Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 5561 del ruolo generale dell’anno 2023 , proposto da
COGNOME NOME nata il 16 ottobre 1955 in Reggio Calabria e ivi residente in INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME , nata il 5 agosto 1978 in Reggio Calabria e ivi residente in INDIRIZZO C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME , nato il 3 settembre 1982 in Reggio Calabria e residente in INDIRIZZO, Scido (RC)(C.F.: CODICE_FISCALE), tutti rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE; FAX: NUMERO_TELEFONO PEC: EMAIL, presso il cui studio, in Reggio Calabria, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati.
Ricorrenti
contro
Comune di Scido (cf NUMERO_DOCUMENTO) in persona del Sindaco in carica, dott. NOME COGNOME autorizzato a resistere nel giudizio di legittimità con deliberazione della Giunta Municipale di Scido n 17 del 21.3.2023, rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE, telefax: NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL–
EMAIL, ed elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME (cf BRN CODICE_FISCALE, fax NUMERO_TELEFONO, p.e.c. EMAIL).
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n° 640 depositata il 25 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Dopo un primo giudizio di legittimità, conclusosi con sentenza di questa Corte n° 13835/2002, che cassava una sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria (rinviando alla Corte d’appello di Messina), i germani NOME e NOME COGNOME e la loro madre, NOME COGNOME proponevano avverso la sentenza della Corte messinese un secondo ricorso per cassazione, che si concludeva con decisione n° 16661/2014, la quale cassava e rimetteva le parti davanti alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
2 .- Per quanto qui ancora rileva, Cass. n° 16661/2014 stabiliva che il risarcimento dovuto per la perdita della proprietà del suolo edificabile degli attori, esteso mq 753,39 e posto nel centro del comune di Scido, facente parte della particella n° 350, foglio di mappa n° 8 (perdita avvenuta a seguito di occupazione d’urgenza disposta con decreto comunale del 5 marzo 1983, a far data dal 10 settembre 1983, durata oltre cinque anni, senza emissione di alcun decreto di esproprio) doveva essere liquidato in base al valore venale del cespite a seguito di Corte cost. n° 349/2007 (emessa dopo la sentenza gravata).
La Corte d’appello aveva correttamente liquidato a favore degli ablati la rivalutazione monetaria e gli interessi, ma tale somma doveva essere ricalcolata in base a tale valore.
Quanto all’occupazione legittima, essa era durata cinque anni e sei mesi, mentre la Corte territoriale, dopo aver riconosciuto tale durata, aveva liquidato il relativo indennizzo commisurandolo erroneamente a soli cinque anni.
Sull’obbligazione di valuta avente ad oggetto l’indennizzo per l’occupazione legittima (che dava luogo ad un’obbligazione di valuta) la motivazione del giudice del merito era, invece, ‘ incongruente ‘ quanto all ‘esclusione del maggior danno.
I ricorrenti avevano provato di essere imprenditori agricoli e di aver fatto ricorso al credito bancario nel periodo della mora del debitore e tali elementi non potevano essere superati dalla constatazione che il finanziamento si riferiva ad investimenti agricoli di più ampia portata, dato che il pagamento tempestivo da parte del Comune avrebbe quantomeno consentito ai ricorrenti di ridurre il loro ricorso al credito.
Era, infine, assorbito il motivo col quale i ricorrenti chiedevano la cassazione della decisione nella parte in cui li aveva condannati alla restituzione delle maggiori somme pagate dal Comune l’8 agosto 2001, a seguito della prima sentenza d’appello.
3 .- I ricorrenti indicati in intestazione adivano la Corte d’appello di Reggio Calabria, indicata dalla Cassazione come giudice del rinvio.
La Corte di merito osservava che il valore venale del suolo al 9 settembre 1988, data di scadenza del periodo di occupazione quinquennale, era pari a lire 65.000/mq e, poiché l’area espropriata era di mq 753,39, il risarcimento per la perdita del suolo era pari a lire 48.970.350.
Trattandosi di obbligazione di valore, doveva essere riconosciuta la rivalutazione monetaria dalla scadenza del periodo di oc-
cupazione legittima (10 settembre 1988) oltre agli interessi legali dalla stessa data sino all’8 agosto 2001, data in cui il Comune aveva effettuato il pagamento.
Il capitale rivalutato era pari a lire 81.094.899,60, gli interessi a lire 59.861.315,62, per un totale di lire 140.956.215,22 pari ad euro 72.797,81.
L’indennità di occupazione legittima, durata cinque anni e sei mesi, era liquidabile in lire 13.456.784, ossia calcolando gli interessi legali al saggio del 5% per 2006 giorni, pari a cinque anni e sei mesi, sul valore venale del bene (lire 48.970.350).
Per ciò che concerneva il maggior danno ex art. 1224 cod. civ., la Corte osservava che esso era stato escluso dal Tribunale e dalle due Corti d’appello (di Messina e di Reggio Calabria), mentre Cass. n° 16661/2014 lo aveva riconosciuto con riferimento alla sola indennità di occupazione legittima: ne derivava, secondo la Corte, che ‘ e tale è il principio enunciato dalla Corte, ne consegue che occorre tenere conto del maggior danno subito dai ricorrenti, quanto meno sotto tale profilo ‘.
Escluso che per la liquidazione di tale pregiudizio potesse farsi ricorso al tasso indicato dagli attori (pari al 21%) e che, del pari, potesse tenersi conto del danno asseritamente loro derivato dalla mancata conclusione di un preliminare di vendita, tale pregiudizio andava liquidato sulla scorta dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, applicando il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi ove sia stato superiore al saggio degli interessi legali: criterio al quale ricorrere ogni qualvolta il creditore non avesse assolto, come nel caso di specie, all’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di un pregiudizio superiore.
Ne derivava che, a titolo di indennità di occupazione e maggior danno, spettava agli attori la complessiva cifra di lire 27.668.224,14, pari ad euro 14.432,55.
All’esito del giudizio, la Corte del merito liquidava in lire 140.956.215 (euro 72.797,81) il risarcimento, comprensivo di rivalutazione, per la perdita della proprietà; in lire 27.945.313 (euro 14.432,55) l’indennizzo per l’occupazione legittima, comprensivo del maggior danno; detraeva dal complessivo importo di lire 200.732.900 (ossia euro 103.669,89) quanto già pagato dal Comune (lire 193.243.398, ossia euro 99.801,18); condannava, infine, l’Amministrazione comunale a pagare lire 7.489.502, ossia euro 3.868,00.
Spese integralmente compensate.
4 .- Ricorrono nuovamente in cassazione i COGNOME, affidando il gravame a tre mezzi illustrati da memoria.
Resiste il Comune, che conclude per l’inammissibilità dell’impugnazione e, comunque, per la sua infondatezza.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1224, 1226, 2697 cod. civ. e la violazione e falsa applicazione dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.
Lamentano che la Corte territoriale avrebbe loro riconosciuto, a titolo di maggior danno, un importo calcolato sulla base della differenza tra il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi e il saggio degli interessi legali, quando, invece, avrebbe dovuto attribuir loro i documentati interessi passivi a un tasso medio del 21% sopportati nel periodo 1983-1992, sulla base della documentazione e certificazioni bancarie prodotte in giudizio.
6 .- Il mezzo è inammissibile.
Va anzitutto precisato che la contestazione mossa col presente motivo concerne (per quanto già esposto nella precedente parte narrativa della presente ordinanza) solo il maggior danno asseritamente patito dai COGNOME per il ritardo nel pagamento dell’indennità di occupazione legittima, liquidata dalla Corte territoriale in lire 13.456.784 (euro 6.949,85).
Tanto premesso, il motivo in esame denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1224 e 1226, ma è tuttavia noto ( ex multis : Cass., sez. I, 11 novembre 2024, n° 29038) che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.
Ora, Cass. n° 16661/2014 ha cassato la sentenza della Corte messinese per vizio di motivazione, ritenendo che la totale esclusione del maggior danno fosse retta da una motivazione ‘ incongruente ‘, lasciando così libero il giudice del rinvio di rivalutare il materiale istruttorio, salva una migliore esposizione delle ragioni della decisione.
La Corte reggina ha correttamente eseguito quanto disposto dal dictum di Cass. 16661/2014.
Essa, infatti, rivalutando il materiale istruttorio, ha ritenuto che non fosse stato ‘ pienamente provato dagli espropriati che la mancata corresponsione delle indennità di occupazione abbia costituito l’antecedente causale del ricorso al credito presso istituti bancari ‘ (sentenza pagina 12), aggiungendo che « alla documentazione bancaria allegata dagli appellanti, infatti, si desume che i predetti avessero un’esposizione debitoria nel periodo di riferimento ‘ e che non si comprendeva però ‘ né a partire da quando la stessa sia iniziata, potendo trattarsi di rapporti sorti in epoca antecedente all’espropriazione subita, né quale fosse il motivo ad essa sotteso, potendo tale scelta essere stata determinata ‘dall ‘esigenza
di procurarsi nuove risorse finanziarie per ulteriori investimenti, o da sfavorevoli congiunture economiche, da inversioni di tendenze di mercato e da mutate strategie aziendali’ ».
Ha poi precisato che neppure poteva tenersi conto del preteso danno derivante dalla mancata conclusione del contratto di vendita del suolo, giacché essa sarebbe dovuta intervenire in epoca antecedente all’espropriazione.
Da tale premessa il giudice del merito è poi pervenuto alla corretta conclusione che, non potendosi attribuire ai Soffrè un danno da ritardo ragguagliabile al saggio del 21% sulla somma dovuta, doveva applicarsi, sulla scorta dei principi enunciati dalle Sezioni Unite ai fini di determinare il maggior danno, il tasso medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi ove sia stato superiore al saggio degli interessi legali: criterio al quale ricorrere ogni qualvolta il creditore non abbia assolto l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di un pregiudizio superiore.
Tale conclusione costituisce il risultato di un giudizio di valutazione delle risultanze istruttorie e non è, dunque, censurabile in sede di legittimità, con l’ulteriore conseguenza che non risultano violati né gli artt. 1218, 1224 e 1226, né l’art. 2697 cod. civ. (in quanto la Corte non ha fatto malgoverno dell’onere probatorio), né, infine, l’art. 384 cod. proc. civ. (dato che la Corte si è attenuta al dictum della Cassazione).
7 .- Col secondo motivo i COGNOME si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 1224, primo comma, 1219 e 1282 del cod. civ.
Assumono che la Corte, nel calcolare quanto loro dovuto a titolo di interessi e maggior danno sull’indennità di occupazione e nella conseguente pronuncia sulle restituzioni, avrebbe fissato come data di decorrenza di tali voci quella di fine occupazione legittima (10 settembre 1988), mentre avrebbe dovuto calcolare interes-
si e maggior danno sin dall’inizio della stessa (15 marzo 1983) o, al limite, a partire da ciascuna data di scadenza delle singole annualità dovute a titolo di indennità di occupazione legittima.
8 .- Il motivo è solo parzialmente fondato.
Esso è privo di pregio laddove invoca un maggior danno sulla indennità da occupazione illegittima, in quanto Cass. n° 16661/14 ha ben chiarito (pagine 8-9) che il pregiudizio da ritardo su tale obbligazione di valore era stato compensato con rivalutazione monetaria ed interessi.
Il mezzo, dunque, benché sul punto non sia del tutto univocamente formulato, va scrutinato solo nella parte in cui lamenta un erroneo riconoscimento del maggior danno sull’obbligazione di valuta, ossia sull’indennizzo per l’occupazione legittima, durata dal 15 marzo 1983 al 10 settembre 1988.
In ordine a tale maggior danno, è ben noto ( ex multis : Cass., Sez. Un., 14 maggio 2010, n° 11729 e, più recentemente, Cass., sez. I, 26 giugno 2019, n° 17115) che il diritto all’indennità di occupazione matura al compimento di ogni anno, con la conseguenza che il danno da ritardo e la maturazione degli interessi sul dovuto vanno calcolati a far tempo da ogni singola annualità (che costituisce un capitale separato dalle altre) sino al soddisfo.
La Corte d’appello avrebbe, dunque, dovuto riconoscere tali voci su ogni singolo indennizzo annuale da occupazione legittima e con decorrenza dalla maturazione della stessa.
Dalla tabella di pagina 13 della sentenza pare, invece, che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi (criterio adottato dalla Corte territoriale per la liquidazione del maggior danno, seguendo l’indirizzo di Cass., Sez. Un., 16 luglio 2008, 19499) sia stato calcolato attribuendo tali interessi per ogni singola annualità partendo dal 10 settembre 1988, mentre la Corte avrebbe dovuto considerare ogni annualità
dal 15 marzo 1983 come un singolo capitale sul quale calcolare gli interessi (al saggio prescelto) sino al soddisfo.
La causa andrà pertanto nuovamente rimessa alla Corte affinché calcoli il maggior danno sull’obbligazione di valuta da occupazione legittima, come sopra indicato, e proceda anche a nuovi conteggi tenendo conto dei pagamenti eseguiti dal Comune.
9 .- Col terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4), dello stesso codice, dell’art. 118 delle relative disp. att. e, ai sensi dell’art. 360 n° 4, la nullità della sentenza per inesistenza della motivazione.
La Corte avrebbe compensato integralmente le spese dei precedenti gradi di giudizio, anche con riferimento al procedimento ex art. 373 cod. proc. civ., senza considerare che gli attori avevano ottenuto il pieno riconoscimento delle loro ragioni.
10 .- Il motivo è assorbito, in quanto, a seguito dell’accoglimento del secondo mezzo, la Corte territoriale dovrà provvedere in sede di nuovo rinvio alla nuova liquidazione di tutte le spese del giudizio.
– La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese processuali.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo ed assorbito il terzo. Accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2025, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente
NOME COGNOME