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Opponibilità al fallimento: la Cassazione decide

Un condominio ha richiesto l’ammissione al passivo fallimentare di una società per oneri non pagati. La richiesta, basata su un decreto ingiuntivo poi revocato e su altri documenti, è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza sottolinea che per l’opponibilità al fallimento, le prove del credito devono essere specifiche, prodotte correttamente e dotate di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento.

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Opponibilità al fallimento: quando un credito è valido?

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i creditori: l’opponibilità al fallimento dei propri crediti, specialmente quando questi derivano da documentazione come decreti ingiuntivi e delibere condominiali. La pronuncia chiarisce i rigorosi requisiti di prova che un creditore deve soddisfare per vedere il proprio credito ammesso allo stato passivo di una società fallita, evidenziando come la genericità e la carenza probatoria possano portare all’inammissibilità del ricorso.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di un condominio di essere ammesso allo stato passivo del fallimento di una società semplice, proprietaria di alcuni immobili all’interno del complesso. Il credito, pari a oltre 25.000 euro, era relativo a spese condominiali ordinarie e straordinarie. Inizialmente, il condominio aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, che era stato però opposto e, infine, revocato con una sentenza emessa dopo la dichiarazione di fallimento della società proprietaria.

Il giudice delegato al fallimento aveva escluso il credito, ritenendo la documentazione presentata (incluso il decreto ingiuntivo revocato e i verbali d’assemblea) non opponibile alla massa dei creditori. Il Tribunale, in sede di opposizione, aveva confermato questa decisione. Di conseguenza, il condominio ha presentato ricorso per cassazione.

L’importanza dell’opponibilità al fallimento nei ricorsi

Il creditore ricorrente ha basato il proprio appello su due motivi principali. Con il primo, lamentava la violazione di diverse norme procedurali e sostanziali, sostenendo che la pendenza di un giudizio ordinario non dovesse precludere l’ammissione al passivo e che il giudice non avesse esaminato correttamente la documentazione a supporto, ritenuta opponibile. Con il secondo motivo, si contestava specificamente la decisione del Tribunale di considerare inopponibile la documentazione relativa alla formazione del credito (verbali, consuntivi), sostenendo che essa avesse acquisito data certa attraverso il deposito in un precedente giudizio.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che il ricorrente non aveva contestato il punto centrale della decisione impugnata: il decreto ingiuntivo era stato revocato e, in ogni caso, non era mai stato munito di formula esecutiva, evento a partire dal quale sarebbe potuto diventare opponibile alla massa dei creditori. Inoltre, la doglianza relativa all’opponibilità della documentazione a supporto del credito è stata giudicata inammissibile per difetto di specificità, in quanto il ricorso si risolveva nella richiesta di una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. Il ricorrente ha omesso di indicare quali specifici documenti sarebbero stati prodotti nel precedente giudizio, limitandosi a un riferimento generico e per relationem («verbale di assemblea, consuntivo etc.»). La Corte ha ribadito che, per essere esaminato, un ricorso deve essere autosufficiente e specifico, indicando precisamente gli atti e i documenti su cui si fonda, senza che il giudice debba cercarli altrove. Mancava, inoltre, la prova che tali documenti fossero stati effettivamente allegati al ricorso per cassazione.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio fondamentale in materia fallimentare: per ottenere l’ammissione di un credito allo stato passivo, non è sufficiente affermarne l’esistenza, ma è necessario provarlo con documenti che siano opponibili alla massa dei creditori. Ciò significa che tali documenti devono avere data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento o essere stati resi opponibili tramite altri meccanismi previsti dalla legge. Un ricorso per cassazione che non affronta i punti decisivi della sentenza impugnata o che manca di specificità nell’indicare le prove a sostegno delle proprie tesi è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa decisione serve da monito per i creditori sulla necessità di preparare con estrema cura la domanda di ammissione al passivo e gli eventuali successivi gravami, garantendo che ogni affermazione sia supportata da prove specifiche, pertinenti e ritualmente prodotte.

Un decreto ingiuntivo revocato può essere utilizzato per dimostrare un credito in un fallimento?
No. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso anche perché non contestava il fatto che il decreto ingiuntivo fosse stato revocato, rendendolo così inefficace come prova del credito nei confronti della procedura fallimentare.

Quando i documenti condominiali (es. verbali, bilanci) sono opponibili a un fallimento?
I documenti sono opponibili se è possibile dimostrare, con mezzi idonei, che la loro esistenza o formazione è avvenuta in una data anteriore alla dichiarazione di fallimento (la cosiddetta ‘data certa’). Secondo la Corte, il semplice deposito in un altro giudizio non è sufficiente se non viene specificato quali documenti sono stati depositati e se non vengono allegati al ricorso.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per mancanza di specificità?
Un ricorso è inammissibile se non indica in modo dettagliato e specifico i documenti e gli atti su cui si fonda la censura. Il ricorrente non può fare un rinvio generico ad altri atti (‘per relationem’) ma deve indicare precisamente le prove, dove trovarle e allegarle al ricorso, per permettere alla Corte di valutare la fondatezza del motivo senza dover svolgere indagini ulteriori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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