Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 8979-2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Bari, INDIRIZZO c/o studio COGNOME, c.f. e p.iva P_IVA, in persona dell’amministratore unico legale rappresentante p.t, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Bari, al INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME.
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale di Bari, C.F. P_IVA rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ex lege.
-controricorrente – avverso il d ecreto della Corte d’Appello di Bari, n. 805/2023 , del 14/03/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato la Corte di Appello di Bari – decidendo sul reclamo ex art. 183 l. fall . proposto dall’Agenzia delle Entrate, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo depositato dal Tribunale di Bari il 27.07.2022 – ha accolto il reclamo e, per l’effetto, ha revocato il decreto di omologazione impugnato.
La Corte di appello ha premesso – in fatto e per quanto qui ancora di interesse – che: (i) in data 16 giugno 2021 la società RAGIONE_SOCIALE aveva depositato ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo , unitamente alla documentazione richiesta d all’art. 161, 2 comma, l. fall. e alla relazione redatta dal dott. NOME COGNOME attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; (ii) quest’ultimo si fondava sulla cd. continuità aziendale indiretta, avendo la ricorrente previsto l’alienazione del proprio compendio aziendale in favore della società RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo di € 399.765,00, condizionato all’omologa del concordato ; (iii) con atto di fusione del 10.11.2020, la RAGIONE_SOCIALE aveva incorporato le seguenti società: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; (iv) con decreto del 18 ottobre 2021 il Tribunale di Bari aveva ammesso la SM RAGIONE_SOCIALE alla procedura di concordato preventivo; (v) i commissari giudiziali, come descritto nella relazione ex articolo 172 l. fall., avevano proceduto alla vendita del compendio aziendale mediante procedura competitiva in base all’articolo 163 -bis della l. fall., che vedeva come aggiudicataria, unica offerente, la società RAGIONE_SOCIALE; (vi) in data 8 giugno 2022 la Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, acquisito il prescritto parere vincolante della Direzione Regionale della Puglia, comunicava agli organi della procedura il proprio voto contrario alla domanda di concordato, limitatamente alla parte di credito erariale non soddisfatto integralmente ed oggetto di falcidia; (vii) i n data 27 luglio 2022 il Tribunale di Bari, con decreto notificato all’A genzia delle Entrate Direzione provinciale di Bari, applicando il disposto normativo di cui all’art . 182-ter l. fall. ( che consente l’omologazione con falcidia dei crediti tributari, secondo il c.d. cram down), riteneva superabile il voto contrario
dell’Agenzia e omologava il concordato preventivo per come proposto; tanto premesso in fatto, la Corte di merito ha ulteriormente osservato e rilevato che: (viii) i l fabbisogno concordatario, pari ad € 4.039.889,32, trova va il suo punto di forza nell’apporto finanziario esterno di € 3.602.014,80 da parte dalla predetta RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE ; (ix) le contestazioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate, in punto di fattibilità del piano, avevano trovato tuttavia puntuale conferma nella documentazione depositata in atti, e ciò con particolare riferimento: (a) al giudizio di non convenienza del concordato, in quanto – sulla base dei dati desumibili per gli anni 2017, 2018, 2019 e 2020 – era emerso lo stretto collegamento tra la società RAGIONE_SOCIALE e le società facenti parte del gruppo poi incorporate e la RAGIONE_SOCIALE, in primo luogo per i legami interpersonali fra i soggetti, che ne detenevano le partecipazioni e che le amministravano; (b) all’analisi delle informazioni desunte dall’applicativo ‘ Spesometro ‘ – che riportava i dati relativi alle fatture emesse e ricevute fino al periodo di imposta 2018 -dal quale era emerso che le società più operative del gruppo, ossia la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, avevano trasferito alla RAGIONE_SOCIALE sia personale dipendente che gran parte della propria clientela; (c) alla circostanza, secondo cui, a partire già dal 2018, si era registrato uno svuotamento delle società facenti parte del RAGIONE_SOCIALE e successivamente fuse