Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35019 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 35019 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25873/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in TORINO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
LA SOCIETA’ GENERALE RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in MILANO, INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI MILANO n. 1172/2022, depositata il 06/04/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Societa’ RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE) -locatrice finanziaria dell’unità immobiliare individuata nel catasto urbano del Comune di Milano (al foglio 391 mappale 50 sub 703 graffato al mappale 51 sub 733), sita in INDIRIZZO, in forza del contratto di locazione finanziaria stipulato in data 15.05.2001 con la società di leasing proprietaria di detta porzione, RAGIONE_SOCIALE – conveniva innanzi al Tribunale di Milano COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME chiedendo: accertare e dichiarare che sulla porzione immobiliare da essa occupata non fosse intervenuta alcuna usucapione da parte dei convenuti COGNOME; accertare che quella stessa area fosse di proprietà della società di leasing, dante causa della RAGIONE_SOCIALE per l’effetto, condannare i convenuti alla rimozione delle opere installate sulla suddetta area, oltre al risarcimento dei danni.
A sostegno della sua pretesa, sosteneva RAGIONE_SOCIALE di avere la piena disponibilità e il possesso esclusivo dell’unità immobiliare di cui ai civici nn. 10 e 12 di INDIRIZZO comprensiva del relativo giardino in cui rientra il mappale 50 in contestazione; affermava, altresì, la sua legittimazione ad agire secondo quanto previsto dal contratto di locazione finanziaria, ove si riconosceva la facoltà della RAGIONE_SOCIALE di «assumere la gestione di tutte le azioni giudiziali necessarie o intervenire in qualsivoglia giudizio» (art. 13).
Costituitisi, i COGNOME obiettavano che le porzioni di cortile di cui al mappale 50, oggetto di contesa nel presente giudizio, erano state da loro usucapite: ciò in virtù di una situazione di fatto determinatasi allorquando i titolari della Trattoria Bagutta – in forza di un contratto di
locazione stipulato in data 20.04.1969 con le allora proprietarie COGNOME danti causa dei convenuti – avevano dapprima occupato il cortile con tavolini e, a partire dal gennaio 1970, ne avevano intrapreso lavori di copertura, comprese le porzioni di cui al mappale 50.
1.1. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 4134/2019, accoglieva la domanda attorea: accertata e dichiarata la non intervenuta usucapione a vantaggio dei convenuti, condannava questi ultimi al rilascio immediato della suddetta area, libera e sgombra da persone e cose, nonché alla rimozione delle opere eseguite sulla stessa; rigettava la domanda risarcitoria.
Avverso detta sentenza interponevano gravame i Ballerini innanzi alla Corte d’Appello di Milano, che rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata. Sosteneva la Corte:
deve confermarsi la natura di azione negatoria alla domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE avendo quest’ultima agito al fine di negare la pretesa affermata dai terzi, e di far cessare la situazione antigiuridica posta in essere dai Ballerini, non anche al fine di ottenerne il possesso;
-relativamente all’assolvimento dell’onere probatorio, in tema di azione negatoria non sussiste alcun obbligo in capo a RAGIONE_SOCIALE di comprovare la proprietà dell’immobile alla luce di un valido titolo di acquisto;
sussiste la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE alla proposizione delle suddette domande in forza dell’attribuzione da parte del concedente finanziatore -espressa alla clausola n. 13 del contratto di finanziamento – della facoltà di assumere la gestione di tutte le azioni giudiziali necessarie;
non sussiste intervenuta usucapione a vantaggio degli appellanti per effetto dell’esecuzione, da parte delle danti causa , di lavori di copertura delle aree in contestazione a partire dal gennaio del 1970,
mentre sussistono atti interruttivi della prescrizione acquisitiva a partire dal 26.09.2005;
-è inammissibile l’istanza istruttoria elevata dagli appellanti di riforma della statuizione di rigetto dei capitoli di prova per interrogatorio formale, sia perché non è stata oggetto di specifico motivo di appello, sia perché l’istanza non era stata rei terata al momento della precisazione delle conclusioni.
Contro la sentenza della Corte d’Appello ricorrono per cassazione COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME con ricorso affidato a otto motivi (cinque per violazione di norme di diritto e tre per omesso esame di fatti decisivi), contrastati con controricorso da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949, 2697, comma 1, cod. civ. e art. 31 cod. proc. civ. A dire dei ricorrenti, dal contenuto dell’atto di citazione del primo grado di giudizio risulterebbe evidente che i fondi costituenti il petitum mediato non erano nel possesso della società di leasing, dante causa della RAGIONE_SOCIALE, bensì sono tuttora nel possesso dei Ballerini i quali, sin dal febbraio del 1970, data in cui è stata installata una veranda, hanno la materiale ed esclusiva disponibilità della porzione immobiliare in contestazione. Da tanto deriva che la domanda attorea non poteva essere ricondotta nell’ambito dell’art. 949 cod. civ., azione negatoria proponibile dal proprietario e possessore del fondo che ne chiede il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi. Non avendo il possesso della porzione di terreno di cui è causa, e agendo contro chi la detiene per ottenerne la restituzione previo riconoscimento del suo diritto, la domanda elevata da RAGIONE_SOCIALE doveva essere ricondotta nell’ambito di previsione dell’art. 948 cod.
civ. ed essere qualificata alla stregua di una rei vindicatio . Sotto il profilo probatorio, rilevano che l’azione in rivendica pone a carico dell’attore la probatio diabolica della piena proprietà, dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario: onere probatorio che, nel caso di specie, non è stato adempiuto da RAGIONE_SOCIALE, che si era limitata a dimostrare per tabulas come l’unità immobiliare di cui si discute era stata acquistata in proprietà a titolo derivativo nel 2014 da RAGIONE_SOCIALE al solo scopo di concederla in leasing nello stesso anno a RAGIONE_SOCIALE; né può, detto onere, essere attenuato dall’eccezione di usucapione elevata dai COGNOME i quali – convenuti in un giudizio di rivendicazione – potevano avvalersi del principio possideo quia possideo , non rinunciando alla loro più vantaggiosa posizione di possessori.
1.2 Con una seconda censura i ricorrenti deducono violazione ed errata applicazione dell’art. 81 cod. proc. civ. e degli artt. 948, 1362 e 1363 cod. civ. La sentenza viene censurata nella parte in cui la Corte distrettuale ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE a proporre azione negatoria servitutis per effetto di una erronea interpretazione della clausola di cui all’art. 13 del contratto di leasing.
Precisano che l’azione negatoria può essere proposta dal proprietario o dal titolare di un diritto reale di godimento, ma non già dal titolare di un diritto personale di godimento, quale è il soggetto che detiene il bene in forza di un contratto di leasing . Richiamano l’art. 13 del contratto che limita il campo delle azioni esperibili dall’utilizzatore ai rapporti negoziali con l’utilizzatrice e alle azioni di responsabilità. Andava pertanto dichiarato il difetto di legittimazione attiva della
LSGII.
1.3 Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano violazione ed errata applicazione degli artt. 1158 e 1165 cod. civ. nella parte in cui la Corte
distrettuale ha riconosciuto valore interruttivo dell’usucapione all’esposto formulato da RAGIONE_SOCIALE al Comune di Milano il 20.12.2018 (con il quale si chiedeva di verificare con urgenza la legittimità dei lavori di ristrutturazione intrapresi dai COGNOME sull’area contesa del cortile) e al contratto di «locazione transitoria» del 26 settembre 2005 (avente ad oggetto l’immobile di cui al civico n. INDIRIZZO di INDIRIZZO stipulato tra il Comune di Milano, allora proprietario dell’immobile, e il titolare della trattoria Bagutta, F.lli COGNOME: atto con il quale il Comune proprietario ha disposto del suo diritto cedendone la detenzione). Di entrambi questi atti – sostengono i ricorrenti – si deve riconoscere l’irrilevanza probatoria, poiché entrambi stipulati allorquando era già ampiamente decorso il termine di prescrizione acquisitiva ex art. 1158 cominciato a decorrere nel febbraio del 1970.
