Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8555 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8555 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5211/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO);
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché nei confronti di
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente sul controricorso incidentale –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 26/2023 depositato il 16/10/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto emesso in data 21.11.2022, la Corte di Appello di Napoli in composizione monocratica accoglieva la domanda di equa riparazione proposta da NOME COGNOME per violazione del termine ragionevole di cui all’art. 6 par. 1 CEDU – in relazione alla durata del procedimento presupposto di equa riparazione ex lege 24 marzo 2001, n. 89 protrattosi dal 20.6.2016 (data di deposito del ricorso) al 28.6.2016 (data di deposito del decreto) dinanzi alla medesima Corte d’appello, e del conseguente giudizio di ot temperanza innanzi al T.A.R., iniziato il 21.2.2018 (data di notifica del ricorso) e terminato con sentenza dell’8.3.2022 ritenendo che dalla durata complessiva di anni quattro e giorni ventitré andasse detratto il termine ragionevole di un anno, per un ritardo indennizzabile da ragguagliarsi a tre anni e ventitré giorni.
Per quanto ancora di interesse in questa sede, il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso il suddetto decreto con ricorso ex art. 5ter legge n. 89/2001, per non aver il primo giudice dichiarato l’inammissibilità della domanda, sebbene l’opposto non avesse presentato istanza di prelievo almeno sei mesi prima del decorso del termine ragionevole, ai sensi dell’art. 1 -ter , comma 3, della legge citata.
2.1. La Corte d’Appello di Napoli in composizione collegiale rigettava l’opposizione, sostenendo che il giudizio presupposto, in cui è maturato il ritardo fonte di pregiudizio indennizzabile, è un giudizio di ottemperanza che trova specifica disciplina agli artt. 87 e 114 del
dlgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo, ‘ c.d.a. ‘ ), relativamente al quale il legislatore – nel prevedere la trattazione in camera di consiglio e la decisione in forma semplificata – ha introdotto un modulo procedimentale e decisorio integralmente sovrapponibile a quello prefigurato dall’art. 71 -bis del medesimo codice per il caso di proposizione dell’istanza di prelievo.
Condannava, pertanto, il Ministero della Giustizia alle spese nella misura di €. 2.500,00 (oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15%), applicando alla fase di opposizione la tabella 12 allegata al D.M. n. 147 del 2022 e i parametri previsti nella misura media, maggiorati del 30% ai sensi dell’art. 4, comma 1 -bis , del D.M. n. 55/2014, in ragione della redazione dell’atto con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione.
Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo ad un unico motivo e illustrandolo con memoria.
Resiste il Ministero della Giustizia depositando controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, contrastato da NOME COGNOME con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. RICORSO PRINCIPALE
Con l’unico motivo d ‘impugnazione si deduce violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento di opposizione e, in particolare, alla mancata liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione – delle norme ex artt. 10, 14, 91 c.p.c., 13, comma 6, L. 31/12/2012 n. 247, 2, comma 1, 4, commi 1 e 5, 5, commi 1 e 3, D.M. 10/3/2014 n. 55, 6, 7, comma 1, D.M. 13/8/2022 n. 147 nonché della nuova tabella 12 D.M. 10/3/2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c.). In tesi, il giudice dell’opposizione avrebbe palesemente violato le norme citate in quanto ha liquidato un importo per compensi del procedimento di opposizione privo della fase istruttoria o di trattazione, oltre ad essere di gran lunga inferiore a quello risultante dai valori medi dei parametri professionali che pur ha dichiarato espressamente di applicare.
1.1. Il motivo è infondato.
E’ utile precisare che compete al ricorrente sicuramente anche il compenso per la fase istruttoria, alla luce dei precedenti di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’applicabilità nei giudizi di equa riparazione (per tutte, di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23906 del 2024; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 38477 del 06/12/2021, Rv. 663222 -01), in quanto fase normalmente ineludibile (Cass. 1/12/22 n. 35373; conf. da: Cass. 14/12/23 n. 35003; Cass. 14/9/23 n. 26608; Cass. 5/9/23 n. 25801).
Ciò detto, la liquidazione delle spese di lite riconosciuta dal giudice dell’opposizione per un totale di €. 2.500,00 si colloca al di sotto del tetto massimo dei parametri medi che l a Corte d’appello aveva dichiarato di voler applicare (v. decreto p. 8, rigo 26): tetto che, comprensivo della fase istruttoria e dell’aumento del 30%, avrebbe raggiunto la soglia di €. 3.789,50. Tuttavia, la somma liquidata dal giudice dell’opposizione supera comunque i minimi tabellari che, comprensivi di tutte e quattro le fasi all’interno della Tabell a 12 vigente, inclusa la fase istruttoria nonché l’aume nto del 30% per utilizzo di tecniche informatiche, avrebbero raggiunto la soglia massima di €. 1.895,40 (cui aggiungere il 15% per le spese generali).
Deve ribadirsi, a tal proposito, che nei giudizi di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il giudice, purché non scenda al di sotto degli importi minimi, può ridurre il compenso del difensore,
anche senza necessità di specifica motivazione, e senza che perciò operi il limite di cui all’art. 2233, comma 2, cod. civ. (per tutte: Cass. Sez. 2, n. 15572 del 16.05.2022).
Il ricorso principale deve, pertanto, essere rigettato.
II. RICORSO INCIDENTALE
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il Ministero della Giustizia deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 -ter e dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3. Si censura il decreto della Corte d’Appello di Napoli nella parte in cui ha deciso nel senso dell’ammissibilità della domanda di equa riparazione proposta dalla controparte pur a fronte della mancata presentazione dell’istanza di prelievo.
Il Ministero contesta l’argomentazione sostenuta dalla Corte d’Appello di Napoli, nella parte in cui ha ritenuto che l’istanza di prelievo sarebbe stata priva di effettiva valenza sollecitatoria nell’ambito del giudizio di ottemperanza, per il quale è già prevista la trattazione in camera di consiglio e la definizione con sentenza in forma semplificata. A giudizio del ricorrente incidentale, invece, non sussiste alcun dato normativo da cui si possa desumere la non applicabilità dell’istanza di prelievo al giudizio di ottemperanza, la cui ratio , invece, ricorre certamente anche in tali procedimenti. L’istanza di prelievo, infatti, segnala al g iudice l’urgenza del decidere avvertita dalla parte per specifici motivi, in un’ottica di collaborazione tra parti e giudice, al fine di garantire il precetto costituzionale e convenzionale della durata ragionevole del processo, ed è finalizzata ad ottenere una deroga al criterio cronologico, in modo da accelerare la trattazione del procedimento.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Occorre brevemente premettere che la Corte Costituzionale, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 1 -ter legge n. 89/2001 nella parte in cui prevede la necessità, ai fini dell’ammissibilità della domanda di equo indennizzo, del deposito dell’istanza di prelievo, ha chiarito che questa istanza, presentata successivamente a quella di fissazione dell’udienza di discussione con cui la parte chiede che il ricorso venga trattato tempestivamente, ha la finalità di ottenere una deroga al criterio cronologico che regola l’ordine di fissazione della trattazione dei ricorsi e, a seguito della novella del 2005, il possibile e nuovo effetto costituito dalla definizione del giudizio in camera di consiglio, sentite le parti, con sentenza in forma semplificata. La Corte Costituzionale ha perciò rimarcato -e ciò ha fatto anche nel respingere parzialmente la questione di legittimità costituzionale del primo comma dell’art. 1 -ter -che l’istanza di prelievo non ha più una f unzione puramente dichiarativa, in quanto può portare alla definizione celere del giudizio attraverso l’utilizzo di un modello procedimentale alternativo, sicché costituisce uno strumento funzionale al raggiungimento dello scopo di una più rapida definizione del giudizio; non rileva, a tal fine, in senso contrario che il suo utilizzo risulti mediato dalla decisione del giudice, chiamato a stabilire se ricorrano i presupposti relativi alla completezza del contraddittorio e dell’istruttoria.
Si attua così -ha stabilito la Corte Costituzionale – il giusto punto di equilibrio tra la necessità di garantire alla parte un rimedio effettivo, nei termini indicati anche dalla Corte EDU, e l’esigenza di salvaguardare il rispetto delle garanzie previste nel processo amministrativo.
2.3. Ciò precisato, deve allora considerarsi che, a norma del l’art. 71bis c.d.a., a seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria,
sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata: pertanto, sono la definizione in camera di consiglio e la forma semplificata della decisione gli effetti dell’istanza di prelievo c he consentono realmente la più rapida definizione del giudizio.
Il giudizio di ottemperanza, tuttavia, è già disciplinato tenendo conto dell’esigenza di rapida e agile definizione del giudizio ed è già caratterizzato dai due strumenti che la attuano: l’art. 87, comma 2 lett. d) c.d.a. prevede, infatti, per tali giudizi, la trattazione in camera di consiglio e il successivo comma 3 dispone che la camera di consiglio sia fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate; l’art. 114, comma 3 c.d.a., quindi, prevede che nei giudizi di ottemperanza il giudice decida sempre con sentenza in forma semplificata.
Risulta evidente, allora, che per sue caratteristiche strutturali il giudizio di ottemperanza non riceverebbe, dalla proposizione dell’istanza di prelievo ex art. 71 comma 2 e 71bis c.d.a., alcuna effettiva e diversa accelerazione e che, pertanto, l’art. 1 -ter , comma 3, della legge n. 89/2001 non può ritenersi applicabile a tali giudizi amministrativi (Sez. 2, Ordinanza n. 26522 del 11/10/2024, Rv. 672799 – 01).
2.4. Né ha pregio quanto sostenuto dal Ministero, in tema di deroga al criterio cronologico. L’art. 87, comma 3, comma 2, c.p.a. detta già un criterio cronologico ispirato, come appena detto, alla celerità, laddove dispone che: « La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate».
Tale norma, pertanto, prevede che, nei giudizi trattati in camera di consiglio (giudizio di ottemperanza compreso), il giudice deve fissare d’ufficio la discussione del ricorso alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Stante la reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio sono compensate.
Non ricorrono ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002 – i presupposti processuali per il raddoppio del contributo, trattandosi di ricorso per equa riparazione, che è esente dal pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale;
compensa integralmente le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda