Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1927 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23916/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4807/2022 depositata il 12/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
PREMESSO CHE
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto con il quale il Tribunale di Roma le aveva ingiunto il pagamento di euro 20.140,29, quale corrispettivo per la fornitura di merci. L’opponente sosteneva di non avere mai ricevuto la fornitura, asserendo che il ricorso era un espediente con il quale la controparte RAGIONE_SOCIALE cercava di non pagare la propria fattura dell’importo di euro 16.101,43, emessa a titolo di provvigioni maturate per attività di procacciamento di affari, somma in relazione alla quale proponeva domanda riconvenzionale. Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 14523/2015, rigettava l’opposizione e la domanda riconvenzionale dell’opponente. Il Tribunale riteneva che RAGIONE_SOCIALE quale creditore avesse provato con la produzione della copia delle bolle di consegna della merce l’entità della prestazione rimasta inadempiuta; circa la domanda riconvenzionale di LVM, il Tribunale riteneva che l’opponente non avesse provato quanto dedotto, in quanto in sede di interrogatorio formale il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE aveva affermato che la provvigione sarebbe stata riconosciuta solo in caso di pagamento da parte del cliente, cosa non avvenuta nel caso oggetto di causa.
La sentenza era impugnata da RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza 12 luglio 2022, n. 4807, ha rigettato il gravame. Ad avviso della Corte il Tribunale aveva correttamente evidenziato come in tema di prova di inadempimento il creditore che agisca per l’adempimento deve solo provare la fonte negoziale del suo diritto e che nella fattispecie ‘anche alla stregua delle risultanze dell’interrogatorio formale deferito al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE non può affermarsi che quest’ultima abbia dato prova adeguata della fonte negoziale del diritto invocato, essendo rimasta del tutto sfornita di prova la circostanza che la provvigione di cui all’accordo intercorso sarebbe stata corrisposta solo in caso di pagamento da parte del cliente
procurato’. Quanto alla questione della validità del disconoscimento da parte della ricorrente delle sottoscrizioni sulle bolle di consegna, la Corte ha ritenuto dirimente non tanto la tardività del disconoscimento quanto la questione secondo cui, trattandosi di documenti che possono essere sottoscritti anche da dipendenti preposti alla ricezione delle merci, non si possa avere disconoscimento in senso tecnico.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi, rivolti entrambi nei confronti della conferma del rigetto della riconvenzionale della ricorrente.
Il primo motivo denuncia ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2734 e 2697 c.c., per avere la Corte d’appello negato il diritto al corrispettivo azionato dalla LVM sulla base della mera dichiarazione aggiunta resa in sede di interrogatorio formale della RAGIONE_SOCIALE, circa l’esistenza di una pattuizione accessoria inter partes che subordinava il pagamento di detto corrispettivo alla LVM al pagamento del terzo procacciato; nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per difetto di motivazione in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.’: la ricorrente RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente contestato il fatto aggiunto alla confessione del rapporto (la pattuizione accessoria ‘salvo buon fine’) ed è comunque rimasto non provato dalla RAGIONE_SOCIALE il fatto del mancato pagamento del terzo.
Il secondo motivo contesta ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’appello adottato una decisione in insanabile contrasto con la stessa motivazione resa’.
Per motivi di priorità logica va esaminato per primo il secondo motivo, che è fondato in quanto dalle affermazioni della Corte
d’appello sarebbe dovuta discendere la riforma della decisione di primo grado e non la condivisione del rigetto della domanda riconvenzionale della ricorrente. La Corte d’appello ha infatti detto che ‘anche alla stregua delle risultanze dell’interrogatorio formale deferito al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE non può affermarsi che quest’ultima abbia dato prova adeguata della fonte negoziale del diritto invocato, essendo rimasta del tutto sfornita di prova la circostanza che la provvigione di cui all’accordo intercorso sarebbe stata corrisposta solo in caso di pagamento da parte del cliente procurato’. Si è pertanto di fronte a un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ (v. Cass., sez. un., n. 8038/2018), che incide sull’esistenza stessa della motivazione e comporta la nullità del capo della sentenza impugnata che ha confermato il rigetto della domanda riconvenzionale.
L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Roma, che provvederà anche in relazione alle spese del presente