Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2785 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 2785 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10468/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del curatore pro tempore , rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME già domiciliata presso lo studio
dell ‘ avvocato NOME COGNOME NOME ed attualmente domiciliata per legge presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei detti legali; -controricorrente- avverso la SENTENZA di CORTE D ‘ APPELLO ANCONA n. 336/2023 depositata il 23/02/2023; udita la relazione svolta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il Procuratore Generale, Dott.ssa NOME COGNOME che, richiamate le conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso; accoglimento delle
uditi i Difensori delle parti, che hanno insistito nell ‘ rispettive richieste.
FATTI DI CAUSA
La Curatela fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio la (allora in bonis ) Veneto Banca Spa (oggi Banca Intesa) e la società RAGIONE_SOCIALE proponendo nei loro riguardi domanda revocatoria.
In data 25 giugno 2017 la Veneto Banca fu posta in liquidazione coatta amministrativa, come da d.l. n. 99/2017, pubblicato sulla G.U. di quello stesso giorno.
Il giorno successivo, 26 giugno 2017, tra la Veneto Banca in RAGIONE_SOCIALE. (cedente) ed Intesa Sanpaolo (cessionaria) intervenne contratto di cessione d’azienda.
In data 27 giugno 2017 il Tribunale di Ancona depositò sentenza n. 1087/2017, con la quale, in accoglimento della domanda revocatoria in precedenza proposta dal Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Veneto Banca RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE:
dichiarava <> e
condannava quest’ultima a restituire alla procedura fallimentare la somma di € 1.400.000,00, oltre alle spese di lite.
La sentenza n. 1087/2017 del Tribunale di Ancona fu impugnata da Intesa Sanpaolo, nella qualità di impresa subentrata nel processo quale cessionaria della posizione litigiosa, ma fu confermata dalla Corte di appello di quel capoluogo con sentenza che, essendo tuttora pendente ricorso davanti a questa corte, ad oggi non risulta essere ancora passata in giudicato.
Il 19 giugno 2018 il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE intendendo agire in via esecutiva nei confronti della cessionaria Intesa Sanpaolo, notificava a quest’ultima la sentenza n. 1087/2017 del Tribunale di Ancona, unitamente all’atto di precetto, con il quale intimava all’istituto di credito (cessionario della Veneto Banca, si ribadisce) il pagamento della complessiva somma di € 1.468.214,95.
Intesa Sanpaolo proponeva opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., rilevando che la sentenza portata ad esecuzione dal Fallimento non era ad essa opponibile, essendo stata pronunciata nei confronti della Veneto Banca (sua dante causa, per l’appunto) dopo l’apertura della procedura concorsuale.
Il Tribunale di Ancona rigettava la richiesta sospensiva, ma, con sentenza n. 1345/2020, nel merito accoglieva l’opposizione all’esecuzione, ritenendo che la sentenza n. 1087/2017, portata ad esecuzione dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE, non aveva effetto nei confronti della banca in liquidazione coatta amministrativa e, conseguentemente, non era opponibile ad Intesa Sanpaolo quale cessionaria di Veneto Banca.
A seguito di impugnazione del Fallimento, la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 336/2023, dichiarava d’ufficio inammissibile l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c..
Avverso la sentenza della corte territoriale ha presentato ricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso il Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, mentre i Difensori delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive ragioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza la corte territoriale, rovesciando l’esito del giudizio di primo grado, ha dichiarato d’ufficio inammissibile l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., sul rilievo che l’esecuzione era stata promossa in base a titolo esecutivo di formazione giudiziale e che le contestazioni erano relative a fatti anteriori alla formazione di detto titolo .
Precisamente, la corte di merito (pp. 6-9 della sentenza):
dapprima – dopo aver richiamato consolidata giurisprudenza di questa Corte, ha rilevato che: <>;
-poi, ha osservato che la tesi dell’inopponibilità della sentenza n. 1087/2017 del Tribunale di Ancona faceva chiaro ed espresso rimando ad eventi anteriori rispetto alla data di detta pronuncia (in quanto Intesa Sanpaolo, nel giudizio di opposizione aveva azionato il fatto che Veneto Banca era stata messa in liquidazione coatta amministrativa <>) e che tale eccezione, in forza del richiamato consolidato orientamento giurisprudenziale, era deducibile
<>;
infine, ha aggiunto che <>; e che <>.
Intesa Sanpaolo articola in ricorso tre motivi.
2.1. Con il primo motivo la banca ricorrente denuncia <>, nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che l’improcedibilità del giudizio conseguente alla messa in liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca spa non poteva essere fatta valere a mezzo di opposizione all’esecuzione, costituendo un vizio inerente alla formazione del provvedimento giudiziale.
Sostiene l’inopponibilità della sentenza di revoca nei confronti della sua dante causa Veneto Banca ai sensi del combinato disposto delle norme denunciate; e che tale inopponibilità è ‘… suscettibile di essere fatta valere dalla società in l.c.a. – e/o dai suoi aventi causa (subentrati nella medesima posizione della cedente) – mediante opposizione all’esecuzione’.
Si duole che la corte territoriale ha errato nel ritenere tale censura ‘un vizio di formazione del titolo da far valere a mezzo impugnazione dello stesso e non con opposizione all’esecuzione’.
Invocando a sostegno del suo assunto il principio affermato da Cass. n. 12948/2022, deduce che: a) la sentenza di merito, emessa dopo l’apertura della procedura concorsuale, essendo improduttiva di effetti di accertamento del rapporto controverso nei confronti degli organi della procedura, è una sentenza che è sì idonea al giudicato formale, ma non è idonea al giudicato sostanziale ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2909 c.c.; b) tale inidoneità non è sanata dalla mancata impugnazione del provvedimento giudiziale (in quanto non richiesta dall’art. 96 comma 2 n. 3 LF per le sentenze emesse dopo l’apertura della procedura concorsuale) e, pertanto, è suscettibile di essere fatta valere dalla società in liquidazione coatta amministrativa (e/o di suoi aventi causa, subentranti nella medesima posizione della cedente) mediante opposizione all’esecuzione, anche dopo la formazione del giudicato formale ex art. 324 c.p.c.
Invocando il principio affermato da Cass. n. 10456/2014, osserva che la fondatezza del proprio assunto non viene meno per il fatto che la sentenza n. 1087/2017 del Tribunale di Ancona (che, ribadisce, era stata portata in esecuzione dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE) sia stata pubblicata dopo la stipula del contratto di cessione tra esso Istituto e la Veneto Banca in l.c.a.
2.2. Con il secondo motivo l’istituto ricorrente denuncia: <>.
Sostiene che, per quanto l’unica ipotesi tipica di giuridica inesistenza della sentenza sia quella della mancata sottoscrizione della stessa da parte del giudice (art. 161 secondo comma c.p.c.), la giurisprudenza di questa Corte ha ad esso assimilato ulteriori fattispecie in cui la sentenza emessa non è suscettibile di acquistare efficacia di giudicato sostanziale ai sensi dell’art. 2909 c.c. in relazione al caso concreto dedotto in giudizio (richiamando: Cass. n. 5566/1988; n. 24228/2015; n. 40883/2021).
Osserva che tale situazione ricorre anche nel caso in cui il giudice accerti un credito verso una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa: in tal caso, ai sensi dell’art. 83 Testo Unico Bancario, il giudizio diventa ex lege improcedibile a far data dalla nomina dell’organo liquidatore, con conseguente difetto temporaneo in capo al giudice del potere di decidere nel merito la vertenza stessa, dovendo quel credito essere inderogabilmente accertato in sede concorsuale.
Deduce che il fatto che il giudice, sia pure temporaneamente, risulti privo del potere di conoscere e decidere la fattispecie sottoposta al suo esame comporta che l’eventuale sentenza di merito non sia produttiva di effetti nei confronti della banca in l.c.a. (e, conseguentemente anche del successore a titolo particolare rimasto estraneo al giudizio) e, quindi, sia inidonea ad acquistare autorità di cosa giudicata, con conseguente possibilità di far valere detto vizio anche in sede di opposizione all’esecuzione.
In definitiva, secondo l’istituto, la sentenza emessa dopo l’apertura della procedura concorsuale sia inefficace senza che l’organo della procedura debba impugnarla per evitare di subirne gli effetti.
2.3. Con il terzo motivo l’istituto ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, dichiarando inammissibile la sua opposizione (così accogliendo l’appello del Fallimento), ha implicitamente ritenuto che la pronuncia di una sentenza di merito nei confronti di una banca (nella specie Veneto Banca spa) in liquidazione coatta amministrativa non integra una ipotesi di inesistenza giuridica della sentenza (assimilabile all’ipotesi prevista dall’art. 161 comma secondo c.p.c.), ma costituisce un vizio da far valere in sede di gravame.
Si duole che la corte territoriale ha affermato che i vizi inerenti alla formazione del provvedimento giudiziale sono opponibili ai sensi dell’art. 615 comma primo c.p.c. soltanto abbiano dato luogo ad inesistenza giuridica del provvedimento ex art. 161 secondo comma c.p.c.,
senza previamente individuare quando ricorra l’inesistenza giuridica del provvedimento giudiziale e per quali ragioni la pronuncia di una sentenza improduttiva di effetti nei confronti della banca in l. c. a. (ai sensi degli artt. 83 TUB e 96 n. 3 L.F.) non sia riconducibile alla previsione dell’art. 161 comma secondo c.p.c. e quindi non possa considerarsi giuridicamente inesistente.
Il ricorso non è fondato.
3.1. Occorre esaminare dapprima, per la sua priorità logica, il terzo motivo, che non può trovare accoglimento.
Destituita di fondamento è la tesi dell’inesistenza del titolo esecutivo, tale da consentire una sua ulteriore impugnazione in sede di opposizione ad un’esecuzione su di quello minacciata o basata: la pronuncia resa nelle condizioni per cui è causa è certamente inefficace nei confronti dell’impresa assoggettata a procedura concorsuale, ma, siccome suscettibile di dispiegare effetti (perfino nei confronti della stessa convenuta originaria, quando tornata in bonis ; ma, come si vedrà, anche nei confronti della cessionaria), è tutt’altro che inesistente, potendo, semmai e solo in tesi, predicarsi affetta da un vizio, ma per fatto anteriore alla sua formazione.
Al riguardo, la Corte territoriale, con motivazione adeguata (p. 7 della sentenza), ha spiegato:
sia le ragioni per cui <>;
sia le ragioni per cui la <> dell’opposizione e, in quanto tale, può essere rilevata d’ufficio dal giudice anche in grado di appello.
Oltre ad essere chiaramente percepibile, poi, tale percorso argomentativo è del tutto conforme a diritto, poiché correttamente la corte di merito ha escluso l’utile deducibilità, nell’opposizione esecutiva, di fatti anteriori alla formazione del titolo giudiziale (se del caso, qui correttamente integrata tale ratio nel senso che analoga preclusione si ha, comunque, per i fatti utilmente deducibili nel corso del processo in cui il medesimo titolo giudiziale ancora deve divenire definitivo), in applicazione di un principio generalissimo della materia (affermato, tra le tante, da Cass. n. 3277/2015), secondo il quale: <>.
In altri termini, nel solco di quanto statuito di recente dalle Sezioni Unite con sentenze n. 9479/2023 e n. 19889/2019, va ribadito ancora una volta il principio dell’intangibilità, in sede di opposizione esecutiva, del titolo esecutivo giudiziale per fatti anteriori o coevi alla sua formazione ed in ogni caso alla sua definitività.
E, nella fattispecie in esame, la questione dell’opponibilità alla cessionaria della sentenza posta a base dell’opposto precetto è stata, per libera e spontanea iniziativa della medesima cessionaria opponente, dedotta ed affrontata appunto nel giudizio in cui quel titolo ancora può divenire definitivo, al momento del dispiegamento del gravame avverso la sentenza di primo grado resa formalmente nei confronti della dante causa ex lege : non rilevando che la questione possa essere stata reputata inammissibile dalla corte territoriale almeno in
sede di sospensiva dell’esecutività della sentenza di primo grado, poiché la pronuncia sul punto non è ancora definitiva, essendo pacifica la persistente pendenza del ricorso contro la sentenza di secondo grado.
3.2. Gli altri due motivi sono assorbiti dall’infondatezza del terzo.
3.3. Ad ogni buon conto, essi sarebbero comunque infondati: essi – ponendo entrambi al vaglio della Corte la disciplina della successione di Intesa Sanpaolo alle cc.dd. ‘banche venete’ e, in particolare, la successione ex latere debitoris nel titolo formatosi contro una di esse possono essere congiuntamente esaminati per evidente connessione.
In punto di fatto è emerso nel giudizio di merito che:
la sentenza del Tribunale di Ancona n. 1087/2017 è stata emanata il 27.6.2017 (e, dunque, come già rilevato, dopo l’apertura della procedura concorsuale, che ha coinvolto Veneto Banca, e, comunque, dopo la cessione di ramo di azienda intercorsa tra la Veneto Banca in l.c.a. e Intesa san Paolo): detta sentenza, in accoglimento della domanda spiegata dalla curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato <>; e, per l’effetto, ha condannato Veneto Banca scpa alla restituzione al fallimento della somma di 1.400.000,00 € , oltre al pagamento delle spese processuali, in solido con RAGIONE_SOCIALE
b) detta sentenza è stata appellata da Intesa San Paolo, quale avente causa di Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa; e precisamente ed espressamente <>, con invocazione esplicita di pronuncia di non opponibilità ad essa cessionaria della gravata sentenza;
c) la corte territoriale con sentenza n. 805/2021 – dopo aver rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione di Intesa Sanpaolo e qualificato quest’ultima come <> e dopo aver disatteso l’ulteriore eccezione
preliminare di inopponibilità della sentenza impugnata – ha respinto il gravame, confermando le statuizioni di condanna, azionate con il precetto opposto, direttamente nei confronti di Intesa.
Occorre aggiungere che nella sentenza oggi impugnata la corte territoriale, rilevando preliminarmente la causa di inammissibilità di cui si è detto, si è pronunciata in rito senza affrontare il merito della questione deferita.
B) Orbene, i motivi in esame sottendono la seguente questione di diritto: se la sentenza emessa nei confronti della Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa potesse essere azionata quale titolo esecutivo nei confronti di Intesa Sanpaolo, divenuta cessionaria del rapporto litigioso prima della sua pubblicazione.
Questa Corte, con la recente sentenza n. 17834/2023, ha affermato il seguente principio di diritto: <>.
Nel solco tracciato dalla suddetta sentenza, occorre qui ribadire che la sentenza, che sia stata emessa nei confronti di Veneto Banca in l.c.a. dopo la cessione del rapporto litigioso, benché inopponibile a Veneto Banca ed agli organi della procedura concorsuale cui essa è assoggettata, è comunque opponibile alla cessionaria Intesa Sanpaolo (anche se quest’ultima non sia intervenuta in corso di giudizio).
Tanto è, infatti, in linea con l’art. 3, comma 1 del suddetto d.l. n. 99/2017, che delimita con chiarezza il perimetro della cessione
dell’azienda, dei suoi rami, ivi compresi passività e rapporti giuridici, con la sola esclusione, per quanto interessa in questa sede, delle controversie indicate alla lett. c) <>. Dunque, a contrario , le ragioni di credito oggetto del contenzioso e, quindi, delle controversie sorte anteriormente sono comprese nella cessione, con efficacia nei confronti dei terzi a far data dalla pubblicazione sul sito della Banca d’Italia della notizia della cessione stessa.
In forza di questa, dunque, il debito in oggetto non rientrava tra quelli rimasti in capo alla Veneto Banca in l.c.a., con conseguente subentro nella titolarità del rapporto e nella legittimazione passiva nella presente controversia in capo a Banca Intesa Sanpaolo. D’altronde, in base al secondo inciso dell’art. 3, comma 2, del richiamato d.l., il cessionario risponde (solo) dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione, ai sensi del comma 1: con disposizione evidentemente speciale o derogatoria di ogni altra di contrario contenuto e tale da prevalere anche su eventuali contrari principi che potessero ritrarsi dall’invocata Cass. 10456/2014 (che, peraltro, parrebbe invece postulare, a determinate condizioni, l’utile proseguibilità del processo proprio e soltanto nei confronti della cessionaria).
Non può, d’altro canto, sostenersi che la pronuncia emessa in giudizio in cui una delle parti viene dichiarata fallita, è inesistente, essendo invece soltanto inopponibile/inefficace nei confronti del soggetto colpito dall’evento.
Quanto precede con una duplice concorrente conseguenza:
il titolo esecutivo, anche se inopponibile alla dante causa, si è correttamente formato nei confronti del cessionario;
b) la pretesa creditoria posta a base del precetto risulta oggi fondata sulla sentenza n. 805/2021 (che, in pendenza del presente giudizio, ha sostituito l’originario titolo esecutivo), in applicazione del generale principio di utile trasformazione del titolo giudiziale non definitivo.
3.4. Alla reiezione della tesi dell’inopponibilità della sentenza conseguita contro la cedente si giunge, per la peculiarità della fattispecie, anche per altra autonoma e indipendente ragione: quando il titolo giudiziale opposto è emesso nel corso del giudizio sul merito della pretesa e in detto giudizio la questione dell’opponibilità pende e deve essere definita, proprio in forza del già richiamato generale principio dell’intangibilità, in sede di opposizione esecutiva, del titolo esecutivo giudiziale per fatti anteriori o coevi alla sua formazione ed alla sua definitività, a quest’ultimo giudizio è riservata, restando preclusa in sede di opposizione al titolo giudiziale in quella sede formato, la cognizione della questione suddetta (restando irrilevante, fino alla definitività anche sul punto, ogni valutazione del giudice in ordine alla inammissibilità della relativa questione nel corso di quel giudizio).
3.3. In definitiva, il ricorso viene deciso alla luce dei seguenti principi di diritto:
<>;
<>.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla controricorrente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso
condanna la ricorrente Intesa Sanpaolo alla rifusione delle spese del presente giudizio, sostenute dal Fallimento controricorrente, spese che liquida in euro 19.000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2025, nella camera di consiglio