Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18454 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18454 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6200/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE) in persona dell’AVV_NOTAIO, a tanto abilitato giusta procura del 27/12/2018 a rogito del AVV_NOTAIO di Velletri, in qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, società a responsabilità limitata a socio unico, costituita ai sensi della legge n. 130/1999 per le finalità di cui all’ art. 3 della citata legge, in forza di procura speciale per atto AVV_NOTAIO Varsallona di Milano del 26/10/2016, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, che chiede di ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché dei soci COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME
-intimati-
avverso la ordinanza della Corte di appello di Potenza n. 615/2019, depositata in data 13 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/6/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
Con atto di citazione notificato il 17/7/97 NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali soci della RAGIONE_SOCIALE, deducevano di avere stipulato il 17/6/88 con la RAGIONE_SOCIALE di Lucania s.p.a. (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di Roma, RAGIONE_SOCIALE s.p.a.), un contratto di apertura di credito in conto corrente e concessione di fido con garanzia ipotecaria.
Ne era sorto un contenzioso stragiudiziale con la banca conclusosi con la lettera della 30/9/96, di revoca unilaterale « di tutti i rapporti in essere » da parte dell’istituto di credito. Pertanto, chiedevano la condanna della banca al pagamento in loro favore, in proprio e nella qualità di soci, della somma di euro 118.140,77.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, contestando la domanda attrice chiedendo, in via riconvenzionale, il pagamento della somma di euro 118.872,33, per scoperto su c/c n. 30002.949, oltre alla somma di euro 21.148,91 portata da n. 14 cambiali « di portafoglio sconto commerciale con scadenze dal 30/9/96 al 31/1/97 », con richiesta di compensazione.
Veniva autorizzata la chiamata in causa, chiesta dalla convenuta, della società RAGIONE_SOCIALE
4. A seguito dell’espletamento della CTU, il tribunale di Potenza, con la sentenza n. 981/06, depositata il 29/11/2006, condannava gli attori e la società al pagamento in favore della banca della somma di euro 62.153,82 oltre al pagamento della somma di euro 21.148,91, per la sorte capitale delle cambiali.
Venivano, dunque, accolte, seppure in parte, le domande riconvenzionali della banca, e ciò in quanto l’oggetto del giudizio ad avviso del tribunale -« doveva essere circoscritto alla determinazione del saldo alla chiusura del conto corrente n. 307002.949 e del saldo di cui alle n. 14 cambiali ».
In particolare, il giudice di prime cure rilevava che la missiva della banca del 15/9/95 non costituiva un riconoscimento di debito della somma ivi indicata di euro 73.336,88, trattandosi di mera proposta transattiva. Quanto poi al saldo del conto corrente e degli effetti cambiari insoluti la banca aveva legittimamente variato i tassi applicati, « ritraenti la propria fonte negoziale nel contratto di apertura di credito in conto corrente e concessione di fido con garanzia ipotecaria del 17/7/88, di apertura di credito, di sconto carta commerciale e negli atti di concessione di garanzia fideiussoria », ove si prevedeva che la banca potesse modificare i tassi « a seconda dell’andamento del mercato finanziario » e che « lo scoperto di conto corrente sarebbe stato regolato dalle modalità e condizioni in uso presso la banca Lucania ».
5. Proponevano appello principale i soci e la società deducendo: 1) che la lettera della banca del 15/9/95 costituiva un riconoscimento di debito, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, trattandosi di « competenze pagate in più in difformità alle condizioni pattuite nell’atto notarile di finanziamento da portare contestualmente a deconto del mutuo ipotecario »; 2) che era erronea l’affermazione da parte del giudice di prime cure della
possibilità della banca « di modificare unilateralmente il tasso di interesse in relazione ai mutamenti del mercato finanziario »; 3) che il CTU aveva omesso di considerare, tra i movimenti transitati sul conto corrente, quelli di ricalcolo delle commissioni di massimo scoperto.
Proponeva appello incidentale la banca reputando: 1) non dovuti gli interessi ultra-legali anche dopo la chiusura del rapporto: 2) la legittimità della clausola che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi.
6.1. Nel giudizio d’appello si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, per mezzo della sua procuratrice RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Potenza accoglieva l’appello principale articolato dalla società e dai soci fideiussori.
In particolare, rilevava che i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 e del d.lgs.n. 385 del 1993, erano inficiati da nullità ex art. 1284 c.c. delle clausole che facevano riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito su piazza, in quanto prive di riferimenti idonei a consentire una oggettiva determinabilità del tasso di interesse convenzionale, dovendosi dunque applicare il tasso legale.
