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Mediazione obbligatoria: quando si ritiene assolta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8050/2025, si è pronunciata su un caso di donazione contestata per incapacità del donante. Il punto cruciale della decisione riguarda la mediazione obbligatoria, stabilendo che il suo esperimento si considera avvenuto con la semplice comparizione delle parti al primo incontro, anche se queste rifiutano di proseguire. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la valutazione delle prove sull’incapacità del donante spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è coerente.

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Mediazione Obbligatoria: Basta il Primo Incontro per Procedere in Tribunale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in tema di mediazione obbligatoria, chiarendo una volta per tutte cosa sia sufficiente per considerare assolta questa condizione di procedibilità e poter così avviare una causa. La vicenda, che nasce dalla contestazione di una donazione per presunta incapacità del donante, offre spunti cruciali sia sul piano procedurale che su quello della valutazione delle prove da parte del giudice.

I Fatti del Caso: Una Donazione Contestata

Il caso ha origine dall’azione legale intentata dagli eredi di un uomo deceduto poco dopo aver effettuato una cospicua donazione, anche immobiliare, a una terza persona. Gli eredi sostenevano che, al momento dell’atto, il loro parente non fosse in possesso della piena capacità di intendere e di volere, chiedendo quindi l’annullamento della donazione. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione agli eredi, annullando l’atto e ordinando la restituzione dei beni e delle somme donate.

La beneficiaria della donazione decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui una di natura prettamente procedurale che è divenuta il fulcro della decisione della Suprema Corte.

La questione della mediazione obbligatoria e il suo corretto esperimento

Prima di avviare la causa, gli eredi avevano attivato, come richiesto dalla legge per le controversie in materia di diritti reali, il procedimento di mediazione obbligatoria. Durante il primo incontro, tuttavia, entrambe le parti avevano dichiarato di non voler proseguire con la mediazione, chiudendo di fatto il tentativo sul nascere. Secondo la ricorrente, questo comportamento non era sufficiente a soddisfare la condizione di procedibilità. A suo avviso, le parti avrebbero dovuto quantomeno avviare una discussione di merito davanti al mediatore. Questa eccezione, se accolta, avrebbe comportato la nullità dell’intero procedimento giudiziario.

La Valutazione delle Prove sull’Incapacità

Oltre alla questione procedurale, la ricorrente contestava il modo in cui i giudici di merito avevano accertato l’incapacità del donante. In particolare, lamentava che la Corte d’Appello si fosse discostata dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (CTU), il quale non aveva accertato un’incapacità totale al momento della donazione. I giudici, invece, avevano dato maggior peso alle testimonianze che riferivano di episodi confusionali del donante, valorizzando un quadro complessivo di fragilità psicofisica.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in ogni suo punto, fornendo chiarimenti importanti.

Sul tema principale, la mediazione obbligatoria, la Corte ha confermato il suo orientamento consolidato (richiamando le sentenze Cass. n. 8473/2019 e n. 18485/2024). Ha stabilito che, per considerare assolta la condizione di procedibilità, è sufficiente che le parti compaiano personalmente al primo incontro davanti al mediatore. In quella sede, dopo essere state informate sulla funzione e le modalità della mediazione, sono libere di esprimere la loro volontà di non procedere oltre. La legge, spiegano i giudici, impone di offrire alle parti un’occasione istituzionale per trovare un accordo, non di forzarle a raggiungere un’intesa o a discutere nel merito se non ne hanno l’intenzione. La semplice dichiarazione di indisponibilità a proseguire, manifestata al termine della fase informativa, è quindi sufficiente per poter poi agire in giudizio.

Per quanto riguarda la valutazione delle prove, la Cassazione ha ribadito che il giudice di merito è peritus peritorum, ovvero il “perito dei periti”. Ciò significa che può discostarsi dalle conclusioni del CTU, purché fornisca una motivazione logica e coerente per la sua decisione, basandosi su altre prove disponibili, come le testimonianze. La critica mossa dalla ricorrente si traduceva, in sostanza, in una richiesta di riesaminare i fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Infine, un ulteriore motivo di ricorso, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo, è stato dichiarato inammissibile a causa della cosiddetta “doppia conforme”: poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti alla medesima conclusione, la legge impedisce di sollevare tale vizio in Cassazione.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida due principi fondamentali:
1. Mediazione Obbligatoria: Il tentativo si considera validamente esperito con la comparizione delle parti al primo incontro, anche in caso di immediato rifiuto a procedere. Questo evita manovre dilatorie e garantisce un accesso più snello alla giustizia, pur preservando la funzione deflattiva della mediazione.
2. Potere del Giudice: Il giudice di merito ha un’ampia discrezionalità nella valutazione delle prove. Può privilegiare le testimonianze rispetto a una perizia tecnica, a patto di motivare adeguatamente la propria scelta. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare la correttezza logico-giuridica del suo ragionamento.

Quando si considera completato il tentativo di mediazione obbligatoria?
La mediazione obbligatoria si considera completata quando le parti, dopo aver partecipato al primo incontro informativo con il mediatore, dichiarano la loro indisponibilità a proseguire. Non è necessario avviare una discussione nel merito della controversia.

Il giudice è vincolato dalla perizia del consulente tecnico d’ufficio (CTU)?
No, il giudice non è vincolato. In base al principio iudex peritus peritorum (il giudice è il perito dei periti), può discostarsi dalle conclusioni del CTU, a condizione che fornisca una motivazione adeguata, logica e coerente, basata su altre risultanze probatorie, come ad esempio le testimonianze.

Cosa significa “doppia conforme” e quali effetti produce sul ricorso in Cassazione?
Si ha una “doppia conforme” quando la sentenza della Corte d’Appello conferma interamente la decisione del Tribunale di primo grado. In questo caso, la legge preclude alla parte soccombente la possibilità di presentare ricorso in Cassazione per il motivo di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (art. 360, n. 5 c.p.c.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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