Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14693 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14693 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8503/2023 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo Pec del difensore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
–
contro
ricorrente – nonchè contro
FALLIMENTO NOME RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE.
–
intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 137/2023 depositata il 19/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 7 maggio 2021 il Tribunale di Vicenza rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo, richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE, proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME sia in via surrogatoria, per la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che nel corso del giudizio veniva dichiarata fallita, sia nella loro qualità di fideiussori della società.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano appello; si costituiva, resistendo al gravame, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito, mentre restava contumace il Fallimento.
Con sentenza n. 137 del 19 gennaio 2023 la Corte d’Appello rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
Resta intimato il Fallimento NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La società controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione dell’art. 106 T.U.B. e dell’art. 1418 co. 1 c.c.’
Deducono che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto che, pur avendo Union svolto nella sua esistenza esclusivamente un’operazione di acquisto di crediti deteriorati, non potrebbe darsi per assodato che l’unico scopo sociale sia il compimento della suddetta operazione; da ciò ne è derivata l’affermazione che ‘più che di attività professionale, sembra potersi parlare di attività occasionale’, con conseguente erroneo rigetto della loro eccezione di nullità della cessione del credito.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La corte di merito, nel rigettare l’eccezione di nullità formulata dalle allora appellanti ora ricorrenti, ha confermato la sentenza di primo grado, specificatamente affermando che ‘Spettava invece agli appellanti, i quali sostengono la natura professionale dell’attività riservata svolta dall’appellata, l’onere di provare che l’oggetto sociale dell’appellata non corrisponde a quello indicato nell’atto costitutivo (ove risulta che la RAGIONE_SOCIALE abbia ad oggetto la costruzione e commercializzazione di beni immobili e mobili e la negoziazione e gestione di partecipazioni sociali), ma si esaurisce nell’acquisizione dei crediti di BCC Vicentino verso la RAGIONE_SOCIALE e gli odierni appellanti, così venendo a coincidere esclusivamente con un’attività riservata ai soggetti autorizzati di cui all’art. 106 TUB. In difetto di questa prova, che parte appellante neppure si offre di fornire, vanno confermate le argomentazioni spese sul punto dal giudice del primo grado’.
Pertanto, sotto la formale invocazione della violazione di legge, ed in particolare della violazione del disposto dell’art. 106
TUB, le ricorrenti sollecitano sostanzialmente un riesame del fatto e della prova, che è estraneo al giudizio di legittimità (v., tra le tante, Cass., Sez. Unite Sent., 27/12/2019, n. 34476; Cass., 04/03/2021, n. 5987; Cass., n. 1620/2016).
1.3. Va inoltre rilevato che con la recente ordinanza n. 7243/2024 questa Suprema Corte ha affermato che ‘dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici ‘.
Per cui, a maggior ragione, nessuna invalidità può essere ravvisata nel caso di specie.
Con il secondo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione della normativa antitrust’.
Lamentano che la corte di merito, una volta ‘appurata la coincidenza delle clausole contrattuali concretamente contenute nella fideiussione’, dato che ‘il carattere uniforme dell’applicazione delle clausole vessatorie risulta dimostrato per effetto del succitato provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia’ avrebbe dovuto dichiarare la nullità totale della fideiussione (v. p. 14 del ricorso: ‘La fideiussione azionata monitoriamente da Controparte risulta viziata in termini di nullità totale’).
2.1. Atteso che il motivo è formulato in termini del tutto generici ed assertivi, non risultando nemmeno indicato dove e quando nel precedente contesto processuale sia effettivamente stata svolta la trattazione in merito ‘alla coincidenza’ tra le clausole contenute nel contratto di fideiussione ed il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, esso risulta altresì non correlato alla motivazione dell’impugnata sentenza.
Le ricorrenti ribadiscono la deduzione di ‘nullità totale’ della
prestata fideiussione laddove la corte di merito ha espressamente posto in rilievo la rinuncia dalle medesime formulata in comparsa conclusionale, alla luce del noto arresto delle Sezioni Unite n. 41994/2021, alla spiegata domanda di nullità totale, al riguardo precisando che la ‘disamina della domanda, così ridefinita, va subordinata alla valutazione della rilevanza della clausola contrattuale in discorso’.
Con il terzo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1957 c.c.’.
Premesso che l’art. 1957 cod. civ. stabilisce, al primo comma, che ‘Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate’, lamentano che la corte di merito non ha accolto la loro eccezione, dell’essere la banca incorsa nella decadenza prevista dalla citata norma.
3.1. Il motivo è inammissibile
3.2. Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che, con articolata motivazione, la corte di merito ha individuato il diverso dies a quo della decadenza in relazione ai due esistenti conti correnti, uno ipotecario ed uno chirografario.
Per il primo, ha ritenuto non decaduta la banca perché ha individuato il momento di esigibilità del credito al momento della chiusura del conto corrente, svolgendo una motivata valutazione in fatto, che qui le ricorrenti neppure specificamente censurano ed il cui riesame è, peraltro, precluso in sede di legittimità.
Per il secondo, ha considerato la data di scadenza temporale dell’1 febbraio 2014 invocata qui dalle ricorrenti, ma ha valorizzato: a) in fatto, la presenza, nel contratto di fideiussione, della clausola ‘a prima richiesta’; b) sempre in fatto, la circostanza che la banca, a luglio 2014, avesse appunto inviato una missiva ai fideiussori per escutere la garanzia ‘a prima
richiesta’; c) in diritto, il principio, conforme a consolidato orientamento di legittimità, per cui, in presenza di clausola a prima richiesta, vale ad evitare la decadenza di cui all’art. 1957 cod. civ. anche solo un atto stragiudiziale.
Orbene, le ricorrenti pretendono di nuovamente ricostruire la cronologia dei fatti di causa onde individuare quello che, a loro dire, sarebbe il dies a quo del decorso del termine di decadenza, ma così, per un verso, sollecitano un riesame del fatto e della prova, estraneo al giudizio di legittimità, per altro verso svolgono tale, inammissibile, ricostruzione in riferimento soltanto ad una sola fideiussione, e trascurano di considerare la summenzionata articolata motivazione, che si fa carico di individuare il diverso dies a quo in relazione ai due esistenti conti correnti e di esaminare le due diverse fideiussioni che sono state prestate a garanzia.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore della società controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 16.200,00, di cui euro 16.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della società controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza