Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12839 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12839 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Oggetto: contratto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3622/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME
– controricorrenti –
COGNOME NOME
NOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1201/2020, depositata il 30 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
-intimato –
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, depositata il 30 giugno 2020, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Prato, lo ha condannato, in solido con NOME COGNOME e NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, liquidato in euro 16.666,67 in favore di ciascuno dei creditori, a titolo di inadempimento delle obbligazioni assunte con la scrittura privata del 4 maggio 2009;
la Corte di appello ha riferito che il giudizio traeva origine dalla proposizione da parte di NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di una domanda risarcitoria, per responsabilità precontrattuale o contrattuale, nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME fondata sul l’inadempimento delle scritture private del 29 dicembre 2008 e del 4 maggio 2009;
il giudice di appello ha riferito che il Tribunale aveva disatteso le domande attoree evidenziando che: NOME COGNOME e NOME COGNOME non avevano sottoscritto la seconda scrittura per cui non avevano diritto a chiederne l’adempimento; le predette scritture avevano mero contenuto programmatico, in quanto tali inidonee a dar luogo a obbligazioni contrattuali; insussistente era l’invocata responsabilità precontrattuale stante il mancato assolvimento da parte degli attori dell’onere di provare la condotta colposa dei convenuti, nella specie l’impedimento a inserire gli attori medesimi nella co mpagine sociale della RAGIONE_SOCIALE;
ha, quindi, riformato la sentenza di primo grado, in quanto, pur confermando l’est raneità alle stesse degli appellanti COGNOME e COGNOME e, dunque, la loro «carenza di legittimazione attiva», ha osservato che il contenuto delle predette scritture non aveva natura programmatica, ma esprimeva l’assunzione di un obbligo contratt uale da parte degli stipulanti, il cui inadempimento era «palese»;
ha, poi, liquidato il danno nella misura complessiva di euro 50.000,00,
suddivisa tra i tre appellanti aventi diritto, in applicazione della relativa penale prevista dall’art. 9 della seconda scrittura privata;
il ricorso è affidato a cinque motivi;
resistono, con unico, controricorso, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
gli altri intimati non spiegano alcuna difesa;
le parti costituite depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1173, 1321, 1362 e 1372 cod. civ., per aver la sentenza impugnata attribuito alle due scritture private del 29 dicembre 2008 e del 4 maggio 2009 natura vincolante e cogente, tale da dare luogo alla sussistenza di una obbligazione di fonte contrattuale a suo carico;
evidenzia che dall’esame delle scritture emerge che le parti avevano semplicemente inteso individuare a grandi linee le possibilità di realizzazione del loro intento comune, mancando non solo la manifestazione della volontà di concludere un contratto, ma anche di intavolare vere e proprie trattative;
aggiunge che l’interpretazione delle scritture da parte della Corte territoriale era avvenuta in violazione dei criteri di cui all’art. 1362 , primo e secondo comma, cod. civ., non rispettando il tenore letterale delle stesse e non prendendo in considerazione il comportamento complessivo, anche posteriore alla sottoscrizione dei documenti, osservato dalle parti;
con il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 cod. civ., per aver la Corte di appello ritenuto di ascrivere a carico suo (e degli altri appellati) una responsabilità per inadempimento di presunti obblighi derivanti dalle scritture del 2008 e del 2009;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
la Corte di appello ha interpretato le due scritture private nel senso della loro idoneità a esprimere un accordo negoziale muovendo dal tenore letterale delle stesse, ripetutamente richiamato, e osservato che una siffatta interpretazione aveva trovato conferma nel, sia pure parziale, principio di adempimento da parte degli appellati e, dunque, nel comportamento osservato posteriormente alla conclusione degli stessi;
le doglianze in esame si risolve, da un lato, in una contestazione del risultato interpretativo, il quale, appartenendo all’ambito dei giudizi di fatto, è riservato al giudice di merito e, in quanto tale, non è sindacabile dinanzi a questa Corte per violazione o falsa applicazione della legge (cfr. Cass. 9 aprile 2021, n. 9461; Cass. 25 novembre 2017, n. 27136; Cass. 22 giugno 2017, n. 15471);
-dall’altro lato, nel dedurre la mancata osservanza dei criteri interpretativi del tenore letterale delle scritture e del comportamento successivamente osservato dalle parti, non si confrontano con la decisione che ha espressamente fondato la sua interpretazione su tali due criteri ermeneutici, sollecitando anche su tale aspetto il riesame del l’accertamento operato dal giudice di merito;
con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325 e 1418 cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto valide e produttive di effetti obbligatori le scritture private dedotte in giudizio;
-sottolinea, in proposito, che l’oggetto delle due scritture non risultava né determinato, né determinabile e che non possedevano la forma scritta richiesta per la natura del contratto (costituzione di società o trasferimento di quote societarie);
il motivo è inammissibile;
la questione ivi dedotta non risulta essere stata trattata nella sentenza di appello;
in una siffatta evenienza è onere della parte ricorrente allegare la avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, onde consentire a questa Corte di poter verificare l’ammissibilità delle censure, sotto il profilo dell’assenza di novit à, oltre che la sua fondatezza, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di merito (cfr. Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);
infatti, non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito, né rilevabili di ufficio (cfr. Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass. 9 luglio 2013, n. 17041; Cass. 30 marzo 2007, n. 7981), posto che il giudizio di cassazione ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo e alle questioni di diritto proposte (così, anche, Cass. 26 marzo 2012, n. 4787);
parte ricorrente non ha assolto a un siffatto onere;
con il quarto motivo il ricorrente lamenta l ‘omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione al ruolo del tutto estraneo alla vicenda da lui assunto;
il motivo è inammissibile;
la doglianza si risolve in una censura alla valutazione delle risultanze probatorie effettuate dal giudice di merito, nella parte in cui, direttamente o indirettamente, ha ritenuto che (anche) l’odierno ricorrente aveva assunto l’obbligazione rimasta ina dempiuta, e in una sollecitazione alla rivisitazione di accertamento di fatto che non è consentita da parte di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
-con l’ultimo motivo il ricorrente critica la sentenza impugnata per violazione dell ‘art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui ha applicato la penale di cui all’art. 9 della scrittura privata del 4 maggio 2009 in
assenza di esplicita domanda formulata sul punto dalla controparte;
il motivo è inammissibile;
-la doglianza muove dall’assunto che parte attrice non abbia chiesto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni nella misura indicata nella clausola penale, ma la lettura dell ‘atto di citazione e della memoria depositata ai sensi dell’art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ. appare smentire tale assunto;
la censura, quindi, si presenta priva della necessaria concludenza;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 3.500,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28 marzo 2025.