Si trattava, dunque, di un tasso convenzionale indeterminato, come emergeva anche dalla comunicazione del 28/6/88 di apertura di credito (« in relazione ai mutamenti che dovessero verificarsi nel mercato monetario, è autorizzata fin d’ora ad applicare gli aumenti di tasso che riterrà necessari, dandone comunicazione al cliente »).
Pertanto, non poteva essere accolta l’obiezione della banca che, invece, criticava l’elaborato peritale per non avere calcolato gli interessi sulle apertura di credito « nella misura convenzionale stabilita con l’atto notarile » (14,5 % il tasso; 0,125 la commissione sul massimo scoperto trimestrale).
Veniva ritenuto non fondato l’appello incidentale, con conferma della dichiarazione di nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, calcolandosi tali interessi senza alcuna capitalizzazione.
Con riguardo, dunque, al conto corrente n. 30002.949, la somma calcolata dal CTU a credito della società era di euro 690.051,00, dovendosi però limitare la condanna al pagamento della somma di euro 118.140,77, sulla base della espressa richiesta degli appellanti principali, che avevano agito sia in proprio che nella qualità di soci della società di persone.
La Corte d’appello condannava al pagamento della somma di euro 118.140,77, oltre a RAGIONE_SOCIALE, anche « per essa, quale mandataria, la RAGIONE_SOCIALE, a socio unico », e per essa RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, in qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE
Sono rimasti intimati la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché i soci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche in proprio.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la « violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in combinato disposto con gli articoli 1260 e seguenti c.c., gli articoli da 1 a 4 della legge 30 aprile 1999, n. 130, e gli articoli 1406 e seguenti c.c. ».
La decisione della Corte d’appello è erronea per aver illegittimamente condannato al pagamento della somma portata nel dispositivo, in solido con RAGIONE_SOCIALE (attualmente RAGIONE_SOCIALE), « anche la società-veicolo RAGIONE_SOCIALE », la quale si era costituita nel secondo grado di giudizio per mezzo della propria procuratrice RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
Non trova, infatti, applicazione l’art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), in base al quale si prevede il trasferimento delle passività al cessionario in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia della stessa, ex art. 58, comma 2, TUB.
In tal caso vi sarebbe una deroga, in virtù del principio di specialità, all’art. 2560 c.c., realizzando una disciplina strumentale rispetto alla tutela degli interessi dei creditori della parte cedente.
Ed infatti, per la Corte di cassazione (si cita Cass., sez. 3, n. 21843 del 2019), va applicata, per la sua specialità, la legge n. 130 del 1999.
Trattandosi di operazione di cartolarizzazione dei crediti, si prevede la costituzione di società veicolo, le quali provvedono all’emissione dei titoli destinati alla circolazione per finanziare l’acquisto dei crediti del cedente ( originator ) e, successivamente, al recupero dei crediti acquistati e, mediante la provvista conseguita, al rimborso dei titoli emessi.
Si tratta, dunque, di un vero e proprio patrimonio distinto rispetto a quello della società veicolo e rispetto a quello relativo alle altre operazioni di cartolarizzazione.
Detto patrimonio ha un vincolo di destinazione al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti in blocco, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione.
Pertanto, non si consente di ritenere ascrivibili al patrimonio separato, facente capo alle società-veicolo, le conseguenze economiche di accertate passività discendenti dall’accoglimento giudiziale di eccezioni sollevate o domande proposte del debitore ceduto rispetto al rapporto giuridico intervenuto con il cedente.
I possessori di titoli emessi dalla società veicolo possono essere esposti al solo pericolo del mancato incasso dei crediti cartolarizzati, ma non anche a quello che sul medesimo patrimonio, a destinazione vincolata, possono essere soddisfatti altri creditori, e segnatamente i debitori ceduti in forza delle eccezioni opponibili al cedente che determinino condanna al pagamento di cui debba rispondere il cessionario.
Il cessionario ex lege n. 130 del 1993 subentra « nelle sole situazioni giuridiche attive discendenti da rapporto ceduto già facenti capo al cedente, ovvero nei soli crediti derivanti dal medesimo rapporto, con esclusione radicale della pretesa successione anche delle passività ».
Pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto dirigere la condanna « nei soli confronti della cedente RAGIONE_SOCIALE ».
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la violazione di legge « in relazione agli articoli 1325, 1341, 1342 e 1346 c.c., oltre che in relazione all’art. 118 del d.lgs.n. 385 del 1993 ( Testo Unico bancario) ».
La Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la piena validità delle condizioni contenute nei contratti sottoscritti, perché conformi al dettato delle norme codicistiche in materia di conclusione, determinatezza dell’oggetto e di specifica approvazione delle clausole del contratto.
La fonte negoziale della determinazione dei tassi doveva essere « ricercata non solo nel contratto apertura di credito in conto corrente e concessione di fido con la garanzia ipotecaria del 17/7/88, ma anche nei contratti di apertura di credito, di sconto carta commerciale e dagli atti di concessione di garanzia fideiussoria, tutti ritualmente sottoscritti dalle parti e perfettamente validi ».
La Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’inapplicabilità retroattiva dell’art. 118 TUB al contratto di apertura di credito in conto corrente e concessione di fido con garanzia ipotecaria del 17/7/88 ed ai successivi contratti di apertura di credito.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del second motivo.
3.1. È necessario un breve excursus normativo per chiarire i termini della controversia. Da tale sintetica descrizione normativa emergerà l’esistenza di un patrimonio di destinazione nella titolarità delle società veicolo, quale la ricorrente, inattaccabile da parte dei debitori ceduti, in quanto destinato a rimborsare gli acquirenti dei titol i emessi dalla stessa società veicolo per finanziare l’acquisto dei crediti oggetto di cessione al cedente (ossia la banca -originator -), oltre che a pagare i costi dell’operazione.
3.2. L’art. 1 della legge 130 del 1999, nella versione vigente dal 29 maggio 1999 al 2014, prevede che: « La presente legge si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti, quando ricorrono i seguenti requisiti: a) il cessionario sia una società prevista dall’art. 3;b) le somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti siano destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione ».
3.3. La norma è stata modificata a decorrere dal 1° gennaio 2021 con allargamento del « patrimonio di destinazione » anche alle somme « comunque ricevute a soddisfacimento dei crediti ceduti » ed a quelle « derivanti dai finanziamenti alle medesime concessi da parte di soggetti autorizzati all’attività di concessione di finanziamenti ».
L’art. 1, comma primo, lettera b), pertanto, prevede, dunque, una specificazione della responsabilità generica di cui all’art. 2740 c.c., con l’individuazione di un « patrimonio separato » destinato, in via esclusiva, dalla società veicolo, cessionaria dei crediti, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi dalla società cessionaria o da altra società, al fine di finanziare l’acquisto di tali crediti, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione.
Gli investitori in titoli non sono, dunque, creditori verso la società emittente, ma esclusivamente verso il « portafoglio titoli ». L’emittente, quindi, si obbliga giuridicamente, come evidenziato dalla dottrina, negli esatti limiti in cui riscuoterà dai debitori ceduti, senza garantire alcunché con il proprio patrimonio. I sottoscrittori dei titoli riceveranno solo le somme che emergeranno dalla attività di gestione dei crediti. Proprio come nel « finanziamento di destinazione » di cui all’art. 2447bis , primo comma, lettera b), c.c., si può convenire che nel contratto di finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i « proventi » dell’affare stesso o parte di essi; sicché il finanziatore « scommette » sulla bontà dell’affare finanziato, in quanto potrà conseguire la restituzione delle somme solo in relazione ai flussi di cassa positivi dell’operazione commerciale finanziata (in tal senso Cass., sez. 5, 5/7/2021, n. 18896).
4.4. Sin da subito, dunque, emerge la funzione preminente della cartolarizzazione dei crediti che consiste, soprattutto, nel finanziamento della società che promuove l’operazione (l’ Originator ).
Si è notato in dottrina che la società veicolo (RAGIONE_SOCIALE) che emette i titoli « finanzia » l’ Originator , attribuendogli la liquidità che raccoglie presso i prenditori delle ABS ( RAGIONE_SOCIALE ), ossia dei titoli emessi.
Inoltre, quale garanzia della restituzione del finanziamento ai risparmiatori che hanno acquistato i titoli emessi dalla società veicolo o da altra società, e sui quali è stato quindi traslato il rischio di mancato pagamento dei crediti ceduti, è stato allestito un patrimonio separato destinato e vincolato in via esclusiva al soddisfacimento dei risparmiatori, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione.
Per il legislatore, quindi, il pagamento dei costi dell’operazione di cartolarizzazione viene collocato in posizione preminente, sì da essere soddisfatto dai flussi di cassa provenienti dalla riscossione dei crediti azionati nei confronti dei debitori ceduti (patrimonio separato vincolato a questa specifica finalità).
4.1. L’art. 2, comma 2, della legge 130/1999, nella versione all’epoca vigente, ma ancora in vigore, dispone, poi, che « la società cessionaria o la società emittente i titoli, se diversa dalla società cessionaria, redige il prospetto informativo », nell’ambito del quale devono essere indicati anche « i costi dell’operazione e le condizioni alle quali la società cessionaria può detrarli dalle somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti, nonché l’indicazione degli utili previsti dall’operazione e il percettore » (art. 2, comma 3, lettera h).
Da questa norma, quindi, emerge, da un lato, l’importanza conferita dal legislatore al pagamento dei costi dell’operazione ed alle « condizioni » alle quali la società cessionaria può detrarli dalle somme corrisposte dai debitori ceduti (sicché si prevede in qualche misura che possano sussistere « condizioni » per prelevare tali somme dal coacervo di quelle acquisite dai debitori ceduti) e, dall’altro, la possibilità che la società veicolo ottenga degli utili al termine della operazione di cartolarizzazione.
La società veicolo, infatti, non è proprietaria di tali somme, derivanti dalla realizzazione dei crediti ceduti, ma li gestisce sino al termine della procedura di cartolarizzazione.
4.2. L’art. 3 della legge, nella versione applicabile sino al 21/2/2014, prevede poi, dopo aver indicato l’oggetto sociale della società veicolo e della società che ha emesso i titoli, ove diversa dalla prima (« la società cessionaria, o la società emittente titoli se diversa dalla società cessionaria, hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti »), la costituzione del « patrimonio separato » destinato necessariamente al soddisfacimento dei risparmiatori ed al pagamento dei costi dell’operazione (« i crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti stessi »).
L’unica categoria di creditori che può, dunque, esercitare azioni nei confronti del patrimonio di destinazione è quella dei risparmiatori (investitori), ossia i portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti stessi.
La società veicolo, dunque, per procedere all’acquisto dei crediti da parte dell’ Originator , emette titoli o comunque chiede ad una società terza di emettere titoli, che vengono acquistati sul mercato dai risparmiatori, e sono necessari per costituire la provvista che consente alla società veicolo l’acquisto dei crediti.
4.3. Una significativa modifica normativa si rinviene con l’aggiunta del comma 2bis all’art. 3, a decorrere dal 22/2/2014.
Si rafforza, infatti, il patrimonio di destinazione, con la previsione per cui « le società di cui al comma 1 possono aprire conti correnti segregati presso la banca depositaria dove vengono accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti nonché ogni altra somma pagata o comunque di
spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell’ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell’operazione. Le somme accreditate su tali conti segregati costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello del depositario ed a quello degli altri depositanti. Su tali somme non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi da quelli di cui al comma 2 e tali somme possono essere utilizzate esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai soggetti di cui al comma 2 e dalle controparti dei contratti derivati con la finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell’operazione ».
Si prevede persino una segregazione nei confronti delle procedure concorsuali eventualmente attivate nei confronti delle società depositarie, con immediata e integrale restituzione alle società cessionarie (veicolo) o emittenti i titoli, sicché « in caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di cui al titolo IV del testo unico bancario, nonché di procedure concorsuali o di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate su tali conti non lo sono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto non sono soggette a sospensione dei pagamenti e vengono integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l’incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere il riparti e le altre restituzioni ».
Le medesime garanzie in favore delle società cessionarie vengono attivate anche con riferimento ai soggetti che svolgono attività di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, ai sensi del comma 2ter dell’art. 3 della legge n. 130 del 1999, attraverso l’attivazione di conti correnti segregati ed impermeabilità a procedure concorsuali che riguardino le società depositarie.
4.4. L’art. 4 della stessa legge, vigente dal 29/5/1999 al 21/2/2014, contribuisce a delimitare il perimetro del patrimonio separato e la speciale tutela che lo caratterizza, sicché « dalla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all’art. 1, comma 1, lettera b) ». Inoltre, si prevede all’art. 4, comma 3, che «ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società cessionaria non si applica l’art. 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni». Pertanto, i pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società veicolo non sono oggetto di azione revocatoria fallimentare. Ciò aumenta la possibilità di soddisfacimento dei risparmiatori che hanno acquistato i titoli emessi dalla società veicolo o da altra società.
Ulteriori modifiche normative, volte ad aumentare l’effetto segregativo in favore esclusivamente dei risparmiatori che hanno acquistato i titoli emessi dalla società veicolo, si riscontrano a partire dal 22/2/2014.
L’art. 4, comma 1, della legge n. 130 del 1999, viene quindi sostituito dal seguente « alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni contenute nell’art. 58, commi 2,3 e 4, del testo unico bancario ».
Inoltre, l’art. 4, comma 2, stabilisce che « in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data ».
Ciò implica che il divieto di compensazione dei crediti « sorti posteriormente » alla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale (o alla data certa
dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione), « risponde a quella stessa logica di salvaguardia del ‘patrimonio separato a destinazione vincolata ‘cui dà vita l’operazione di cartolarizzazione » (in tal senso Cass., sez. 3, 30/8/2019, n. 21843, che sarà poi richiamata in seguito).
4.5. L’art. 6 della legge n. 130 del 1999, nella versione all’epoca vigente, si occupa poi, sia pure in misura marginale, delle disposizioni fiscali.
Questa Corte (Cass., 27 maggio 2015, n. 10885; Cass., 16 maggio 2019, n. 13162), ha già affrontato il tema della cartolarizzazione dei crediti, seppure con riferimento alla possibilità della società veicolo di scomputare le ritenute d’acconto effettuate dalla banca sugli interessi delle somme depositate sui conti correnti, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 917 del 1986.
Si è ritenuto, quindi, che le operazioni di cartolarizzazione dei crediti si realizzano attraverso società appositamente costituite, dette società veicolo o special pourpose veichle (SPV). In particolare, tali società provvedono all’emissione di titoli destinati alla circolazione per finanziare l’acquisto dei crediti del cedente, l’ Ordinator , che nella specie è RAGIONE_SOCIALE. Successivamente, le stesse si occupano del recupero dei crediti acquistati e del rimborso dei titoli emessi. Per espressa disposizione di legge (art. 3, comma 2 legge n. 130 del 1999) i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono patrimonio separato, ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo come pure rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Tale patrimonio, come previsto dall’art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 130 del 1999, è a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti nonché al pagamento dei costi dell’operazione.
Pertanto, in base alle norme richiamate, il flusso di liquidità che l’incasso dei crediti è in grado di generare in favore della società veicolo è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell’operazione (flussi passivi).
Per tale ragione, anche gli interessi percepiti sui depositi ed i conti correnti bancari sui quali confluiscono temporaneamente le disponibilità finanziarie detenute dal patrimonio separato devono ritenersi ricompresi tra i « flussi attivi » del patrimonio separato, benché maturati su conti e depositi formalmente intestati alla società veicolo. Ne consegue che nel corso dell’operazione di cartolarizzazione, la società veicolo non ha la disponibilità dei predetti flussi, ivi compresi gli interessi in questione, fino al momento in cui permane il vincolo di destinazione, ossia sino a quando detti interessi e proventi restino finalizzati al rimborso ed alla remunerazione dei titoli emessi, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione.
6.1. Si è chiarito, in tale contesto normativo, che gli interessi maturati sui conti correnti bancari in cui erano approdati gli incassi relativi alla riscossione dei debiti ceduti, alla data in cui erano state operate le ritenute da parte della banca, non costituivano reddito della società veicolo, proprio perché costituenti parte dei flussi attivi destinati al soddisfacimento dei risparmiatori che avevano investito in titoli emessi dalla medesima società veicolo o da altra società. Pertanto, la società veicolo non può maturare un diritto al rimborso delle ritenute operate prima della conclusione delle operazioni di cartolarizzazione ovvero, prima del momento in cui, incassati tutti i crediti e realizzate tutte le componenti attive del patrimonio separato si provveda alla destinazione vincolata degli stessi. Solo in tale momento, quindi, una volta esaurita l’intera operazione di
cartolarizzazione e, quindi all’esito della stessa, è evidente quale destinazione ha avuto il patrimonio separato ovvero a quali soggetti esso sia stato ridistribuito. Pertanto, ove siano stati soddisfatti tutti i creditori del patrimonio separato, compreso ovviamente il pagamento delle spese della operazione di cartolarizzazione, può emergere un reddito attivo non solo nei confronti dei sottoscrittori ma anche della stessa società veicolo. Solo in questo momento terminale maturano le circostanze di certezza nell’ an e di determinabilità nel quantum prescritte dall’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 perché un dato componente possa concorrere a formare il reddito imponibile.
7. Con altra più recente sentenza questa Corte si è occupata della possibilità dei debitori ceduti, nell’ambito di una operazione di cartolarizzazione, di opporre alla società veicolo, cessionaria dei crediti, le eccezioni che potevano essere fatte valere nei confronti della società cedente, oltre che di proporre le eventuali domande riconvenzionali. Questa Corte ha ritenuto che, in materia di cessione dei crediti in blocco, eseguita tramite cartolarizzazione (società veicolo), la titolarità del lato passivo del rapporto controverso avente ad oggetto le domande ed i controcrediti vantati dal debitore ceduto sia della cedente (Cass., sez. 1, 30 agosto 2019, n. 21843; poi Cass., sez. 3, 2/5/2022, n. 13735).
In particolare, secondo un indirizzo giurisprudenziale di merito la cessione dei crediti in blocco trovava la sua disciplina nell’art. 58 del d.lgs.1 settembre 1993, n. 385 (TUB), sicché doveva essere applicato il principio fissato da tale norma, che prevedeva il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa, senza la aggiunta della responsabilità del cessionario,
derogando in tal modo all’art. 2560 c.c., su cui prevaleva in virtù del principio di specialità.
In tal modo, venivano tutelati gli interessi dei creditori della parte cedente, non potendo quest’ultima essere aggredita dalle azioni dei debitori-ceduti per controcrediti. Pertanto, i debitori ceduti, a loro volta titolare di crediti, avevano la facoltà, entro tre mesi degli adempimenti pubblicitari, di agire sia nei confronti del cedente che nei confronti del cessionario per l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione, fermo restando però che, decorso tale termine, il cessionario ne rispondeva in via esclusiva.
Questa Corte, però, è andata di contrario avviso, in quanto una responsabilità esclusiva della cessionaria, ovvero della società veicolo, per eventuali contro-crediti vantati dai debitori ceduti, collide con la natura e la finalità dell’operazione di cartolarizzazione disciplinata dalla legge n. 130 del 1999, ed in particolare con la disposizione di legge (art. 3, comma 2) che prevede che i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio « patrimonio separato », ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo e rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall’essere noto alla società veicolo al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente); sicché consentire, addirittura, la proposizione di domande riconvenzionali, significava incidere, in modo imprevedibile, proprio su quel patrimonio separato a destinazione vincolata, in tal modo «scaricandone» le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spettava, invece, in via esclusiva, il valore del medesimo.
Si sottolinea, quindi, una delle finalità della normativa sulla cartolarizzazione dei crediti che è quella di salvaguardare la tutela
del risparmio. Pertanto, i possessori dei titoli emessi dalla società veicolo ( RAGIONE_SOCIALE) possono essere esposti solo al rischio che deriva dal fatto che i crediti attualizzati non siano incassati, perché non soddisfatti dai debitori ovvero perché inesistenti o, al limite, perché già estinti anche per compensazione; ma non anche a rischio che sul patrimonio alimentato dai flussi di cassa, generati dalla riscossione dei crediti cartoralizzati, possano soddisfarsi anche altri creditori, pena, altrimenti, la negazione stessa del meccanismo della separazione di cui all’art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 130 del 1999.
8. Tali conclusioni, trovano conferma nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 8 del 6 febbraio 2003 (Trattamento fiscale del patrimonio separato delle società costituite per la cartolarizzazione di crediti), laddove si chiarisce che i « flussi attivi » del patrimonio separato sono costituiti dagli incassi derivanti dei crediti cartolarizzati, a titolo di capitale, interessi, interessi di mora e commissioni o dai proventi derivanti dall’investimento temporaneo della liquidità, in attesa che le disponibilità finanziarie del patrimonio cartolarizzato vengano destinate al pagamento dei risparmiatori.
I « flussi passivi », invece, riguardano il pagamento dei costi dell’operazione di cartolarizzazione ed il pagamento delle cedole e rimborso del capitale delle varie categorie di titoli emessi. L’ammontare complessivo dei flussi attivi confluisce in un unico serbatoio che, per il principio di segregazione, può essere utilizzato soltanto per il pagamento dei flussi passivi sopra menzionati, sicché la società veicolo non può optare per una diversa destinazione di tali somme. Anche una eventuale eccedenza dei flussi attivi di periodo rispetto alle obbligazioni pecuniarie da soddisfare resta comunque vincolata al patrimonio cartolarizzato e destinata al pagamento dei debiti del patrimonio. Pertanto, «la società veicolo non ha in alcun
modo la disponibilità dei predetti flussi attivi, in quanto destinati in via esclusiva al soddisfacimento dei creditori del patrimonio separato. Solo a conclusione dell’operazione, una volta soddisfatti tutti i creditori del patrimonio stesso, l’eventuale eccedenza residua potrà entrare nella disponibilità della società veicolo, se così stabilito negozialmente».
Può, dunque, concludersi nel senso che l a cartolarizzazione consiste nella conversione di una massa di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili, ma idonee a generare flussi di cassa pluriennali, in titoli alienabili sul mercato.
La banca, dunque, cede i crediti alla società veicolo, che emette titoli in favore degli investitori, i quali li acquistano e forniscono alla società veicolo la provvista per il pagamento dei crediti ceduti dalla banca. In tal modo, la banca può smobilizzare parte del proprio attivo. La restituzione delle somme e degli interessi agli investitori avviene, invece, in un momento successivo quando vi è la concreta realizzazione dei crediti ceduti e le somme ricavate sono destinate in via esclusiva, come patrimonio di destinazione, proprio al rimborso delle somme dovute agli investitori, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione di cartolarizzazione.
Pertanto, tale operazione porta dei vantaggi evidenti per il conto economico delle banche, soprattutto per il miglioramento degli indici di bilancio (per la riduzione del rischio delle poste patrimoniali, con riduzione del coefficiente di rischio z-score al crescere del ricorso alla cessione dei crediti pro-soluto), per la diversificazione delle fonti di provvista (la banca può abbattere il ricorso alle forme di raccolta più costose) e per l’aumento della redditività del capitale investito. Se infatti la cessione dei crediti è almeno in parte pro-soluto la cartolarizzazione contribuisce a stabilizzare i ricavi netti della banca.
Se poi la banca non opera come servicer , allora si risparmia anche sulle spese amministrative e sull’impiego di manodopera.
Tale operazione risulta molto complessa in quanto richiede necessariamente l’intervento di più soggetti, ciascuno con un distinto ruolo. Infatti, oltre alla banca cedente (l’ Originator ) ed alla società veicolo (SPV), cessionaria dei crediti, svolgono un ruolo essenziale le società di consulenza, ossia gli ‘ Arrangers ‘.
Deve essere individuato anche un soggetto ( servicer ) che è preposto, da un lato, alla gestione dei crediti sottostanti ai titoli emessi dalla società veicolo (attività di servicing ) e, dall’altro, alla esecuzione dei servizi di cassa e di pagamento in favore dei prenditori dei titoli (servizio di cash management ).
Può anche essere previsto l’intervento di un soggetto che anticipi al cessionario dei crediti la liquidità necessaria per far fronte alle scadenze di cui ai titoli collocati qualora si registrino ritardi negli incassi dei flussi finanziari relativi al portafoglio crediti ( liquidity provider ).
Può essere contemplato anche il supporto di un soggetto che consenta al cessionario di coprire i rischi legati alla variazione dei tassi di interesse di cambio ( swap provider ).
La banca ( Originator ) cede il suo portafoglio di prestiti da ‘cartolarizzare’ ad una entità esterna denominata RAGIONE_SOCIALE (SPV) che ha, in genere, la natura di un trust e ha per unico oggetto sociale la gestione di quella operazione di cartolarizzazione; la SPV, o società veicolo, emette obbligazioni garantite dal valore capitale e dal flusso di interessi attesi sui prestiti « cartolarizzati » e le colloca presso una banca di investimento che si occuperà poi di venderle agli investitori finali, come potrebbe la stessa società veicolo farle acquisire agli investitori finali. Le obbligazioni sono accompagnate da garanzie aggiuntive ( credit enhancement ), fornite
da una banca e la loro classe di rischio è ufficializzata da un rating espressamente formulato da un’agenzia di rating sulla base delle caratteristiche dei prestiti cartolarizzati, del credit enhancement e del rating dell’operatore che fornisce lo stesso credit enhancement . La garanzia può anche essere concessa dalla stessa banca (l’ Originator ), mediante una linea di credito. Pertanto, anche se la cessione è avvenuta pro soluto una parte del rischio di credito resta insito in capo all’Originator.
Si rigenerano quindi due flussi di cassa, in quanto, da un lato, abbiamo i flussi di cassa attivi, costituiti dal pagamento da parte dei debitori ceduti degli interessi e del capitale relativo ai prestiti cartolarizzati al servicer , che generalmente è la stessa banca che ha ceduto i prestiti. Dall’altro, vi sono i flussi di cassa passivi, che sono le somme che la società veicolo paga per interessi e capitale agli investitori che detengono i titoli emessi o dalla società veicolo o da altra società. Inoltre, la società veicolo deve corrispondere le commissioni fisse all’agenzia di rating e, ove se ne sia avvalso, anche le commissioni alla banca di investimento che ha effettuato il collocamento dei titoli presso gli investitori. Inoltre, la società veicolo trattiene per sé una commissione percentuale fissa.
È evidente, dunque, che l’operazione di cartolarizzazione comporta un elevato ammontare di costi fissi, soprattutto per la costituzione della società veicolo, per le commissioni da pagare alle agenzie di rating , oltre che per la redazione dei prospetti informativi che devono essere approntati.
Si tratta, dunque, di due flussi finanziari di senso opposto, come indicati dalla dottrina. Il primo costituisce l’oggetto del finanziamento e fluisce dai sottoscrittori dei titoli verso l’ Originator , il secondo rappresenta la restituzione del finanziamento nonché la sua remunerazione e si muove dai debitori ceduti verso i sottoscrittori
dei titoli i quali, in ultima analisi, rappresentano nello stesso tempo i finanziatori dell’ Originator ed i portatori dei rischi connessi all’operazione. La società veicolo, dunque, consente all’ Originator di finanziarsi mediante la cessione dei propri crediti e la costituzione degli stessi come patrimonio separato in capo ad un soggetto distinto.
10. L’interpretazione di questa Corte trova sostegno anche nel Regolamento UE 2017/2402 del 12 dicembre 2017 (che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, in restauro a un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009 /65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012) chiarisce, comunque, le finalità essenziali della cartolarizzazione dei crediti.
In particolare, nel 1° considerando del Regolamento si prevede che « la cartolarizzazione implica operazioni che consentono a un prestatore o a un creditore (di solito un ente creditizio o una società) di rifinanziare un pacchetto di prestiti, esposizioni o crediti, quali prestiti immobiliari, prestiti per veicoli o leasing auto, prestiti al consumo, crediti su carte di credito o crediti commerciali, trasformandoli in titoli negoziabili ».
Si aggiunge che « il prestatore raggruppa i crediti e li confeziona in un portafoglio, articolandoli in diverse categorie di rischio destinate ai diversi investitori; in questo modo permette agli investitori di investire in crediti e altre esposizioni a cui di norma non avrebbero accesso diretto », con la precisazione che « gli investitori ricavano il rendimento generato dal flusso di cassa dei crediti sottostanti », in tal modo facendo riferimento proprio alla destinazione del patrimonio vincolato nei confronti degli investitori.
Si chiarisce anche che « la cartolarizzazione costituisce un importante canale di diversificazione delle fonti di finanziamento e di
ripartizione più ampia del rischio all’interno del sistema finanziario dell’unione » (4° considerando), consentendo « di distribuire in modo più diffuso i rischi nel settore finanziario e può dare ai bilanci dei cedenti quel maggiore ossigeno necessario per aumentare l’erogazione di prestiti all’economia ». In tal modo si migliora « l’efficienza del sistema finanziario » aprendo « possibilità di investimento supplementari » (4° considerando).
Al settimo considerando si stabilisce che « il promotore dovrebbe poter delegare i compiti a un gestore ( Servicer ), ma dovrebbe rimanere responsabile della gestione del rischio. In particolare, il promotore non dovrebbe trasferire l’obbligo di mantenimento del rischio al suo gestore ».
Pertanto, come si vede, la banca rimane responsabile della gestione del rischio di mancato incasso dei crediti ceduti.
La finalità del regolamento è quella di costruire operazioni di cartolarizzazione semplici, trasparenti e standardizzate (STS).
L’art. 2 del Regolamento dell’unione definisce come « cartolarizzazione » l’operazione o lo schema in cui il rischio di credito associato ad un’esposizione o a un portafoglio di esposizioni è diviso in segmenti, aventi tutti le seguenti caratteristiche: a) i pagamenti effettuati nell’ambito dell’operazione o dello schema dipendono dalla performance dell’esposizione o del portafoglio di esposizioni; b) la subordinazione dei segmenti determina la distribuzione delle perdite nel corso della durata dell’operazione o dello schema; c) l’operazione o lo schema non crea esposizioni che possiedono tutte le caratteristiche elencate all’art. 147, paragrafo 8, del Regolamento UE n. 575 del 2013′.
La società veicolo per la cartolarizzazione (RAGIONE_SOCIALE) è una società, un trust o un altro soggetto, diversi dal cedente o promotore, costituiti allo scopo di effettuare una o più cartolarizzazione, le cui
attività sono finalizzate esclusivamente alla realizzazione di tale obiettivo, la cui struttura è volta a « isolare » le obbligazioni della RAGIONE_SOCIALE da quelle del cedente.
Di nuovo c’è un rimando espresso alla possibile costituzione di un patrimonio separato.
Si prevede poi il « mantenimento del rischio », nel senso che il cedente, il promotore o il prestatore originario della cartolarizzazione mantiene su base continuativa un interesse economico netto rilevante nella cartolarizzazione non inferiore al 5% (art. 6 del Regolamento UE 2402/2017).
La « cartolarizzazione tradizionale » è definita come « una cartolarizzazione che comporta il trasferimento dell’interesse economico nelle esposizioni cartolarizzate tramite il trasferimento della proprietà di tali esposizioni dal cedente a una RAGIONE_SOCIALE ».
Le RAGIONE_SOCIALE non devono avere la propria sede in un paese terzo a rischio elevato (art. 4 del Regolamento UE 2402/2017).
Il secondo motivo è assorbito, in quanto la società veicolo non può risentire di debiti diversi, ma solo del mancato incasso dei crediti ceduti dalla banca che dà origine all’operazione di cartolarizzazione.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: «I crediti oggetto di operazioni di ‘cartolarizzazione’ eseguite ai sensi della legge n. 130 del 1999, interpretata conformemente al Regolamento UE 2017/2402 del 12 dicembre 2017, costituiscono un patrimonio separato da quello della società di cartolarizzazione (società veicolo), destinato in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto di crediti e al pagamento dei costi dell’operazione, sicché non è consentito al debitore ceduto
proporre nei confronti del cessionario domande riconvenzionali fondate su crediti vantati verso il cedente nascenti dal rapporto con quest’ultimo intercorso» e provvederà anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 giugno 2024