Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25580 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 801/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante,rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME e
domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 138/2020 depositata il 27/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), subentrata in qualità di concedente nel contratto di locazione finanziaria in essere con la società RAGIONE_SOCIALE, utilizzatrice, avente ad oggetto un complesso immobiliare sito in Comune di San Giuliano Milanese, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato al Tribunale di Udine, premesso che:
con sentenza del 13/6/2013 passata in giudicato RAGIONE_SOCIALE era stata condannata al pagamento della somma di € 51.066,5 5 a titolo di canoni non pagati;
che l’inadempimento della utilizzatrice permaneva , sì da aver indotto essa concedente ad attivare una clausola risolutiva espressa prevista dal contratto;
che si riservava di proporre separata azione per il pagamento dei canoni scaduti, per il risarcimento dei danni, per il pagamento della penale e per ogni altra ragione creditoria;
tanto premesso, si costituì in giudizio dinanzi al Tribunale di Udine per sentir accertare l’intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento della utilizzatrice e la condanna di quest’ultima al rilascio dell’immobile ;
la società RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio concludendo per il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale, per sentir accertare e
dichiarare la nullità parziale del contratto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1815, 2° comma, 1419, comma secondo c.c. e dell’art. 644 c.p. a causa della presenza di tassi non correttamente contrattualizzati, usurari e anatocistici;
il Tribunale di Udine accolse la domanda della concedente ordinando il rilascio dell’immobile e ritenne inammissibili tutte le domande riconvenzionali della utilizzatrice perché coperte dal giudicato implicito derivante da una precedente sentenza dello stesso Tribunale di Udine formatosi sulla causa di opposizione a decreto ingiuntivo, nel corso della quale la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto e dovuto sollevare tutte le proprie contestazioni in ordine al contratto di leasing;
a seguito di impugnazione della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Trieste, disposta una consulenza tecnica d’ufficio per l’accertamento dei rapporti di dare ed avere tra le parti, con sentenza n. 138 del 27/4/2020 ha ritenuto censurabile la decisione di primo grado per aver ritenuto inammissibili le domande riconvenzionali della utilizzatrice, mancando, nella sentenza passata in giudicato, domande o censure relative al canone e quindi sussistendo il diritto della utilizzatrice di proporle in un diverso giudizio. Ha tuttavia rigettato l’appello ritenendo prive di pregio le critiche mosse dalla Ben RAGIONE_SOCIALE alla CTU, le cui conclusioni invero il collegio ha fatto proprie sia quanto all’entità del debito della utilizzatrice sia quanto alla ricostruzione effettuata dal CTU circa il piano di ammortamento del leasing mancante in atti, sia quanto al calcolo degli interessi corrispettivi; in relazione, invece, al calcolo degli interessi moratori, mancando in atti le fatture periodiche emesse dalla concedente e quelle relative all’addebito degli interessi di mora e delle spese, la corte del merito ha concluso nel senso della sussistenza di sufficienti elementi, nel contratto, per il calcolo degli interessi e per procedere comunque al rigetto dell’appello in quanto l’onere della prova del fatto estintivo delle obbligazioni sarebbe spettato al l’appellante -debitore che, opponendosi all’azione esecutiva del
creditore, avrebbe dovuto dare la prova della restituzione della somma mutuata e degli accessori, ovvero di altre cause estintive dell’obbligazione restitutoria (Cass., n. 9389 del 2016);
avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
nelle more della fissazione della presente adunanza camerale la parte controricorrente, con la memoria ex art. 378 c.p.c., ha depositato una istanza per la declaratoria di sopravvenuta inammissibilità del ricorso per intervenuta transazione tra le parti, allegando documentazione, proposta transattiva, accettazione e prova della avvenuta esecuzione del contratto di transazione e riferendo che, nonostante i numerosi solleciti rivolti alla ricorrente di procedere alla rinuncia al ricorso per cassazione, la stessa ricorrente non ha dato ad essi alcun seguito; la parte ricorrente ha invece depositato memoria ex art. 378 c.p.c. rappresentando che, in data 11/4/2023, il Tribunale di Milano ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed ha rimesso a questa Corte ogni valutazione in merito al prosieguo del contenzioso alla luce degli artt. 299 e ss. c.p.c. e dell’art. 143 del Codice della Crisi (D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14) , senza nulla dire sull’avvenuta transazione tra le parti ;
Considerato che:
l’intervenuta dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale della società ricorrente non determina un effetto interruttivo del giudizio di cassazione ai sensi degli artt. 299 c.p.c. e 143 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza , in quanto il giudizio di cassazione, caratterizzato dall’impulso d’ufficio , non si interrompe e non vi è un onere di riassunzione nei confronti della curatela fallimentare; ne consegue che, pur potendo il curatore intervenire nel processo per far valere i diritti della massa, sia pure nei limiti delle residue facoltà difensive riconosciute dalla legge, non può tuttavia
rinunciare al ricorso già proposto dalla parte prima dell’apertura della propria procedura concorsuale (Cass., 1, n. 6642 del 13/3/2024, Cass., 2, n. 30785 del 6/11/2023);
alla luce della richiamata giurisprudenza occorre valutare il contenuto dell ‘ istanza della parte controricorrente con la quale si deposita la lettera contenente la proposta transattiva formulata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 13/1/2022, l’accettazione della proposta da parte di RAGIONE_SOCIALE del 14/1/2022, il contratto di compravendita del bene alla cui stipulazione le parti avevano concordato di far discendere l’effetto della rinuncia al ricorso pendente tra esse in cassazione e di dichiarare cessata la materia del contendere e conseguentemente inammissibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;
la Corte ritiene che l’istanza non possa essere accolta in quanto si desume, dal testo della transazione allegata, che, in base alla lettera g, all’esito dell’avvenuta vendita dell’immobile oggetto di locazione finanziaria da parte della concedente ad un soggetto indicato dalla utilizzatrice, ‘le parti rinunceranno alla causa pendente in cassazione a spese compensate’ ; la RAGIONE_SOCIALE, infatti, pur avendo essa stessa proposto la transazione, che si è perfezionata, e alla quale è stata pure data esecuzione con la vendita del bene, non ha mai provveduto a rinunciare al ricorso quando ciò era possibile e cioè prima della dichiarazione di apertura della liquidazione;
il ricorso va pertanto deciso;
con il primo motivo -violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c. dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115, comma 1 e 116, comma 1 c.p.c. e ancora quanto agli artt. 1346 c.c. e 1284 c.c. nonché art. 117 TUB -la ricorrente lamenta che la sentenza ha aderito alle conclusioni del CTU pur in mancanza di un piano di ammortamento che consentisse di determinare gli interessi moratori e di valutare l’eccepita usurarietà dei medesimi; secondo la ricorrente l’ammortamento avrebbe valore di clauso la negoziale e avrebbe dovuto
essere depositato dalla concedente, così come avrebbero dovuto essere depositate in atti le fatture emesse dalla stessa concedente; la mancanza di un piano di ammortamento rende indeterminate e indeterminabili le modalità di restituzione del capitale e il costo che il soggetto finanziato è tenuto a sostenere; in mancanza la sentenza ha errato nel ritenere di poter aderire alle conclusioni del CTU e soprattutto ha errato nel ritenere che la società concedente avesse assolto al proprio onere probatorio a mezzo dei documenti prodotti e poi rielaborati dal CTU;
il motivo è da rigettare;
nell’ipotesi di inadempimento contrattuale, quale è quello postulato dalla ricorrente, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto e per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, cos tituito dall’avvenuto adempimento (Cass. SS.UU., n. 13533/2001 e successive conformi); ad avviso della ricorrente, la prova della fonte del diritto del creditore avrebbe dovuto essere costituita, oltre che dal contratto, anche dal ‘piano di ammortamento’ e dalle fatture relative ai canoni mensili documenti che NOME non avrebbe prodotto in causa;
la pretesa è destituita di fondamento; la sentenza del Tribunale di Udine passata in giudicato aveva definitivamente accertato un debito a carico di RAGIONE_SOCIALE per canoni scaduti e non pagati pari ad oltre 51.000 euro, donde l’irrilevanza, ai fini della pronuncia d i condanna al rilascio del bene, di ogni altra considerazione in ordine al diverso ed ulteriore quantum; peraltro neppure è normativamente previsto un obbligo di consegna del piano di ammortamento, ed in ogni caso esso era deducibile dal piano finanziario previsto in contratto, nel quale era
pattuita la clausola di indicizzazione che prevede la variazione del canone al tasso di interesse dell’Euribor 3 mesi; nel contratto erano altresì previste le modalità di indicizzazione, sicché il piano di ammortamento, pur non essendo stato consegnato all ‘utilizzatore all’epoca della s ottoscrizione del contratto, poteva essere desunto dal piano finanziario pattuito nel contratto;
ne consegue che, pur in mancanza di ammortamento, la concedente ha assolto al proprio onere probatorio producendo i documenti che hanno consentito al CTU di ricostruirlo mentre incombeva al debitore, secondo le regole proprie dell’inadempimento contrattuale, provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa cioè allegare la documentazione necessaria a dare la prova del fatto estintivo, come correttamente ritenuto dalla impugnata sentenza.
con il secondo motivo -nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione del combinato disposto degli artt. 112, 115, 116, 194, 195 e 198 c.p.c. in connessione con le norme che regolano l’istruttoria e l’assunzione di mezz i di prova da parte del giudice di cui agli artt. 183 e 202 e ss. c.p.c. -si lamenta che, in mancanza del piano di ammortamento, la sentenza si è limitata a prendere atto della ricostruzione contabile effettuata dal CTU senza esprimere valutazioni sulla modalità sostitutivo integrativa utilizzata; il motivo è manifestamente infondato il quanto la Corte d’Appello, con ampia e diffusa motivazione (pp. 14-18) ha accuratamente vagliato le risultanze de ll’elaborato peritale d’ufficio – senza tacere del consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui non è carente di motivazione la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito, ancorché si limiti a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini esperite e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione (Cass., 6-3, n. 4352 del 14/2/2019; Cass., 1, n. 22056 del 13/10/2020);
lamenta infine la ricorrente, sempre nel contesto del secondo motivo, la presunta nullità della clausola relativa agli interessi di mora contrattualmente stabiliti nella misura di 5 punti rispetto all’Euribor 3 mesi, in quanto non specificamente approvata per iscritto, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.; la doglianza è infondata in quanto ‘ La clausola del contratto per adesione, che prevede la corresponsione di interessi in misura superiore a quella legale, non rientra tra quelle che debbono essere specificamente approvate per iscritto a norma dell’art. 1341 cod. civ., stante la tassatività dell’elencazione di tali clausole contenuta nel secondo comma della medesima disposizione normativa e l’impossibilità di ricondurla nel novero delle clausole vessatorie in via di interpretazione estensiva, non sussistendo in questa ipotesi l’esigenza di tutelare il contraente per adesione in una situazione per lui particolarmente sfavorevole (Cass., 2, n. 9646 del 27/4/2006; Cass., 3, n. 16124 del 9/7/2009);
conclusivamente il ricorso va rigettato; la ricorrente è condannata a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione liquidate in € 6.600,00 (di cui € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione