Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28514 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 28514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 8123/23 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-) Fallimento della RAGIONE_SOCIALE , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze 24 marzo 2023 n. 604; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 settembre 2025 dal AVV_NOTAIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso limitatamente al terzo motivo;
udito, per la parte ricorrente, l ‘ AVV_NOTAIO e per la parte controricorrente l ‘ AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
L ‘ esposizione dei fatti di causa sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.
Oggetto:
azione di arricchimento
ingiustificato
presupposti.
Nel 2015 il Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Firenze AVV_NOTAIO, esponendo che:
-) NOME COGNOME sino al 21 gennaio 2008 era stato socio unico ed amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE;
-) il 21.1.2008 NOME COGNOME cedette la sua quota sociale parte alla figlia e parte al genero; contestualmente la società mutò ragione sociale in ‘RAGIONE_SOCIALE‘;
-) anche dopo la cessione della quota sociale NOME COGNOME continuò di fatto a gestire la società;
-) a luglio del 2009 la RAGIONE_SOCIALE fu posta in liquidazione, e l ‘ 11.6.2013 fu dichiarata fallita;
-) dalle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE era emerso che, nel corso dell ‘ anno 2008, la società aveva pagato a NOME COGNOME (imprenditore individuale) 75.000 euro a titolo di remunerazione per servizi di ‘pulizia e facchinaggio’;
-) i suddetti lavori di pulizia e facchinaggio, tuttavia, erano stati eseguiti non a beneficio della RAGIONE_SOCIALE che li aveva pagati, ma a beneficio dell ‘ impresa individuale di NOME COGNOME, operante sotto la ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE.
Premessi questi fatti, il fallimento concluse il proprio atto di citazione deducendo che:
-) la RAGIONE_SOCIALE in bonis aveva pagato a NOME COGNOME un debito che non era proprio, ma era di NOME COGNOME;
-) di conseguenza ‘i l pagamento e/o il rimborso delle somme versate dalla RAGIONE_SOCIALE a saldo di debiti non suoi, bensì esclusivamente della RAGIONE_SOCIALE, è (…) dovuto dal Sig. NOME COGNOME, in qualità di titolare di tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE cessata (…) in forza del disposto dell’ art. 2041 Cod. Civ. ‘ (così l ‘ atto di citazione, p. 13, primo capoverso).
NOME COGNOME si costituì eccependo:
la nullità dell ‘ atto di citazione, sul presupposto che il Fallimento aveva esposto fatti dimostrativi d ‘ una responsabilità aquiliana, ma poi concluso chiedendo una condanna ex art. 2041 c.c., sicché ( questa pare essere la conclusione implicita, ma non espressamente enunciata ) nell ‘ atto di citazione vi era uno iato logico tra il fatto allegato e la pretesa giuridica su esso fondata (p. 6);
l ‘ inammissibilità della domanda di ingiustificato arricchimento, per difetto del requisito della residualità; il convenuto sostenne che, se la RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto spese avventate a favore di terzi con conseguente pregiudizio patrimoniale, tale fatto costituiva fonte di responsabilità per gli amministratori, da far valere con le apposite azioni di danno (pp. 14 e 15, terzo capoverso);
nel merito, negò esservi prova che la RAGIONE_SOCIALE avesse effettuato pagamenti a NOME COGNOME; negò che le somme eventualmente versate a NOME COGNOME per lavori di ‘pulizia e facchinaggio’ fossero andate a beneficio della propria impresa individuale; negò di essere stato un amministratore occulto della RAGIONE_SOCIALE nel periodo in cui avvennero i suddetti pagamenti (p. 18, primo capoverso; tutte le eccezioni appena elencate sono esposte nell ‘ ordine di cui all ‘ art. 276, secondo comma, c.p.c. e non in quello in cui compaiono nella comparsa di risposta di primo grado).
Con sentenza 17.3.2020 n. 768 il Tribunale di Firenze accolse in parte la domanda.
Per quanto qui rileva ritenne che:
-) l ‘ eccezione di inammissibilità della domanda di ingiustificato arricchimento era infondata, in quanto ‘ non è stato provato alcun rapporto contrattuale tra RAGIONE_SOCIALE e la ditta individuale , tale da fondare una domanda di responsabilità da inadempimento ‘ ;
-) chi paga il debito altrui consapevolmente non ha a disposizione l ‘ azione di indebito, ma solo quella di ingiustificato arricchimento, nei confronti del debitore liberato;
-) nel merito, ‘ non stato contestato ‘ che le fatture emesse da NOME COGNOME erano relative a prestazioni eseguite in favore di NOME COGNOME, né che erano state pagate dalla RAGIONE_SOCIALE. La sentenza fu appellata da ambo le parti.
6. Col proprio gravame NOME COGNOME:
-) negò di ‘non avere contestato’ la circostanza del pagamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, delle fatture emesse da NOME COGNOME;
-) censurò il rigetto dell ‘ eccezione di inammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. e l ‘ accoglimento di tale domanda ;
-) dedusse non esservi prova che le prestazioni svolte da NOME COGNOME fossero state volte al proprio personale vantaggio .
Con sentenza 24.3.2023 n. 604 la Corte d ‘ appello di Firenze rigettò il gravame.
La Corte d ‘ appello ritenne che:
-) l ‘ azione di ingiustificato arricchimento era ammissibile, perché nell ‘atto di citazione introduttivo del primo grado ‘ non risultano indicati i presupposti in fatto per la teorica proponibilità di alcuna azione a titolo di responsabilità extracontrattuale nei confronti del convenuto COGNOME NOME ‘; aggiunse che era irrilevante la circostanza che nell ‘ atto di citazione il Fallimento avesse qualificato NOME COGNOME come ‘ Deus ex machina’ della RAGIONE_SOCIALE, dal momento che l ‘ atto di citazione non conteneva l ‘allegazione di ‘ circostanze in ordine alla funzione gestoria del suddetto e pertanto del ruolo di amministratore di fatto ‘;
-) la relativa domanda era anche fondata perché:
(a) NOME COGNOME non aveva contestato che le prestazioni di NOME COGNOME andarono a suo vantaggio;
(b) NOME COGNOME solo in appello aveva dedotto che le prestazioni svolte da NOME COGNOME si sarebbero dovute presumere eseguite a pro della RAGIONE_SOCIALE, perché svolte nei locali di quest ‘ ultima;
(c) in ogni caso, dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE svolgesse la propria attività all ‘ interno di locali a lei dati in comodato non consentiva di ritenere, per ciò solo, provato che i lavori di facchinaggio e pulizia svolti dall ‘ impresa di NOME COGNOME andarono a beneficio della RAGIONE_SOCIALE in bonis .
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su tre motivi.
Il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La Procura AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l ‘ accoglimento del terzo motivo di ricorso ed il rigetto dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è censurata la decisione di rigetto dell ‘ eccezione di inammissibilità della domanda di ingiustificato arricchimento.
Il ricorrente denuncia la violazione in particolare degli artt. 2041 e 2042 c.c., e nell ‘ illustrazione del motivo deduce che il fallimento, nell ‘ atto di citazione, aveva esposto fatti astrattamente idonei a giustificare una responsabilità aquiliana di NOME COGNOME (l ‘ essere un amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, l ‘ avere effettuato spese inutili e dannose per la società) .
1.1. Il motivo è infondato.
La domanda va qualificata in base al fatto costitutivo dedotto dall ‘ attore a fondamento di essa.
Nel caso di specie il fatto materiale posto dal Fallimento a fondamento della pretesa qui in esame fu : ‘ la società RAGIONE_SOCIALE ha pagato a NOME COGNOME le prestazioni contrattuali da questi eseguite a favore di NOME COGNOME ‘.
La parte attrice dunque non dedusse, a fondamento della domanda, alcuno dei fatti costitutivi dell ‘ illecito aquiliano: non la colpa o il dolo, non l ‘ illiceità della condotta, non l ‘ ingiustizia del danno.
Allegò semplicemente di avere pagato il debito altrui sapendo di farlo.
Come già ritenuto da questa Corte, in simile evenienza al solvens non spetta l ‘ azione recuperatoria di cui all ‘ art. 1180 c.c.. Infatti, l ‘ adempimento spontaneo di un ‘ obbligazione da parte del terzo, ai sensi dell ‘ art. 1180 c.c., se determina l ‘ estinzione dell ‘ obbligazione, non attribuisce automaticamente al solvens un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore.
Pertanto, il terzo che abbia pagato il debito altrui sapendo (o dovendo sapere) di non essere debitore può agire unicamente per ottenere l ‘ indennizzo per l ‘ ingiustificato arricchimento, stante l ‘ indubbio vantaggio economico ricevuto dal debitore (Cass. Sez. U., 29/04/2009, n. 9946; Cass. Sez. 3, 17/06/2025, n. 16213).
1.2. Né sono condivisibili le deduzioni del ricorrente circa l ‘ insussistenza, nel caso di specie, del presupposto della ‘residualità’ di cui all’ art. 2042 c.c., necessario per l ‘ accoglimento della domanda di ingiustificato arricchimento. Infatti, come esattamente rilevato dalla Procura AVV_NOTAIO, il requisito della residualità era soddisfatto, in quanto (considerato ‘ il mero ruolo gestorio’ svolto da NOME COGNOME) non basta amministrare di fatto una società commerciale, perché sorga in capo al gestore ipso facto una responsabilità per colpa o dolo per qualsiasi ammanco di bilancia o spesa evitabile.
2. Il secondo motivo di ricorso .
Col secondo motivo il ricorrente deduce che erroneamente la Corte d ‘ appello ha ritenuto raggiunta la prova che le prestazioni affidate dalla RAGIONE_SOCIALE in bonis a NOME COGNOME furono svolte a pro di NOME COGNOME.
2.1. Il motivo è inammissibile, perché censura la valutazione delle prove, la quale è riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità.
3. Il terzo motivo di ricorso.
Col terzo motivo è censurata la sentenza d ‘ appello nella parte in cui ha ritenuto ‘non contestata’ la circostanza che NOME COGNOME svolse lavori di pulizia e facchinaggio a favore di NOME COGNOME, il cui corrispettivo gli fu versato dalla RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.
Vero è, infatti, che NOME COGNOME in primo grado ed in appello contestò le allegazioni in facto del fallimento; tuttavia, la Corte d ‘ appello non ha deciso la causa solo in virtù del principio di non contestazione, ma anche in virtù di ulteriori considerazioni, basate sugli elementi di prova raccolti nel corso dell ‘ istruttoria (interrogatorio del liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, fatture, presunzioni semplici).
Pertanto, quale che dovesse essere la correttezza del giudizio sulla ‘non contestazione’, la caducazione in parte qua della sentenza non potrebbe comportarne la cassazione, perché la restante motivazione sarebbe di per sé sufficiente a sorreggere l ‘ esito del giudizio.
4. Le spese.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono a carico del ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 385, comma 1, c.p.c.: e sono liquidate nel dispositivo.
Per questi motivi
la Corte di cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.855, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 30 settembre 2025.
Il consigliere estensore
Il Presidente (NOME COGNOME)
(NOME COGNOMECOGNOME