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Nuova costruzione: quando la ristrutturazione è soggetta

Una società edilizia, dopo aver ristrutturato un vecchio fabbricato, viene citata in giudizio da una proprietaria confinante per violazione delle norme sulle distanze. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito che qualsiasi intervento di ristrutturazione che comporti un’alterazione della sagoma o un aumento della volumetria preesistente, come una sopraelevazione, si qualifica come una “nuova costruzione”. Di conseguenza, tale opera deve rispettare integralmente le distanze legali previste dal Codice Civile e dai regolamenti locali, senza possibilità di deroga. Il ricorso della società è stato quindi respinto.

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Nuova costruzione: la ristrutturazione che cambia le regole sulle distanze

Quando un intervento di ristrutturazione edilizia può essere considerato una nuova costruzione? E quali sono le conseguenze in materia di distanze tra edifici? A queste domande cruciali per il settore immobiliare risponde una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ribadisce un principio fondamentale: se la ristrutturazione altera la sagoma o il volume dell’edificio preesistente, scattano gli obblighi previsti per le nuove costruzioni, in primis il rispetto delle distanze legali.

I fatti del caso: da ristrutturazione a violazione delle distanze

Una proprietaria citava in giudizio una società costruttrice e il condominio adiacente, lamentando che i lavori di ristrutturazione di alcuni vecchi capannoni avevano dato vita a un nuovo edificio che violava le norme sulle distanze legali. In particolare, il nuovo fabbricato non rispettava le distanze minime, creava vedute illecite sul suo fondo e presentava altre irregolarità. La società costruttrice si difendeva sostenendo che, trattandosi di una ristrutturazione, non fosse tenuta a rispettare le stesse norme applicabili a una nuova costruzione, secondo quanto previsto, a suo dire, dai regolamenti edilizi locali.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione alla proprietaria, condannando la società e il condominio a demolire o arretrare le parti dell’edificio costruite in violazione delle distanze. La società costruttrice decideva quindi di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa principalmente sulla presunta errata qualificazione dell’intervento edilizio.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale dell’ordinanza è la netta distinzione tra ristrutturazione e nuova costruzione. I giudici hanno stabilito che l’intervento in questione, avendo comportato una modifica della sagoma e un aumento della volumetria rispetto all’edificio preesistente, doveva essere qualificato a tutti gli effetti come una nuova costruzione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi giuridici consolidati, offrendo chiarimenti importanti.

La nozione unica di costruzione ai fini delle distanze

Il primo pilastro della motivazione è che, ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze legali (art. 873 c.c. e seguenti), la nozione di “costruzione” è unica e inderogabile. Rientra in questa categoria qualsiasi opera che non sia completamente interrata e che presenti caratteri di solidità e immobilizzazione rispetto al suolo.

I regolamenti comunali, essendo norme secondarie, non possono modificare questa nozione codicistica, ma solo stabilire una distanza maggiore di quella minima prevista dal Codice Civile.

Quando la ristrutturazione diventa una nuova costruzione

La Corte ha ribadito che un intervento edilizio, anche se presentato come ristrutturazione, si qualifica come nuova costruzione quando comporta una trasformazione che porta a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Questo avviene in modo inequivocabile in caso di:

* Alterazione della sagoma: modifica del profilo esterno dell’edificio.
* Aumento della volumetria: incremento dello spazio occupato, come nel caso di sopraelevazioni.

In questi casi, l’edificio risultante deve rispettare integralmente le norme sulle distanze legali, come se fosse costruito ex novo su un’area libera.

L’irrilevanza delle normative locali derogatorie

La società ricorrente aveva invocato norme del Piano Regolatore Generale locale che, a suo avviso, escludevano le ristrutturazioni dal rispetto di certi parametri sulle distanze. La Cassazione ha smontato questa tesi, affermando che la ricostruzione con sopraelevazione è sempre una nuova costruzione e, come tale, è soggetta all’obbligo di rispettare le distanze legali dal confine. I regolamenti locali non possono creare deroghe che contrastino con i principi fondamentali del Codice Civile in materia di proprietà.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per operatori del settore, costruttori e progettisti. La qualificazione di un intervento come “ristrutturazione” non è uno scudo per eludere le norme sulle distanze. Ogni volta che un progetto edilizio modifica in modo sostanziale l’esistente, alterandone il profilo o aumentandone il volume, esso viene attratto nella disciplina della nuova costruzione, con tutte le conseguenze che ne derivano. Questa decisione tutela i diritti dei proprietari confinanti e garantisce un assetto del territorio ordinato, ribadendo la preminenza dei principi del Codice Civile rispetto a eventuali e illegittime disposizioni derogatorie contenute nei regolamenti locali.

Quando un intervento di ristrutturazione edilizia è considerato una ‘nuova costruzione’ ai fini delle distanze legali?
Un intervento di ristrutturazione è qualificato come ‘nuova costruzione’ ogni volta che comporta una modifica della sagoma (il profilo esterno) o un aumento della volumetria dell’edificio preesistente. In particolare, la ricostruzione con sopraelevazione costituisce sempre una nuova costruzione.

I regolamenti edilizi comunali possono prevedere deroghe alle norme sulle distanze stabilite dal Codice Civile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i regolamenti comunali non possono modificare la nozione di ‘costruzione’ definita dal Codice Civile ai fini del calcolo delle distanze. Essi possono solo stabilire una distanza maggiore di quella minima di tre metri, ma non possono consentire la costruzione a una distanza inferiore o esentare dal rispetto delle distanze opere che rientrano nella nozione di ‘nuova costruzione’.

Cosa succede se un edificio, risultante da una ristrutturazione, viola le distanze legali?
Se l’intervento viene qualificato come nuova costruzione e non rispetta le distanze legali, il proprietario confinante può chiederne la demolizione o l’arretramento fino al ripristino della distanza corretta, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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