Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11686-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE in forza di procura del 19/1/2017, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 343/2021 del TRIBUNALE DI PESARO, depositato il 25/3/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 27/11/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La UBI Banca s.p.aRAGIONE_SOCIALE, quale società incorporante di Banca Adriatica s.p.a., a sua volta cessionaria dei diritti di Banca delle Marche s.p.a. già in amministrazione straordinaria, ha
chiesto di essere ammessa allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE COGNOME Alfonso, dichiarato con sentenza del 13/2/2020, per il residuo credito di €. 136.551,92, oltre interessi, in collocazione ipotecaria, maturato in forza del mutuo fondiario stipulato, con atto in data 28/10/2015, tra Banca delle Marche s.p.a. e il debitore poi fallito , per la somma di €. 160.000,00.
1.2. Il curatore, dal suo canto, ha eccepito la revoca dell ‘ ipoteca concessa dal debitore poi fallito sul rilievo che, in realtà, il mutuo garantito dalla stessa era stato stipulato allo scopo di ‘ tramutare il rilevante debito chirografario maturato dalla RAGIONE_SOCIALE in un debito garantito, in tal modo agganciando la garanzia ad un debito preesistente ‘ .
1.3. Il giudice delegato ha accolto l’eccezione del curatore.
1.4. La banca ha, quindi, proposto opposizione, che il Tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato.
1.5. Il Tribunale, in particolare, per quanto ancora rileva, ha, innanzitutto, respinto l’istanza con la quale l’opponente aveva chiesto la sospensione del giudizio, a norma dell’art. 295 c.p.c., sul rilievo che i crediti concorsuali devono essere accertati in sede fallimentare e che risulta, quindi, irrilevante che, dopo la presentazione della domanda d’insinuazione , il Fallimento abbia proposto un giudizio ordinario finalizzato a far dichiarare l’inefficacia a norma dell’art. 2901 c.c. dell’ipoteca in question e, trattandosi di una decisione che non potrà avere effetti diversi da quelli già prodotti con il decreto d ‘ ammissione emesso dal giudice delegato, per cui tra le cause non v’è alcun rapporto di pregiudizialità.
1.6. Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto che sussistevano, in fatto, tutti i presupposti richiesti dall’art. 2901 c.c. per la revoca
dell’ipoteca, vale a dir e: l’esistenza , alla data di stipula del mutuo in questione, di numerosi crediti nei confronti del mutuatario, ‘ come risulta dallo stato passivo del fallimento ‘ , cui risultano ammessi per oltre €. 2.600.000,00, di cui €. 859.000,00 in collocazione privilegiata, nonché dal ‘ bilancio di esercizio” , dal quale emergono debiti verso i fornitori per €. 1.273.865,11 e debiti scaduti verso l’erario per €. 65.479,19 già iscritti a ruolo; l’insufficienza del patrimonio del debitore ‘ a soddisfare interamente ‘ , in conseguenza dell’iscrizione ipotecaria in questione, ‘ gli altri creditori ‘ , avendo la stessa riservato di fatto una parte del valore del patrimonio del debitore, pari ad oltre €. 160.000,00, alla soddisfazione della banca mutuante; l’utilizzazione di quasi tutto l’importo mutuato dall’opponente al ripianamento dell a pregressa esposizione del debitore poi fallito verso la banca mutuante; – la consapevolezza in capo alla banca mutuante del la ‘ difficoltà economica ‘ in cui versava il debitore al momento della stipulazione del mutuo.
1.7. Il Tribunale, quindi, ha ritenuto che il mutuo aveva avuto il fine non già di assicurare al debitore l’effettiva erogazione di ‘ nuove disponibilità ‘ , ma piuttosto, a fronte dell’incontestata destinazione di quasi tutto l’importo erogato ‘ al completo ripianamento … dello scoperto di conto corrente ‘ già esistente nei confronti della banca mutuante, di ‘ munire di una garanzia le pregresse esposizioni debitorie ‘ che lo stesso aveva in quel momento già maturato nei confronti della stessa.
1.8. Il Tribunale ha, pertanto, rigettato l’opposizione e condannato l’opponente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio.
1.9. La BPER Banca s.p.a., nelle more subentrata ad UBI Banca s.p.a. per effetto di cessione di ramo d’azienda del
19/2/2021, con ricorso notificato (lunedì) 26/4/2021, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione del decreto pronunciato dal Tribunale , dichiarandone l’avvenuta comunicazione in data 25/3/2021.
1.10. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.11. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 295, 39 e 40 c.p.c. e 2901 c.c. nonché degli artt. 66 l.fall. e 38 ss. e 41 TUB, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha respinto l’istanza di sospensione del giudizio proposta dall’opponente a norma dell’art. 295 c.p.c. , senza, tuttavia, considerare che, prima dell a proposizione dell’ opposizione allo stato passivo, era già pendente, innanzi al Tribunale, la domanda con la quale il Fallimento aveva chiesto la revoca, a norma degli artt. 66 l.fall. e 2901 c.c., della stessa ipoteca che aveva impugnato, con l’eccezione revoca toria ex art. 95 l.fall., nel giudizio di verifica, e che era, pertanto, necessaria ed opportuna, onde evitare il contrasto delle relative decisioni, la sospensione del giudizio d’opposizione in attesa della definizione di quello proposto, a cognizione piena, dallo stesso Fallimento in sede ordinaria e volto al giudicato con efficacia esterna al fallimento.
2.2. Il motivo è infondato. Nel giudizio d’opposizione allo stato passivo, infatti, il Tribunale fallimentare è investito della competenza a decidere su tutti i fatti modificativi od estintivi dei crediti azionati dai creditori concorsuali (cfr. Cass. n. 10528 del 2019), compresa, come testualmente risulta dall’art. 95, comma 1°, l.fall., l’eccezione d’inefficacia del titolo dedotto o della garanzia invocata dal creditore, a nulla, per contro, rilevando, a
fronte dell’efficacia della relativa statuizione ai soli fini del concorso (art. 96, ult.comma, l.fall.), la proposizione, in sede ordinaria, della domanda del curatore volta ad ottenere, con forza di giudicato, la revoca, a norma degli artt. 66 l.fall. e 2901 c.c., del medesimo titolo o della stessa garanzia, la cui pendenza, non comportando neppure in astratto un rischio di giudicati contrastanti, non impone, pertanto, né consente, la sospensione necessaria del giudizio d ‘ opposizione allo stato passivo a norma dell’art. 295 c.p.c. (cfr. Cass. n. 3804 del 2022, Cass. n. 10394 del 2021, in motiv.).
2.3. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando l ‘omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 2901 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che il Fallimento avesse adempiuto all’onere di provare la sussistenza dell’ eventus damni , senza, tuttavia, considerare che: – la farmacia del mutuatario, come emerge dai documenti prodotti in giudizio, e cioè la perizia di stima asseverata del 19/1/2021, gli estratti conto, i bilanci relativi agli esercizi 2017, 2018 e 2019 e le risultanze della Centrale Rischi, non versava affatto in stato ‘ predecozionale ‘; – la situazione patrimoniale della farmacia al 31/12/2015, non essendo stata ancora elaborata, non poteva essere conosciuta dalla banca in tutti i relativi fatti contabili, in parte non ancora verificatisi, nel momento in cui, con il rogito del 28/10/2015, ha stipulato il contratto di mutuo; – gli estratti di ruolo dell’Agenzia delle entrate dimostrano che le iscrizioni a ruolo sono tutte successive al mutuo e non conoscibili da nessuno, a partire dalla banca; – i documenti allegati alle domande d ‘ insinuazione al passivo non dimostrano né la
sussistenza di debiti già scaduti al momento del contratto di mutuo, né la loro conoscibilità da parte della banca istante, emergendo, per contro, l’esistenza di debiti sorti successivamente al mutuo ovvero non scaduti al momento della sua stipula.
2.4. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e la conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che il mutuo concesso avesse come fine quello di munire di una garanzia le pregresse esposizioni debitorie che il mutuatario aveva maturato nei confronti della banca mutuante, senza, tuttavia, considerare che lo stesso, come emerge dagli estratti conto del 2015, ha utilizzato i fondi acquisiti o per sé stesso o per saldare alcuni creditori.
2.5. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2901 e 26(8)7 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che la banca non aveva adempiuto all’onere di provare che il finanziamento era volto a fornire al mutuatario nuova liquidità, senza, tuttavia, considerare il fatto che, in conseguenza degli interessi pattuiti con il contratto di mutuo, era sta to operato, rispetto a quelli dell’apertura di credito in conto corrente, un abbattimento del costo del denaro nonché un evidente riscadenzamento a medio-lungo termine delle tempistiche di rientro.
2.6. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando violazione o la falsa applicazione degli artt. 2901, 2697, 2727, e 2729 c.c. nonché de ll’ art. 115 c.p.c., ha censurato il decreto
impugnato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che il Fallimento, avendo dimostrato la sussistenza di debiti già scaduti verso i fornitori e l’erario, avesse adempiuto all’onere di provare in giudizio il presupposto dell’ eventus damni , omettendo, tuttavia, di considerare che: – i debiti scaduti al momento del mutuo ed ammessi al passivo erano di importo pari ad €. 8.053,93 e, quindi, ampiamente coperti dai valori patrimoniali dell’azienda; – il valore de ll’attivo patrimoniale ammontava, al momento della decisione, ad €. 2.600.000,00 ed era, quindi, più che idoneo a scongiurare qualsivoglia ostacolo o aggravamento della possibilità di recupero per qualunque creditore esistente al momento della stipulazione del mutuo.
2.7. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
2.8. La ricorrente, in effetti, pur lamentando la violazione di norme di legge sostanziale e processuale, ha, in sostanza, censurato la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle emergenze asseritamente contrarie delle stesse, hanno, tra l’altro, ritenuto che: -l’ipoteca concessa dal mutuatario con il mutuo fondiario era stata, in realtà, iscritta per munire della relativa garanzia il preesistente debito chirografario dello stesso mutuatario verso la banca mutuante; -tale ipoteca aveva determinato l’insufficienza del patrimonio residuo del debitore ‘ a soddisfare interamente gli altri creditori ‘, quali risultano ammessi allo ‘ stato passivo del fallimento ‘ .
2.9. La valutazione delle prove raccolte, però, costituisce, al pari del giudizio relativo all’effettiva ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e
all’ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni circa la ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione: se non per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere quest’ultimo, in sede di accertamento della fattispecie concreta, del tutto omesso la ‘ percezione ‘ (o, per contro, supposto l’esistenza) di uno o più fatti storici controversi, la cui esistenza (o, per contro, inesistenza) risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali ed abbiano carattere decisivo, nel senso che, ove percepiti (o, per contro, esclusi), avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere, a seconda dei casi, sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta e/o di ritenere l’insussistenza dei fatti dedotti dalla contro parte a fondamento della domanda o dell’eccezione proposta da quest’ultima ( cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14).
2.10. Il compito di questa Corte, in effetti, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici
rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, come in effetti è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.; Cass. n. 20871 del 2024, in motiv.).
2.11. Il decreto impugnato, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall’opponente, ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo né apparente né perplesso né contraddittorio e prendendo a tal fine in esame tutti i fatti rilevanti ai fini della decisione sull’eccezione di revoca proposta dal curatore , che: a) l’ipoteca concessa dal mutuatario poi fallito a garanzia della restituzione delle somme erogate per effetto del contratto di mutuo dedotto a fondamento della domanda d ‘ ammissione al passivo proposta (a suo tempo) dalla banca, era, in realtà, volta (esclusivamente) a garantire, pur a fronte dell’esistenza, alla data di stipula del mutuo, di altri debiti del mutuatario, successivamente ammessi al passivo, il preesistente debito chirografario dello stesso mutuatario; -b) tale iscrizione ipotecaria aveva, inoltre, determinato l’insufficienza del patrimonio residuo di quest’ultimo ‘ a soddisfare interamente gli altri creditori ‘ poi ammessi allo ‘ stato passivo del fallimento ‘.
2.12. Si tratta, peraltro, di un apprezzamento, che la ricorrente non ha utilmente censurato (nell’unico modo
possibile, e cioè, a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c.) con la precisa esposizione e la tempestiva allegazione, nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., dei fatti storici controversi la cui esistenza (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso) dal testo della pronuncia stessa o (più probabilmente) dagli atti del processo e dei quali, però, il Tribunale abbia del tutto omesso l’esame (o, per contro, supposto l’esistenza) nonostante che, per il loro carattere decisivo, tali fatti, ove percepiti (o, rispettivamente, esclusi), avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento fattuale della domanda proposta o dell’eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente o, per contro, da escludere il fondamento fattuale della domanda o dell’eccezione proposta dalla controparte .
2.13. Per il resto, non può che ribadirsi come: – il curatore, a norma dell’art. 66 l.fall., può domandare che siano dichiarati inefficaci (o, come nel caso in esame, eccepire l’inefficacia, anche quando si è prescritta la relativa azione: art. 95, comma 1°, in fine, l.fall.), nei confronti dei creditori, (de)gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore poi fallito abbia arrecato, in conseguenza della modifica così provocata al suo patrimonio (Cass. n. 1414 del 2020, in motiv.), un ‘ pregiudizio alle sue ragioni ‘ (cd. eventus damni ): ivi comprese, come si evince dall’art. 2901, comma 2°, c.c., ‘ le prestazioni di garanzia ‘ (come l’ipoteca), le quali, peraltro, ‘ agli effetti ‘ di tale norma, sono considerate come atti a titolo oneroso solo se contestuali al credito garantito, essendo, altrimenti (e cioè se successive al credito garantito), atti a titolo gratuito (a meno che, ‘ ad onta della non contestualità ‘, non emerga, in relazione alla situazione concreta, il loro carattere oneroso: Cass. n. 14376 del 2005, in
motiv.); -l a costituzione d’ipoteca non contestuale ma successiva al sorgere del credito garantito ha, dunque, almeno in linea di principio, (ove, cioè, non risulti, in fatto, il contrario, con la previsione, quale corrispettivo, di una prestazione a carico del creditore), la natura di atto a titolo gratuito, come accade nel caso in cui la stipulazione di un contratto di mutuo (anche se fondiario: Cass. n. 22563 del 2023), con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, non risulti, in re altà, destinata a procurare a quest’ultimo l’effettiva disponibilità delle relative somme, essendo, piuttosto, destinata a costituire un diritto di prelazione a garanzia del pagamento di una preesistente esposizione debitoria, non assistita da garanzia reale, che grava sullo stesso nei confronti del mutuante.
2.14. Il curatore che domandi (o, come nel caso in esame, eccepisca) la revoca(bilità) dell’iscrizione ipotecaria (quale concessione di una garanzia per un debito preesistente e, come tale, in difetto di emergenze fattuali diverse, atto a titolo gratuito) deve, tuttavia, dimostrare in giudizio tanto il pregiudizio alle ragioni degli altri creditori ( eventus damni ), quanto la consapevolezza dello stesso da parte del debitore poi fallito ( scientia damni ), rimanendo, per contro, irrilevante, secondo quanto si desume dall’art. 2901, comma 1°, n. 2, c.c., la scientia damni in capo al terzo contraente (Cass. n. 9987 del 2014, in motiv.; Cass. n. 21535 del 2018, in motiv.).
2.15. Il primo presupposto (oggettivo) è costituito dal pregiudizio che l’atto impugnato abbia arrecato alle (altre) pretese vantate da uno o più creditori nei confronti del debitore che ha compiuto l’atto dispositivo, che si verifica quando, a seguito del compimento dello stesso (e salvo il caso, nella specie neppure prospettato, della dolosa preordinazione dell’atto a danneggiare i crediti non ancora sorti nei confronti del suo
autore), il patrimonio del debitore sia diventato, sul piano quantitativo e/o qualitativo, tale da rendere impossibile ovvero più incerta o difficile l’integrale soddisfazione dei diritti di credito già vantati nei confronti del suo titolare e, come tali, in quanto insoddisfatti, ammessi poi al passivo del fallimento del debitore che ne è stato l’autore (cfr. Cass. n. 26331 del 2008; Cass. n. 19515 del 2019; Cass. n. 524 del 2023, in motiv.; Cass. n. 7201 del 2024).
2.16. Il secondo presupposto (soggettivo) consiste, a norma dell’art. 2901, comma 1°, n. 1, c.c., nella scientia damni del debitore e si risolve, in sostanza, nella conoscenza del danno che il compimento dell’atto può arrecare alle ragioni dei suoi creditori (Cass. n. 9192 del 2021), sicché, ai fini della sua sussistenza, è sufficiente la prova (che può essere fornita anche tramite presunzioni) che il debitore, a seconda dei casi, era consapevole di arrecare con l’atto impugnato un pregiudizio agli interessi dei creditori ovvero poteva ragionevolmente prevedere che gli stessi dal compimento dell’atto in questione potevano subire un danno, nei termini in precedenza illustrati, alle rispettive ragioni (Cass. n. 13343 del 2015; Cass. n. 966 del 2007; Cass. n. 15310 del 2007).
2.17. A tali principi si è, con ogni evidenza, attenuto il decreto impugnato.
2.18. Escluso, invero, che sia stata oggetto di censura da parte della ricorrente l ‘(implicita) statuizione del tribunale circa la sussistenza della scientia damni del debitore poi fallito (quale emergeva da ll’entità de i debiti esposti nei bilanci di esercizio e dall’incapacità del suo patrimonio di farvi fronte) rileva, per il resto, la Corte come il Tribunale abbia, in fatto, accertato che: l’ipoteca concessa dal mutuatario poi fallito a garanzia della restituzione delle somme erogate per effetto del contratto di
mutuo non era stata, in realtà, volta ad assicurare allo stesso l ‘effettiva disponibilità delle relative somme , ma solo a garantire l’adempimento del preesistente debito chirografario del mutuatario verso la banca mutuante; – tale iscrizione ipotecaria, avendo avuto in concreto lo scopo di munire della garanzia reale il preesistente credito chirografario della banca mutuante , aveva, per l’effetto, sottratto il corrispondente valore alla soddisfazione degli altri creditori in quel momento esistenti (e, come tali, ammessi poi al passivo) e determinato l’insufficienza del patrimonio residuo ‘ a soddisfare interamente gli altri creditori ‘; ha, sul fondamento dei fatti così accertati, correttamente ritenuto, in diritto, che l’iscrizione ipotecaria censurata dal curatore era, come tale, suscettibile di revoca a norma degli artt. 66 e 95, comma 1°, l.fall. e dell’art. 2901 c.c., e che il credito della banca doveva essere, di conseguenza, ammesso al passivo in collocazione chirografaria.
3.1. Il sesto motivo, con il quale la ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in ragione della ritenuta fondatezza delle censure sopra esposte, risulta, evidentemente, assorbito.
Il ricorso, per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, dunque, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso ; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio, che liquida nella somma di €. 6.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima