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Patto fiduciario quote: prova e onere del fiduciante

Un marito cita in giudizio la moglie per essere dichiarato proprietario effettivo delle quote di una società intestate a lei, sostenendo l’esistenza di un patto fiduciario. La moglie si oppone, dimostrando di aver costituito e finanziato la società con capitali propri. Il Tribunale di Milano ha respinto la domanda dell’uomo per insufficienza di prove, sottolineando che gli indizi a sostegno di un patto fiduciario devono essere gravi, precisi e concordanti, onere non soddisfatto in questo caso.

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Patto Fiduciario e Quote Societarie: Quando la Prova Non Basta

L’intestazione fiduciaria di quote societarie è una pratica diffusa, ma può generare complesse controversie, specialmente quando l’accordo non è formalizzato per iscritto. Una recente sentenza del Tribunale di Milano affronta proprio il tema del patto fiduciario verbale, chiarendo il rigoroso onere della prova che grava su chi afferma di essere il proprietario effettivo. In questo articolo, analizzeremo il caso di un marito che non è riuscito a dimostrare l’esistenza di un accordo fiduciario con la moglie, vedendosi respingere la richiesta di trasferimento delle quote.

I Fatti di Causa: una Disputa Familiare e Societaria

La vicenda giudiziaria nasce dalla richiesta di un uomo di essere riconosciuto come unico proprietario delle quote di una società, formalmente intestate alla moglie. L’attore sosteneva che tale intestazione fosse meramente fiduciaria, una scelta dettata dalla necessità di proteggere il nuovo progetto imprenditoriale dai rischi derivanti dal fallimento di una sua precedente attività.

A supporto della sua tesi, l’uomo adduceva una serie di elementi indiziari:

* La scelta degli amministratori della società, persone a lui legate da vincoli di amicizia e parentela.
* Il suo ruolo di presunto ‘amministratore di fatto’, che impartiva direttive e gestiva l’attività.
* L’aver fornito le risorse economiche per il pagamento degli stipendi dei dipendenti.

Di contro, la moglie, convenuta in giudizio, ha negato fermamente l’esistenza di un patto fiduciario. Ha sostenuto di essere la piena ed effettiva proprietaria, avendo costituito la società con capitali propri, frutto dei suoi risparmi personali. Ha provato documentalmente di aver conferito il capitale sociale tramite una società fiduciaria da lei incaricata e di aver finanziato l’attività con le proprie risorse. Secondo la sua difesa, i versamenti effettuati dal marito non erano finanziamenti soci, ma semplici contributi alle ‘spese famigliari’.

La Decisione del Tribunale e il Rigetto della Domanda

Il Tribunale di Milano, esaminati gli atti e le prove, ha respinto integralmente le domande dell’attore. La decisione si fonda sull’assunto che l’attore non sia riuscito a fornire un quadro probatorio sufficiente a dimostrare, in modo univoco, l’esistenza del patto fiduciario.

Il giudice ha ritenuto che gli indizi presentati dall’uomo fossero generici, inconferenti o addirittura controproducenti. La richiesta di condanna al pagamento delle spese processuali a carico dell’attore soccombente ha concluso il giudizio.

Le motivazioni: l’Onere della Prova nel Patto Fiduciario

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi delle motivazioni e, in particolare, del rigore richiesto per la prova del patto fiduciario. La giurisprudenza consolidata ammette che l’accordo fiduciario relativo a quote societarie non necessiti di forma scritta per essere valido (né ad substantiamad probationem). Può quindi essere provato con ogni mezzo, incluse le testimonianze e le presunzioni semplici (ex art. 2729 c.c.).

Tuttavia, il Tribunale ribadisce un principio fondamentale: perché le presunzioni possano fondare una decisione, devono essere ‘gravi, precise e concordanti’. In altre parole, gli indizi non devono lasciare spazio a dubbi o a interpretazioni alternative.
Nel caso di specie, gli elementi portati dall’attore sono stati smontati uno ad uno:

1. Nomina degli amministratori: Il fatto che gli amministratori fossero legati affettivamente all’attore è stato giudicato un elemento equivoco, poiché gli stessi legami esistevano anche con la moglie.
2. Supporto economico: La difesa della moglie ha dimostrato documentalmente che la costituzione della società era avvenuta con fondi propri. I successivi versamenti del marito, qualificati come ‘per spese familiari’, non potevano essere interpretati come finanziamenti alla società.
3. Proposta di scambio: Un messaggio WhatsApp, in cui l’attore proponeva di cedere alla moglie la sua metà della casa coniugale in cambio delle quote societarie, è stato interpretato dal giudice come una prova a sfavore. Tale proposta, infatti, presuppone il riconoscimento della moglie come legittima titolare delle quote che si intendeva ‘acquistare’.

Il Tribunale ha quindi concluso che, a fronte delle prove documentali chiare fornite dalla convenuta (contratto con la fiduciaria, bonifici per la costituzione del capitale), gli indizi offerti dall’attore erano del tutto insufficienti a provare l’esistenza di un accordo interno volto a limitare il diritto di proprietà della moglie.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: affidarsi a un patto fiduciario verbale è estremamente rischioso. Chi intende intestare fiduciariamente un bene a un’altra persona, pur volendone mantenere il controllo e la proprietà sostanziale, deve premunirsi di prove forti e inequivocabili.

La soluzione più sicura resta sempre quella di redigere una scrittura privata (controdichiarazione) che chiarisca la natura fiduciaria dell’intestazione e gli obblighi del fiduciario. In assenza di un documento scritto, il fiduciante si espone al rischio concreto di non riuscire a superare la titolarità formale, come accaduto nel caso esaminato, con la conseguente perdita del bene e la condanna al pagamento delle spese legali.

È necessario un contratto scritto per provare un patto fiduciario su quote societarie?
No, la giurisprudenza ammette che la prova del patto fiduciario non richieda la forma scritta. Può essere fornita con qualsiasi mezzo, comprese testimonianze e presunzioni, a condizione che queste ultime siano gravi, precise e concordanti.

Cosa deve dimostrare chi sostiene di essere il proprietario effettivo (fiduciante) delle quote?
Deve fornire prove univoche e convincenti che dimostrino l’esistenza di un accordo interno (il patto fiduciario) in base al quale il titolare formale delle quote (il fiduciario) si è impegnato a gestirle per suo conto e a ritrasferirle. L’onere della prova è interamente a suo carico.

Perché il Tribunale ha respinto la domanda dell’attore in questo caso?
Il Tribunale ha respinto la domanda perché le prove fornite dall’attore (come la scelta di amministratori comuni o bonifici per ‘spese familiari’) sono state ritenute generiche, ambigue e non sufficienti a dimostrare l’esistenza del patto fiduciario, specialmente a fronte delle prove documentali presentate dalla moglie che attestavano i suoi investimenti personali nella società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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