Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2837 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11424/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di NAPOLI n. 23955/2016 depositato il 27/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
MPS Gestione Crediti Banca S.p.A. chiedeva l’ammissione in via privilegiata al passivo del fallimento della I.F.F: RAGIONE_SOCIALE del proprio credito pari ad euro 1.508.537,07 derivante da un contratto di mutuo fondiario.
Il giudice delegato rigettava la domanda per la ritenuta impossibilità di quantificare il credito, in mancanza dei conteggi.
La Banca proponeva ricorso in opposizione allo stato passivo innanzi al tribunale di Napoli, che lo dichiarava tuttavia improcedibile. Il tribunale rilevava, infatti, che non vi era prova che l’opponente avesse provveduto a notificare al curatore il ricorso ed il decreto di fissazione d’udienza entro il termine ordinatorio a tal fine assegnatogli, ai sensi dell’art. 99 1. fall.; che il termine, di cui non era stata chiesta la proroga prima della scadenza, non poteva essere rinnovato; che, infine, la decadenza verificatasi non era stata sanata dalla comparizione del curatore all’udienza.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la banca affidato ad un unico motivo.
Questa Corte, con sentenza n. 8740/2016, accoglieva il ricorso, rilevando come la più recente giurisprudenza di legittimità avesse ritenuto che l’art. 99 della legge fallimentare, che regola i procedimenti di impugnazione dello stato passivo, non prevede alcuna sanzione per il caso in cui la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza ai controinteressati sia omessa o non sia eseguita entro il termine ordinatorio a tal fine assegnato dal giudice. Osservava infatti questa Corte che, a differenza che nel
giudizio a cognizione ordinaria, in cui la tardiva notificazione determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ed il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, nel procedimento regolato dall’art. 99 l. fall. la notifica dell’atto ha la mera funzione di consentire l’instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che la mancata osservanza del termine non può determinare alcun effetto preclusivo, ma comporta unicamente la necessità dell’assegnazione di un nuovo temine, questa volta perentorio, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., ove, come nel caso di specie, il curatore non si sia costituito.
Riassunto il giudizio da parte della banca creditrice e reiterata la istanza di ammissione al passivo, il Tribunale di Napoli, in diversa composizione, ha rigettato l’opposizione, confermando il provvedimento di diniego del giudice delegato.
Il Tribunale ha rilevato che: a) il contratto concluso tra le parti doveva essere qualificato giuridicamente come ‘mutuo di scopo’, definibile come quel contratto con il quale, per previsione contrattuale o per disposizione di legge, il mutuatario è obbligato a fare della somma mutatagli un certo impiego, attraverso il quale si realizza, insieme con il suo interesse, un connesso interesse del mutuante o piuttosto un interesse pubblico; b) la clausola di destinazione connota il contratto di mutuo qui in esame e lo differenzia da quello regolato dal codice civile, nel senso che il contratto di mutuo di scopo ha natura consensuale e non reale, perfezionandosi solo nel momento in cui si forma l’accordo sulle varie clausole e rappresentando l’erogazione della somma l’esecuzione dell’obbligazione da parte del mutuante; c) la consegna della somma mutuante, che costituisce nel contratto di mutuo (contratto reale) il momento perfezionativo del contratto, rappresenta nel contratto di mutuo di scopo, l’esecuzione della obbligazione principale posta a carico del mutuante, dovendosi tuttavia precisare che la consegna non deve essere ristretta al fatto
materiale della traditio , ma può essere attuata mediante attribuzione al mutuatario della disponibilità giuridica della somma; d) nel caso di specie, non vi era la prova che fosse stata eseguita la predetta obbligazione principale da parte del mutuante, e cioè la consegna anche solo della disponibilità giuridica della somma in favore del mutuatario; e) non vi era, infatti, la prova della intervenuta consegna della somma mutuata al momento della stipula del contratto, posto che agli artt. 1 e 2 del contratto si leggeva espressamente che ‘la ditta finanziata dichiara di aver ricevuto l’anzidetta somma mutuatale, qui nell’atto, dalla banca mediante accredito del conto speciale, infruttifero, aperto presso la banca medesima ed intestato alla ditta stessa e ne rilascia ampia e liberatoria quietanza… la ditta finanziata conviene che la somma mutuata rimanga presso la banca, costituita in deposito cauzionale infruttifero, a garanzia del pieno e puntuale adempimento dell’adempimento delle obbligazioni di seguito indicate …’; f) dal tenore letterale delle clausole contrattuali risultava chiaro che le parti avessero procrastinato la consegna della somma, quale momento attinente alla fase esecutiva dell’obbligazione, all’adempimento degli obblighi previsti nel contratto e la prova di ciò era data dal fatto che, ove i mutuatari non fossero riusciti ad adempiere i previsti obblighi, il contratto si sarebbe risolto automaticamente, intesa quest’ultima previsione contrattuale come una condizione risolutiva che consentiva dunque di qualificare il contratto inter partes come mutuo di scopo condizionato; g) l’opponente non aveva allegato e dimostrato l’adempimento dei predetti obblighi, né tanto meno la realizzazione dello scopo previsto con l’attuazione in concreto dell’attività programmata (e cioè la realizzazione del programma di investimenti concernente l’acquisto di un complesso immobiliare), con la conseguenza che le somme mutuate dovevano ritenersi rimaste nella disponibilità della banca; h) anche il consulente tecnico di parte aveva dato atto della
mancanza di documentazione idonea a fornire la prova del credito azionato; i) anche la quietanza di pagamento contenuta nel contratto di mutuo non aveva alcuna valenza probatoria della effettività della erogazione, posto che tale quietanza può al più avere valore di piena prova, fino a querela di parte, della sola provenienza della stessa da colui che ne appare sottoscrittore e non già della veridicità delle dichiarazioni in esse contenute e che l’efficacia privilegiata che l’art. 2700 cod. civ. assegna all’atto pubblico non si estente alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale dalle parti.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo, a tre motivi.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria del 27.10.2023, questa Corte, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del cedente Monte dei Paschi di Siena, litisconsorte necessario, essendo stato il ricorso proposto dalla cessionaria RAGIONE_SOCIALE e per la medesima RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE quale rappresentante, senza che fosse stato evocato nel presente giudizio lo stesso cedente.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
La ricorrente ha depositato una seconda memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
CONSIDERATO CHE
Va, in primo luogo, esaminata l’eccezione sollevata dalla controricorrente di improcedibilità del giudizio in cassazione, per l’intervenuta chiusura della procedura fallimentare.
Tale eccezione è manifestamente infondata. Va detto che la stessa giurisprudenza citata dalla difesa del Fallimento nella memoria (Cass. n. 29670/2022) sconfessa quanto sostenuto in punto di improcedibilità del ricorso per cassazione. La estrapolazione dal precedente citato non è
pertinente in quanto riguarda, per la parte di motivazione richiamata, altra fattispecie, e cioè la revoca del fallimento. E’ stato infatti statuito che ‘ Nel regime successivo alla riforma operata dal d.lgs. n. 5 del 2006, la revoca del fallimento con provvedimento passato in giudicato rende improcedibile l’opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall., che è procedimento strettamente connesso alla procedura fallimentare, in quanto teso ad accertare il credito con efficacia meramente endoconcorsuale, e tale conseguenza – che può essere rilevata anche d’ufficio – opera anche nel giudizio di legittimità, a differenza della chiusura del fallimento, che costituisce una mera causa di interruzione del processo non rilevante in sede di legittimità ‘. Dunque, la intervenuta chiusura del fallimento non determina l’improcedibilità dell’opposizione allo stato passivo, e, peraltro, non solo per l’inoperatività della conseguente causa di interruzione del processo in sede di legittimità, ma anche alla luce del novellato artt. 118, comma 2 l.fall. (che disciplina i casi di chiusura della procedura in pendenza di giudizi).
L’eccezione della curatela va, pertanto, disattesa.
Può essere esaminato, a questo punto, il ricorso della società creditrice.
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 cod. civ., 38 e seg. del d.lgs. n. 385/1993, sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato il contratto come ‘mutuo di scopo condizionato’.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del decreto per violazione del principio del contraddittorio, sul rilievo che il Tribunale avrebbe deciso la causa in base ad una questione sollevata d’ufficio sulla quale non sarebbe stato previamente sollecitato il contraddittorio processuale.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2697 cod. civ. e 38 e 39 D.lgs. n. 385/93.
4. Il primo motivo è fondato.
Anche recentemente questa Corte (vedi Cass. n. 25193/2024) ha enunciato il principio secondo cui nel mutuo di scopo la causa è più di ampia di quella del normale contratto di mutuo, in quanto il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, avuto riguardo al particolare rilievo causale che il raggiungimento dello scopo assume nell’economia del rapporto.
Proprio alla luce di tali caratteristiche del mutuo di scopo, è orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli artt. 38 ss d.lgs. 1 settembre 1993, n.385, non è mutuo di scopo, poiché di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità; non può, pertanto, essere negata tale qualificazione, sul rilievo della previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili (Cass. n. 4792/2012; Cass. n. 9511/2007).
Ciò premesso, nella motivazione impugnata il Tribunale di Napoli è incorso nella falsa applicazione della norma, dal momento che, dopo aver enunciato, solo in astratto, il principio secondo cui nel mutuo di scopo il mutuatario assume specificamente l’obbligo di realizzare l’obiettivo in vista del quale l’erogazione aveva avuto luogo, ha, poi, in concreto ricondotto l’esistenza del mutuo di scopo solo alla ‘premessa’ dell’atto di mutuo, in cui si dava solo atto che il mutuatario aveva chiesto il finanziamento per la realizzazione di un programma di investimenti concernente l’acquisto e ristrutturazione di un immobile: in sostanza, erano stati esplicitati solo i meri motivi che avevano indotto il mutuatario a richiedere il finanziamento, senza che risultasse che la realizzazione del programma di investimenti rientrasse nella causa del contratto, con l’assunzione del relativo obbligo.
Ne consegue che, sulla scorta dei principi già affermati da questa Corte e
qui riaffermati, non risulta corretta la riconduzione del predetto contratto, intercorso inter partes , nel paradigma concettuale del mutuo di scopo.
Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10.12.2024