nella società controllante, con contestuale trasferimento di asset (costituenti aziende) in favore della RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE con la conseguenza che la RAGIONE_SOCIALE post fusione costituiva in realtà una c.d. bad company, cioè un’entità dotata prevalentemente di ingenti debiti; (x) ulteriore profilo distrattivo era costituito dalle rimanenze di magazzino della RAGIONE_SOCIALE il cui valore, pari ad € 2.900,00, sarebbe stato occultato in bilancio senza che la società avesse mai dimostrato la cessione a stock o in saldo di detta merce ovvero la sua distruzione; (xi) tutti i predetti elementi informativi, valutati in maniera organica ed unitaria, evidenziavano dunque dubbi sulla fattibilità del piano, svilendo la posizione di terzietà della società RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE; (xii) del pari sussistevano dubbi circa la capacità finanziaria di quest’ultima per la dazione della cd. finanza esterna, in quanto i flussi di cassa, derivando in parte, dalla prosecuzione dell’attività dell’impresa da ultimo acquistata , non
chiarivano la solidità dell’impresa finanziatrice , in punto di redditività aziendale; (xiii) il piano concordatario prevedeva, peraltro, tempi di estinzione delle obbligazioni molto dilatati, con conseguente ulteriore difficoltà ad operare un giudizio prognostico favorevole dotato di un sufficiente grado di solidità.
Il decreto, pubblicato il 14/03/2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione ‘ di norme di diritto (art. 360 comma 1 n.3 cpc) – violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c – 180 e 182 ter L.F. ‘
1.1 Il motivo è inammissibile.
1.1 Ricorda la ricorrente che l a Corte d’ appello aveva ritenuto di revocare l’omologazione del concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE in quanto non vi sarebbe stata la neutralità dell’apporto del terzo rispetto allo stato patrimoniale della debitrice. Ricorda, inoltre, che la Corte territoriale aveva ritenuto che la richiesta di omologare costituiva , invero, l’operazione finale di un disegno unitario che, facendo transitare nel tempo le attività operative della RAGIONE_SOCIALE nella società RAGIONE_SOCIALE aveva reso la prima una bad company , rendendola artificiosamente non più in grado di assolvere ai propri debiti.
1.2 Sostiene, invece, la società ricorrente che, come anche accertato dai commissari giudiziali, le due società poi incorporate dalla RAGIONE_SOCIALE erano in perdita già prima della costituzione della RAGIONE_SOCIALE (costituita il 7.6.2018) e, cioè, nel 2017, sicché pur volendo ritenere sussistente un’attività traslativa a favore della RAGIONE_SOCIALE (e a detrimento della RAGIONE_SOCIALE), tale attività avrebbe avuto ad oggetto aziende di società (del gruppo) comunque con perdite consistenti, che avevano eroso completamente i loro patrimoni netti. Aggiunge che, in ogni caso, la statuizione della Corte territoriale risultava del tutto erronea anche in considerazione del fatto che
nessuna eccezione ovvero censura era stata mossa alla richiamata relazione dei commissari. In ogni caso, la mancanza di terzietà della RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata circostanza del tutto erronea e destituita di fondamento, in quanto le deduzioni dell’A .d.E. erano rimaste meri assiomi, privi di ogni riscontro anche di natura documentale, con conseguente violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 cod. proc. civ.
1.2.1 Le doglianze sono articolate in modo generico, confuso e non rientrante nel paradigma applicativo delineato dall’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per come declinato dalla giurisprudenza di questa Corte, e comunque volte a richiedere un nuovo apprezzamento della quaestio facti , invece inibito al giudice di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
1.2.2 In ordine, poi, al primo rilievo sopra solo tratteggiato, non può essere dimenticato che, sempre secondo gli insegnamenti di questa Corte, il vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste
ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24298 del 29/11/2016 ; Sez. L, Ordinanza n. 17570 del 21/08/2020).
1.3 Nella seconda parte del motivo qui in esame, la società ricorrente continua nella sua articolazione di doglianze intrinsecamente inammissibili. Ed invero, la ricorrente contesta l ‘ affermata non terzietà della società RAGIONE_SOCIALE, in relazione al profilo della dazione di ‘ finanza esterna ‘.
Sul punto le censure non sono neanche centrate rispetto alla ratio decidendi che sorregge il provvedimento impugnato. In realtà, la Corte territoriale ha evidenziato tale profilo (comunque involgente un apprezzamento di merito) per evidenziare la complessiva finalità distrattiva e fraudolenta dell ‘ operazione delineata dalla società istante il concordato.
Orbene, tale ragione decisoria non è stata contestata nella sua complessiva articolazione da parte della ricorrente. La doglianza, qui in esame, si dilunga a contestare le affermazioni difensive della Agenzia delle Entrate e non già (come avrebbe dovuto in questa sede impugnatoria) le statuizioni contenute nel provvedimento impugnato, con la conseguenziale radicale inammissibilità delle stesse.
1.4 Il motivo si attarda , ancora, con deduzioni anch’esse inammissibili , sulla questione già sopra descritta in premessa del cd. Spesometro, anche qui deducendo però obiezioni alle difese dell’Agenzia, senza una seria ed organica critica rivolta invece al provvedimento impugnato, con ciò condannando, ancora una volta, le relative censure alla loro declaratoria di inammissibilità.
1.5 Le ulteriori obiezioni sollevate dalla ricorrente (e volte a confutare il giudizio di ‘infattibilità del piano’ ) – peraltro articolate, anche in tal caso, in modo da richiedere al giudice di legittimità un nuovo scrutinio in fatto della fattispecie concreta – non si confrontano comunque con la circostanza che non è stata RAGIONE_SOCIALE ad acquisire le società in perdita, ma la società in concordato, che aveva compiuto l ‘ operazione di fusione, così rendendo ancor più vane le relative contestazioni.
1.6 Anche l’ulteriore censura – articolata sempre nel primo motivo, sul profilo della cd. finanza esterna (ed in relazione al possibile confronto con azioni recuperatorie, in una prospettiva alternativa fallimentare) – attinge, ancora
una volta e con tutta evidenza, l’apprezzamento della quaestio facti , non sindacabile in questa sede, tanto meno sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.7 Le ulteriori obiezioni, sollevate dalla ricorrente in ordine al contestato profilo distrattivo, vengono, poi, declinate come violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Sul punto giova ricordare che, sempre in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass. Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).
Ebbene, le doglianze qui da ultimo in esame attingono, invece, proprio il profilo dell’apprezzamento valutativo della prova documentale, con ciò ponendosi al di fuori del perimetro di cognizione del giudizio di legittimità.
Con il secondo mezzo si deduce ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360 n.3 cpc) -violazione degli artt. 160 -161 -162 – 186 bis L.F. ‘.
2.1 Anche il secondo motivo è inammissibile perché volto ad un nuovo apprezzamento della questio facti , sotto diversi profili di apprezzamento della fattispecie concreta, già scrutinati invero dai giudici del merito, con motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative.
2.2 Contesta, infatti, la ricorrente nel motivo di ricorso qui in esame, con deduzioni intrinsecamente inammissibili, perché volte ad un riesame del merito della decisione: (i) il giudizio di non fattibilità economica, con particolare riguardo al profilo della solvibilità della cessionaria; (ii) che il piano fosse manifestamente inidoneo al raggiungimento degli obiettivi prefissati
nella proposta di esdebitazione; (iii) la lunghezza del piano di pagamento programmato.
Si tratta di obiezioni di carattere fattuale che coinvolgerebbero la Corte in un inammissibile scrutinio della documentazione prodotta, il cui esame è invece inibito nel giudizio di legittimità.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, per ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360 n.3 cpc) -violazione degli artt. 180 e 186 bis L.F. -e 116 c.p.c ‘.
3.1 Le medesime considerazioni da ultimo spese in relazione al motivo che precede possono essere ripetute anche per la declaratoria di inammissibilità del terzo motivo, col quale la ricorrente pretenderebbe di sollecitare questa Corte ad un nuovo giudizio in ordine all’apprezzamento del profilo di non convenienza espresso dalla Corte territoriale per i creditori erariali, nell’ottica del cd. crown down fiscale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2025