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Nullità parziale fideiussione: la Cassazione decide

Un garante si opponeva a un decreto ingiuntivo, sostenendo la nullità totale della sua fideiussione omnibus a causa di clausole in violazione della normativa antitrust. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio della nullità parziale fideiussione. Secondo la Corte, solo le singole clausole illecite sono nulle, mentre il resto del contratto di garanzia rimane valido ed efficace. La decisione ha inoltre chiarito che, in presenza di una clausola “a prima richiesta”, una semplice comunicazione stragiudiziale è sufficiente a impedire la decadenza del creditore dal suo diritto, senza necessità di un’azione giudiziaria entro sei mesi.

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Nullità Parziale Fideiussione: La Cassazione Conferma la Validità del Contratto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel diritto bancario: le conseguenze della presenza di clausole anticoncorrenziali nei contratti di fideiussione. La pronuncia conferma un orientamento ormai consolidato, basato sul principio della nullità parziale fideiussione, che mira a bilanciare la tutela della concorrenza con la stabilità dei rapporti contrattuali e la certezza del credito. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Dalla Garanzia all’Opposizione

La vicenda trae origine dall’opposizione promossa da un fideiussore contro un decreto ingiuntivo emesso da un Tribunale. Il garante era stato chiamato a pagare una somma considerevole in favore di un istituto di credito, a fronte di una garanzia ‘omnibus’ prestata per una società. L’opponente contestava la validità dell’intero contratto di fideiussione, sostenendo che alcune sue clausole fossero nulle perché riproducevano uno schema contrattuale sanzionato dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, in violazione della legge antitrust.

Inoltre, il garante eccepiva la decadenza della banca dal proprio diritto, ai sensi dell’art. 1957 del codice civile, per non aver agito giudizialmente contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato le domande del garante, condannandolo al pagamento. La Corte d’Appello, pur riducendo l’importo dovuto, aveva sostanzialmente confermato l’impianto della decisione. Di qui, il ricorso per Cassazione del fideiussore, basato su quattro distinti motivi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dal garante. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte su ciascun motivo.

Primo Motivo: La Nullità Parziale Fideiussione e le Clausole Antitrust

Il ricorrente insisteva sulla tesi della nullità totale del contratto. La Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile, in quanto mera riproposizione di argomenti già esaminati, senza un reale confronto con la motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire il principio, sancito dalle Sezioni Unite (sent. n. 41994/2021), secondo cui la presenza di clausole anticoncorrenziali determina una nullità parziale fideiussione. In altre parole, vengono meno solo le specifiche clausole illecite, mentre il resto del contratto di garanzia rimane valido ed efficace, a meno che non si dimostri che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quelle clausole.

Secondo Motivo: La Decadenza ex art. 1957 c.c. e le Garanzie “a Prima Richiesta”

Il garante sosteneva che la banca fosse decaduta dal suo diritto perché non aveva iniziato un’azione giudiziaria entro sei mesi. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha chiarito che la ratio decidendi della Corte d’Appello era corretta: quando la fideiussione contiene una clausola di pagamento “a prima richiesta”, essa deroga al beneficium excussionis e alla disciplina ordinaria dell’art. 1957 c.c. Di conseguenza, per impedire la decadenza è sufficiente una semplice richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessaria la proposizione di una domanda giudiziale.

Terzo e Quarto Motivo: L’Interesse ad Agire e la Conservazione del Contratto

Gli ultimi due motivi, anch’essi inammissibili, riguardavano la mancata rilevanza della nullità di altre clausole (non contestate nei tempi e modi corretti) e la violazione del principio di conservazione del contratto. La Corte ha sottolineato come il garante avesse unicamente puntato a ottenere una declaratoria di nullità totale, senza avere un interesse concreto e attuale a far valere la nullità di singole clausole. Infine, ha confermato che il principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.) è pienamente applicabile, poiché gli istituti di credito hanno tutto l’interesse a mantenere in vita la garanzia, anche se privata delle clausole ad essi più favorevoli, piuttosto che restare privi di qualsiasi tutela.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si fonda su un solido impianto logico-giuridico. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso inammissibili principalmente perché non coglievano la ratio decidendi delle sentenze precedenti e si limitavano a riproporre tesi già respinte, senza un adeguato confronto critico. La motivazione centrale, in linea con la giurisprudenza delle Sezioni Unite, è che la sanzione per la violazione delle norme antitrust non deve essere sproporzionata. Annullare l’intero contratto di garanzia sarebbe una conseguenza eccessiva. La soluzione della nullità parziale protegge la concorrenza, eliminando le clausole illecite, ma al contempo preserva la funzione di garanzia del contratto, tutelando l’affidamento del creditore e la stabilità del sistema creditizio. La Corte ha inoltre valorizzato l’autonomia contrattuale, riconoscendo che clausole come quella “a prima richiesta” modificano la disciplina legale, rendendo sufficiente una richiesta stragiudiziale per evitare la decadenza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame consolida un orientamento di fondamentale importanza per operatori bancari e garanti. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Per i garanti (fideiussori): Non è più realisticamente percorribile la strada di chiedere la nullità totale della fideiussione solo perché contiene le clausole “incriminate”. La strategia difensiva deve concentrarsi sugli effetti concreti della nullità delle singole clausole e su altre eventuali eccezioni.
2. Per gli istituti di credito: La validità generale delle fideiussioni omnibus viene confermata, sebbene “epurate” delle clausole anticoncorrenziali. Questo garantisce la continuità delle garanzie in essere. Inoltre, viene ribadita l’efficacia delle clausole “a prima richiesta” per semplificare le procedure di escussione della garanzia.

In definitiva, la Cassazione traccia una linea chiara: la tutela della concorrenza si attua attraverso la rimozione delle clausole illecite, non attraverso la demolizione di interi rapporti contrattuali, in applicazione del principio di conservazione del contratto e di proporzionalità della sanzione.

Una fideiussione che contiene clausole contrarie alle norme sulla concorrenza è interamente nulla?
No. Secondo la Corte di Cassazione, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, in questi casi si applica il principio della nullità parziale. Sono nulle solo le specifiche clausole che violano la normativa antitrust, mentre il resto del contratto di fideiussione rimane valido ed efficace.

Per interrompere il termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c. in una garanzia “a prima richiesta”, è necessaria un’azione giudiziaria?
No. La Corte ha stabilito che, quando un contratto di garanzia prevede il pagamento “a prima richiesta” o clausole simili che derogano al beneficio di escussione, per evitare la decadenza è sufficiente una semplice richiesta stragiudiziale di pagamento inviata al garante, non essendo necessario intraprendere un’azione legale.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso del garante?
La Corte ha dichiarato i motivi inammissibili perché non coglievano la vera ragione giuridica (ratio decidendi) della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre argomenti già esaminati nei gradi precedenti senza un confronto critico e specifico con le motivazioni della Corte d’Appello. Inoltre, per alcuni aspetti, il ricorrente non aveva un interesse concreto e attuale a far valere la nullità di clausole che non erano state oggetto della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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