Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31227 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 31227 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
SENTENZA
OGGETTO:
contratto di prestazione d’opera professionale
RG. 125/2019
P.U. 12-11-2024
sul ricorso n. 125/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. 02603720927, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente, ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 991/2018 della Corte d’Appello di Cagliari, depositata il 20-11-2018,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12-112024 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale, udita l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente ,
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 5-62007 l’ing. NOME COGNOME ha convenuto avanti il Tribunale di Cagliari RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenerne la condanna al pagamento dei compensi spettanti per l’attività professionale svolta in forza di due scritture private datate 7 -3-2003 e 22-3-2003, oltre la condanna al pagamento di una penale pari al 40% dell’onorario complessivo a causa della revoca dell’incarico.
L’attore ha dedotto che, in forza delle scritture, egli si era impegnato alla progettazione e alla direzione dei lavori relativamente a due fabbricati, da realizzare in due lotti acquistati dalla società convenuta nella lottizzazione ‘INDIRIZZO‘ nel C omune di Sestu da lui stesso predisposta; nonostante avesse eseguito le prestazioni senza contestazioni, con raccomandata del 26-2-2007 la società convenuta gli aveva comunicato la revoca dell’incarico, adducendo gravi errori da lui commessi.
RAGIONE_SOCIALE ha contestato integralmente le domande attoree, deducendo l’inadempimento del professionista e con sentenza n. 3162/2015 depositata il 23-10-2015 il Tribunale di Cagliari ha condannato la società convenuta al pagamento a favore dell’attore della somma complessiva di Euro 349.514,67, a titolo di corrispettivo, penale e interessi legali, oltre spese di lite.
La sentenza, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, ha escluso l’inadempimento impu tato dalla società convenuta al professionista in relazione agli errori di calcolo sui parcheggi, asseritamente previsti in numero sovrabbondante rispetto a quanto richiesto dalla legge, e in relazione agli errori nella progettazione delle
opere di urbanizzazione primaria; di conseguenza ha ritenuto l’illegittimità della revoca dell’incarico , l’applicabilità della penale contrattuale e, escluso che il professionista avesse svolto solo attività di progettazione di massima, ha quantificato gli onorari spettanti per l’attività svolta per un lotto in Euro 169.154,74 e la penale in Euro 159.392,00, dai quali dedurre la somma pacificamente già pagata di Euro 52.000,00 ; per l’altro lotto ha determinato l’importo di Euro 14.964,30 a titolo di corrispettivo ed Euro 20.464,00 a titolo di penale, dai quali detrarre la somma già versata di Euro 11.234,00; sul totale di Euro 300.741,06 ha calcolato gli interessi dalla data della domanda.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Cagliari ha rigettato con sentenza n. 991/2018 pubblicata il 20-11-2018, condannando la società appellante alla rifusione a favore dell’appellato delle spese del grado, liquidate in Eur o 3.777,00 per compensi, oltre accessori.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, nel quale ha anche proposto motivo di ricorso incidentale relativamente alla quantificazione delle spese di lite.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 12-11-2024 e nel termine di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per mancata valutazione dei motivi di appello, in riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ e, evidenziando che la sentenza impugnata ha dedicato uno spazio minimo, da pag. 18 a pag.21, alla disamina dei motivi di appello, sostiene che sia il fatto di non avere esaminato quattro motivi
di appello, di cui ai successivi motivi di ricorso, a comportare in sé la nullità della sentenza.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza e violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 329 c.p.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 e 360 n. 4 c.p.c. (violazione del giudicato e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) ‘ . Evidenzia che la società non aveva impugnato la sentenza di primo grado in ordine all’individuazione della base di calcolo dell’onorario, ma aveva espressamente dichiarato di ritenere corretta l’interpretazione data dal Tribunale al contratto, che era stata chiara nell’individuare la base di calcolo nella volumetria prevista dal Piano di Lottizzazione, per Euro 4,00 al metro cubo; rileva che quella che aveva impugnato era stata la contraddittorietà tra tale interpretazione e la conclusione alla quale era giunto il Tribunale, recependo le conclusioni del c.t.u. in ordine al riferimento all’opera realizzata. Quindi sostiene che la sentenza impugnata, eseguendo una interpretazione del contratto diversa da quella eseguita dal Tribunale e non impugnata, abbia violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e il principio del giudicato, che vieta di pronunciarsi su una statuizione non impugnata; sostiene che, diversamente, la Corte avrebbe dovuto pronunciarsi soltanto sulla congruità tra l’interpretazione recepita d al Tribunale ormai passata in giudicato (secondo la quale la base di calcolo era la volumetria del piano di lottizzazione) e la base di calcolo per calcolare gli onorari poi utilizzata.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘violazione e falsa applicazione delle norme di diritto: violazione dell’art. 1363 c.c. e degli artt. 1326 ss. in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Rileva che, anche a ritenere che la Corte d’appello potesse interpretare il contratto in senso difforme dal Tribunale, l’interpretazione contrastava con l’art.
1363 cod. civ. , perché l’art. 4 del contratto relativo al lotto 3 prevedeva espressamente che l’onorario spettante al professionista fosse quello di Euro 4,00 ‘per metro cubo di opera progettata’ e tale articolo avrebbe dovuto essere letto unitamente all’art. 2, secondo il quale nel progetto la volumetria era quella prevista dal Piano di Lottizzazione; aggiunge che il contratto relativo al lotto 5 stipulato il 22-3-2005 aveva esplicitamente stabilito di ancorare il compenso alla volumetria indicata nel Piano di Lottizzazione ed evidenzia come i contratti non facciano mai riferimento al criterio dell’opera realizzata, alla quale la sentenza impugnata ha ancorato il diritto al corrispettivo.
4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione della DGR 55/108 del 29.12.2000; del Decreto Assessoriale 22 dicembre 1983 n. 2266/U (c.d. Decreto Floris); della Legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli), in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza: mancata valutazione del motivo di appello contenuto nel paragrafo III A) dell’atto di citazione in appello, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.’. La ricorrente rileva che se la sentenza impugnata, laddove ha fatto riferimento all’inadempimento lamentato ‘per supposti errori di calcolo’, si riferisce alle questioni sull’errata progettazione dei parcheggi, sovrabbondanti per errata interpretazione della normativa regionale sugli standard di parcheggio, la sentenza si è limitata a confermare la sentenza di primo grado, che a sua volta aveva recepito la consulenza d’ufficio; sostiene che la sentenza, limitandosi a confermare la sentenza di primo grado, senza ulteriori valutazioni, sia nulla . Evidenzia che con l’ appello aveva svolto articolata censura relativamente all’interpretazione delle disposizioni regionali sui parcheggi e in particolare della DGR 55/108, che trovava conferma nella sentenza n. 1705/2002 del TAR Sardegna, a seguito della quale non vi era dubbio che in Sardegna si applicasse la disposizione
contenente l’indice superiore; con la conseguenza che l’ing. COGNOME aveva commesso gravissimo errore nel progettare un secondo livello di parcheggi non richiesti dalla normativa, con relativo aggravio di costi per la società e perciò legittimità del recesso della società a fronte del grave inadempimento del professionista.
5 .Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norma di diritto: violazione della Legge 2 marzo 1949 n. 143 nella costante interpretazione del giudice di legittimità, in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza per mancato esame del motivo di appello contenuto nel paragrafo IV A) dell’atto di citazione in appello ai sensi dell’art. 360 n.4 c.p.c. Nullità della sentenza: mancata valutazione delle prove documentali e testimoniali ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio: violazione de ll’art. 360 n. 5 c.p.c.’. Rileva che, poiché la sentenza di primo grado aveva ritenuto corretta la stima della progettazione eseguita dal professionista come ‘intermedia’ , la società aveva proposto motivo di appello al fine di sostenere che la qualificazione della progettazione come intermedia non fosse rispettosa della legge 2 marzo 1949 n. 143; lamenta che la sentenza non abbia preso posizione su tale motivo, limitandosi a confermare genericamente la correttezza della sentenza del Tribunale, con la conseguente nullità della motivazione. Ripropone perciò le sue deduzioni in ordine all’errore di fondo nella c.t.u., in quanto il progetto che non presenta i requisiti di completezza che consentano di qualificarlo come esecutivo deve essere qualificato come di massima, anche se provvisto di qualche requisito che il progetto di massima non richiede.
6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione del D.M. 04.04.2001 n. 96 ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza: mancata
valutazione del motivo di appello contenuto nel paragrafo IV B dell’atto di citazione in appello, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Mancata valutazione delle prove documentali e testimoniali ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia: violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’. Evidenzia che nell’atto di appello aveva dedotto che il c.t.u. aveva determinato il compenso applicando la Tabella B del D.M. n. 96 del 4-4-2001, che però determinava i compensi per le att ività previste dall’art. 17 co. 14 -bis legge 11 febbraio 1994 n. 109, e cioè la legge quadro in materia di lavori pubblici; quindi, aveva sostenuto che avrebbero dovuto essere applicati i diversi parametri di cui alla legge 143/1949 e lamenta che tale motivo non sia stato in alcun modo analizzato.
7. Con il settimo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione del D.P.R. 554/1999 ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza: mancata valutazione del motivo di appello contenuto nel paragrafo IV C) dell’atto di citazione in appello, ai sen si dell’art. 360 n. 4. Nullità della sentenza per mancata valutazione delle prove orali e testimoniali e omesso esame ai sensi dell’art. 360 n. 4 e dell’art. 360 n. 5’; dichiara che, con riferimento all’applicazione del D.M. 4 -4-2001 n. 96, aveva dedotto n ell’atto di appello anche che, a ritenerne l’applicabilità, s i sarebbero dovute applicare pure le disposizioni che descrivevano le caratteristiche del progetto preliminare e del progetto esecutivo e quindi anche sotto questo profilo la c.t.u. era stata erronea.
8. Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza e violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione del principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), del principio del contraddittorio, dell’art. 183 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 194 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Mancata verifica delle prove offerte dall’ ing. COGNOME e di quelle acquisite dal
CTU, ai sensi dell’art. 360 n. 4 e dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’. Lamenta che la sentenza impugnata, nel rigettare il suo motivo di appello relativo al fatto che la c.t.u. era stata ammessa in mancanza dei relativi presupposti, abbia dichiarato che l’attore aveva depositato ‘copiosa documentazione’ a dimostrazione dell’attività svolta, perché l’attore non aveva prodotto nessuna documentazione progettuale, in quanto i progetti e gli altri documenti erano stati acquisiti dal c.t.u.
9. Con il nono motivo la ricorrente deduce ‘ violazione delle norme del codice di procedura civile che indicano l’attività di competenza del consulente (art. 61 e ss. c.p.c.), ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Nullità della consulenza e conseguentemente della sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p .c.’. Lamenta che, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, al consulente tecnico d’ufficio sia stato affidato l’incarico non solo e non tanto di eseguire calcoli e valutazioni tecniche, ma di interpretare il contratto e la normativa urbanistica, e perciò di svolgere attività che avrebbe dovuto svolgere il giudice e non erano demandabili all’ausiliario. Evidenzia di avere contestato con l’appello l’impianto argomentativo della sentenza di primo grado, nel senso che le questioni sottese alla vicenda giudiziale quali l’interpretazione del contratto e delle disposizioni relative agli standard per i parcheggiavrebbero dovuto essere vagliate dal giudice, mentre erano state rimesse alla valutazione del c.t.u. e le valutazioni del c.t.u. erano state trasfuse acriticamente nella sentenza di primo grado; lamenta che la Corte d’appello non abbia valutato i singoli e articolati motivi di appello, affermando che l’appellante avesse mirato esclusivamente a co nfutare i calcoli del c.t.u., mentre la società aveva contestato le argomentazioni di natura giuridica e aveva preso precisa posizione di critica alla c.t.u. anche sulle questioni tecniche.
10.Procedendo ora alla disamina dei motivi di ricorso e in primo luogo dei motivi aventi a oggetto le questioni relative
all’interpretazione dei contratti intercorsi tra le parti, il secondo motivo è infondato.
Basti osservare che, avendo la società proposto appello avverso la statuizione relativa alla determinazione dell’onorario del professionista, sostenendo che il giudice di primo grado avesse determinato erroneamente l’onorario in quanto aveva fatto riferimento a parametro che non era quello contrattuale, era stata devoluta alla cognizione del giudice di appello anche la questione relativa all’individuazione del parametro secondo le previsioni contrattuali. La circostanza che il giudice di primo grado, secondo la tesi della ricorrente, avesse esattamente interpretato il contratto nel senso che prevedesse la quantificazione del compenso facendo riferimento ai metri cubi di opera secondo il piano di lottizzazione e quell’interpretazione non fosse stata censurata non incideva sul fatto che il giudice d’appello dovesse accertare il contenuto delle previsioni contrattuali al fine della determinazione del compenso. L’interpre tazione del contratto nei termini eseguiti dal giudice di primo grado non poteva in sé essere passata in giudicato, in quanto il giudicato interno si determina soltanto su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia; quindi, l’appello motivato con riguardo anche a uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. Sez. 3 19-10-2022 n. 30728 Rv. 666050-01, Cass. Sez. L 4-2-2016 n. 2217 Rv. 638957, Cass. Sez. 2 28-9-2012 n. 16583 Rv. 624791).
11 .E’ fondato il terzo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata ha dichiarato che esattamente il consulente d’ufficio al fine della determinazione del compenso aveva fatto riferimento ai metri cubi di opera realizzata in quanto la scelta, alla luce dell’analisi complessiva dei contratti ex art. 136 3 cod. civ., appariva corretta e doveva essere confermata in quanto rispettosa del lavoro effettivamente svolto dal professionista, il quale non poteva non vedersi riconoscere un compenso parametrato al lavoro effettivamente eseguito, cioè all’opera reali zzata, rispetto ai valori di cubatura inizialmente ipotizzati nel piano di lottizzazione; ciò anche considerando che non erano emersi contrasti tra committente e professionista nella realizzazione del progetto e quindi sulla maggiore planimetria dei fabbri cati poi realizzati fino alla revoca dell’incarico.
La pronuncia non riesce a sottrarsi alle critiche della ricorrente perché, seppure fa riferimento al canone ermeneutico dell’art. 1363 cod. civ., non esplicita in quali termini abbia applicato questo canone e esprime piuttosto il concetto secondo il quale il parametro della volumetria dell’ opera realizzata fosse da preferire in quanto rispettoso del lavoro svolto dal professionista, così dimostrando di ritenere corretta l’applicazione di un criterio che prescindeva dal contenuto delle clausole contrattuali. Per questa ragione ricorre la violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 cod. civ. lamentata con il motivo senza che, stante tale esplicito contenuto della sentenza impugnata, abbiano rilievo in questa sede le deduzioni del controricorrente in ordine al fatto che il consulente d’ufficio avesse poi fatto esatto riferimento alla volumetria del piano di lottizzazione: si tratta di dato di fatto al quale la sentenza impugnata non ha fatto cenno e che non ha posto a fondamento della decisione.
La Corte d’appello, al fine di valutare se discostarsi o meno dall’interpretazione del contratto data dal giudice di primo grado e testualmente trascritta alla pag. 14 della sentenza impugnata, avrebbe
dovuto confrontarsi con il contenuto delle clausole contrattuali; quindi, anche considerando che l’applicazione del canone di cui all’art. 1363 cod. civ. dell’interpretazione complessiva delle clausole aveva indotto il giudice di primo grado a interpretare, con riguardo al contratto relativo al lotto 3, la clausola n. 4 unitamente alla clausola n. 2, giungendo alla conclusione che in quel contratto le parti avevano voluto fare riferimento alla volumetria indicata nel piano di lottizzazione, così come avevano esplicitamente fatto nel contratto relativo al lotto 5, la Corte d’appello avrebbe dovuto esplicitare in quali termini l’interpretazione delle clausole contrattuali imponesse di fare riferimento all’opera realizzata. Solo dopo avere proceduto all’interpr etazione del contratto per individuare il parametro contrattuale di determinazione del compenso, avrebbe dovuto procedere a verificare se quel parametro fosse stato esattamente applicato dal c.t.u. con riguardo al lotto 3, per il quale l’onorario complessivo contrattualmente previsto era stato quantificato dal consulente d’ufficio in Euro 398.480,00 . Invece, per il contratto relativo al lotto 5 la questione non si poneva, in quanto pacificamente il compenso complessivo era stato determinato dal c.t.u. in Euro 51.160,00, sulla base dell’esplicita previsione del contratto secondo la quale il compenso era stato concordato in Euro 4,00 al metro cubo previsto nel piano di lottizzazione vigente per 12.790 mc., secondo quanto si legge a pag. 14 della sentenza impugnata, laddove è trascritta la sentenza di primo grado.
12.I motivi primo, quarto, quinto, sesto e settimo sono esaminati unitariamente, in quanto risultano fondati con riferimento al profilo dedotto in tutti tali motivi- di nullità della sentenza ex art. 360 co.1 n. 4 cod. proc. civ. per vizio della motivazione, con assorbimento di ogni altra questione.
E’ acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale; tale obbligo è violato, concretandosi la violazione in nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). In particolare, la motivazione è apparente quando, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento eseguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, così da non consentire alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Cass. Sez. 1 30-6-2020 n. 13248 Rv. 658088-01, Cass. Sez. 6-1 1-3-2022 n. 6758 Rv. 664061-01, Cass. Sez. U 30-1-2023 n. 2767, in motivazione a pag.10 e precedenti ivi richiamati).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha considerato (da pag. 18) che le censure mosse dall’appellante miravano a «confutare l’impianto logico argomentativo operato dal CTU», ha dichiarato che le conclusioni del consulente d’ufficio erano «chiare ed affi danti» e che la Corte non riteneva di «doversi discostare per il loro corretto sviluppo logico/motivazionale», in quanto «parte appellante propone unicamente un diverso approccio metodologico ed interpretativo dell’attività resa dall’ing. COGNOME, in aperto contrasto con quanto invece accertato dall’Ausiliario…Tali eccezioni però avrebbero dovuto essere supportate da argomentazioni precise ed affidanti e tali da fare ritenere a questa Corte la necessità di rinnovare una nuova Consulenza in sede di appello»; a pag. 20 la sentenza afferma «quanto invece alle censure relative all’inadempimento per supposti errori di calcolo, alla qualificazione tecnica dello stato del lavoro eseguito (progetto esecutivo, di massima o intermedio) ai fini dell’onorario del lavoro eseguito, le risposte esaurienti e motivate del CTU che hanno fotografato una attività professionale priva di vizi e/o inadempienze, spingono questa Corte a non discostarsi da quanto accertato in primo grado che pertanto si conferma».
In questo modo la sentenza ha statuito nel senso di confermare la sentenza di primo grado che aveva recepito le conclusioni del c.t.u. in quanto le conclusioni del c.t.u. erano state esaurienti e motivate, senza indicare su quali dati avesse fondato il suo giudizio sulla c.t.u., nonostante l’appellante avesse contestato la c.t.u. e la sentenza di primo grado che l’aveva recepita con una serie di argomentazioni, di contenuto giuridico e non solo tecnico, riprodotte nei motivi di ricorso quarto, quinto, sesto e settimo. Specificamente, con riguardo al contenuto dei motivi di ricorso proposti, l’odierna ricorrente nell’appello aveva svolto deduzioni finalizzate a sostenere che, diversamente da quanto accertato dal c.t.u., il professionista avesse conteggiato le aree
dei parcheggi sulla base di una erronea lettura delle disposizioni da applicare e avesse eseguito progettazione solo di massima, nonché finalizzate a sostenere che fosse stato erroneo il riferimento al DM 44-2001 n. 96 relativo ai lavori pubblici al fine della determinazione dell’onorario per l’attività svolta ; nella sentenza non vi è alcuna disamina delle relative questioni, se non nel senso che dovevano essere recepite le conclusioni del consulente d’ufficio e che le deduzioni dell’appellante non erano s ufficienti al fine di disporre la rinnovazione della c.t.u. Non può neppure ritenersi, come in sostanza prospettato dal Pubblico Ministero, che avendo la sentenza impugnata testualmente trascritto la sentenza di primo grado (da pag. 3 a pag. 17), abbia motivato per relationem, rigettando le deduzioni svolte dall’appellante per le ragioni già espresse dal giudice di primo grado: a tal fine sarebbe stato necessario che la sentenza avesse in qualche modo dimostrato di avere posto a confronto le censure dell’appellante con il contenuto della decisione di primo grado e perciò avesse dimostrato di avere rigettato le censure sulla base degli argomenti svolti dal primo giudice, per il fatto che quelle deduzioni già in sé contenevano la risposta alle doglianze dell’appellante. Invece, come già esposto, la sentenza si ris olve nell’affermazione di recepir e le conclusioni del consulente d’ufficio perché esaurienti e motivate, senza riferimento al contenuto delle critiche mosse dall’appellante, ma neppure al fatto che il consulente d’ufficio avesse già risposto alle critiche di parte e che i motivi di appello si risolvessero nella mera riproposizione di quelle osservazioni, già superate dal consulente d’ufficio.
Ciò significa che, a fronte del fatto che l’appellante criticava in modo circostanziato la consulenza d’ufficio e censurava la sentenza che l’aveva recepita, la Corte d’appello si è limitata ad affermare che la consulenza doveva essere recepita perché corretta; in questo modo la motivazione è meramente apparente, assertiva e tautologica,
essendosi il giudicante sottratto a qualsiasi enunciazione delle ragioni concrete per le quali ha ritenuto la consulenza tecnica d’ufficio corretta e le censure dell’appellante infondate, così che l’affermazione in ordine alla correttezza della c.t.u. è rimasta a livello di mera formula di stile.
Certo è acquisito e deve rimanere fermo il principio secondo il quale il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. Sez. 1 16-11-2022 n. 33742, Rv. 666237-01, Cass. Sez. 6-3 2-2-2015 n. 1815 n. 634182-01, Cass. Sez. 1 9-1-2009 n. 282 Rv. 606211-01). Però è stato enunciato anche il principio secondo il quale, ove le critiche all’elaborato peritale si rivelino non solo puntuali e spe cifiche, ma evidenzino anche la totale assenza di giustificazione delle conclusioni dell’elaborato, la sentenza che ometta di motivare la propria adesione acritica alle predette conclusioni risulta affetta da nullità (Cass. Sez. 1 6-6-2024 n. 15804 Rv. 671534-01, Cass. Sez. L 12-4-2024 n. 9925 Rv. 670687-01, Cass. Sez. 1 20-11-2023 n. 32069 Rv. 669426-01). Nella fattispecie i rilievi mossi dall’appellante alla c.t.u. e alla sentenza di primo grado non erano l’oggetto di mere argomentazioni difensive, ma ave vano costituito l’oggetto dei motivi di appello, in forza dei quali l’appellante censurava con specifiche argomentazioni giuridiche la sentenza impugnata che quelle conclusioni aveva recepito, con riferimento al fatto che il professionista avesse conteggiato le aree dei
parcheggi sulla base di una erronea lettura delle disposizioni da applicare, al fatto che il professionista avesse eseguito progettazione solo di massima, nonché al fatto che non potesse essere eseguito riferimento al DM 4-4-2001 n. 96 relativo ai lavori pubblici al fine della determinazione dell’onorario per l’attività svolta. La sentenza, limitandosi ad affermare che le conclusioni del c.t.u. dovevano essere recepite perché corrette, senza esplicitare in alcun modo il percorso logico-giuridico svolto per superare le censure svolte dall’appellante e perciò giungere a tale conclusione, si è completamente sottratta all’obbligo di motiva zione sul rigetto dei motivi di appello.
13 .L’accoglimento dei motivi primo, quarto, quinto, sesto e settimo sulla nullità della motivazione nei termini esposti comporta l’assorbimento del nono motivo . Tale motivo non riesce a individuare ragioni di nullità della c.t.u., ma svolge deduzioni su ulteriori profili di nullità della sentenza impugnata, per avere recepito le conclusioni del c.t.u. in modo immotivato e senza dimostrare di avere direttamente risolto le questioni giuridiche, sulle quali il c.t.u. aveva preso posizione al fine di decidere le questioni tecniche oggetto dell’incarico a lui affidato; quindi, si tratta di deduzioni che non necessitano di disamina, in ragione della già dichiarata nullità della motivazione.
14.I nfine è infondato l’ottavo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata ha affermato -e la stessa ricorrente riconosceche l’attore aveva depositato i contratti di consulenza conclusi dalla società; la ricorrente riconosce altresì che l’attore con la seconda memoria ex art. 183 cod. proc. civ., e perciò nel termine per la produzione dei documenti, aveva prodotto le concessioni edilizie per il lotto 3 e il lotto 5, il parere dei Vigili del Fuoco, la trasmissione del piano di sicurezza del lotto 3, la comunicazione di inizio lavori per il lotto 3 e la tabel la parcheggi per il lotto 3, per cui si tratta della ‘copiosa documentazione’ alla quale ha fatto riferimento la sentenza
impugnata. Ciò è sufficiente a indicare che l’attore, assolvendo all’onere probatorio su di lui gravante, aveva prodotto i documenti sui quali fondava la sua domanda, volta a ottenere il corrispettivo a lui spettante in forza dei contratti di consulenza, a seguito dell’illegittima revoca dell’incarico da parte della società committente, con riferimento all’attività eseguita risultante dai documenti prodotti; ciò, sulla base del presupposto che il rilascio delle concessioni e la comunicazione di inizio dei lavori, nonché gli altri documenti prodotti, fossero finalizzati e utili a dimostrare l’attività svolta. Come risulta dalla sentenza di primo grado, trascritta nella sentenza impugnata, la società convenuta aveva sostenuto la responsabilità del professionista per errori progettuali, il giudice di primo grado aveva disposto la consulenza tecnica al fine di accertare l’esistenza di tale responsabilità e nell’ambito di questa indagine si è resa rilevante l a disamina della documentazione progettuale, che il cons ulente d’ufficio ha provveduto ad acquisire presso la Pubblica Amministrazione.
A fronte di questi dati, si esclude che si sia verificata la violazione dei principi su ll’onere della prova lamentata dalla ricorrente e risulta che il consulente d’ufficio abbia operato nel rispetto dei principi posti da Cass. Sez. U 1-2-2022 n. 3086 (Rv. 663786-03), secondo i quali il consulente tecnico d’ufficio, nei limiti delle indagini a lui affidate e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazioni delle parti -non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro caricotutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che era onere delle parti provare.
15. E’ assorbito l’unico motivo di ricorso incidentale, in quanto il giudice del rinvio dovrà necessariamente provvedere anche a una
nuova regolamentazione delle spese di lite del grado di giudizio conclusosi con la sentenza cassata.
16.In conclusione, sono accolti il primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso principale, sono rigettati il secondo e l’ottavo motivo di ricorso principale, assorbiti il nono motivo di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale. La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione, la quale deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso principale , rigetta il secondo e l’ottavo motivo di ricorso principale, assorbiti il nono motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione