Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28871 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28871 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20396/2023 proposto da:
COGNOME NOME; COGNOME NOME; in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-ricorrenti-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 603/2023 della Corte d’Appello di Torino , pubblicata il 06.06.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.10.2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Ivrea, emessa in data 11.8.2020, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE BPM s.p.a., insistendo per l’accertamento negativo del RAGIONE_SOCIALE della banca per la nullità o inefficacia del contratto di mutuo utilizzato come titolo esecutivo, anche perché violativo delle disposizioni in materia di usura e collegato funzionalmente ad altri contratti bancari stipulati da diverse società facenti capo alla famiglia COGNOME, con condanna della banca a restituire quanto percepito.
RAGIONE_SOCIALE aveva notificato atto di precetto per ottenere da NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche in qualità di eredi di NOME COGNOME, il pagamento di € 516.659,14 in forza di un mutuo fondiario concluso il 6.11.2013, non onorato con decadenza dal beneficio del termine, con gli accessori e le spese dell’atto. Gli ingiunti proponevano opposizione ex art.615 c.p.c. chiedendo accertarsi l’insussistenza del RAGIONE_SOCIALE azionato dalla banca per nullità/inefficacia del mutuo, con condanna della controparte a restituire quanto illegittimamente percepito.
Il Tribunale rigettava l’opposizione, in quanto : era pacificamente ammesso che il contratto di mutuo potesse essere utilizzato per il conseguimento delle più varie destinazioni e, quindi, anche per risanare una passata situazione di crisi, non potendosi fondatamente ritenere una causa illecita stipulare un contratto di mutuo ai sensi dell’art. 38 T.U.B. per ripianare vecchie passività; parte opponente aveva ulteriormente eccepito la nullità del mutuo ipotecario per usurarietà (oggettiva) e illegittima applicazione di anatocismo e commissione di massimo scoperto sui collegati contratti di conto corrente e di fido in essere tra il RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la banca popolare di Novara s.p.a., asserendo l’esistenza di un collegamento funzionale tra i contratti bancari allora in essere tra le predette società e l’attuale banco BPM s.p.a. e il contratto di mutuo fondiario del 06.11.2013; tale domanda era inammissibile per carenza di legittimazione attiva degli attori posto che l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, risultavano soggetti di diritto estranei al presente giudizio; pertanto, non poteva fondatamente sostenersi che gli attori fossero muniti della legittimazione attiva a controvertire in ordine alla nullità dei complessi rapporti negoziali intrattenuti tra le suddette società e il RAGIONE_SOCIALE, costituenti il presupposto della eccezione di nullità del contratto di mutuo da essi avanzata.
Con sentenza del 16.6.2023 la Corte territoriale rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, osservando che: era pienamente lecito l’accordo con cui le parti avevano stipulato un mutuo di carattere solutorio, cioè volto a permettere al mutuatario di ottenere una somma di denaro necessaria per ripianare situazioni debitorie pregresse; NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano inoltre agito personalmente, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, senza coinvolgere alcuna delle società debitrici in ipotesi beneficiate dal mutuo; era dunque inutile qualsiasi approfondimento sulla possibilità di costruire il prospettato collegamento funzionale tra i contratti e sulle conseguenze da trarne sulla legittimità del mutuo azionato esecutivamente da RAGIONE_SOCIALE, che erano le sole questioni sulle quali gli appellanti avevano inteso esplicitare attività difensiva; il lieve scostamento del tasso debitore applicato (all’epoca della stipula pari a 4,728%) dal tasso medio ricavabile dal mercato come praticato per operazioni simili (pari a 3,88%: la differenza era pertanto di 0,848%)
non appariva rivestire da solo rilevanza ai fini della sussistenza di usura soggettiva: esso, comunque, decisamente al di sotto del tasso soglia di riferimento (8,85%), non integrava una sproporzione degli interessi convenuti tale da determinare uno squilibrio contrattuale a vantaggio della sola banca, con alterazione del sinallagma negoziale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali eredi universali di NOME COGNOME, ricorrono in cassazione, avverso la suddetta sentenza con cinque motivi, illustrati da memoria. RAGIONE_SOCIALE BPM RAGIONE_SOCIALE.p.a resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo deduce nullità del contratto di mutuo ipotecario solutorio imposto dall’istitut o bancario per difetto di causa, nonché violazione degli artt. 1325, 1418, co. 2, 1813, 1814 , 1376 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
I ricorrenti lamentano che: non erano stati immessi nella libera disposizione delle somme date a mutuo, immediatamente apprese dall’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a proprio esclusivo beneficio, con conseguente operazione economica -nulla per difetto di causa in concreto; la Corte ha ritenuto validi i giroconti effettuati dall’RAGIONE_SOCIALE bancario, contestualmente all’erogazione delle somme mutuate, nonostante la mancata dimostrazione del consenso a tali giroconti.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 2744 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per nullità del cRAGIONE_SOCIALEtto di mutuo per violazione del divieto di patto commissorio.
