Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31670 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
Oggetto: titoli di credito
AC – 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15567/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Cassino n. 297/2020 del 23/03/2020, resa nel procedimento n.r.g. 1106/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del
6 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui il Tribunale di Cassino, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Gaeta, ha condannato la sola Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. a risarcire il danno cagionatogli per effetto dell’abusivo incasso presso uno sportello postale, da parte di ignoti, di un vaglia circolare non trasferibile destinato a NOME COGNOME a titolo di pagamento del prezzo della compravendita di alcuni orologi e ha respinto analoga domanda originariamente formulata nei confronti di Poste Italiane s.p.a.
Il Tribunale, per quanto ancora in questa sede interessa, ha ritenuto: a) che Poste Italiane si era limitata a emettere il vaglia postale su richiesta del Di COGNOME e che nessuna responsabilità poteva avere nella vicenda della sua successiva clonazione e incasso del titolo a opera di ignoti, in quanto il titolo era stato negoziato dalla sola Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.; b) che la responsabilità contrattuale della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. emergeva dalla circostanza che essa aveva provveduto a pagare il titolo in
forma elettronica mediante check truncation , senza porre in essere quelle minime cautele necessarie all’ identificazione del presentatore del titolo, tanto più indispensabili ove, come nella specie, non era stato presentato all’incasso il titolo originale, bensì una sua copia; c) che nella specie il COGNOME aveva tuttavia concorso , ai sensi dell’ art. 1227 cod. civ., con il proprio comportamento a cagionare il danno, siccome, per sua stessa ammissione, aveva imprudentemente comunicato per telefono il numero univoco di identificazione del titolo che, intercettato dall’ignoto truffatore , era stato riproposto sul titolo clonato e posto all’incasso a beneficio di un prenditore fittizio.
Poste Italiane s.p.a. ha resistito con controricorso; Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ha resistito con controricorso e contestualmente proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, resistito da Poste Italiane con controricorso.
Il ricorrente principale ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale lamenta:
Primo motivo: «1) V iolazione e falsa applicazione dell’art. 116 cpc in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. » deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver erroneamente posto a proprio carico un concorso di colpa nella causazione del danno, travisando il contenuto della querela presentata dallo stesso COGNOME dopo la scoperta dell’abusivo incasso, nella quale, contrariamente a quanto affermato in sentenza, egli non aveva mai dichiarato di aver comunicato con troppa leggerezza il numero del titolo di credito all’ignoto truffatore.
Secondo motivo: «2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cpc in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cpc »
deducendo, sulla scorta del travisamento denunciato con primo motivo, che risultava evidente che il giudice di appello avrebbe posto a base della sentenza una risultanza probatoria inesistente.
Terzo motivo: «2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto sussistente un concorso di colpa a carico del Di COGNOME, in realtà mai dimostrato in atti.
Il ricorso principale non può trovare accoglimento.
I primi due motivi sono inammissibili, perché non risulta specificatamente indicato se quanto ivi descritto abbia costituito un punto controverso del giudizio , sicché l’errore , ove pure ipotizzabile come esistito, resta affidato a un diverso mezzo di impugnazione rispetto al ricorso per cassazione, come da questa Corte affermato a Sezioni Unite nella sentenza n. 5792 del 2024. In relazione al terzo motivo, l’inammissibilità deriva dalla circostanza che esso tenta di confutare un accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, non deducibile in tali termini in questa sede. Invero, può ritenersi acclarato, atteso che quanto riferisce il Di COGNOME nel primo motivo è espressamente confermato dalla banca nel suo controricorso, che nella denuncia presentata ai carabinieri non vi sia traccia della circostanza secondo cui egli avrebbe ivi ammesso di aver comunicato il numero di vaglia all’ignoto truffatore ‘con troppa leggerezza’. Sennonché, la sentenza impugnata ha fondato il concorso di colpa del danneggiato anche sul distinto accertamento di fatto (pag. 5), secondo cui sarebbe emerso dagli atti che il COGNOME aveva comunicato per telefono al truffatore,
presentatosi a lui come venditore degli orologi per cui è stato emesso il vaglia, il numero identificativo del predetto titolo di credito. Poco oltre, la sentenza impugnata riferisce anche la modalità con cui tale comunicazione sarebbe stata effettuata: il COGNOME ha inviato all’ignoto truffatore una fotografia del titolo emesso in pagamento della presunta compravendita di orologi, in tale modo mettendo quest’ ultimo nella condizione di leggere il numero identificativo del titolo, clonarlo e presentarlo all’incasso. Tale accertamento, che prescinde del tutto da quello riferito al contenuto della querela, non è efficacemente contestato dal ricorrente, il quale pretenderebbe di vedersi assolto dalla corresponsabilità semplicemente in base all’erroneo riferimento del contenuto della querela contenuto nella sentenza impugnata, la quale, tuttavia, va letta nella sua interezza per poter essere efficacemente intesa. Tanto determina che la sentenza impugnata, sulla base dell’ accertamento in fatto in esame complessivamente contenuto, risulta anche conforme ai principi di efficienza causale concorrente , previsti ai fini dell’ applicabilità dell’art. 1227, primo comma cod. civ., come efficacemente riassunto da ultimo da Cass., Sez. U, Sentenza n. 9769 del 26/05/2020, cui espressamente si fa rinvio.
2. Il ricorso incidentale lamenta:
2a) Primo motivo: «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 1176 co. 2 c.c. -art. 360 n. 5) c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che Banca Monte dei Paschi di Siena non avrebbe adempiuto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta e in particolare non avrebbe adottato cautele opportune a evitare la clonazione del
titolo, laddove dagli atti emergerebbe incontestabilmente che la banca aveva adottato ogni cautela possibile, ivi compresa quella indicata come omessa dalla sentenza medesima.
2b) Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 co 2 c.c. in relazione all’art. 8 comma 7 lett. b) D.L. 13.05.2011 n. 70 convertito da L. 12.07.2011, n. 106 -art. 360 n. 3 c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per avere ritenuto che il pieno rispetto delle procedure di presentazione al pagamento in forma elettronica dell’assegno non costituisce adempimento diligente da parte di un istituto di credito.
Il ricorso incidentale, le cui censure parimenti possono essere congiuntamente esaminate, non può trovare accoglimento.
A mente di Cass., Sez. Un., 21/05/2018, n. 12477, la banca negoziatrice dell’assegno (bancario, di traenza o circolare) munito di clausola d’intrasferibilità, chiamata a rispondere del danno cagionato dal pagamento effettuato a persona diversa dall’effettivo beneficiario, per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, secondo comma, cod. civ.
Tale prova il ricorso incidentale afferma di aver fornito ma, sotto un profilo di preliminare di autosufficienza del ricorso, non contiene alcuna trascrizione, né allegazione degli atti processuali dai quali dovrebbe evincersi l’ adempimento del citato onere probatorio. In effetti, il ricorso incidentale descrive la procedura di check truncation , e, a pagina 19, afferma che tutte le fasi suddette sarebbero provate per non essere i fatti che le
costituiscono stati oggetto di specifica contestazione a opera delle controparti. Sennonché, come questa Corte (Sez. 6-3, Ordinanza n. 10761 del 04/04/2022) ha già rilevato, con affermazione che si condivide e va espressamente ribadita, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica. Ciò che, nella specie, non è avvenuto.
Sotto diverso e concorrente profilo, i motivi in esame sono inammissibili anche per altra ragione: essi pretendono da questa Corte regolatrice una diversa ricostruzione dei fatti accertati dal giudice di secondo grado che, come si evince dalla superiore narrativa, ha comunque rilevato che alla banca, attesa la pacifica circostanza che il titolo era stato pagato a soggetto non legittimato, andava imputata la responsabilità per non aver dimostrato di aver posto in essere tutte le cautele necessarie a evitare l’evento. E la semplice indicazione delle modalità astrattamente previste dalla legge per la compensazione per check truncation , in cui si sostanzia la difesa della banca, non può di certo ritenersi prova sufficiente della propria diligenza, atteso che con ogni evidenza, e di sicuro nel caso di specie, il pagamento è stato ottenuto da un soggetto non legittimato, proprio per effetto della procedura prescelta dalla banca che, accanto a indubbi vantaggi in termini di costi e tempi di negoziazione e compensazione, sconta tuttavia un’ implicita rischiosità connessa all’ eliminazione della fase di identificazione
fisica del presentatore del titolo all’incasso; rischio di cui è la banca a dover sopportare il costo, ogniqualvolta, come accertato nella specie dai giudici del merito, proprio la peculiarità della procedura abbia concausato il danno risarcibile.
Con riferimento ai due ricorrenti le spese processuali vanno compensate stante la reciproca soccombenza. Le spese di lite, atteso l’esito complessivo del giudizio e nella ricorrenza di giusti motivi desumibili dalla peculiarità della vicenda, possono essere integralmente compensate anche con riferimento all’altra parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese della presente fase di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024.
Il Presidente
r.g. n. 15567/2020 Cons. est. NOME COGNOME
NOME COGNOME