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Giurisprudenza Civile

Sospensione esecuzione sentenza: quando è inammissibile

La Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile la richiesta di sospensione dell’esecuzione di una sentenza di primo grado. Il caso riguardava l’opposizione di una società a un’intimazione di pagamento per contributi non versati. La Corte ha chiarito che una sentenza che rigetta l’opposizione non costituisce un nuovo titolo esecutivo. La richiesta di sospensione esecuzione sentenza è stata quindi ritenuta improcedibile in appello, in quanto andava proposta in primo grado contro i titoli di debito originali.

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Sospensione sentenza lavoristica: quando è negata?

Una società ha richiesto la sospensione di una sentenza lavoristica di primo grado che ordinava la reintegrazione di una dipendente, a seguito di un licenziamento ritenuto ritorsivo. L’azienda ha motivato la richiesta con il rischio di un grave danno economico. La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’istanza di sospensione, ritenendo che la vicinanza dell’udienza di merito rendesse non necessario un provvedimento cautelare urgente.

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Appalto illecito: la conferma della condanna

Un’impresa edile individuale ha impugnato una condanna per aver utilizzato lavoratori attraverso un subappalto fittizio. La Corte d’Appello ha confermato la decisione, qualificando il rapporto come appalto illecito. La sentenza si basa sulle prove che dimostrano come il committente gestisse direttamente i lavoratori, mentre l’impresa subappaltatrice fungeva da mero schermo per la fornitura di personale, priva della reale autonomia organizzativa e del rischio d’impresa necessari per un appalto genuino.

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Obbligazioni subordinate: nullità o inadempimento?

Due risparmiatori hanno citato in giudizio un intermediario finanziario chiedendo la nullità del contratto di acquisto di obbligazioni subordinate, sostenendo che non potessero essere vendute a clienti retail. Il Tribunale ha rigettato la domanda. La Corte d’Appello ha confermato la decisione, specificando che la vendita di strumenti complessi senza la dovuta valutazione di appropriatezza costituisce un inadempimento contrattuale e non una causa di nullità del contratto. La domanda di risarcimento per inadempimento è stata ritenuta inammissibile perché proposta per la prima volta in appello.

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Inibitoria appello: quando la Corte la rigetta

La Corte d’Appello di Bologna ha rigettato una richiesta di inibitoria appello per la sospensione di una sentenza di primo grado. La decisione si fonda sulla valutazione che l’appello non appariva manifestamente fondato e che non era stato adeguatamente provato il ‘periculum in mora’, ovvero il rischio di un danno grave e irreparabile. Secondo la Corte, il mero valore dell’immobile oggetto di causa non è sufficiente a dimostrare tale pericolo.

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Produttori assicurativi diretti: no Gestione Commercianti

La Cassazione ha stabilito che i produttori assicurativi diretti, che lavorano per una compagnia senza intermediari, non devono iscriversi alla Gestione Commercianti. L’obbligo vale solo per chi opera tramite agenzie. Per i diretti, la contribuzione dipende dalla natura (imprenditoriale o collaborazione) dell’attività.

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Responsabilità precontrattuale: quando è risarcibile?

Una società immobiliare ha citato in giudizio un istituto di credito per risarcimento danni, a seguito del rigetto di una richiesta di mutuo dopo due anni di trattative. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la responsabilità precontrattuale sorge solo quando le trattative sono giunte a uno stadio tale da creare un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. Nel caso di specie, mancava un accordo sulle linee fondamentali, pertanto l’interruzione, seppur dopo un lungo periodo, non è stata considerata illecita.

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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte dell’appellante. La decisione sottolinea un principio fondamentale: in caso di estinzione per rinuncia, non si applica l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come invece avviene in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione. La controparte, non essendosi costituita, non ha ottenuto una pronuncia sulle spese.

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Produttori assicurativi diretti: obbligo INPS chiarito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34271/2019, ha stabilito che i produttori assicurativi diretti, ovvero coloro che hanno un rapporto diretto con la compagnia di assicurazioni, non sono automaticamente obbligati all’iscrizione presso la Gestione Commercianti. La Corte ha chiarito che tale obbligo, previsto dall’art. 44 del d.l. 269/2003, si applica solo ai produttori collegati ad agenzie o sub-agenzie. Per i produttori diretti, l’inquadramento previdenziale dipende dalle concrete modalità di svolgimento dell’attività: iscrizione alla Gestione Commercianti se svolta in forma d’impresa, o alla Gestione Separata se esercitata come attività di lavoro autonomo coordinato e continuativo.

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Obbligo contributivo produttori: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34270/2019, ha rigettato il ricorso di un ente previdenziale, stabilendo un principio fondamentale sull’obbligo contributivo dei produttori assicurativi. La Corte ha chiarito che i produttori che lavorano direttamente per una compagnia di assicurazioni non sono automaticamente tenuti a iscriversi alla Gestione Commercianti. La loro posizione previdenziale dipende dalle concrete modalità di svolgimento dell’attività: iscrizione alla Gestione Commercianti se operano come impresa, oppure alla Gestione Separata se la loro attività è di natura personale, coordinata e continuativa, ma non imprenditoriale.

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Produttori assicurativi diretti: no Gestione Commercianti

La Corte di Cassazione ha stabilito che i produttori assicurativi diretti, ovvero coloro che hanno un rapporto diretto con una compagnia di assicurazioni, non sono soggetti all’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti. Questa obbligazione, secondo la Corte, riguarda esclusivamente i produttori che operano tramite agenzie o sub-agenzie, in base a un’interpretazione restrittiva della normativa di riferimento. La corretta cassa previdenziale per i produttori diretti va individuata analizzando le concrete modalità di svolgimento dell’attività.

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Ricorso inammissibile: i limiti del riesame dei fatti

Un proprietario terriero ricorre in Cassazione dopo aver perso in primo e secondo grado in una causa di sconfinamento. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che non è possibile utilizzare l’appello in Cassazione per ottenere un nuovo giudizio sui fatti o per contestare la valutazione delle prove, come una consulenza tecnica, effettuata dal giudice di merito. La decisione sottolinea anche l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso.

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Procura speciale Cassazione: ricorso inammissibile

Una società si oppone a una multa per eccesso di velocità. Dopo aver perso in appello, ricorre in Cassazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile perché la procura conferita all’avvocato non era una procura speciale Cassazione, ma una generica rilasciata all’inizio della causa. Questo vizio formale ha impedito l’esame del merito della questione.

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Termine lungo impugnazione: appello tardivo è fatale

La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile un appello poiché presentato oltre il termine lungo impugnazione di sei mesi. La Corte ha chiarito che tale termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza (deposito in cancelleria) e non da successive comunicazioni, confermando l’irrilevanza della mancata notifica ai fini della decorrenza del termine.

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Impossibilità sopravvenuta: matrimonio e Covid-19

La Corte d’Appello ha stabilito che l’annullamento di un ricevimento di nozze a causa delle restrizioni per il Covid-19 costituisce un caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, non di eccessiva onerosità. Di conseguenza, i futuri sposi hanno diritto alla restituzione integrale dell’acconto versato, poiché la data del ricevimento era un termine essenziale e l’offerta di un voucher o di un rinvio non soddisfa l’interesse originario delle parti. La sentenza ha riformato la decisione di primo grado, condannando la società organizzatrice al rimborso totale.

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Indebito previdenziale: la restituzione è al netto?

Una recente sentenza della Corte d’Appello chiarisce due principi fondamentali in materia di indebito previdenziale. Il caso riguardava un lavoratore a cui era stata richiesta la restituzione di somme percepite a titolo di Cassa Integrazione mentre svolgeva un’altra attività lavorativa. La Corte ha stabilito che il pagamento parziale non costituisce riconoscimento del debito e, soprattutto, che la restituzione dell’indebito previdenziale va calcolata sull’importo netto effettivamente percepito dal lavoratore, non sul lordo.

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Licenziamento per giusta causa: negoziare è lecito?

La Corte d’Appello conferma il licenziamento per giusta causa di un dipendente che, eccedendo i propri poteri, ha condotto una trattativa con un fornitore facendola percepire come un accordo vincolante. Tale condotta ha esposto l’azienda a un notevole rischio economico. La Corte ha ritenuto irrimediabilmente leso il vincolo di fiducia, rendendo la sanzione espulsiva proporzionata alla gravità dei fatti, nonostante la buona fede e l’assenza di precedenti disciplinari del lavoratore.

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Contributo di solidarietà: illegittimo se non per legge

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto da una cassa di previdenza privata su una pensione già liquidata. La sentenza stabilisce che tale prelievo, avendo natura di prestazione patrimoniale, può essere introdotto solo da una legge dello Stato e non da un regolamento della cassa. Di conseguenza, la cassa è stata condannata a restituire le somme trattenute, con interessi, applicando la prescrizione decennale.

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Diritto di superficie: no all'usucapione del terreno

Un privato, proprietario di una tettoia costruita su terreni demaniali, ha agito in giudizio per ottenerne la proprietà per usucapione. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. La Corte ha stabilito che il privato non possedeva il terreno come se ne fosse il proprietario (uti dominus), ma deteneva semplicemente un diritto di superficie, ovvero la proprietà della sola costruzione separata da quella del suolo. Mancando i presupposti del possesso pieno, la domanda di usucapione è stata respinta.

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Responsabilità animali: esclusa se la vittima scavalca

La Corte d’Appello ha riformato una sentenza di primo grado, escludendo la responsabilità dei proprietari di un cane per i danni causati dall’animale. La decisione si fonda sul fatto che la persona danneggiata si era introdotta illecitamente nella proprietà privata scavalcando la recinzione, tenendo un comportamento imprevedibile e aggressivo. Questa condotta, qualificata come “caso fortuito”, ha interrotto il nesso causale, esonerando i proprietari da ogni obbligo di risarcimento per la responsabilità animali.

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