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Motivazione apparente: sentenza annullata dalla Cassazione

Una società committente contestava gli onorari di un professionista, adducendo un grave inadempimento. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado a favore del professionista, basandosi sulla perizia tecnica (CTU). La Cassazione ha annullato tale decisione, ravvisando una motivazione apparente. I giudici d’appello, infatti, non avevano risposto alle specifiche critiche mosse dalla società alla CTU, limitandosi ad affermarne l’affidabilità. Questa carenza di un percorso logico-giuridico comprensibile rende nulla la sentenza. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio d’appello.

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Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Sentenza che Ignora le Critiche alla CTU

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il giudice non può nascondersi dietro la perizia di un tecnico per evitare di motivare la propria decisione. Quando una sentenza si limita a recepire acriticamente le conclusioni di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), ignorando le specifiche contestazioni sollevate da una delle parti, la sua giustificazione diventa una motivazione apparente, determinandone la nullità. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso: Un Contratto Professionale e le Accuse di Inadempimento

La vicenda nasce da una controversia tra una società immobiliare e un ingegnere, incaricato della progettazione e direzione dei lavori per la costruzione di due fabbricati. La società, a un certo punto, revocava l’incarico al professionista, accusandolo di gravi errori progettuali, tra cui un errato calcolo dei parcheggi e delle opere di urbanizzazione, che avrebbero comportato costi ingiustificati.

L’ingegnere, ritenendo la revoca illegittima e pretestuosa, citava in giudizio la società per ottenere il pagamento dei compensi maturati e della penale contrattuale prevista per la risoluzione anticipata del rapporto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione al professionista, condannando la società al pagamento di una cospicua somma. Entrambi i giudici di merito si basavano ampiamente sulle conclusioni della CTU disposta in corso di causa, la quale aveva escluso la sussistenza degli inadempimenti contestati al professionista.

L’Appello in Cassazione e la denuncia di motivazione apparente

La società non si arrendeva e proponeva ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Corte d’Appello. Secondo la ricorrente, i giudici di secondo grado si erano limitati a un’adesione passiva e acritica alla perizia del CTU, senza prendere in esame le dettagliate e specifiche censure di natura sia tecnica che giuridica mosse nell’atto di appello. In pratica, la Corte territoriale aveva affermato che la CTU era “chiara ed affidante” e che le critiche dell’appellante non erano sufficienti a giustificare una nuova consulenza, senza però spiegare il perché. Questo comportamento, secondo la società, integrava un vizio di motivazione apparente.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso relativi al difetto di motivazione, cassando con rinvio la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene il giudice di merito possa fare proprie le conclusioni del CTU, questo non lo esime dall’obbligo di motivare la sua decisione, specialmente quando la perizia è oggetto di critiche specifiche, puntuali e circostanziate.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la motivazione è “apparente” quando, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione. Ciò accade quando le argomentazioni sono obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento del giudice, costringendo l’interprete a fare delle congetture. Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era limitata a una generica affermazione di correttezza della CTU, senza confrontarsi con le argomentazioni dell’appellante. Non aveva spiegato perché le critiche relative all’errata interpretazione delle normative urbanistiche sui parcheggi o all’applicazione di tariffe professionali errate fossero infondate.

Questo modo di procedere si risolve in una mera formula di stile, che sottrae la decisione al controllo di logicità e correttezza giuridica. Il giudice deve dimostrare di aver valutato le censure e di averle rigettate sulla base di un preciso percorso argomentativo, non potendo semplicemente affermare che le conclusioni del perito sono condivisibili. Di conseguenza, la sentenza è stata dichiarata nulla per vizio del processo ai sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c.

Le Conclusioni

Questa pronuncia è un monito importante per tutti gli operatori del diritto. Conferma che il ruolo del giudice non è quello di un mero ratificatore delle perizie tecniche. Di fronte a contestazioni argomentate, il giudice ha il dovere di rendere una motivazione reale, effettiva e comprensibile, che dia conto del confronto tra le tesi delle parti e le conclusioni del consulente. Una decisione che si sottrae a questo obbligo è affetta da motivazione apparente e, come tale, destinata a essere annullata. La causa dovrà quindi essere riesaminata da un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà attenersi ai principi enunciati dalla Cassazione e fornire, questa volta, una motivazione completa ed esauriente.

Quando la motivazione di una sentenza può essere considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è apparente quando, benché esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione perché reca argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice, risultando perplessa, incomprensibile o meramente assertiva.

Un giudice d’appello può limitarsi a confermare le conclusioni di una perizia tecnica (CTU) senza rispondere alle critiche della parte appellante?
No. La sentenza stabilisce che, a fronte di critiche specifiche e circostanziate mosse da una parte contro la CTU, il giudice non può limitarsi ad affermare che la perizia è corretta. Deve invece confrontarsi con tali critiche e spiegare le ragioni per cui le ritiene infondate, altrimenti la sua motivazione risulterà meramente apparente e la sentenza nulla.

Il consulente tecnico d’ufficio (CTU) può acquisire documenti che una parte non ha prodotto in giudizio?
Sì, ma con dei limiti. La Corte chiarisce che il CTU, nell’ambito delle indagini a lui affidate, può acquisire tutti i documenti necessari per rispondere ai quesiti, anche se non prodotti dalle parti. Tuttavia, questi documenti non possono essere diretti a provare i fatti principali posti a fondamento della domanda o delle eccezioni, il cui onere della prova grava sulle parti stesse parti stesse parti stesse parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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