Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19119 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19119 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
R.G.N. 25449/20
C.C. 20/06/2025
ORDINANZA
Vendita -Preliminare -Esecuzione specifica -Pagamento prezzo -Offerta sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25449/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1276/2019, pubblicata il 28 maggio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Livorno (Sezione distaccata di Portoferraio), COGNOME NOME, al fine di sentire pronunciare, con sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., il trasferimento della proprietà -in forza del preliminare di vendita concluso tra le parti il 5 ottobre 1993 -di un’unità immobiliare ad uso abitativo sita in Capoliveri, località Colle INDIRIZZO, facente parte del complesso denominato Villa Maria Carla, posta al piano terra e composta da due vani, oltre i servizi, nonché della quota di comproprietà di 1/5 del parco pertinenziale, per il prezzo complessivo convenuto di vecchie lire 280.000.000, pari ad euro 144.607,93. Chiedeva altresì la condanna della promittente alienante a fare tutto quanto necessario a rendere il compendio immobiliare conforme alle previsioni urbanistiche ed edilizie, nel caso in cui fossero stati accertati abusi o irregolarità tali da precludere il legittimo trasferimento della proprietà immobiliare, con la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito in conseguenza dell’inadempimento dell’obbligazione negoziale di trasferimento.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOMECOGNOME la quale contestava le ragioni in fatto e in diritto delle domande avversarie, negando di aver mai concluso il contratto preliminare
di vendita, di cui disconosceva la sottoscrizione, ed escludendo di aver ricevuto, da parte del promissario acquirente, alcun pagamento per l’acquisto di detto compendio immobiliare.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed erano espletate due consulenze tecniche d’ufficio, la prima di natura grafologica -volta ad accertare l’autenticità delle sottoscrizioni apposte da COGNOME NOME al preliminare e alla missiva del 30 novembre 1993 e la seconda atta a verificare la regolarità urbanistica ed edilizia del compendio immobiliare promesso in vendita.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 53/2012, depositata il 23 maggio 2012, accertata l’autenticità del contratto preliminare e l’avvenuto versamento di una parte del prezzo della compravendita, rigettava la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare, ritenendo non assolto l’onere probatorio in merito all’integrale pagamento del corrispettivo convenuto.
2. -Avverso la pronuncia di prime cure proponeva appello COGNOME NOME, lamentando: 1) l’erronea valutazione degli elementi in fatto e in diritto acquisiti, anche in ordine alla ritenuta idoneità delle contestazioni della convenuta ad invertire l’onore della prova circa l’effettuazione dei pagamenti; 2) l’erronea valutazione e il travisamento dei fatti, con violazione della disciplina sul pagamento al creditore apparente, in ragione della dimostrazione del rilascio degli effetti cambiari al momento della stipula del preliminare e dell’avvenuto ricevimento ed incasso di ulteriori tre effetti cambiari da parte di COGNOME padre della convenuta e suo apparente rappresentante, come dalla stessa riconosciuto; 3) l’erronea valutazione della conformità urbanistico –
edilizia dell’immobile, essendo stato accertato, in sede di consulenza tecnica d’ufficio, che la richiesta di rilascio del permesso di costruire in sanatoria era stata presentata solo il 31 marzo 1995 e, quindi, successivamente al termine fissato per la stipula del definitivo, donde la spettanza del richiesto risarcimento dei danni da ritardo.
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione COGNOME NOME, la quale instava, in rito, per la declaratoria di inammissibilità dell’appello in difetto di specificità dei motivi e, nel merito, per il suo rigetto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’impugnazione e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia appellata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la distribuzione dell’onere probatorio doveva essere correlata all’azione specificamente proposta di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo di vendita, in relazione alla quale l’art. 2932, secondo comma, c.c. prevedeva che, per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento di una cosa determinata o altro diritto, la domanda fosse inaccoglibile se il proponente non avesse eseguito la sua prestazione o non l’avesse offerta nei modi di legge; b ) che, nella specie, non vi era prova che il promissario acquirente avesse eseguito la sua prestazione, consistente nell’effettuazione dei pagamenti concordati, o ne avesse fatto offerta nei modi di legge, avendo nel preliminare le parti
convenuto che il prezzo dovesse essere così corrisposto: vecchie lire 92.500.000 prima del preliminare, somma di cui nell’atto si dava quietanza, vecchie lire 25.000.000 mediante accollo della quota parte del mutuo gravante sull’intero complesso immobiliare, vecchie lire 112.500.000 mediante rilascio di sei effetti cambiari di vecchie lire 18.750.000 cadauno, l’ultimo dei quali avente scadenza al 30 aprile 1994, prima della data fissata per la stipula del definitivo del 31 maggio 1994, e vecchie lire 50.000.000 alla stipula del definitivo; c ) che, mentre per l’importo dato a titolo di caparra confirmatoria e acconto alla stipula del preliminare vi era prova mediante quietanza, per converso, la semplice menzione, nello stesso atto, del ‘rilascio’ dei sei effetti cambiari non costituiva di per sé prova dell’effettiva consegna alla promittente alienante di detti titoli, né tantomeno dell’avvenuto pagamento; d ) che, quanto al profilo della consegna, erano stati addotti due testi, uno dei quali (COGNOME) aveva affermato che non era stato presente alla firma del preliminare (circostanza di cui aveva dubitato lo stesso COGNOME in sede di interrogatorio libero) e l’altro (COGNOME) per il quale era stata richiesta prova delegata a Milano, poi rinunciata -che non era stato affatto escusso; e ) che, d’altronde, la missiva oggetto di perizia grafologica -in cui si affermava il rilascio degli effetti il 30 novembre 1993 -non era risultata attribuibile alla COGNOME e, peraltro, essa faceva riferimento allo sconto, a fronte del quale sarebbe stata emessa dalla promittente venditrice una tratta di vecchie lire 6.501.400, con operazione difficilmente collocabile nell’ambito delle pattuizioni del preliminare; f ) che, quanto all’ulteriore rilascio di tre diversi titoli cambiari, in realtà, essi
risultavano direttamente intestati a COGNOME padre della promittente venditrice, circostanza, questa, dirimente, considerato che -come affermato dallo stesso appellante e provato dai vari contratti in atti -tra le parti era intercorso anche un autonomo rapporto, inerente alla gestione, ad opera del COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, degli appartamenti -diversi da quello oggetto della promessa -costituenti il residence INDIRIZZO, rapporto nel quale COGNOME aveva concretamente operato in rappresentanza della figlia; g ) che, in atti, non vi era altresì alcun riscontro probatorio del pagamento asseritamente avvenuto in contanti, sicché difettava la dimostrazione dell’avvenuto adempimento del promissario acquirente alle obbligazioni che allo stesso incombevano per poter addivenire alla stipula del definitivo; h ) che il COGNOME non aveva, in subordine, offerto il pagamento del residuo rispetto all’importo provato dalla quietanza, non essendo a ciò equiparabile la richiesta al giudice di stabilire l’obbligo del residuo prezzo in capo all’acquirente, peraltro neppure formulata in primo grado.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, NOME NOMECOGNOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimata COGNOME NOME. 4. -Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e 111, sesto comma, Cost.,
con motivazione omessa e/o meramente apparente su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito ritenuto indimostrata la circostanza dell’avvenuta consegna, da parte di COGNOME NOME, di sei effetti cambiari all’atto della stipulazione del contratto preliminare, omettendo, tuttavia, di considerare e valutare la deposizione testimoniale resa da NOMECOGNOME come da verbale d’udienza del 4 novembre 2005 nel giudizio di primo grado, che aveva confermato la suddetta circostanza.
Osserva l’istante che la sentenza impugnata aveva fatto esclusivamente riferimento a due testi (COGNOME e COGNOME), ignorando completamente la testimonianza dell’ulteriore teste indicato, le cui deposizioni sarebbero state decisive ai fini della prova della consegna dei titoli cambiari all’atto della stipula del preliminare, il che avrebbe determinato uno iato incolmabile nello svolgimento del percorso logico che sostiene il decisum , tale da rendere incomprensibili le ragioni giustificative della decisione in ordine alla ritenuta mancanza di prova della consegna dei titoli, nonostante l’esistenza agli atti di una dichiarazione confermativa di detta circostanza.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in combinato disposto con gli artt. 116 c.p.c. e 15 e ss. r.d. n. 1669/1933, 1858 e ss. e 2015 c.c., per avere la Corte territoriale posto a carico dell’attore le conseguenze negative della mancanza di prova della negoziazione dei sei effetti cambiari consegnati alla promittente venditrice all’atto della stipulazione del contratto preliminare.
Obietta l’istante che la prova dell’avvenuto incasso dei titoli cambiari in pagamento della quota del prezzo che avrebbe dovuto corrispondersi anticipatamente, mediante il rilascio di tali titoli, una volta che l’ordine di esibizione rivolto agli istituti bancari era rimasto senza esito, non sarebbe ricaduta sul promissario acquirente (debitore), poiché l’unico soggetto in grado di dimostrare la non avvenuta negoziazione dei titoli, in quanto non direttamente incassati, sarebbe stato il prenditore -ossia la promittente venditrice creditrice -, che avrebbe potuto dimostrare ciò attraverso la presentazione e, all’occorrenza, mediante la produzione in giudizio dell’originale dei documenti; mentre, nella fattispecie, era pacifico che la COGNOME non avesse offerto i titoli in restituzione, né li avesse prodotti in giudizio.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., per avere la Corte distrettuale considerato insufficiente, ai fini dell’emissione della pronuncia costitutiva di trasferimento del compendio immobiliare, l’offerta informale formulata dall’attore, in via subordinata, nelle conclusioni della citazione introduttiva del gravame.
Deduce l’istante che, a fronte della mancata individuazione di alcun termine per l’accollo del mutuo nella misura di vecchie lire 25.000.000 e della previsione del pagamento del saldo di vecchie lire 50.000.000 al momento della stipula del definitivo, essendo stati corrisposti gli ulteriori importi dovuti, sarebbe stata sufficiente una semplice offerta non formale di esecuzione della prestazione, ammissibile in qualsiasi forma idonea a manifestare la relativa volontà, ivi compresa una dichiarazione inserita
nell’atto di citazione introduttivo dell’appello, tra cui avrebbe dovuto annoverarsi l’esplicita richiesta di stabilire l’obbligo del residuo prezzo in capo all’acquirente.
4. -Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., in combinato disposto con l’art. 345 c.p.c., per avere la Corte del gravame erroneamente reputato tardiva l’offerta informale di pagamento del saldo del corrispettivo, avanzata, in via subordinata, nelle conclusioni dell’atto di citazione introduttivo dell’appello.
5. -É pregiudiziale lo scrutinio del secondo motivo.
Detta censura è infondata.
Essa si appunta precipuamente contro l’asserzione della sentenza impugnata in virtù della quale la semplice menzione, nello stesso atto preliminare, del ‘rilascio’ dei sei effetti cambiari non avrebbe costituito di per sé prova dell’effettiva consegna alla promittente alienante di detti titoli, ‘né tantomeno dell’avvenuto pagamento’.
Replica l’istante che, per converso, in esito alla prestazione consistente nel rilascio delle cambiali, l’onere della prova gravante sul debitore avrebbe dovuto reputarsi assolto mediante la dimostrazione della consegna dei titoli, mentre sarebbe spettata al creditore la dimostrazione della mancata negoziazione dei titoli, attraverso la restituzione degli originali dei documenti.
Tale conclusione non è condivisibile.
Infatti, pur ipotizzandosi che siffatti sei titoli -che avrebbero dovuto essere onorati alle scadenze prefissate per ciascun titolo del 30 novembre 1993, del 31 dicembre 1993, del 31 gennaio
1994, del 28 febbraio 1994, del 31 marzo 1994 e del 30 aprile 1994 (scadenze tutte antecedenti alla data stabilita per la conclusione del definitivo del 31 maggio 1994) -fossero stati debitamente consegnati dal promissario acquirente alla promittente alienante (come da deposizioni rese dal teste COGNOME NOME, deposizioni nient’affatto esaminate dal giudice di merito), le conseguenze della mancata prova dell’incasso all’esito della consegna delle cambiali -aventi natura di strumenti per la circolazione del credito e non di pagamento -ricadono sul debitore promissario acquirente (nel senso di escludere che vi sia la dimostrazione del pagamento) e non già sulla creditrice promittente venditrice (nel senso di reputare che i titoli siano stati negoziati, in mancanza della produzione dei relativi originali).
Come correttamente sostenuto dalla pronuncia impugnata, dunque, incombeva sul debitore ( recte sul promissario acquirente) la prova della negoziazione dei titoli consegnati, con gli effetti riflessi che ne discendono in difetto di prova ex art. 2697 c.c., e non già sul creditore la dimostrazione della mancata negoziazione dei titoli stessi (mediante la loro esibizione).
Ora, procedendo per ordine, la prova del possesso del titolo, da parte del creditore, fa presumere che esso non sia stato pagato, sicché all’esito ricade sul debitore l’onere di provare il contrario (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2401 del 17/03/1999; Sez. 1, Sentenza n. 2096 del 27/07/1964).
In questa stessa prospettiva, il creditore che esperisca l’azione causale, pur essendo in possesso di un titolo cambiario, ha l’onere della preventiva offerta in restituzione del titolo stesso
o del suo deposito, a norma dell’art. 66 della legge n. 1669/1933, per scongiurare il rischio del doppio pagamento, o di provare che tale rischio non sussiste perché l’azione cambiaria è prescritta o per l’assoluta inutilizzabilità del titolo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11175 del 29/07/2002; Sez. 1, Sentenza n. 1024 del 02/02/1998; Sez. 2, Sentenza n. 3805 del 30/03/1995).
Allo stesso modo (e in senso inverso), il possesso da parte del debitore del titolo originale del credito costituisce fonte di una presunzione legale juris tantum di pagamento, superabile con la prova contraria di cui deve onerarsi il creditore che sia interessato a dimostrare che il pagamento non è avvenuto e che il possesso del titolo è dovuto ad altra causa, come risulta implicitamente confermato, per i titoli cambiari, dall’art. 45, primo comma, del r.d. n. 1669/1933, secondo il quale il trattario che paga la cambiale ha diritto alla sua riconsegna con quietanza al portatore (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 3130 del 08/02/2018; Sez. 1, Sentenza n. 13462 del 03/06/2010; Sez. 1, Sentenza n. 7122 del 29/03/2006; Sez. 1, Sentenza n. 13663 del 07/12/1999; Sez. 2, Sentenza n. 5397 del 14/05/1991; Sez. 3, Sentenza n. 7417 del 12/12/1986; Sez. 2, Sentenza n. 3677 del 07/06/1980).
Qualora, invece, pur a fronte dell’avvenuto rilascio, né il creditore né il debitore dimostrino di avere il possesso dei titoli (come è accaduto nella specie), non opera alcuna presunzione relativa.
Ne discende che il debitore che eccepisca l’estinzione del debito in base al rilascio delle cambiali ha l’onere di provare che le cambiali stesse siano state integralmente pagate, non essendo
sufficiente il mero rilascio delle stesse, in quanto la consegna delle cambiali costituisce una datio pro solvendo , il cui effetto solutorio è differito all’effettivo pagamento dei titoli. Pertanto, il creditore non è tenuto a dimostrare la mancata estinzione del debito, essendo onere del debitore provare l’avvenuto pagamento delle cambiali rilasciate (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11821 del 08/06/2015).
6. -In conseguenza, i residui motivi illustrati sono inammissibili per difetto di interesse, posto che, a fronte della mancanza di prova del pagamento dei titoli che avrebbero dovuto essere onorati prima della conclusione del definitivo, di cui il ricorrente ha pervicacemente affermato l’avvenuto adempimento (senza mai prospettare l’offerta del relativo importo di vecchie lire 112.500.000), comunque non sussistevano le condizioni affinché la domanda di esecuzione specifica potesse essere accolta ex art. 2932, secondo comma, c.c.
Nello stesso corpo del ricorso il ricorrente ha delimitato la portata dell’offerta informale avanzata nel giudizio di gravame alle somme che avrebbero dovuto corrispondersi al momento della conclusione del definitivo, ossia all’accollo del mutuo nella misura di vecchie lire 25.000.000 e al pagamento del saldo di vecchie lire 50.000.000.
Non è stata, dunque, eseguita (in difetto della relativa dimostrazione) una parte della controprestazione che avrebbe dovuto adempiersi prima della conclusione del definitivo (ossia esigibile già prima della proposizione della domanda), né essa è stata offerta proponendo la domanda di esecuzione specifica.
Viceversa, ove le parti nulla abbiano disposto in merito all’efficacia finale dei pagamenti a titolo di controprestazione, ovvero abbiano espressamente convenuto che tali effetti finali debbano essere differiti al tempo della conclusione del definitivo, il giudice non può elevare a condizione dell’azione l’offerta della prestazione finale, siccome ancora inesigibile. Anche in questa ipotesi, però, il rimedio dell’esecuzione specifica può essere utilmente esperito, sebbene un’interpretazione teleologicamente orientata dell’art. 2932, secondo comma, c.c. e dell’esigenza, ad esso sottesa, di evitare la violazione del sinallagma fissato dal definitivo non concluso -imponga la pronuncia di una sentenza ‘condizionata’, senza che il giudice incorra nel vizio di ultrapetizione.
In tal caso basta accertare la manifestazione del consenso alla conclusione del contratto definitivo, perché solo quest’ultima esaurisce l’oggetto della prestazione gravante sui contraenti in tale momento, rispetto al quale l’obbligo del pagamento del prezzo rappresenta un effetto (implicito) della conclusione dell’affare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8164 del 22/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 14372 del 05/06/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 29849 del 29/12/2011; Sez. 3, Sentenza n. 59 del 04/01/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1964 del 22/02/2000; Sez. 2, Sentenza n. 14709 del 30/12/1999; Sez. 2, Sentenza n. 11695 del 18/10/1999; Sez. 2, Sentenza n. 1207 del 06/02/1998; Sez. 2, Sentenza n. 11839 del 26/11/1997; Sez. 1, Sentenza n. 8730 del 08/09/1997; Sez. 2, Sentenza n. 10069 del 18/11/1996; Sez. 2, Sentenza n. 3926 del 27/04/1996; Sez. 2, Sentenza n. 795 del
24/01/1995; Sez. 2, Sentenza n. 144 del 09/01/1993; Sez. 2, Sentenza n. 2103 del 15/03/1990).
Orbene, alla scadenza del termine pattuito ( recte alle scadenze stabilite nei titoli cambiari), antecedente a quella concordata per la stipulazione del contratto definitivo, il promissario acquirente avrebbe dovuto eseguire nel domicilio del creditore od offrire formalmente, nei modi previsti dalla legge, le somma pattuite, non sussistendo, in tale ipotesi, nessuna ragione atta a giustificare la sufficienza dell’offerta informale; in caso contrario, colui che è tenuto al pagamento è da considerarsi inadempiente e non può ottenere il trasferimento del diritto, ove la controparte sollevi l’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27342 del 29/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 26226 del 13/12/2007; Sez. 2, Sentenza n. 8196 del 19/08/1998).
E quand’anche si reputi (come appare più convincente) sempre per i pagamenti che avrebbero dovuto attuarsi prima della stipula del definitivo -che l’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non sia subordinato alla presentazione di un’offerta formale (reale o per intimazione) della controprestazione, ai sensi degli artt. 1208 e 1209 c.c., essendo a tal fine sufficiente anche la mera offerta nelle forme d’uso, ai sensi dell’art. 1214 c.c., ossia la sola manifestazione di volontà di adempiere del promissario acquirente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13789 del 17/05/2024; Sez. 2, Sentenza n. 9314 del 11/04/2017; Sez. 2, Sentenza n. 2217 del 30/01/2013; Sez. 2, Sentenza n. 26011 del 23/12/2010; Sez. 2, Sentenza n. 5151 del 03/04/2003; Sez. 2, Sentenza n. 2991 del 29/03/1999), nondimeno, essa, nel caso in
disputa, non risulta avvenuta per l’importo corrispondente ai titoli cambiari emessi, di cui è stato rivendicato costantemente il già avvenuto pagamento (e non già l’offerta di pagamento).
D’altronde, la Corte d’appello ha altresì escluso che, in atti, vi fosse alcun riscontro probatorio del pagamento asseritamente avvenuto in contanti.
7. -Con il quinto (subordinato) motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e 111, sesto comma, Cost., per avere la Corte di secondo grado, con manifesta e insanabile contraddizione e con motivazione apparente, considerato il rilascio dei tre effetti cambiari in favore di COGNOME COGNOME una ‘circostanza di rilievo’ per escludere l’imputazione dei pagamenti al contratto preliminare stipulato da COGNOME NOME NOME, pur avendo contestualmente accertato che NOME COGNOME aveva agito come rappresentante della promittente venditrice in relazione a tutti i rapporti concernenti gli immobili di proprietà di quest’ultima, siti nell’isola d’Elba.
7.1. -Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha offerto congrua motivazione delle ragioni per le quali l’incasso dei tre effetti cambiari rilasciati in favore di COGNOME non potesse essere ricondotto al pagamento del prezzo della vendita, individuando, oltre al diverso prenditore, anche la causale di tale consegna, ossia il corrispettivo per la gestione, ad opera del COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, degli appartamenti -diversi da quello oggetto della promessa -costituenti il residence INDIRIZZO,
rapporto nel quale NOME aveva concretamente operato in rappresentanza della figlia.
La rappresentanza è stata, dunque, circoscritta a tale diverso rapporto.
Nei termini anzidetti la censura mira, in realtà, ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa, rivalutazione preclusa in sede di legittimità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
8. -Il sesto motivo di ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1193 c.c., per avere la Corte d’appello, in sede di imputazione del pagamento derivante dall’incasso dei tre effetti cambiari rilasciati da COGNOME NOME, omesso di applicare i criteri di imputazione previsti dal citato articolo, i quali, nella fattispecie, avrebbero imposto di imputare i pagamenti al debito più antico, rappresentato dall’obbligazione di pagamento del corrispettivo per l’acquisto del compendio immobiliare di Capoliveri.
8.1. -Il motivo è infondato.
A fronte dell’individuazione della (eterogenea) causale del pagamento, non operano infatti i criteri suppletivi e sussidiari di imputazione di cui all’art. 1193, secondo comma, c.c.
Al riguardo, occorre precisare altresì che, quando il pagamento venga eccepito mediante la produzione di assegni o cambiali, che per la loro natura presuppongono l’esistenza di un’obbligazione cartolare (e l’astrattezza della causa), l’onere
probatorio è ribaltato in capo al debitore, che deve dimostrare il collegamento dei titoli di credito prodotti con i crediti azionati, ove ciò sia contestato dal creditore (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27247 del 25/09/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 15708 del 04/06/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 26275 del 06/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 6217 del 31/03/2016; Sez. 3, Sentenza n. 3008 del 28/02/2012; Sez. 1, Sentenza n. 3457 del 15/02/2007; Sez. 3, Sentenza n. 20134 del 18/10/2005).
Dimostrazione non fornita nella specie dal promissario acquirente allo scopo di confutare la diversa ricostruzione cui ha aderito il giudicante.
-In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.800,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda