LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Istanza di prelievo: non serve per l’equa riparazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8555/2025, ha stabilito che non è necessaria la presentazione dell’istanza di prelievo per richiedere l’equa riparazione per eccessiva durata di un giudizio di ottemperanza. La Corte ha ritenuto che tale tipo di procedimento sia già strutturalmente volto alla celerità, rendendo superflua l’istanza. Rigettato anche il ricorso sulla quantificazione delle spese legali, confermando la discrezionalità del giudice nel liquidarle sopra i minimi tabellari.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza di prelievo non obbligatoria per l’equa riparazione: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza n. 8555/2025 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui presupposti per accedere all’equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi, in particolare per i giudizi di ottemperanza. La questione centrale riguarda la necessità o meno di presentare un’istanza di prelievo come condizione per poter poi richiedere un indennizzo per i ritardi della giustizia. La Suprema Corte ha stabilito un principio di pragmatismo giuridico, escludendo tale obbligo in procedimenti già concepiti per essere rapidi.

I Fatti di Causa

Un cittadino, dopo aver subito un ritardo in un giudizio di ottemperanza (un procedimento volto a costringere la Pubblica Amministrazione a eseguire una sentenza), aveva ottenuto un indennizzo per equa riparazione dalla Corte d’Appello di Napoli. Il Ministero della Giustizia si era opposto a tale decisione, sostenendo che la domanda di indennizzo fosse inammissibile. Il motivo? Il cittadino non aveva presentato, durante il giudizio di ottemperanza, la cosiddetta istanza di prelievo, un atto che serve a sollecitare una trattazione più rapida della causa.

La Corte d’Appello aveva respinto l’opposizione del Ministero, ma la questione è giunta fino in Cassazione tramite un ricorso incidentale del Ministero stesso. Parallelamente, il cittadino aveva impugnato la sentenza per un’altra ragione: riteneva che i compensi legali liquidati a suo favore fossero troppo bassi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato sia il ricorso del cittadino sia quello del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello su entrambi i fronti.

L’inutilità dell’istanza di prelievo nel giudizio di ottemperanza

Il punto giuridicamente più rilevante riguarda il ricorso del Ministero. La Cassazione ha spiegato che l’istanza di prelievo ha lo scopo di accelerare un processo, consentendo una decisione in camera di consiglio e in forma semplificata. Tuttavia, il giudizio di ottemperanza è già per sua natura un rito accelerato. Il Codice del processo amministrativo prevede espressamente che questi giudizi siano trattati in camera di consiglio e decisi con sentenza in forma semplificata.

Di conseguenza, presentare un’istanza per ottenere un’accelerazione che è già prevista dalla legge sarebbe un atto superfluo e privo di effetti pratici. Imporre tale adempimento come condizione per l’equa riparazione costituirebbe un formalismo ingiustificato.

La liquidazione dei compensi professionali

Sul ricorso del cittadino, che lamentava una liquidazione delle spese legali troppo bassa, la Corte ha ribadito un principio consolidato. Nei giudizi di equa riparazione, il giudice ha la facoltà di ridurre i compensi dell’avvocato, discostandosi dai valori medi, a condizione che non scenda al di sotto dei minimi tariffari. Nel caso di specie, l’importo liquidato (€ 2.500,00) era superiore ai minimi legali, rendendo la decisione del giudice di merito incensurabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un’interpretazione funzionale delle norme processuali. L’obbligo di presentare l’istanza di prelievo, previsto dalla Legge Pinto, non può essere applicato in modo meccanico e acritico a ogni tipo di procedimento. Occorre valutarne la ratio, ovvero lo scopo per cui è stata introdotta. Se lo scopo è accelerare il processo, tale obbligo non ha senso in un contesto, come quello del giudizio di ottemperanza, dove la celerità è già un elemento strutturale del rito.

Questa interpretazione bilancia l’esigenza di non gravare il cittadino di adempimenti inutili con quella di responsabilizzare le parti a cooperare per la ragionevole durata del processo. La decisione evita un’eccessiva burocratizzazione che finirebbe per ostacolare, anziché favorire, l’accesso alla giustizia e ai rimedi compensativi.

Le Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante punto fermo per cittadini e avvocati. Viene chiarito che i rimedi preventivi contro l’eccessiva durata del processo, come l’istanza di prelievo, devono essere utilizzati solo quando sono effettivamente in grado di produrre un effetto acceleratorio. Nei riti speciali già caratterizzati da celerità intrinseca, la loro omissione non può precludere il diritto a ottenere un’equa riparazione per i ritardi della giustizia. Si tratta di una vittoria del buon senso e di un’interpretazione della legge orientata alla sostanza piuttosto che alla forma.

È sempre necessaria l’istanza di prelievo per chiedere l’equa riparazione per la durata irragionevole di un processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non è necessaria nei procedimenti che, come il giudizio di ottemperanza, hanno già meccanismi procedurali intrinseci volti a garantirne una rapida definizione.

Perché l’istanza di prelievo non è richiesta nel giudizio di ottemperanza?
Perché il giudizio di ottemperanza è già strutturato per essere celere, prevedendo per legge la trattazione in camera di consiglio e la decisione con sentenza in forma semplificata. L’istanza di prelievo non aggiungerebbe alcuna ulteriore accelerazione.

Il giudice può liquidare compensi legali inferiori ai valori medi previsti dalle tabelle professionali?
Sì. Nei giudizi di equa riparazione, il giudice può ridurre il compenso del difensore, purché non scenda al di sotto degli importi minimi previsti dalle tabelle forensi, senza necessità di una specifica motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati