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Onere della prova vizi: chi deve provare il difetto?

Un’azienda acquista un immobile e riscontra problemi di umidità, chiedendo una riduzione del prezzo. La Corte d’Appello accoglie la domanda, invertendo l’onere della prova e ponendolo a carico dei venditori. La Corte di Cassazione cassa la sentenza, ribadendo un principio fondamentale: l’onere della prova vizi spetta sempre al compratore. Quest’ultimo deve dimostrare l’esistenza del difetto, non è compito del venditore provare che il vizio derivi da cause esterne.

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Onere della prova vizi: la Cassazione ribadisce che spetta al compratore

Quando si acquista un bene, specialmente un immobile, la scoperta di difetti nascosti può trasformare un sogno in un incubo. In questi casi, la legge offre al compratore tutele come la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Ma in un’aula di tribunale, chi deve dimostrare cosa? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 31297/2024 offre una risposta chiara e definitiva, facendo luce sul fondamentale principio dell’onere della prova vizi. Una pronuncia che serve da monito per chi acquista e da garanzia per chi vende.

I Fatti del Caso: Umidità e la Controversia Legale

Una società acquistava un immobile e, successivamente, lamentava la presenza di gravi fenomeni di umidità sia al piano interrato che a quello rialzato. Convinta che tali problemi costituissero un vizio occulto che diminuiva il valore del bene, citava in giudizio i venditori per ottenere una riduzione del prezzo di vendita e il risarcimento dei danni.

Il percorso giudiziario è stato tortuoso:

* In primo grado, il Tribunale respingeva la domanda, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova della presenza dei vizi lamentati al momento dell’acquisto.
* In secondo grado, la Corte d’Appello ribaltava la decisione. Pur prendendo atto che la consulenza tecnica non aveva individuato con certezza la causa dell’umidità, la Corte riteneva i vizi provati. In modo sorprendente, affermava che sarebbe stato onere dei venditori dimostrare che l’umidità non derivava da un difetto di costruzione, ma da fenomeni esterni eccezionali. Di conseguenza, condannava i venditori a restituire 18.000 euro.

I venditori, ritenendo ingiusta questa inversione dell’onere probatorio, ricorrevano in Cassazione.

L’Onere della prova vizi secondo la Corte d’Appello: un’inversione errata

Il punto cruciale della controversia risiede nel ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. Essa ha sostanzialmente detto: “L’umidità c’è, ed è un vizio strutturale. Se i venditori sostengono che sia dovuta ad altro, come un’alluvione, devono provarlo loro”. Questo approccio, tuttavia, capovolge una regola fondamentale del nostro sistema processuale, codificata nell’art. 2697 del Codice Civile.

La Decisione della Cassazione: il Principio delle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei venditori, cassando la sentenza d’appello e chiarendo in modo definitivo la questione. I giudici supremi hanno richiamato un principio consolidato, già espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 11748/2019: in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, l’onere della prova vizi grava sul compratore.

È il compratore che, per ottenere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, deve dimostrare in giudizio l’esistenza dei vizi che rendono il bene inidoneo all’uso o ne diminuiscono il valore. Non è compito del venditore provare che il bene fosse esente da difetti.

Interessante anche la gestione del primo motivo di ricorso, con cui i venditori lamentavano la tardiva denuncia dei vizi. La Cassazione lo ha respinto, specificando che l’eccezione di decadenza è un’eccezione “in senso stretto” e, come tale, deve essere sollevata nel primo grado di giudizio, non potendo essere introdotta per la prima volta in appello.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il diritto del compratore alla garanzia si fonda su un presupposto oggettivo: l’esistenza del vizio. Pertanto, secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c. (“chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”), spetta proprio al compratore fornire la prova di tale fatto. Il ragionamento della Corte d’Appello, che poneva a carico dei venditori la prova dell’origine esterna del fenomeno, è stato giudicato illegittimo perché inverte questo onere.

La responsabilità del venditore per vizi è una forma di responsabilità che prescinde dalla colpa e si basa sulla semplice imperfetta attuazione del risultato traslativo. L’acquirente deve quindi dimostrare, anche tramite presunzioni, che il bene ricevuto non era conforme a quanto pattuito a causa di un difetto intrinseco. Spettava alla società acquirente, nel caso di specie, provare che l’umidità era causata da un vizio strutturale dell’immobile, e non ai venditori dimostrare il contrario.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine a tutela della certezza dei rapporti giuridici. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Per il compratore: Chi acquista un bene e scopre un vizio deve attivarsi immediatamente per raccogliere prove solide e inconfutabili dell’esistenza del difetto e della sua riconducibilità a una causa intrinseca del bene, preesistente alla vendita. Affidarsi a perizie tecniche è cruciale prima ancora di iniziare un’azione legale.
2. Per il venditore: Questa pronuncia offre una protezione contro pretese infondate. Il venditore non è tenuto a una prova “diabolica”, ossia a dimostrare l’assenza di difetti o la loro derivazione da cause esterne, finché il compratore non abbia assolto al proprio onere primario di dimostrare l’esistenza del vizio lamentato.

In una causa per vizi su un immobile, chi deve provare l’esistenza del difetto?
Secondo la Corte di Cassazione, che richiama un principio stabilito dalle Sezioni Unite, l’onere della prova sull’esistenza dei vizi spetta interamente al compratore che agisce in giudizio per far valere la garanzia.

Il venditore deve dimostrare che il vizio non è colpa sua o che deriva da cause esterne?
No. La sentenza chiarisce che il venditore non ha l’onere di dimostrare che il vizio sia conseguenza di fenomeni esterni o eccezionali. Tale onere non sorge finché il compratore non ha prima provato, in modo sufficiente, l’esistenza di un difetto intrinseco al bene.

È possibile sollevare per la prima volta in appello l’eccezione di decadenza per tardiva denuncia dei vizi?
No. La Corte ha stabilito che l’eccezione di decadenza dalla garanzia (per mancata denuncia entro otto giorni dalla scoperta) è una “eccezione in senso stretto” ed è soggetta alle preclusioni processuali. Pertanto, deve essere sollevata in primo grado e non può essere proposta per la prima volta in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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