LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Leasing traslativo: no a domande nuove in appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7893/2024, ha confermato la decisione di merito che applicava l’art. 1526 c.c. a un contratto di leasing traslativo risolto per inadempimento. La Corte ha stabilito che la società concedente non può introdurre per la prima volta in appello una domanda di risarcimento del danno o un’eccezione basata su una clausola penale, se in primo grado si era limitata a chiedere la restituzione del bene, riservandosi di agire per i danni in separata sede. Tali richieste costituiscono domande ed eccezioni nuove, inammissibili ai sensi dell’art. 345 c.p.c.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Leasing Traslativo: Impossibile Cambiare le Carte in Tavola in Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nei contenziosi relativi al leasing traslativo: le domande e le eccezioni non formulate in primo grado non possono essere introdotte per la prima volta nel giudizio di appello. Questa regola, nota come divieto dei nova in appello, ha lo scopo di garantire un processo ordinato e di evitare che la strategia processuale venga modificata a piacimento nelle fasi successive del giudizio. L’ordinanza n. 7893/2024 offre un’analisi precisa delle conseguenze per la società di leasing che, dopo aver chiesto solo la restituzione del bene, tenta di avanzare pretese risarcitorie solo in secondo grado.

I Fatti del Caso

Una società di leasing aveva stipulato un contratto per un immobile ad uso industriale con un’altra società. A seguito del mancato pagamento di alcuni canoni, la società concedente ha risolto il contratto e ha agito in giudizio per ottenere la restituzione dell’immobile, specificando di riservarsi il diritto di chiedere i danni in un procedimento separato.

La società utilizzatrice, costituitasi in giudizio, ha proposto una domanda riconvenzionale chiedendo la restituzione dei canoni versati, in applicazione dell’articolo 1526 del Codice Civile, che regola la vendita con riserva di proprietà e si applica per analogia al leasing traslativo. Il Tribunale ha accolto la domanda riconvenzionale, condannando la società di leasing a restituire alla società utilizzatrice la differenza tra i canoni pagati e l’equo compenso per l’uso del bene.

La società di leasing ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, cercando di introdurre nuove argomentazioni: ha chiesto di compensare il suo debito con il risarcimento del danno (calcolato sul valore aggiornato dell’immobile) e ha invocato l’applicazione di una clausola penale prevista dal contratto. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, ritenendo tali richieste inammissibili perché formulate per la prima volta in quella sede.

L’inammissibilità delle nuove domande nel leasing traslativo

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha confermato integralmente la decisione dei giudici di merito. I giudici supremi hanno rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dalla società di leasing, ribadendo principi cardine del diritto processuale civile.

Il punto centrale della decisione riguarda l’applicazione dell’articolo 345 del codice di procedura civile, che vieta di proporre in appello domande ed eccezioni nuove. La Cassazione ha sottolineato che la società di leasing, in primo grado, si era limitata a chiedere la restituzione del bene, riservandosi esplicitamente di agire per il risarcimento in un altro giudizio. Di conseguenza, la richiesta di compensazione del debito con un presunto controcredito per danni, così come il tentativo di far valere la clausola penale, costituivano domande ed eccezioni del tutto nuove, non ammissibili nel secondo grado di giudizio.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito che la strategia processuale scelta in primo grado vincola le parti per le fasi successive. Avendo la società di leasing deciso di non formulare una domanda risarcitoria, il thema decidendum (l’oggetto del contendere) si era cristallizzato sulla restituzione del bene e sulla domanda riconvenzionale dell’utilizzatore. Qualsiasi tentativo di ampliare tale oggetto in appello si scontra con il divieto di cui all’art. 345 c.p.c.

I giudici hanno specificato che la Corte d’Appello non ha omesso di pronunciarsi, ma ha correttamente scrutinato i motivi di gravame, dichiarandoli inammissibili proprio perché introducevano temi di indagine nuovi. La decisione è conforme all’orientamento consolidato secondo cui, ai contratti di leasing traslativo stipulati prima della Legge n. 124 del 2017 (come quello in esame, risalente al 2003), si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c. Questo implica che, in caso di risoluzione, il concedente deve restituire i canoni riscossi, trattenendo solo un equo compenso per l’utilizzo del bene e l’eventuale risarcimento del danno, a condizione però che quest’ultimo sia stato tempestivamente richiesto.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto e per le società di leasing. La scelta delle domande da formulare nell’atto introduttivo del giudizio è cruciale e non può essere modificata a posteriori. Se una parte si riserva di agire in separata sede per il risarcimento del danno, non può poi ‘ripensarci’ in appello e tentare di introdurre tale pretesa sotto forma di eccezione di compensazione o invocando clausole contrattuali non discusse in primo grado. La rigidità del sistema processuale in questo ambito è posta a tutela del corretto svolgimento del processo e del diritto di difesa della controparte, che vedrebbe altrimenti introdotto un nuovo e inaspettato tema di discussione in una fase avanzata del contenzioso.

Cosa succede quando un contratto di leasing traslativo viene risolto per inadempimento dell’utilizzatore?
In base all’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. (per i contratti stipulati prima della L. 124/2017), il concedente deve restituire i canoni già riscossi, ma ha diritto a un equo compenso per l’uso del bene e all’eventuale risarcimento del danno.

Se la società di leasing non chiede il risarcimento del danno in primo grado, può farlo per la prima volta in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la richiesta di risarcimento del danno o l’eccezione di compensazione con un presunto credito risarcitorio costituiscono domande nuove, inammissibili in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c., se non sono state formulate nel primo grado di giudizio.

È possibile far valere una clausola penale del contratto per la prima volta nel giudizio di appello?
No. Anche l’eccezione relativa all’applicabilità di una clausola penale è considerata un’eccezione nuova se non è stata sollevata nelle difese di primo grado. Pertanto, è inammissibile e non può essere esaminata dal giudice d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati