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Prelazione agraria: no al riscatto su quote sociali

Un coltivatore diretto ha agito in giudizio per esercitare il diritto di prelazione agraria su un fondo confinante, sostenendo che la cessione di quote della società proprietaria del terreno fosse un’operazione simulata per eludere i suoi diritti. Il Tribunale ha respinto la domanda per difetto di legittimazione passiva dei convenuti, in quanto l’azione doveva essere intentata contro la società proprietaria. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e ha ribadito che la cessione di quote sociali non equivale a una vendita del fondo.

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Cessione di quote sociali e prelazione agraria: la Cassazione fa chiarezza

L’esercizio del diritto di prelazione agraria è un tema cruciale per chi opera nel settore agricolo, poiché garantisce stabilità e continuità nell’accorpamento dei terreni. Ma cosa succede quando la vendita di un fondo viene mascherata attraverso una cessione di quote societarie? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo scenario, offrendo importanti spunti sulla differenza tra trasferimento di beni immobili e trasferimento di partecipazioni sociali.

I fatti del caso: una complessa operazione societaria

Un coltivatore diretto, proprietario di alcuni terreni, citava in giudizio due soggetti per esercitare il proprio diritto di riscatto su un fondo confinante. Secondo il coltivatore, il trasferimento del fondo era avvenuto attraverso un’operazione societaria architettata al solo fine di eludere il suo diritto di prelazione.

In sintesi, la società proprietaria del terreno, dopo la morte di uno dei soci, era stata formalmente ricostituita tramite la cessione dell’intera partecipazione della socia superstite ai due convenuti. Questi ultimi avevano poi modificato la ragione sociale. Il ricorrente sosteneva che questa complessa operazione nascondesse in realtà una compravendita del fondo, simulata per impedirgli di esercitare la prelazione.

Il giudizio di primo grado e l’appello

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda del coltivatore. La motivazione principale era il difetto di legittimazione passiva dei convenuti. Il giudice osservava che, anche secondo le affermazioni dello stesso attore, la proprietaria del fondo era la società e non i singoli soci. Pertanto, l’azione legale avrebbe dovuto essere intentata contro la società, che però non era stata chiamata in giudizio.

L’agricoltore proponeva appello, ma la Corte d’Appello lo dichiarava inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., ritenendo che non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto. Di conseguenza, il caso approdava in Corte di Cassazione, con ricorso proposto direttamente avverso la sentenza di primo grado, come consentito dalla legge in questi casi.

La questione della prelazione agraria nella cessione di quote

Il cuore della controversia risiede in due questioni strettamente connesse. La prima riguarda la prelazione agraria in caso di vendita di quote di una società agricola. La legge prevede questo diritto in caso di ‘trasferimento a titolo oneroso’ di un fondo rustico. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la cessione di quote sociali è un negozio che ha per oggetto beni mobili (le partecipazioni) e non il patrimonio immobiliare della società. Di conseguenza, tale operazione, di per sé, non fa scattare il diritto di prelazione.

La seconda questione è quella della simulazione. Il ricorrente sosteneva che l’intera operazione societaria fosse una finzione, un contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.) creato al solo scopo di trasferire la proprietà del terreno aggirando i suoi diritti. Per far valere questa tesi, tuttavia, è necessario fornire una prova rigorosa e, soprattutto, indirizzare correttamente l’azione legale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I motivi del ricorso sono stati ritenuti un tentativo di ottenere un riesame del merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha evidenziato che i motivi di ricorso si risolvevano in doglianze di merito, ampiamente e congruamente trattate nella sentenza impugnata. Il ricorrente, sotto la parvenza di una violazione di legge, chiedeva in realtà una nuova valutazione delle circostanze di fatto che, a suo dire, avrebbero giustificato l’accoglimento della domanda di riscatto.

Il giudizio di Cassazione, hanno ricordato i giudici, non è un terzo grado di merito. Il suo scopo non è quello di stabilire come siano andati i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di diritto e di procedura. Le argomentazioni del ricorrente sulla natura simulata della società e sulla mancata contestazione specifica da parte dei convenuti miravano proprio a rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti operato dal Tribunale, il che è inammissibile in questa sede.

Inoltre, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza della decisione del Tribunale sulla legittimazione passiva: se il proprietario formale del bene è una società, è quest’ultima che deve essere citata in giudizio, non i suoi soci, a meno che non si dimostri in modo inequivocabile la natura fittizia dell’ente stesso.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la distinzione tra la personalità giuridica della società e quella dei suoi soci. La cessione di quote di una società che possiede terreni agricoli non è equiparabile alla vendita diretta dei terreni stessi. Per far valere il diritto di prelazione agraria, è necessario che l’oggetto del trasferimento sia il fondo rustico.

Chi intende sostenere che un’operazione societaria sia simulata per eludere la prelazione deve non solo fornire prove concrete di tale simulazione, ma anche incardinare correttamente il giudizio, citando in causa il soggetto che è formalmente titolare del diritto di proprietà, ovvero la società. In caso contrario, la domanda rischia di essere respinta per ragioni procedurali, prima ancora di poter essere esaminata nel merito.

La vendita di quote di una società che possiede un fondo agricolo fa scattare il diritto di prelazione agraria del confinante?
No, secondo la Corte, la cessione di quote sociali è un’operazione che riguarda beni mobili (le quote) e non il bene immobile (il fondo). Pertanto, di per sé, non attiva il diritto di prelazione agraria, che sorge solo in caso di trasferimento a titolo oneroso del fondo rustico.

Perché il ricorso è stato respinto per un difetto di legittimazione passiva?
Il Tribunale ha ritenuto che l’azione dovesse essere diretta contro la società, in quanto formale proprietaria del terreno, e non contro i singoli soci acquirenti. Poiché la società non è stata citata in giudizio, i convenuti non avevano la ‘legittimazione passiva’, ovvero non erano le parti corrette da citare in giudizio per quel tipo di domanda.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di primo grado se la Corte d’Appello ha dichiarato l’appello inammissibile?
Sì, la legge (art. 348-ter c.p.c.) prevede che quando la Corte d’Appello dichiara un appello inammissibile perché non ha una ragionevole probabilità di essere accolto, il ricorso per Cassazione può essere proposto direttamente contro la sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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