Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7243 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21714/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
INTESA SAN NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME che l a rappresenta e difende;
-controricorrente-
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2172/2021 depositata il 13/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La presente controversia, per quanto ancora d’interesse, ha origine dall’opposizione all’esecuzione promossa dalla signora NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (n.q. di procuratore del Banco di Napoli). In particolare, la opponente aveva contestato la legittimità di tale intervento, sostenendo che i crediti alla base dei titoli giudiziari fossero stati estinti a seguito di una transazione intercorsa tra l’RAGIONE_SOCIALE, nella qualità dedotta, e le sig.re NOME e NOME COGNOME in relazione a una procedura esecutiva immobiliare.
Con la sentenza n. 5791/2019 il Tribunale di Napoli ha accolto l’opposizione proposta dalla COGNOME ritenendo che i crediti azionati con l’intervento spiegato nella procedura esecutiva immobiliare fossero venuti meno per la transazione intervenuta tra l’RAGIONE_SOCIALE e la COGNOME nell’ambito della procedura esecutiva 1703/2007 del Tribunale di Napoli.
Con la sentenza n. 2172/2021 del 14 giugno 2021 la Corte d’Appello di Napoli, accogliendo il gravame proposto, ha riformato la sentenza impugnata e respinto l’opposizione all’esecuzione proposta dalla COGNOME relativa all’intervento nella procedura esecutiva, n. RGE 1074/08, da RAGIONE_SOCIALE.p.a., n.q. di procuratore del Banco di Napoli S.p.a. Ha rilevato che l’accordo transattivo faceva specifico riferimento alla procedura esecutiva n.
1073/2007 e non a quella oggetto del presente procedimento indicata con il n. di RGE 1074/08
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
3.1. Intesa Sanpaolo S.p.A. resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363,1366 e 1965 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c . ‘.
Si duole che la corte di merito non abbia interpretato l’accordo contrattuale secondo quanto previsto dagli artt. 1362 c.c. e ss., al fine di individuare la comune volontà delle parti. Inoltre, data la palese divergenza interpretativa, sostiene che la Corte avrebbe dovuto applicare il principio di buona fede, previsto dall’art. 1366 c.c.
Lamenta che la proposta transattiva del 16.10.2012, l’accettazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE e la successiva condotta delle parti dimostrano l’intenzione di estinguere entrambe le posizioni debitorie indicate nell’intervenuto accordo (contratto di mutuo e decreti ingiuntivi nn. 9364/07 e 10240/07).
4.1.1. Il motivo è infondato.
Va premesso che in tema di interpretazione del contratto, questa Corte ha in più occasioni affermato che la medesima, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche; per cui non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di
fatto già dallo stesso esaminati (Cass. 27 marzo 2007, n. 7500, e Cass. 30 aprile 2010, n. 10554). Analogamente, si è detto che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto quella poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 20 novembre 2009, n. 24539; Cass. 18 novembre 2013, n. 25861, e Cass. 4 marzo 2014, n. 5016).
Inoltre, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (tra le tante, Cass. 9461/2021).
Ae stregua le doglianze relative alla presunta violazione delle regole sull’interpretazione dei contratti – peraltro formulate con un generico richiamo agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., senza alcuna precisazione – sono destituite di fondamento.
La Corte d’appello, infatti, con una motivazione congrua e priva di contraddizioni e di vizi logici, ha interpretato l’atto transattivo ed è pervenuta alla conclusione che esso faceva riferimento ‘ai diritti sottostanti’ ovvero a quelli relativi alla procedura esecutiva n. 1073/2007 (cfr. pag. 8 e 9 sentenza impugnata).
Si tratta di un’interpretazione plausibile e del tutto ragionevole.
4.2. Con il secondo motivo denuncia ‘l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 5 c.p.c. ‘.
Secondo la ricorrente la sentenza sarebbe illegittima e meritevole di cassazione poiché manca qualsiasi considerazione riguarda alla presenza di una pluralità di rapporti tra le parti, comprese altre posizioni debitorie. In particolare, non è stata adeguatamente valutata la clausola, citata testualmente ‘il tutto ferma restando l’obbligazione della sig.ra COGNOME nei confronti del Banco di Napoli per il residuo credito rinveniente dalle fideiussioni a suo tempo rilasciate nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE Sport’.
4.2.1. Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno ribadito l’inammissibilità del ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento ad un motivo di ricorso che, pur prospettando l’omesso esame di risultanze probatorie, in realtà tendeva ad una diversa ricostruzione del merito di censure che degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione, perché pongono a loro presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476; Cass. n. 5987/2021; Cass. 16/4/2021, n. 10128; Cass. 10/8/2017, n. 19989).
Nella specie la corte di merito ha interpretato e la ricorrente non tiene affatto conto, sicché deve dirsi che il motivo non coglie affatto la ratio decidendi della sentenza impugnata dovendosi ribadire che per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione; il che non avviene quando, come in questo caso,
l’esercizio del diritto d’impugnazione non sia valso ad esplicitare né a specificare le ragioni per cui una data statuizione è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere.
La ricorrente si è limitata, infatti ad una mera affermazione apodittica.
5. Le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00 di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza