Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18207 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18207 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
Oggetto:
buoni fruttiferi postali
AC – 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17575/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME ;
– intimata –
avverso la sentenza del Tribunale di Lecce, seconda sezione civile, n. 1300/2022 del 5 maggio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 2 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Poste RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui il Tribunale di Lecce ha confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace di Tricase l’ aveva condannata a pagare in favore di COGNOME la somma di euro 1.500,00, a titolo di rimborso di 3 buoni fruttiferi postali della serie ‘ AA1 ‘.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Il giudice di secondo grado, per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto che l’eccezione di prescrizione del diritto al rimborso, sollevata da Poste Italiane, andava respinta, siccome quest’ultima non aveva provato di aver consegnato al risparmiatore il foglio informativo della serie di buoni postali acquistata, in mancanza del quale non era possibile ritenere che il cliente fosse a conoscenza d elle caratteristiche dell’ investimento e, segnatamente, della scadenza del titolo, a nulla rilevando la pubblicazione per affissione negli Uffici postali del relativo avviso, né la sua pubblicazione in giornali quotidiani.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «Vizio di Ultrapetita ex art. 112 c.p.c. e 24 Cost. in relazione all’art . 360 comma 1 n. 3 c.p.c.)», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che in lite fosse stato dedotto dalla cliente la mancata consegna dei fogli informativi dell’ investimento.
Il motivo è inammissibile.
Dal momento che, secondo quanto afferma la ricorrente, il vizio di ultrapetizione attingerebbe anche la sentenza di primo grado, in violazione dell’art. 366 , primo comma, n. 6, cod. proc. civ. non risulta come, dove e quando se la lamentata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. abbia costituito motivo di appello, ciò che non consente a questa Corte di poter delibare l’attualità di quanto denunciato e, solo a quel punto, la sua effettiva sussistenza quale vizio processuale.
Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.M. Tesoro 19.12.2000, art. 1339 c.c., in relazione all’a rt. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c.)», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non aver rilevato che il d.m. Tesoro citato -regolarmente pubblicato In Gazzetta Ufficiale – aveva integrato la disciplina contrattuale pattuita inter partes , fissando comunque in dieci anni dalla scadenza del titolo il termine di prescrizione del diritto al rimborso, con efficacia quindi etero-integrativa della partizioni contrattuali.
Terzo motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al l’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c.)», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non aver rilevato che nessun impedimento di natura giuridica impediva nella specie il decorso della prescrizione, nella specie pacificamente maturato.
Il secondo e il terzo motivo sono complessivamente fondati, nei limiti e per le considerazioni che seguono. Come questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19243/23; id. n. 23006/23; id. n. 16459/24) ha già avuto modo del tutto condivisibilmente di affermare, l ‘art. 8 del d.m. 19/12/2000 prevede che ‘ i diritti dei
titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi ‘. A norma dell’art. 10, comma 2, dello stesso decreto ministeriale, ‘ le disposizioni recate dai commi 1 e 2 del precedente art. 8 si applicano anche alle serie dei buoni postali fruttiferi già emesse alla data di entrata in vigore del presente decreto, per le quali non si siano compiuti i termini di prescrizione previsti dalla normativa previgente ‘; l ‘art . 18 dello stesso decreto aggiunge, al primo comma, che ‘ i buoni fruttiferi postali della serie AA1 possono essere liquidati, in linea capitale e interessi, al termine del sesto anno successivo a quello di emissione ‘. Tali norme, congiuntamente esaminate, consentono di affermare, per un verso, che la scadenza dei buoni fruttiferi postali della serie AA1 è fissata ‘ al termine del sesto anno successivo a quello di emissione ‘ e, per altro verso, che i diritti dei relativi titolari alla liquidazione del capitale e degli interessi si prescrivono una volta ‘ trascorsi dieci anni dalla data di scadenza ‘ come sopra indicata. Ritiene la Corte che tali norme inducono a ritenere che i buoni fruttiferi postali sono liquidati, in linea capitale e interessi, alla scadenza prevista nel decreto di emissione della relativa serie, vale a dire, per ciò che riguarda i buoni della serie AA1, ‘al termine’ di scadenza costituito dal ‘sesto anno successivo a quello di emissione’, ‘termine’, cioè, corrispondente, come correttamente affermato dalla ricorrente, all’integrale decorso del periodo di sei anni dal giorno della loro emissione. Ciò premesso, va rilevato che, in tema di conoscibilità e di effetti della emissione e/o variazione delle condizioni di emissione da parte dei decreti ministeriali, questa Corte (Sez. 1, sentenza n. 22619/23, seguita da giurisprudenza sezionale costante: ex multis: 25583/23,
25587/23, 25620/23; 25624/23, 25718/23, 26740/23, 6805/24, 26165/24) si è già più volte espressa nel contenzioso avente a oggetto buoni fruttiferi di emissione più datata, affermando, quanto alla problematica inerente al l’idoneità della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei decreti di variazione delle condizioni dei buoni già emessi e della conseguente opponibilità del contenuto ai possessori dei titoli, che in tema di sostituzione automatica di clausole di cui all’art. 1339 c.c., altro argomento rilevante ai fini dello scrutinio del ricorso, va osservato che, come osservato nel citato leading case, il congegno sostitutivo di cui all’art. 1339 c.c. è destinato ad operare con esclusivo riguardo alle variazioni del saggio d’interesse «disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale» che siano «estese ad una o più delle precedenti serie» (art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973); a tal fine è stato previsto, come in precedenza rilevato, che per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione gli interessi vengano corrisposti non più sulla base della sola tabella riportata a tergo dei buoni, ma sulla base di tale tabella «integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali» (art. 173 cit., comma 3). Dunque, la prevalenza del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente all’emissione è, in questa ipotesi, da escludere a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173: come ricordato dalle Sezioni Unite, tale articolo contempla un «meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 c.c. destinato ad operare per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso
di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo» (Cass. Sez. U. 11 febbraio 2019, n. 3963, cit., in motivazione).
L’integrazione opera, naturalmente, avendo riguardo alle prescrizioni del provvedimento ministeriale: ma è indubbio che, quale che sia la natura di tale atto, venga in questione una integrazione ad opera della legge, visto che il d.m. 13 giugno 1986 ripete la sua autorità dall’art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973, il quale abilita l’autorità ministeriale a fissare il saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi (cfr., in motivazione, se pure nella diversa prospettiva della sostituzione di clausole nulle, le citt. Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751 e Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763). Con ciò resta superata anche la censura, di cui al terzo motivo, fondata sull’assenza di terzietà del soggetto da cui promana la norma integrativa del contratto (censura da disattendersi, del resto, alla luce dell’ulteriore rilievo per cui l’inserzione dei tassi fissati per decreto ministeriale è espressamente contemplata dal comma 3 dell’art. 173 cit.).
Del resto, è stato altrettanto condivisibilmente affermato da questa stessa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 35102 del 29/11/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 21427 del 31/07/2024) che i decreti ministeriali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, con i quali viene effettuata la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, indispensabili alla concreta individuazione dei tassi soglia di riferimento, in virtù del rinvio operato dall’art. 2 l. n. 108 del 1996, costituiscono atti amministrativi di carattere generale ed astratto, oltre che innovativo, e quindi normativo, perché completano i precetti di rango primario in materia di usura inserendo una normativa di dettaglio e che per tale ragione tali
decreti vanno considerati alla stregua di vere e proprie fonti integrative del diritto, che il giudice deve conoscere a prescindere dalle allegazioni delle parti, in base al principio iura novit curia , sancito dall’art. 113 cod. proc. civ.
La sentenza va dunque cassata e le parti rinviate al Tribunale di Lecce, in diversa composizione, che provvederà a rinnovare il giudizio secondo i principi sopra esposti e a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo e il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi Tribunale di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025.