I ricorrenti riten gono che l’operazione imposta dall’RAGIONE_SOCIALE abbia celato una violazione del divieto di patto commissorio in quanto, a seguito della stipulazione del contratto di mutuo, essi hanno subito l’assoggettamento a garanzia reale dei propri immobili personali, a
fronte di una sicura insolvenza da parte delle società terze esposte nei confronti della stessa banca, e già ampiamente segnalate a sofferenza. Il terzo motivo denunzia v iolazione dell’art. 24 D.l gs. 206/2005 e della Direttiva n. 93/13/CEE. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. e n. 5 c.p.c., per nullità del contratto di mutuo per violazione dei principi in materia di tutela del consumatore.
I ricorrenti ritengono che il contratto di mutuo e le sue concrete modalità di esecuzione siano in contrasto con i principi in materia di tutela del consumatore, ed in particolare che l’operazione in concreto posta in essere costituisca una pratica commerciale aggr essiva ai sensi dell’art. 24 D.l gs. n. 206/2005, come introdotto nell’ordinamento in esecuzione della Direttiva n. 93/13/CEE.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 1325 c.c., 1418, co. 2, c.c. e dei principi in materia di collegamento negoziale ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. , per nullità del mutuo ipotecario per debiti estranei a COGNOME e COGNOME e riferibili alla RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE, deducendo altresì nullità derivata per collegamento contrattuale.
I ricorrenti ritengono la sentenza di secondo grado viziata per il fatto che essa non ha tenuto in debita considerazione il fatto (incontestato) che il mutuo era stato sottoscritto per estinguere sia debiti di natura personale (peraltro di limitata entità), sia debiti riferibili a terzi, e su cui i ricorrenti non avevano alcun interesse patrimoniale diretto, con conseguente violazione degli artt. 1325, 1418, co. 2, c.c. in mancanza di una valida funzione economica -sociale del contratto sottoscritto tra le parti.
Il quinto motivo denunzia violazione dell’art. 1418 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per nullità parziale del contratto di mutuo in relazione a debiti inesistenti oggetto di ripianamento, per non aver la Corte
d’appello considerato che nel mutuo solutorio stipulato dalle parti erano confluiti anche debiti assolutamente inesistenti, frutto dell’applicazione di illeciti interessi usurari, di commissione di massimo scoperto e di capitalizzazione trimestrali degli interessi.
Con decreto del 16.3.2024 è stata formulava la seguente proposta di definizione anticipata ritenendo inammissibile il ricorso: il primo mezzo è inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis, n. 1, c.p .c., avuto riguardo al principio secondo cui il cosiddetto “mutuo solutorio”, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo – in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico – e non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l’acRAGIONE_SOCIALE in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa » (Cass. 25 luglio 2022, n. 23149); a ciò occorre soltanto aggiungere che i ricorrenti sostengono contro l’evidenza che, nella specie, non vi sarebbe stato spostamento patrimoniale dal mutuante ai mutuatari, indubbio essendo che detto spostamento è consistito nella purgazione della mora di tutti i soggetti in favore dei quali la somma mutuata è stata accreditata, ivi comprese le società delle quali i mutuatari erano amministratori e/o soci; quanto infine alla tesi secondo cui l’acRAGIONE_SOCIALE sarebbe avvenuto in assenza di un’espressa previsione contrattuale che consentisse l’operazione di giroconto, andava osservato che essa non era stata esaminata dalla sentenza impugnata e dal ricorso non emergeva come e quando, con esattezza, essa sarebbe stata prospettata nella fase di merito, di guisa che il motivo è in parte qua
inammissibile per novità della questione (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010).
Il secondo mezzo è palesemente inammissibile anch’esso, laddove inspiegabilmente confonde il divieto del patto commissorio, che ricorre quando è previsto che «in mancanza del pagamento del RAGIONE_SOCIALE nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al RAGIONE_SOCIALEre», con la garanzia ipotecaria; privo di qualunque pregio, poi, è l’assunto secondo cui l’operazione non aveva una reale possibilità di riuscita, data la situazione di sostanziale insolvenza dei mutuatari, assunto assolutamente insignificante per i fini della verifica della legittimità della decisione impugnata; eguale sorte compete al terzo mezzo, laddove si sostiene che la stipulazione del contratto di mutuo avrebbe costituito «una pratica commerciale aggressiva»: di siffatta tesi, nuovamente, non v’è traccia nella sentenza impugnata, né è specificamente dedotto dove e come essa sarebbe stata sollevata nella fase di merito, sicché, anche in questo caso, il motivo è inammissibile per novità della questione; il quarto mezzo è manifestamente infondato; al riguardo, i ricorrenti prospettano la nullità del mutuo per difetto di causa in quanto volto a ripianare debiti di terzi (le società) e quindi, a loro avviso, non rispecchiante un interesse meritevole di tutela: ma, a parte il fatto che il difetto di causa non avrebbe potuto essere dedotto neppure se i mutuatari fossero stati totalmente estranei alle società beneficiarie di parte delle somme date a mutuo, visto che l’ordinamento riconosce la liceità del contratto a favore di terzi, certo è che la tesi è totalmente destituita di fondamento a fronte della circostanza che i mutuatari erano soci e amministratori delle società: COGNOME NOME era amministratore della RAGIONE_SOCIALE, accomandatario/amministratore de RAGIONE_SOCIALE, accomandante
de RAGIONE_SOCIALE; COGNOME NOME era accomandataria/amministratrice de RAGIONE_SOCIALE e socia di tutte e tre le società; COGNOME NOME era accomandante de RAGIONE_SOCIALE; il quinto mezzo è anch’esso spiegato contro l’evidenza: si sostiene che i debiti che società e soci avevano contratto con la banca nascevano da rapporti affetti da addebiti connotati da nullità, il che non ha nulla a che vedere con l’oggetto del contendere, che è costituito dalla sussistenza del diritto del RAGIONE_SOCIALEre di procedere ad esecuzione forzata sulla base di un diverso RAGIONE_SOCIALE, quello rinveniente dal contratto di mutuo.
Il ricorso è inammissibile.
Il collegio ritiene di aderire appieno alla motivazione della proposta di definizione agevolata, condividendone del tutto il contenuto. Al riguardo, la tesi della piena legittimità del mutuo solutorio risulta confermata dalla sopravvenuta recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 5841/2025) a tenore della quale è valido e, in presenza dei requisiti prescritti dall’art. 474 c.p.c., costituisce titolo esecutivo il contratto di mutuo “solutorio”, il quale si perfeziona, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, è posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’acRAGIONE_SOCIALE su conto corrente, e non rileva in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale.
Parte ricorrente, nella memoria depositata, ha rinunciato ai motivi concernenti la nullità del mutuo solutorio – alla luce della suddetta sentenza delle SU- riportandosi genericamente agli altri motivi e alla questione dei debiti inesistenti al cui ripianamento era stato finalizzato
il contratto di mutuo, senza contestare specificamente quanto dedotto nella suddetta proposta di definizione anticipata.
Le spese seguono la soccombenza; in applicazione dell’art. 96, c. 3° e 4°, come richiamati dall’art. 380 bis , c.p.c. i soccombenti vanno condannati anche al pagamento del doppio delle spese liquidate (come da dispositivo) e al pagamento della somma di euro 2.500,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di giudizio, che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Condanna i ricorrenti, a norma dell’art. 96, c.3, c.p.c., al pagamento dell’ulteriore somma di euro 7. 000,00 in favore della controricorrente.
Condanna altresì i ricorrenti al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME