Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7893 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso 13273/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in RomaINDIRIZZO
Pec:
-controricorrente –
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7893 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME
Pec:
Pec:
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1930/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 31/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Cons. NOME COGNOME;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) allegando di aver acquistato da terzi su richiesta della società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) un immobile ad uso industriale e di aver successivamente stipulato con la medesima società un contratto di locazione finanziaria in base al quale la utilizzatrice avrebbe pagato un macrocanone al momento della stipula e successivi canoni mensili di locazione finanziaria, con atto di citazione del 29/10/2003 convenne davanti al Tribunale di Firenze la RAGIONE_SOCIALE per sentirne pronunciare la condanna alla restituzione dell’immobile , a seguito di risoluzione del contratto per effetto della clausola risolutiva espressa conseguente a ll’ inadempimento da parte della utilizzatrice al l’obbligazione del pagamento dei canoni; l’attrice si riservò di agire in separata sede per quanto dovuto per interessi, penali e risarcimento dei danni;
la COGNOME si costituì in giudizio, eccepì che la società di RAGIONE_SOCIALE si era illegittimamente avvalsa della clausola risolutiva espressa avendo essa sempre adempiuto alle proprie obbligazioni, che gli ultimi pagamenti erano stati effettuati per suo conto da un soggetto terzo, sicchè la domanda andava rigettata; propose, in via riconvenzionale, la domanda di restituzione ex art. 1526 c.c. dei canoni versati, detratto
l’equo compenso spettante alla società RAGIONE_SOCIALE da determinarsi con CTU;
il Tribunale di Firenze, disposta una CTU, preso atto che la COGNOME aveva restituito l’immobile, e qualificato il contratto quale RAGIONE_SOCIALE traslativo, dichiarò cessata la materia del contendere in relazione alla domanda principale della RAGIONE_SOCIALE e, in applicazione dell’art. 1526 c.c., accolse la domanda riconvenzionale di COGNOME, condannando la concedente al pagamento in suo favore della somma di € 323.364,60, oltre interessi pari alla differenza tra l ‘importo dei canoni versati e l’equo compenso dovuto alla concedente nella misura stimata dal CTU;
a seguito di appello principale di RAGIONE_SOCIALE ed incidentale di COGNOME, nonché di un atto di intervento svolto ex art. 105 c.p.c. dall’AVV_NOTAIO con cui il medesimo, dichiaratosi cessionario del credito di COGNOME, limitatamente all’importo di € 263.107,95, aveva chiesto la condanna della concedente a corrispondere a lui direttamente l’importo dovutogli, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata in data 31/7/2019, ha rigettato sia l’appello principale sia l’incidentale co nfermando la sentenza di prime cure e condannando RAGIONE_SOCIALE a corrispondere all’intervenuto cessionario NOME COGNOME, in luogo che alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, l’importo richiesto ;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE, quale società incorporante RAGIONE_SOCIALE a sua volta incorporante la RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
resistono NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con distinti controricorsi; il primo ha depositato memoria;
Considerato che:
il primo motivo -illegittimità costituzionale della L. 9 agosto 2013 n. 98, artt. da 62 a 72 di conversione con modificazioni del D.L. 21
giugno 2013 n. 69 in relazione agli artt. 3 Cost. 25 Cost, comma 1, art. 106 Cost. comma 2 e conseguente nullità della sentenza per vizio di costituzione del Giudice ex art. 158 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 4 sul giudice ausiliario- è da disattendere per manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6272 della l. n. 98 del 2013, in relazione all’art. 106, commi 1 e 2 Cost., nella parte in cui consentono la partecipazione di un giudice ausiliario al collegio di corte d’appello, atteso che la Corte costituzionale con la sentenza n. 41 del 2021, ha ritenuto la “temporanea tollerabilità costituzionale” per l’incidenza di concorrenti valori di rango costituzionale, della formazione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questi magistrati onorari, fino al completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, nei tempi contemplati dall’art. 32 del d. lgs. n. 116 del 2017 (Cass., 1, n. 15054 del 28/5/2021; Cass., 6-2, n. 32065 del 5/11/2021);
con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. , degli artt. 112 e 345 c.p.c. per avere la corte territoriale omesso di decidere sul contenuto del primo motivo di appello sollevato dalla RAGIONE_SOCIALE in sede di gravame e per aver dichiarato inammissibile l’eccezione di compensazione asseritamente sollevata solo in appello; lamenta che la Corte d’Appello , a fronte della domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere la restituzione dei canoni pagati, l’ avrebbe erroneamente interpretata quale ‘ eccezione riconvenzionale ‘ , così ponendo limiti all’ampliamento del thema decidendum ed escludendo di poter scrutinare l’eccezione di compensazione opposta da RAGIONE_SOCIALE a fronte della avversa domanda riconvenzionale; impugna in particolare il capo di sentenza (p. 5) secondo cui, non avendo l’appellante chiesto in primo grado il risarcimento del danno ma
essendosi limitata a chiedere il rilascio dell’immobile con riserva di chiedere il danno in separato giudizio e non avendo modificato tali conclusioni nei termini del 183 c.p.c. ed avendole piuttosto espressamente richiamate in sede di precisazione delle conclusioni, la corte del gravame non poteva accogliere una domanda nuova sollevata solo in grado di appello in violazione dell’art. 345 c.p.c. e consistente nella valutazione attualizzata del valore complessivo dell’immobile, in quanto mancava, come riferito, in primo grado la domanda risarcitoria; quindi, in mancanza di detta domanda, l’originaria attrice non poteva eccepire in compensazione l’esistenza di un proprio controcredito;
il motivo è infondato;
la Corte d’appello, lungi dall’omettere pronuncia e dall’incorrere in un vizio ex art. 112 c.p.c. ha confermato la qualificazione del giudice di primo grado quale RAGIONE_SOCIALE traslativo con la conseguente applicazione dell’art. 1526 c.c. , anche in considerazione del fatto che l’attrice non aveva svolto alcuna domanda risarcitoria; dunque non ha omesso la pronuncia sul motivo di appello ma l’ha scrutinata e rigettata così come, in mancanza di domanda risarcitoria, ha correttamente ritenuto violato l’art. 345 c.p.c. per avere l’appellante introdotto una domanda nuova solo in grado di appello; la pronuncia è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui al RAGIONE_SOCIALE traslativo stipulato prima della legge n. 124 del 2017 (il contratto in esame era del 2003) si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c. (Cass., U, n. 2061 del 28/1/2021; Cass., 3, n. 26531 del 30/9/2021);
con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. degli artt. 112 e 345 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di decidere sul contenuto del secondo motivo d’appello , dichiarando inammissibili perché nuove le censure alla CTU espletata in primo grado; lamenta che la sentenza impugnata, sempre partendo dal presupposto della mancanza di una domanda risarcitoria di RAGIONE_SOCIALE svolta in primo
grad, ha ritenuto nuove ed ha pertanto considerato inammissibili le critiche alla CTU sul valore dell’immobile ; al fine di dimostrare l’errore della Corte, RAGIONE_SOCIALE riporta stralci delle censure già verbalizzate dal CTP;
il motivo è infondato;
la Corte d’Appello non ritiene nuove le censure alla CTU ma afferma che le stesse presuppongano una critica fondata sul mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno, mai posta; la corte dà prova di conoscere gli atti processuali del primo grado ma ritiene che la censura sul valore dell’immobile sia stata co rrettamente disattesa dal giudice di primo grado perché nuova rispetto alla domanda introdotta con l’atto di citazione; dunque non vi è alcuna omessa pronuncia né alcuna violazione dell’ar t. 345 c.p.c.; in ogni caso la censura si limita a prospettare una mera contrapposizione tra la stima fatta dal CTU circa il valore dell’immobile e gli argomenti spesi dal CTP di parte sicché la stessa ha natura fattuale;
con il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c. co. 1 n. 4 c.p.c., degli artt. 112 e 345 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di decidere sul contenuto del terzo motivo di appello con cui si faceva valere una clausola penale contenuta nell’art. 14 del contratto di RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è infondato. La corte territoriale, lungi dall’omettere la pronuncia, ha esaminato l’eccezione sollevata dall’appellante e l’ha ritenuta inammissibile. Ribadita l’applicabilità dell’art. 1526 c.c. ‘l’eccezione dell’applicabilità della clausola co nvenzionale (art. 14 del contratto di RAGIONE_SOCIALE) risulta essere stata introdotta tardivamente dall’appellante ed introduce nel giudizio un nuovo tema di indagine. Dunque anche questa è eccezione nuova ex art. 345 cpc ed in quanto tale inammissibile. Nelle di fese svolte dall’appellante in primo grado non si rinviene alcuna eccezione che riguardi la clausola penale né del resto la domanda attorea fa presupporre alcuna volontà di applicare
tale clausola. Dunque giustamente il giudice di primo grado non l’ha esaminata limitandosi ad applicare la disciplina generale’;
la statuizione è corretta non ravvisandosi pertanto alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. né dell’art. 345 c.p.c.
all’infondatezza di tutti i motivi consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, in favore di ciascuna parte controricorrente;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 7.200,00, di cui € 200 ,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; in complessivi € 9.200 ,00, di cui € 200 ,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza