze, esso non ha l’efficacia di prova legale. La sua attendibilità, sia nella forma che nel contenuto, non è soggetta a procedure formali di contestazione come il disconoscimento o la querela di falso. Piuttosto, rientra nel libero apprezzamento del giudice. Quest’ultimo ha il potere e il dovere di valutarne la credibilità alla luce di tutto il materiale probatorio raccolto, come qualsiasi altro elemento indiziario.

L’Inammissibilità della Rivalutazione dei Fatti

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso con cui la società cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove testimoniali o di contestare l’operato del Ministero. La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello compiuto dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica o giuridicamente errata. Poiché la Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione sulla base solida e assorbente della falsità della lettera, ogni altra questione sollevata diventava irrilevante.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è chiara e didattica. Viene richiamato un orientamento consolidato secondo cui ‘l’onere del disconoscimento grava esclusivamente sul soggetto che appare essere l’autore della sottoscrizione’. Di conseguenza, se un documento è ‘inter alios’ (tra altri), la sua contestazione non segue le regole formali. Il documento può essere utilizzato in giudizio e la sua corrispondenza a verità è ‘affidata al libero apprezzamento del giudice’, dimostrabile con ogni mezzo di prova.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente esercitato questo potere. Aveva considerato non solo la nota con cui la società di investimento negava la paternità del documento, ma anche la documentazione bancaria che smentiva il contenuto della lettera e il fatto che provenisse da un promotore finanziario e non direttamente dagli uffici della banca. L’insieme di questi elementi ha portato il giudice di merito a concludere, in modo logico e ben motivato, per l’inattendibilità del documento, giustificando così la revoca del contributo. La revoca era legittima perché l’uso di un documento non veritiero incrina alla radice il rapporto di fiducia necessario tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: l’affidabilità di una prova documentale non dipende solo dalla sua forma, ma dalla sua sostanza e provenienza. Chi intende avvalersi in giudizio di un documento scritto da un terzo deve essere consapevole che la controparte potrà contestarne l’attendibilità senza essere vincolata a procedure rigide come la querela di falso. Sarà il giudice a decidere il suo valore probatorio, soppesandolo insieme a tutte le altre prove. La decisione sottolinea l’importanza di presentare prove solide e verificabili, poiché un singolo documento inattendibile può compromettere l’esito di un’intera causa, specialmente nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, dove il principio di lealtà e fiducia è fondamentale.

Come si contesta in un processo un documento scritto da un terzo e non da una delle parti?
Non è necessario il procedimento formale di disconoscimento (art. 214 c.p.c.). La sua veridicità e attendibilità possono essere contestate liberamente e il documento viene valutato dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento, insieme a tutte le altre prove disponibili.

È sempre necessaria la querela di falso per dimostrare che un documento non è veritiero?
No. La querela di falso è uno strumento specifico per contestare la falsità di atti pubblici o scritture private riconosciute. Per i documenti provenienti da terzi, come nel caso analizzato, non è necessaria: la loro inattendibilità può essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova e valutata liberamente dal giudice.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e decidere chi ha ragione nel merito?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove (es. testimonianze, documenti), ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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