Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12843 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12843 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME, pec: EMAIL
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME del foro di Firenze
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 997/2021, pubblicata il 17.5.2021, notificata il 17.5.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
Intermediazione
finanziaria
obblighi Bond
informativi
argentini
1. ─ Con atto di citazione COGNOME NOMECOGNOME premettendo di essere correntista e titolare di conto deposito titoli presso la Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno s.p.a., (in seguito Banco Popolare Società Cooperativa, ed attuale Banco BPM) e di aver acquistato in data 23.11.1999, su invito e consiglio dell’addetto all’ufficio titoli della banca, il titolo Argentina 9,75% per un valore nominale di € 21.000, citava in giudizio la banca dinanzi al Tribunale di Lucca esponendo che l’ordine di acquisto doveva ritenersi nullo per mancata sottoscrizione del contratto quadro ai sensi dell’art. 23, comma 1, d.lgs. n.58/1998; che il comportamento della banca convenuta connotava una ipotesi di responsabilità contrattuale derivante dalla violazione degli obblighi di informativa di natura attiva (obbligo di illustrare i rischi dell’operazione) e passiva (obbligo di raccogliere dal cliente le informazioni utili a valutare l’adeguatezza dell’operazione richiesta) posti dalla normativa finanziaria agli artt. 21 (TUF), 28, 29 Reg Consob n.11522/1998; che la banca aveva negoziato il titolo in conflitto di interessi con il cliente; che il comportamento della banca era contrario anche ai principi generali di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. con riferimento sia alla fase precontrattuale che contrattuale.
─ Il tribunale adito rigettava le domande attoree.
─ COGNOME NOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di appello di Firenze che, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’appello. Per quanto qui di interesse la Corte di merito precisava quanto segue:
il rapporto tra intermediario ed investitore era di natura contrattuale; il termine di prescrizione era decennale e decorreva dal momento in cui si fosse prodotto nella sfera del creditore il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore; nel caso di specie il termine era stato interrotto con la diffida del 13.7.2006;
dagli esiti istruttori risultava che il COGNOME aveva sottoscritto prima dell’acquisto del titolo Argentina il contratto di intermediazione finanziari quale ‘ contratto di negoziazione, collocamento e distribuzione raccolta ordini di valori mobiliari ‘ n. 60-64222 da cui risultava la presa visione e consegna del documento informativo;
da tale documento risultava, inoltre, che la banca aveva acquisito le informazioni necessarie sulla situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento del cliente e l’investitore non aveva ritenuto fornire le informazioni richieste;
l’ordine di acquisto del titolo era stato impartito per iscritto e il cliente aveva ricevuto la nota informativa contenente la descrizione del titolo ed il prezzo; le obbligazioni erano state depositate nel dossier titoli del cliente e le cedole regolarmente accreditate;
in materia di intermediazione finanziaria, allorchè risulti necessario accertare la responsabilità contrattuale per danni subiti dall’investitore andava accertato se l’intermediario avesse diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, nonché in ogni caso a tutte le obbligazioni poste a suo carico dal Tuf e dalla normativa secondaria, quindi, l’investitore doveva allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni, nonché fornire, anche per presunzioni, la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, mentre l’intermediario doveva provare l’avvenuto adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e sotto il profilo soggettivo di avere agito con la specifica diligenza richiesta;
nel caso specifico, il COGNOME aveva a suo tempo rifiutato di fornire alla banca informazioni sulla propria situazione finanziaria e sulla propensione al rischio e sugli obiettivi di investimento, il che lasciava intendere che nelle scelte di investimento egli potesse agire in piena autonomia;
g) all’epoca dell’acquisto (26.11.99) l’insolvenza della Repubblica Argentina, dichiarata nel mese di dicembre 2001, era ben lungi dal delinearsi né era ragionevolmente prevedibile; tanto più che nella fattispecie dopo l’acquisto delle obbligazioni Argentina vennero pagate al COGNOME le cedole di interessi come risultava dagli estratti conto. Si poteva, inoltre, affermare che nel quinquennio anteriore all’ottobre 2000 i ratings assegnati alle obbligazioni restarono costanti, subendo soltanto qualche ritocco di prospettiva (cd. outlook ) tra l’altro non sempre peggiorativa: ad. Es. dal luglio 1999 -2000 la situazione era migliorata decisamente, passando da negativa a stabile;
h) gli appellanti non avevano fornito prova idonea sulla circostanza che « la banca abbia venduto il titolo in conflitto di interessi poichè alla luce delle notizie sconfortanti sul prevedibile default dell’economia argentina, provenienti dal mondo della finanza, avrebbe deciso di alleggerire il proprio portafoglio titoli di ” spazzatura” e di rifilarli al proprio cliente ».
4. ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (Artt. 1175, 1375, 1453, 1455 c.c.; art. 28, comma 1, lett. a, art. 29, comma 1, art. 29, comma 1, reg. CONSOB n. 11522; art. 21, lett. a e b, TUF; nell’art. 11, punto 5 della Direttiva n. 93/22/CEE. (Art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.).
5.1 ─ La censura offre una panoramica completa delle tematiche relative agli obblighi informativi in tema di intermediazione finanziaria, enunciando e dilungandosi su ogni principio a carattere generale statuito da questa Corte. E’ in contrasto , però, con un
altrettanto principio generale, più volte enunciato, che la rivalutazione degli esiti probatori esula dai compiti di questa Corte. Non è possibile in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori. La denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), « non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative » (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022; Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; ancora recentemente cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
Il motivo omette di considerare, così, che il predetto apprezzamento è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a fondare la sua decisione (Cass., n. 16467/2017; Cass., n. 11511/2014; Cass., n. 13485/2014; Cass., n. 16499/2009)
Compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se
il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022).
Non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge; il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313/2006; Cass. n. 195 /2016; Cass. n. 26110/2015; Cass. n. 8315/2013; Cass. n. 16698/2010; Cass. n. 7394/2010).
Anche in questa censura le doglianze sono attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa che ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass., n. 13238/2017; Cass., n. 26110/2015). In altri termini, il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di
adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass., n. 7993/2023; Cass., n. 35041/2022).
La diversa impostazione delle censure può essere agevolmente verificata. Per tutte valga la contestazione sull’accertato adempimento degli obblighi informativi. Premessa la ricostruzione delle caratteristiche generali su tale tipo di adempimento e la irrilevanza della circostanza che l’investitore non abbia voluto fornire indicazioni sulla sua situazione patrimoniale, la censura si limita ad osservare che la dichiarazione del cliente di aver ricevuto l’informazione completa sulle caratteristiche del prodotto e i relativi rischi e la sottoscrizione specifica dell’ordine del cliente, nonostante la segnalazione di inadeguatezza, non vale ad esonerare la banca se non abbia offerto una prova rigorosa del suo adempimento. Affermazioni generali incontestabili, ma qui il problema è diverso la Corte, valutando gli esiti probatori nel loro complesso, ha ritenuto che l’informazione ci sia stata e la censura non muove alcuna concreta e specifica doglianza a tale motivazione.
Eguali rilievi possono essere svolti per le citazioni relative alla presunzione dell’esistenza del nesso causale tra inadempimento agli obblighi informativi e danno. L’affermazione è i ncontestabile, ma occorre innanzitutto contestare efficacemente la motivazione che è fondata sul l’accertato concreto adempimento a tali obblighi.
6. ─ Con il secondo motivo: Violazione o falsa applicazione di norme di diritto punto ed in particolare art. 29 Reg. Consob n.11522/98; art. 23, comma 6, d.lgs. n.58/1998; artt. 2967, 1218 c.c; art. 4 Regolamento CE 1060/2009 come modificato dal Reg. (UE) n. 462/ 2013; direttiva 2003/71/CE e regolamento CE n.809/2004; artt. 6 a 12 e all’allegato 1, ad eccezione degli artt.6 bis, 6 ter, 8 bis, 8 ter, 8 quater e 11 bis, e dell’allegato I sezione B, punto 3 , lett. b bis), e punti 3 bis e 3 ter regolamento UE n.
1095/2010 del Parlamento Europeo; Reg. (CE) n. 1060:2009. gli artt. 5 bis, ter e quater; d.lgs. n. 66/2015; art. 66, comma 2, Regolamento n. 16190/2007 (Art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.).
6.1 ─ La censura spazia nella denuncia di molteplici violazioni ed, ancora una volta, riassume le posizioni assunte da questa Corte in tema di prova dell’adempimento agli obblighi informativi, inequivocabilmente posto a carico della Banca intermediaria, come anche la stessa Corte di merito esplicitamente ha dichiarato ed applicato, ritenendo, però, che le allegazioni della banca sul suo adempimento sono adeguate e che l’investitore non ha delineato « una pur sintetica, ma circostanziata individuazione, delle informazioni che la banca avrebbe omesso di fornire, dovendo il giudice nello scrutinare siffatto inadempimento, attenersi ai fatti che l’attore ha posto a fondamento della domanda, senza poter desumere la sussistenza dell’inadempimento dalla mancata offerta di informazioni che neppure l’interessato abbia lamentato di non aver ricevuto » (tra le altre Cass., n. 22513/2021).
La censura passa, poi, ad un esame dettagliato di varie forme di rating delle obbligazioni anche in funzione delle qualità soggettive dell’emittente , dilungandosi per circa dieci pagine sul l’individuazione della normativa afferente ad ogni tipologia , senza censurare in alcun modo la ratio decidendi sul punto che si è limitata ad un accertamento di fatto e ha concluso affermando che: « posto che all’epoca dell’acquisto (26.11.99) l’insolvenza della Repubblica Argentina, dichiarata nel mese di dicembre 2001, era ben lungi dal delinearsi né era ragionevolmente prevedibile; tanto più che nella fattispecie, come viene evidenziato dalla banca appellata, dopo l’acquisto delle obbligazioni Argentina vennero pagate al COGNOME le cedole di interessi come risulta dagli estratti conto. Si può inoltre affermare che nel quinquennio anteriore all’ottobre 2000 i ratings assegnati alle obbligazioni restarono
costanti subendo soltanto qualche ritocco di prospettiva (cd Outlook) tra l’altro non sempre peggiorativa: ad. Es. dal luglio 1999 -2000 la situazione migliorò decisamente passando da negativa a stabile. In sostanza, non può contestarsi alla banca la condotta dell’omesso avvertimento del cliente della possibile insolvenza dell’Argentina in quanto non si dispone di elementi per ritenere che all’epoca in cui è sono stati acquistati i titoli oggetto di causa, la banca, pur con la diligenza richiesta all’operatore qualificato, avesse avuto una qualsivoglia avvisaglia del default che avrebbe travolto l’Argentina a fine 2001; pertanto, non può addebitarsi alla Banca di non aver fornito informazioni (rischio di default dell’Argentina) di cui non disponeva ». Affermazione incontestabilmente conforme alle statuizioni di questa Corte sul punto che hanno precisato che in tema di intermediazione finanziaria, l’obbligo di informazione attiva, posto a carico dell’intermediario ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 28, comma 2, del regolamento Consob n. 11522 del 1998, secondo la disciplina previgente al d.lgs. n. 164 del 2007, impone all’intermediario di fornire informazioni non generiche sulla specifica operazione che l’investitore intende compiere, sicché, in caso di acquisto di obbligazioni di uno Stato straniero, deve fornire informazioni sul grado di rischio di insolvenza di tale Stato, derivante dalle condizioni dell’emittente e dalle prospettive future dello stesso, aggiornate al momento in cui è compiuta l’operazione , eventualmente facendo ricorso agli indici di valutazione delle principali agenzie di rating (Cass., n. 22513/2021; Cass., n. 19104/2023).
7. ─ Con il terzo motivo: Violazione o falsa applicazione di norme di diritto e in particolare degli artt. 1175,1375, 1453 e 1455 c.c.; art. 28, comma 1, lett. a, art. 29, comma 1, reg. Consob n. 1152; art.
21, lett. a e b, TUF; nell’art. 11, punto 5, direttiva n. 93/22/CE (Art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.).
7.1 ─ La censura si fonda su una equivoca affermazione: « Se è vero che non è stata fornita prova che la banca il 26.11.1999 era a conoscenza che il titolo sarebbe crollato, è pur vero che in via presuntiva tale circostanza non è da escludersi» cui segue una attenta ricostruzione sul default argentino per poi concludere che «la conoscenza della crisi prossima dello Stato Argentino non era un fatto così ignoto ai soggetti specializzati e sussistono adeguati elementi presuntivi per rilevare quanto la posizione conflittuale della banca abbia influenzato la proposizione di quest’ultima di vendere titoli che a breve sarebbero divenuti ‘spazzatura’ ».
Senza voler evidenziare che la prima affermazione contraddice quanto sostenuto nel secondo motivo, ancora una volta non si muove alcuna adeguata censura alla ratio decidendi sul punto, ma si prospetta una diversa ricostruzione dei fatti, delineando la possibilità di una loro diversa interpretazione. La Corte ha, infatti, statuito che non vi è stata prova adeguata sulla conoscenza dello stato di crisi dell’emittente al momento del collocamento dei bond.
8. ─ Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 3.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre
2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima