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Liquidazione Giudiziale: quando si apre la procedura?

Il Tribunale di Venezia ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale per una società, su ricorso di un creditore. La decisione si fonda sulla verifica di uno stato di insolvenza irreversibile, provato da un ammontare di debiti scaduti e non pagati, sia verso privati che verso enti previdenziali e fiscali, superiore alla soglia di 30.000 euro, e sulla conseguente incapacità dell’impresa di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

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Liquidazione Giudiziale: Quando e Perché un’Impresa Affronta questa Procedura

La liquidazione giudiziale rappresenta uno dei momenti più critici nella vita di un’impresa, segnando l’avvio di un percorso legale volto a gestire una situazione di crisi irreversibile. Questa procedura, introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, mira a liquidare il patrimonio aziendale per soddisfare, per quanto possibile, i creditori. Una recente sentenza del Tribunale di Venezia offre un chiaro esempio pratico dei presupposti e delle condizioni che portano a tale drastica misura, evidenziando il ruolo cruciale dello stato di insolvenza e dell’ammontare dei debiti.

I Fatti di Causa

Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da una società creditrice per ottenere l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società in accomandita semplice. Il debito principale derivava dall’inadempimento di un contratto di finanziamento, a cui si aggiungevano significative passività nei confronti dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate. Nonostante la rituale notifica, la società debitrice e il suo socio accomandatario non si sono costituiti in giudizio per difendersi.

I Presupposti per la Liquidazione Giudiziale Analizzati dal Tribunale

Prima di dichiarare aperta la procedura, il Tribunale ha scrupolosamente verificato la sussistenza di tutti i requisiti di legge. L’analisi ha riguardato tre aspetti fondamentali:

1. Competenza Territoriale: Il Tribunale di Venezia si è dichiarato competente in quanto la società debitrice aveva il suo ‘centro degli interessi principali’ (coincidente con la sede legale) all’interno del proprio circondario.
2. Soglia di Debito: È stato accertato che l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati superava la soglia minima di 30.000 euro, come richiesto dall’art. 49 del Codice della Crisi. Questo è un requisito oggettivo imprescindibile per procedere.
3. Stato di Insolvenza: Questo è il presupposto cardine. Il giudice ha riscontrato che la società versava in uno ‘stato di insolvenza non reversibile’, ovvero non era più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Tale stato non era presunto, ma provato concretamente dai debiti accumulati: oltre 82.000 euro verso il creditore istante, circa 5.200 euro di debiti contributivi e circa 14.000 euro di debiti tributari.

La Decisione del Tribunale

Sulla base di queste valutazioni, il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando aperta la liquidazione giudiziale sia per la società che, per estensione, per il socio accomandatario, il quale risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali. Con la sentenza, il collegio ha nominato un giudice delegato e un curatore, affidando a quest’ultimo il compito di gestire il patrimonio del debitore. Sono state inoltre fissate le date e le scadenze per le fasi successive della procedura, come la presentazione delle domande di ammissione al passivo da parte dei creditori.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni del Tribunale si sono concentrate sulla dimostrazione concreta dello stato di insolvenza. I giudici hanno ritenuto che l’incapacità dell’impresa di far fronte ai propri impegni finanziari non fosse un evento temporaneo, ma una condizione strutturale e irreversibile. La pluralità di creditori insoddisfatti (un finanziatore privato, l’ente previdenziale e l’erario) ha costituito una prova schiacciante di questa incapacità. La sentenza sottolinea come non basti avere dei debiti, ma è necessario che questi siano scaduti, non pagati e di un importo tale da manifestare l’impotenza finanziaria del debitore a proseguire regolarmente l’attività d’impresa. L’assenza della società debitrice nel procedimento ha ulteriormente rafforzato il quadro probatorio a suo carico.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce che la liquidazione giudiziale è l’esito inevitabile per le imprese che superano una determinata soglia di indebitamento e perdono la capacità di operare sul mercato. Per gli imprenditori, la sentenza serve da monito sull’importanza di monitorare costantemente la propria esposizione debitoria e di non sottovalutare i segnali di crisi. Per i creditori, invece, rappresenta una conferma che l’azione giudiziale è uno strumento efficace per la tutela dei propri diritti quando un debitore si dimostra insolvente. Infine, la decisione chiarisce che nelle società di persone, come la s.a.s., la crisi dell’impresa travolge inevitabilmente anche il patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili.

Quando un’impresa è considerata in stato di insolvenza ai fini della liquidazione giudiziale?
Secondo la sentenza, un’impresa è in stato di insolvenza quando non è più in grado di adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte, manifestando un’incapacità strutturale e non solo temporanea di far fronte ai propri debiti.

Qual è l’importo minimo dei debiti per poter richiedere l’apertura della liquidazione giudiziale?
La sentenza conferma che l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati deve essere complessivamente superiore a 30.000,00 euro, come previsto dall’art. 49, 5° comma del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII).

La liquidazione giudiziale di una società in accomandita semplice si estende anche ai soci?
Sì, la sentenza dichiara aperta la liquidazione giudiziale non solo per la società ma anche per il socio accomandatario. Questo avviene perché, in tale forma societaria, il socio accomandatario risponde illimitatamente con il proprio patrimonio per le obbligazioni sociali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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