Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1384 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1384 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11260/2023 R.G. proposto da
Ambulatorio di Fisiokinesiterapia «Don Giuseppe Leone» di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del socio accomandatario eponimo, elettivamente domiciliata
– ricorrente –
contro
– controricorrente e ricorrente incidentale Corte d’Appello di avverso la sentenza n. 1912/2022 della Palermo, depositata il 22.11.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente -avendo svolto per diversi anni attività ambulatoriale di fisiokinesiterapia in regime di accreditamento con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento -si rivolse al Tribunale di quella città per chiedere la condanna dell’A zienda al pagamento degli interessi, maturati sui ritardati adempimenti rispetto alle previste scadenze contrattuali, e delle somme trattenute a compensazione dei contributi ENPAM versati dall’Azienda stessa a beneficio dei professionisti accreditati.
Il Tribunale accolse entrambe le domande, ma, per quanto riguarda gli interessi, riconoscendo soltanto il tasso legale ai sensi dell’art. 1284 c.c. e non il tasso più elevato previsto dal d.lgs. n. 231 del 2002.
L’Azienda Sanitaria impugnò la sentenza davanti alla Corte d’Appello di Palermo , che accolse parzialmente il gravame, confermando la decisione sulle trattenute ENPAM, ma rigettando totalmente la domanda della società relativamente agli interessi.
Contro la sentenza d’appello la società ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
L’Azienda sanitaria si è difesa con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
La ricorrente principale ha altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia «Violazione de ll’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento all’erronea e falsa applicazione dell’art. 7 del contratto sottoscritto il 19.1.2006 e dell’art. 6 dei contratti sottoscritti il 10.7.2006 e il 28.6.2007 con riferimento all’art. 1282 c.c. ed all’art. 4 del d.lgs. n. 231/2002».
La ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia escluso la decorrenza degli interessi dalle scadenze contrattualmente previste (45 giorni dopo la rendicontazione mensile delle prestazioni erogate), valorizzando le norme sulla contabilità dello Stato (in particolare, art. 5, comma 1, d.l. n. 382 del 1989, convertito in legge n. 8 del 1990), in forza delle quali «le obbligazioni della ASL vanno adempiute in ogni caso al domicilio del debitore». Da ciò il giudice d’appello ha tratto la conclusione che la scadenza del termine per l’adempimento non comportava l’automatica messa in mora del debitore ( ai sensi dell’art. 1219, comma 2, n. 3, c.c.) , con l’ulteriore conseguenza che non sarebbero dovuti interessi fino alla formale richiesta di adempimento (art. 1219, comma 1, c.c.).
Nell’illustrazione del ricorso si contesta alla Corte territoriale di non avere tenuto conto della specifica previsione contrattuale avente ad oggetto un preciso termine per i pagamenti dovuti dall’Azienda sanitaria e si osserva che quello intercorso tra le parti è un rapporto sussumibile nelle categoria delle «transazioni commerciali», con conseguente applicabilità delle scadenze di pagamento indicate ne ll’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2001, anche a prescindere dalla negata applicazione del relativo tasso maggiorato, come indicato nel successivo art. 5.
1.1. Il motivo è fondato.
1.1.1. La Corte d’Appello ha escluso che la semplice scadenza del termine contrattuale per il pagamento valesse come automatica messa in mora ( mora ex re ) dell’Azienda sanitaria, dal che ha tratto l ‘altrettanto automatica conseguenza che non fossero dovuti da quel momento gli interessi sul capitale non versato alla scadenza.
Sennonché, sebbene la premessa sia corretta (Cass. nn. 15579/2019; 19084/2015; 19320/2005), la conseguenza che ne è stata tratta è errata, perché la produzione di interessi «di pieno diritto» sui «crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro» è regola generale della disciplina delle obbligazioni pecuniarie (art. 1282, comma 1, c.c.), la cui applicazione prescinde dalla messa in mora del debitore. La scadenza del termine per il pagamento previsto nel contratto rende esigibile il credito avente ad oggetto una prestazione pecuniaria e ciò è sufficiente a far sì che il capitale produca interessi «di pieno diritto».
Sicuramente la messa in mora ha anche effetti su ll’obbligo di pagare gli interessi sul capitale non versato (art. 1224 c.c.), ma sono effetti che si aggiungono e che non escludono la produzione degli interessi legali «di pieno diritto», dovuti per il solo fatto che il debito pecuniario è liquido ed esigibile. In particolare, solo il debitore in mora è obbligato a pagare gli interessi legali «anche se non erano dovuti precedentemente» (art. 1224, comma 1, c.c.) ed è tenuto all’«ulteriore risarcimento», se il creditore «dimostra di avere subito un danno maggiore» (art. 1224, comma 2, c.c.).
La regola generale della naturale produzione di interessi «di pieno diritto» da parte dei crediti pecuniari liquidi ed esigibili soffre una prima specifica eccezione con riferimento ai «crediti
per fitti e pigioni», ove è specificatamente richiesta la «costituzione in mora» (art. 1282, comma 2, c.c.; v., infatti, Cass. n. 5066/2009). Ma proprio la previsione di un’eccezione conferma che, al di fuori del suo ben delimitato ambito (e al di fuori dell’ambito di operatività di ogni altra specifica eccezione eventualmente prevista dalla legge), deve trovare applicazione la regola generale.
Dunque, a l netto dell’improprio riferimento in rubrica a una censura per falsa applicazione delle disposizioni contrattuali (che ovviamente non può essere oggetto diretto di ricorso per cassazione), la ricorrente indica correttamente l’art. 1282 c.c. tra le norme di diritto violate nella sentenza impugnata.
1.1.2. A ciò si aggiunga che « Le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell’erogazione di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica.
Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002 » (Cass. S.U. n.
35092/2023, alla cui motivazione si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; conf. Cass. n. 29472/2024).
Nel caso qui in esame l’applicazione del d.lgs. n. 231 del 2002 non viene in rilievo ai fini della determinazione della misura de gli interessi dovuti dall’Azienda, perché la sentenza di primo grado ha statuito che si applica il tasso di interesse legale dell’art. 1284 c.c. e la decisione non è stata appellata in parte qua . Ma la qualificazione del rapporto tra le parti come «transazione commerciale» rafforza ulteriormente il già affermato obbligo di pagare gli interessi legali dalla scadenza del termine per l’adempimento, in virtù della specifica previsione contenuta nell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 231 del 2002: «Gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora».
Con l’ulteriore precisazione che la specifica previsione contrattuale di un preciso termine di pagamento prevale sui termini indicati nei commi seguenti del medesimo art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002, i quali sono destinati ad operare solo «in difetto di una predeterminazione convenzionale dei termini per il pagamento» (Cass. n. 17684/2020) o in sostituzione di clausole che, per l’eccessiva durata del termine pattuito , risultino in contrasto con le disposizioni ivi contenute.
L’accoglimento de l primo motivo di ricorso principale determina l’assorbimento dei due rimanenti motivi.
2.1. Del secondo motivo -che è rubricato «Violazione de ll’ art. 360, comma 1, nn. 4, c.p.c. e 112 c.p.c.; assenza totale di motivazione o motivazione esclusivamente apparente sull’applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 231/2002 ; nullità della sentenza» -la stessa ricorrente precisa, in coda alla sua
illustrazione, che esso è stato svolto «in subordine all’accoglimento del primo motivo» .
Si tratta, infatti, della denuncia di mancanza di motivazione della sentenza sulla questione di diritto che è stata direttamente riproposta in questa sede con il primo motivo.
2.2. Il terzo motivo è rubricato «erronea applicazione dell’art. 1219 c.c. e dell’art. 1284, comma 4, c.c. art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il motivo è implicitamente, ma chiaramente, subordinato ai precedenti, in quanto propone una decorrenza degli interessi diversa e successiva rispetto a quella delle scadenze contrattualmente previste, ovverosia la decorrenza degli interessi dal momento della domanda giudiziale. Anche di questo motivo è dunque superfluo l’esame (fermo restando che non ci sarebbe potuta essere una decorrenza dalla domanda, posto che questa ha ad oggetto solo gli interessi, sicché, se non fossero maturati interessi prima della domanda, non ci sarebbe alcun capitale su cui applicare l’ art. 1284, comma 4, c.c.).
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento denuncia «Violazione dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per falsa e/o erronea applicazione dell’art. 4 d.P.R. n. 120 del 23.3.1988, in relazione al Decreto Assessoriale Regione Siciliana n. 2835 del 13.12.2007».
Si contesta alla Corte territoriale di non avere «tenuto in considerazione la peculiarità della materia trattata, soggetta all’applicazione p roprio nel territorio della Regione Siciliana, del sopra richiamato D.A n. 2835 dl 13.12.2007, che disciplina specificatamente tale materia, e la relativa stipula dei contratti
sottoscritti tra le Aziende Sanitarie e le strutture sanitarie preaccreditate».
3.1. Il motivo è inammissibile, perché si limita a ripotare e ribadire il motivo di appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte territoriale di Palermo ha osservato che le disposizioni impartite dall’assessorato hanno natura di atto amministrativo (come tale inidoneo a determinare una modifica unilaterale del contenuto di un contratto di cui la pubblica amministrazione è parte) e che, in ogni caso, sono «dirette a fissare un limite di spesa complessiva per la specialistica convenzionata nell’ambito de i rapporti di natura pubblicistica tra la Regione e l’Azienda» (quindi, non a regolare il rapporto contrattuale tra Azienda e struttura privata).
Da tale premessa il giudice d’appello ha tratto la corretta conseguenza che il rinvio, nel contratto stipulato tra le parti, «al pagamento degli oneri contributivi secondo la normativa vigente» doveva intendersi riferito al l’art. 4 del d.P.R. n. 120 del 1988, a mente del quale «sui compensi liquidati ai medici specialisti convenzionati l ‘ ente erogatore provvede mensilmente a versare all ‘ ENPAM, sul conto personale di ciascun sanitario, un contributo previdenziale pari al 12 per cento, di cui il 10 per cento a carico dell ‘ ente ed il 2 per cento a carico del medico».
Con tale motivazione avrebbe dovuto confrontarsi il ricorso incidentale, che invece si è limitato a ribadire, senza apportare argomenti a sostegno, l’affermazione secondo cui avrebbe dovuto trovare applicazione il citato decreto assessoriale.
In definitiva, accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei rimanenti due motivi, e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità, attenendosi al seguente principio di diritto: « Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1282 e 1224 c.c., salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente, i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto e, quindi, anche a prescindere dalla messa in mora del debitore, la quale rileva ai diversi fini di rendere dovuti gli interessi anche se non erano dovuti precedentemente e di far sorgere il diritto del creditore all’ulteriore risarcimento , qualora dimostri di avere subito un danno maggiore ».
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste con riferimento al ricorso incidentale -il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo e il terzo motivo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità;
dà atto della sussistenza, a carico della sola ricorrente incidentale, del presupposto per il raddoppio del contributo
unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del