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Legittimazione passiva ente ponte: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ente ponte, creato nel contesto di una risoluzione bancaria, non possiede la legittimazione passiva per rispondere delle pretese risarcitorie avanzate dagli azionisti della banca originaria. La decisione si fonda sulla necessità di garantire la stabilità finanziaria del nuovo istituto, trasferendogli solo le passività esplicitamente previste nel provvedimento di cessione e non oneri pregressi e incerti. Le pretese degli azionisti, pertanto, devono essere rivolte verso l’ente originario posto in liquidazione.

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Legittimazione passiva ente ponte: la Cassazione chiarisce i limiti di responsabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22115 del 2024, ha affrontato un tema di cruciale importanza nel diritto bancario: la legittimazione passiva ente ponte. La questione centrale è se la nuova banca, creata per salvare le attività sane di un istituto di credito fallito, debba rispondere delle pretese risarcitorie degli azionisti della vecchia banca per condotte illecite antecedenti alla crisi. La risposta della Corte è stata negativa, tracciando una netta linea di separazione tra le due entità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’azione legale intrapresa da alcuni azionisti nei confronti di un cosiddetto ‘ente ponte’. Quest’ultimo era stato costituito nell’ambito della procedura di risoluzione di una banca in dissesto. Gli azionisti sostenevano di aver subito un danno a causa dell’acquisto di azioni sulla base di un prospetto informativo non veritiero emesso dalla banca originaria, prima che questa entrasse in crisi. Di conseguenza, avevano citato in giudizio il nuovo ente ponte, ritenendolo successore nei rapporti giuridici e quindi responsabile per il risarcimento del danno.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità dell’ente ponte, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, negando la legittimazione passiva della nuova entità. Gli azionisti, insoddisfatti, hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la legittimazione passiva ente ponte

La Suprema Corte ha respinto il ricorso degli azionisti, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il principio affermato è chiaro: l’ente ponte non può essere considerato un successore universale della banca in risoluzione. La sua responsabilità è limitata esclusivamente alle attività e passività che gli sono state espressamente trasferite attraverso il provvedimento di risoluzione emesso dall’autorità di vigilanza (nel caso italiano, la Banca d’Italia).

Le pretese risarcitorie degli azionisti, derivanti da condotte illecite della vecchia gestione, non rientrano in questo perimetro. Tali passività, in quanto potenziali e non ancora accertate al momento della cessione, rimangono in capo all’ente originario, che viene contestualmente posto in liquidazione coatta amministrativa. Pertanto, la legittimazione passiva ente ponte per queste specifiche pretese è stata esclusa.

La distinzione tra azionista e creditore da fatto illecito

La Corte ha operato una distinzione fondamentale tra il duplice status dei ricorrenti: da un lato, quello di azionisti, i cui diritti sono stati azzerati con il ‘write-down’ previsto dalla procedura di risoluzione; dall’altro, quello di creditori per un presunto fatto illecito. La loro pretesa risarcitoria non deriva dalla loro qualità di soci, ma da una condotta esterna che li ha danneggiati. Tuttavia, anche in questa veste di creditori, la loro controparte processuale non può essere l’ente ponte, ma la banca originaria in liquidazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Cassazione si fonda sulla ratio stessa della normativa europea e nazionale in materia di risoluzione delle crisi bancarie (Direttiva BRRD e D.Lgs. 180/2015). L’obiettivo primario di queste norme è quello di salvaguardare la stabilità del sistema finanziario. Per fare ciò, è essenziale creare un ente ponte ‘sano’ e ‘pulito’, non gravato da passività occulte o potenziali che ne comprometterebbero la vitalità e la successiva vendita sul mercato.

Secondo la Corte, trasferire all’ente ponte anche le passività incerte derivanti da azioni risarcitorie significherebbe minare alla base questo obiettivo. Si creerebbe un’entità già appesantita da un contenzioso imprevedibile, rendendola poco appetibile per futuri investitori e vanificando lo scopo della risoluzione. La normativa, in particolare l’art. 47 del D.Lgs. 180/2015, crea volontariamente uno ‘iato’, una separazione netta, tra la vecchia banca e il nuovo ente. L’espressione ‘in essere’, utilizzata nel provvedimento di cessione per definire i giudizi trasferiti, va interpretata restrittivamente: si riferisce solo ai procedimenti giudiziari già pendenti alla data di efficacia della cessione, non a pretese non ancora azionate.

La Corte ha inoltre preso le distanze da un precedente orientamento giurisprudenziale che sembrava andare in direzione opposta, consolidando così una linea interpretativa più rigorosa e allineata alla finalità della normativa di settore.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

La sentenza stabilisce un principio di diritto fondamentale per la gestione delle crisi bancarie. L’esclusione della legittimazione passiva ente ponte per le azioni di responsabilità da prospetto falso o da altre condotte illecite della banca risolta rafforza il meccanismo di risoluzione, rendendolo più efficace nel creare entità bancarie sane e pronte a rientrare sul mercato. Per gli investitori danneggiati, ciò significa che le loro azioni risarcitorie devono essere indirizzate unicamente verso la banca originaria in liquidazione, con le relative e spesso ridotte probabilità di recupero del credito. La decisione privilegia la stabilità sistemica rispetto alla tutela individuale dell’investitore in questo specifico contesto, incanalando quest’ultima verso le procedure concorsuali previste per l’ente in dissesto.

Un ente ponte è responsabile per tutti i debiti della banca in crisi da cui origina?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’ente ponte non è un successore universale. Risponde solo delle attività e passività che sono state esplicitamente trasferite con il provvedimento di risoluzione, al fine di garantirne la stabilità e la vitalità economica.

Gli azionisti che ritengono di essere stati danneggiati da un prospetto informativo falso della vecchia banca possono chiedere i danni al nuovo ente ponte?
No. Secondo questa sentenza, la legittimazione passiva dell’ente ponte per questo tipo di pretese risarcitorie è esclusa. Gli azionisti devono rivolgere le loro domande alla banca originaria, che è posta in liquidazione coatta amministrativa.

Qual è la logica dietro la separazione delle responsabilità tra la vecchia banca e l’ente ponte?
La logica, basata sulla normativa europea e nazionale, è quella di creare un’entità ‘sana’ e ‘pulita’ (l’ente ponte) per preservare le funzioni bancarie essenziali e la stabilità del sistema finanziario. Accollare all’ente ponte passività incerte e potenzialmente ingenti, come le richieste di risarcimento, ne comprometterebbe l’obiettivo, rendendolo meno appetibile per una futura vendita sul mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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