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Privilegio cooperative: basta la prevalenza del lavoro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 54/2024, ha ribadito un principio cruciale per il riconoscimento del privilegio cooperative. La Corte ha stabilito che, ai fini del privilegio previsto dall’art. 2751-bis, n. 5 c.c., è sufficiente dimostrare la prevalenza del lavoro dei soci rispetto a quello dei non soci, senza la necessità di provare anche la prevalenza sul capitale investito o altri fattori produttivi. La vicenda riguardava il credito di una cooperativa di lavorazione del legno verso un consorzio fallito. L’appello del consorzio è stato dichiarato inammissibile, confermando così la natura privilegiata del credito della cooperativa.

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Privilegio Cooperative: la Cassazione Conferma la Prevalenza del Lavoro dei Soci

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha consolidato un principio fondamentale in materia di privilegio cooperative, offrendo importanti certezze a queste realtà imprenditoriali. Con la decisione in esame, i giudici hanno ribadito che, per ottenere il riconoscimento del privilegio generale sui beni mobili del debitore, è sufficiente dimostrare la prevalenza del lavoro dei soci su quello dei non soci, senza dover affrontare il complesso onere di provare la superiorità del fattore lavoro rispetto al capitale investito. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dal credito, superiore a 580.000 euro, vantato da una società cooperativa specializzata nella lavorazione del legno nei confronti di un consorzio committente, successivamente dichiarato fallito. Il credito derivava dalla fornitura di serramenti e infissi prodotti dalla cooperativa stessa.

Inizialmente, gli organi della procedura concorsuale avevano classificato il credito come chirografario, ovvero non assistito da alcuna preferenza. La cooperativa si è opposta a tale decisione, rivolgendosi al Tribunale, il quale ha riconosciuto la natura privilegiata del credito ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 5, del Codice Civile. Tale decisione è stata poi confermata dalla Corte d’Appello.

Il consorzio fallito ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il privilegio potesse essere concesso solo a fronte di una duplice prova: non solo la prevalenza del lavoro dei soci su quello dei non soci, ma anche la prevalenza del fattore lavoro su tutti gli altri fattori produttivi, capitale incluso.

La Decisione della Corte sul Privilegio Cooperative

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, allineandosi pienamente con la sua giurisprudenza consolidata in materia di privilegio cooperative. I giudici hanno ritenuto le censure proposte dal ricorrente infondate, in quanto la causa era stata decisa in conformità con un orientamento giuridico stabile, per il quale il ricorso non offriva argomenti validi per un ripensamento.

La Corte ha quindi confermato che i requisiti per l’applicazione del privilegio a una cooperativa di produzione e lavoro sono essenzialmente due, oltre all’iscrizione formale negli appositi registri:

1. L’effettività e la pertinenza del lavoro dei soci rispetto all’attività svolta dall’ente.
2. La prevalenza del lavoro dei soci rispetto a quello dei non soci.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato in modo chiaro perché la tesi del ricorrente, che richiedeva la prova della prevalenza del lavoro sul capitale, non possa essere accolta. Questo orientamento, che la Cassazione segue sin dal 1997, si basa su ragioni sia pratiche sia di principio.

In primo luogo, confrontare grandezze eterogenee come il “lavoro” e il “capitale” è un’operazione arbitraria e di difficile attuazione concreta. Non esistono parametri certi e univoci per stabilire quando il primo prevalga sul secondo.

In secondo luogo, insistere su un simile requisito significherebbe ancorarsi a una visione superata del fenomeno cooperativo, che non tiene conto del progresso tecnologico e dell’evoluzione economica. Le imprese moderne, incluse le cooperative, necessitano di adeguati strumenti e capitali per rimanere competitive sul mercato. Escludere dal privilegio quelle cooperative che investono in tecnologia e macchinari sarebbe contrario alla logica economica e alla finalità stessa della norma, che è quella di tutelare il lavoro espresso in forma associata.

La Corte ha quindi ribadito che l’unico confronto rilevante, ai fini dell’articolo 2751-bis n. 5 c.c., è quello tra il costo del lavoro dei soci e quello dei dipendenti non soci. Nel caso di specie, era pacifico che la cooperativa avesse dimostrato, dati di bilancio alla mano, tale prevalenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo di grande importanza per il mondo delle cooperative di produzione e lavoro. Confermando un orientamento ormai consolidato, la Corte offre certezza giuridica ed evita di imporre alle cooperative un onere probatorio eccessivamente gravoso e di difficile assolvimento.

La decisione riafferma che la tutela privilegiata accordata dal legislatore si fonda sulla valorizzazione del lavoro dei soci come elemento caratterizzante e prevalente dell’impresa cooperativa, senza penalizzare quelle realtà che, per rimanere al passo con i tempi, investono in capitale e tecnologia. In questo modo, viene salvaguardata la funzione economica e sociale delle cooperative nel tessuto produttivo del Paese.

Quali sono i requisiti principali per il riconoscimento del privilegio al credito di una cooperativa di produzione e lavoro?
Secondo la Corte di Cassazione, oltre alla formale iscrizione nei registri, i requisiti essenziali sono due: 1) l’effettività e la pertinenza del lavoro dei soci rispetto all’attività svolta; 2) la prevalenza del lavoro dei soci rispetto a quello dei non soci, valutata in termini di costo del lavoro.

Per ottenere il privilegio, una cooperativa deve dimostrare che il lavoro dei suoi soci prevale sul capitale investito?
No. La Corte ha escluso in modo netto la necessità di tale prova, ritenendola basata su un confronto tra grandezze non omogenee, arbitrario, di difficile individuazione concreta e legato a una concezione superata del fenomeno cooperativo.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La decisione impugnata (in questo caso, quella della Corte d’Appello) diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese legali del giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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