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Onere della prova: vizi nel preliminare, chi prova?

In una controversia su un contratto preliminare di compravendita, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sull’onere della prova. A fronte della denuncia di vizi da parte del promissario acquirente, tali da rendere l’immobile inidoneo, spetta al promittente venditore dimostrare di aver adempiuto correttamente alla propria obbligazione, provando l’assenza di tali vizi. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente invertito tale onere.

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Onere della Prova nel Preliminare: Chi Deve Dimostrare l’Assenza di Vizi?

Quando si firma un contratto preliminare di compravendita, le aspettative sono chiare: una parte si impegna a vendere e l’altra ad acquistare un immobile a condizioni concordate. Ma cosa succede se, prima del rogito definitivo, emergono difetti che mettono in discussione l’affare? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’onere della prova. In sintesi, la Corte ha stabilito che se il compratore lamenta vizi gravi, non è lui a doverne dimostrare l’esistenza, ma è il venditore a dover provare che l’immobile era esente da tali difetti.

I Fatti del Caso: Un Preliminare Conteso

La vicenda nasce dalla stipula di un contratto preliminare per l’acquisto di un locale commerciale. La promissaria acquirente, dopo aver versato una caparra, si rifiutava di procedere al contratto definitivo, lamentando il grave stato di degrado dell’immobile (muffe, umidità) emerso dopo la firma del preliminare, oltre a una difformità nella superficie. Il promittente venditore, ritenendo ingiustificato il rifiuto, la citava in giudizio per risolvere il contratto per inadempimento di lei e trattenere la caparra, chiedendo anche un risarcimento per il maggior danno.

Il Percorso Giudiziario e l’Inversione dell’Onere della Prova

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al venditore. Secondo i giudici di merito, la compratrice non era riuscita a fornire prove sufficienti a dimostrare che i vizi fossero comparsi dopo la firma del preliminare. In pratica, le corti avevano posto a carico della promissaria acquirente l’onere della prova riguardo all’inadempimento del venditore.

La Decisione della Cassazione e il Corretto Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa impostazione, accogliendo il ricorso della promissaria acquirente. Richiamando un principio consolidato (a partire dalla celebre sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/2001), la Suprema Corte ha chiarito la corretta ripartizione dell’onere della prova nelle obbligazioni contrattuali.

Le Motivazioni della Sentenza

Il creditore che agisce per la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno (in questo caso, la promissaria acquirente) deve soltanto provare la fonte del suo diritto (il contratto preliminare) e il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte. Allegare significa semplicemente affermare, nei propri atti, che l’inadempimento c’è stato.

Spetta invece al debitore convenuto (il promittente venditore) l’onere di fornire la prova del fatto estintivo della pretesa altrui, ovvero di aver adempiuto esattamente alla propria obbligazione. Nel caso di specie, a fronte dell’allegazione della compratrice circa la comparsa di vizi tali da rendere l’immobile inidoneo all’uso, non era suo onere provare l’effettiva esistenza di tali vizi. Al contrario, incombeva sul venditore dimostrare di aver adempiuto correttamente, cioè di aver messo a disposizione un immobile esente da quei difetti.

La Corte d’Appello, gravando la compratrice della prova dell’esistenza dei vizi, ha commesso un’errata inversione dell’onere della prova, violando l’art. 2697 del codice civile.

Le Conclusioni

La sentenza è di fondamentale importanza pratica per chiunque si appresti a comprare o vendere un immobile tramite preliminare. Essa rafforza la tutela del promissario acquirente: se questi contesta l’esistenza di vizi sopravvenuti che rendono il bene inagibile o inidoneo, la sua posizione processuale è alleggerita. Sarà il promittente venditore a dover dimostrare in giudizio di aver mantenuto l’immobile nelle condizioni pattuite fino al momento del rogito. La decisione della Cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello affinché riesamini il caso applicando questo corretto principio di diritto.

In un contratto preliminare di vendita, se il compratore lamenta la comparsa di vizi, chi deve provarne l’esistenza?
Non spetta al compratore (creditore) provare l’esistenza dei vizi. Egli deve solo allegare l’inadempimento del venditore. È il venditore (debitore) che deve fornire l’onere della prova, dimostrando che i vizi non esistono o che ha adempiuto correttamente alla sua obbligazione.

Cosa deve dimostrare il creditore che agisce in giudizio per la risoluzione di un contratto?
Il creditore deve provare solo l’esistenza del contratto (la fonte del suo diritto) e il termine di scadenza, mentre deve semplicemente ‘allegare’, cioè affermare, l’inadempimento della controparte.

Qual è la conseguenza dell’errata applicazione dell’onere della prova da parte di un giudice?
L’errata applicazione del principio sull’onere della prova costituisce una violazione di legge (nello specifico, dell’art. 2697 c.c.) e comporta la cassazione della sentenza, con rinvio ad un altro giudice per una nuova decisione basata sul principio corretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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