1.4 Con il quarto motivo si deduce violazione ed errata applicazione degli artt. 156, comma 2, 163, comma 2, n. 5 e 342 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello non ammesso gli articoli di prova già dedotti dagli appellanti nel corso del giudizio di primo grado e riproposti in quanto non ammessi dal Tribunale. Innanzitutto, contrariamente a quanto affermato in sentenza, l’istanza di ammissione dei mezzi di prova è stata oggetto del secondo mezzo di gravame in sede di appello. Inoltre, il rinvio in sede di precisazione delle conclusioni ha soddisfatto il requisito di specificità richiesto dalla Corte di legittimità, avendo individuato i mezzi di prova riproposti, seppure per relationem ma senza possibilità di equivoco.
1.5 Il quinto motivo allega violazione ed errata applicazione dell’artt. 1372, comma 1 e 2, cod. civ. con specifico riferimento al contratto di «locazione transitoria» stipulato dal Comune di Milano con i F.lli COGNOME. Il citato accordo contrattuale andava considerato alla stregua di res inter alios acta , come tale inidoneo – a prescindere dalla
sua collocazione temporale sopra evidenziata – a far venire meno in capo ai signori COGNOME l’ animus possidendi domini indispensabile ai fini dell’usucapione.
1.6 Passando ai restanti tre motivi formulati sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cpc), con il sesto motivo si denunzia l’omesso esame dei contratti di locazione del 01.04.1982 stipulati tra le COGNOME ( danti causa dei ricorrenti) e la F.RAGIONE_SOCIALE COGNOME: uno di essi verosimilmente fa riferimento ai lotti C e D della planimetria, oggetto di contesa processuale. Da ciò la Corte distrettuale avrebbe dovuto ipotizzare che, quantomeno dall’anno 1982, i fondi menzionati fossero nel pieno possesso dei Ballerini che, conferendoli in locazione, si comportavano uti domini .
1.7 Col settimo motivo si denuncia l’omesso esame del contratto di locazione stipulato il 02.01.2008 tra i signori COGNOME e la F.lli COGNOME: mentre nel giudizio della Corte d’Appello mancherebbe qualsiasi richiamo all’area del cortile controversa, secondo i ricorrenti in esso sarebbero inclusi anche il lotto C (utilizzato come sala di ristorazione) e il lotto D (indicato con l’espressione «ripostiglio» che funge da disimpegno del locale ristorante).
1.8 con l’ ottavo e ultimo motivo si deduce l’omesso esame dei documenti prodotti dai convenuti con la comparsa di costituzione e risposta in primo grado. Si sostiene che il contenuto di tali documenti, analizzati con il primo motivo di gravame con la censura n. 3 del ricorso, non è stato esaminato dal giudice di seconde cure, il quale ha omesso di dedurre, da un lato, la materiale ed esclusiva disponibilità delle porzioni di terreno oggi contese in capo ai COGNOME; da un altro lato, il completamento del termine di usucapione ventennale al tempo degli atti ritenuti interruttivi nella prescrizione acquisitiva successivi al febbraio 1990.
2 Il secondo motivo di ricorso -che investe il problema della legittimazione attiva alla proposizione della azione negatoria servitutis da parte dell’utilizzatore in tema di contratto di leasing -è fondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte la legittimazione attiva in ordine all’azione negatoria di cui all’art. 949 cc esclusivamente ai proprietari e ai titolari di un diritto reale di godimento sul fondo asseritamente servente ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11823 del 15/05/2018, Rv. 648357 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12169 del 12/08/2002, Rv. 556905 -01; cfr. anche cass. n. 27162/2018 ove in motivazione si ribadisce la natura di diritto personale di godimento del contratto di leasing)
1.3. Nel caso che ci occupa, è pacifico che RAGIONE_SOCIALE abbia la disponibilità della porzione di immobile in contestazione in forza di un contratto di leasing e quindi è titolare di un diritto personale di godimento che conferisce alla concessionaria la mera detenzione del bene, non già la proprietà, né altro diritto reale minore.
Anche nel più recente superamento – da parte di questa Corte a sezioni unite – della distinzione tra leasing di godimento e leasing immobiliare traslativo (v. comma 136 della legge 4 agosto 2017, n. 124; sul tema: Cass. Sez. U, Sentenza n. 2061 del 28/01/2021, Rv. 660307 -02, punto 4.4.), detto schema negoziale conserva un’unitaria funzione finanziaria; sì che nel caso in cui il rapporto contrattuale sia congegnato dalle parti come preordinato anche al trasferimento del bene (il quale, alla scadenza del contratto, conserva un apprezzabile valore residuo, notevolmente superiore al prezzo d’opzione), prevale comunque l’operazione di finanziamento volta a consentire al soggetto utilizzatore il godimento di un bene, seppure finalizzato al definitivo acquisto di esso, grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito (concedente), il quale con proprie risorse finanziarie,
consente all’utilizzatore di realizzare l’interesse all’acquisto finale della proprietà.
Nel caso di specie, non risulta verificatosi l’esercizio dell’opzione e il conseguimento del trasferimento dell’immobile; la Corte territoriale, utilizzato il contenuto dei documenti prodotti in primo grado, espressamente conferma la qualifica di «utilizzatore» di RAGIONE_SOCIALE (v. sentenza p. 6, 1° capoverso), sì che la piena disponibilità dell’immobile deve intendersi a titolo di detenzione, non di possesso ad immagine di un diritto reale minore né, come appena detto, di proprietà.
Quanto all’attribuzione della legittimazione processuale attiva in virtù di specifica disposizione contrattuale (art. 13 del contratto di leasing intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), i ricorrenti ritengono violata la regola di ermeneutica negoziale sancita all’art. 1363 cod. civ. (Interpretazione complessiva delle clausole), a norma del quale: «Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto».
Premesso che il sindacato di legittimità può avere ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati al fine di verificare se sia incorso in errori di diritto o in vizi di ragionamento (per tutte: Cass. n. 23701 del 2016, in motiv.), nel caso che ci occupa la Corte territoriale si è limitata a richiamare il testo letterale dell’art. 13 del contratto di leasing , con il quale il concedente fin anziatore (RAGIONE_SOCIALE) attribuisce all’utilizzatrice (RAGIONE_SOCIALE) la facoltà di «assumere la gestione di tutte le azioni giudiziali necessarie o intervenire in qualsivoglia giudizio», omettendo però di dare adeguata rilevanza all’inciso che pre cede detto testo (« con
particolare riferimento al precedente art. 6.7. ») e che quindi delimita l’ambito applicativo delle controversie azionabili.
La Corte d’Appello milanese non ha fatto, dunque, buon governo della gerarchia interna dei criteri di interpretazione dei contratti, come definita da questa Corte: risponde, invero, ad orientamento consolidato che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate. Peraltro, si è al riguardo precisato che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14882 del 08/06/2018, Rv. 649052 – 01).
La Corte territoriale si è, invece, arrestata ad una considerazione atomistica della clausola n. 13, non consentita alla luce del principio enunciato dall’art. 1363 cod. civ., neppure quando l’interpretazione della clausola possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del senso letterale delle parole, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21840 del 30/08/2019, Rv. 654873 -01; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2267 del 30/01/2018, Rv. 646902 – 01).
Si rende pertanto necessario un nuovo esame.
In definitiva, in accoglimento della seconda censura, la sentenza merita di essere cassata e rinviata alla medesima Corte d’Appello, affinchè affronti, sulla scorta degli esposti principi, il tema della legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE all’azione negatoria con riferimento alla porzione di mappale in contestazione, anche alla luce delle complessive disposizioni negoziali intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e la proprietaria concedente RAGIONE_SOCIALE
3 L’accoglimento di questo motivo comporta il logico assorbimento di tutte le altre censure.
Il giudice di rinvio -che si individua nella medesima Corte d’Appello in diversa composizione – deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.