Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11076 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4499/2021 proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappres. p.t., rappresentati e difesi d all’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrenti
–
-contro-
NOME COGNOME (in proprio e nella qualità di ex socio di RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME (nella qualità di ex socia della RAGIONE_SOCIALE); RAGIONE_SOCIALE (quale società incorporante la RAGIONE_SOCIALE); rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
-controricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del legale rappres. p.t.; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t.;
-intimati- avverso la sentenza n. 1720/2020 dell a Corte d’Appello di Milano , pubblicata in data 8.07.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/03/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza del 18.4.2018 il Tribunale di Milano rigettava la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di vendita delle quote della RAGIONE_SOCIALE tra loro stipulato il 15.11.2011- che prevedeva la caparra confirmatoria di euro 1.900.000,00 e il saldo-prezzo di euro 12.585.000,00 da versare alla stipula del contratto definitivo- e la condanna delle convenute al pagamento alla Mauer del doppio della caparra versata, previo accertamento dell’ineffica cia della cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE– stipulata in pari datae la restituzione del prezzo pagato.
Al riguardo, il Tribunale osserva che: era da escludere, sulla base di una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti, l’importanza di quelli lamentati dalla RAGIONE_SOCIALE, affermando invece la prevalenza, nel contributo causale al mancato perfezionamento dell’accordo tra le parti, dell’inadempimento della promissaria acquirente la quale, a fronte di inadempimenti della controparte di scarsa rilevanza, aveva rifiutato di concludere la cessione delle quote e il pagamento della parte preponderante del pr ezzo (circa l’87%); infatti, i pesi sul Palazzo abbaziale a favore del Comune di Villanova del
COGNOME o della Parrocchia- dei quali peraltro la promissaria acquirente neppure aveva saputo precisare con sufficiente chiarezza la consistenza e soprattutto la differenza quanti e qualitativa rispetto a quanto da lei stessa autorizzato e comunque conosciuto- erano in concreto pressoché irrilevanti nell’economia del contratto, atteso che la RAGIONE_SOCIALE -operante nel settore lattiero caseariosi era espressamente determinata all’affare per l’esistenza e le caratteristiche del vasto fondo agricolo e non certo per la presenza degli edifici storici (pacificamente in precario stato di manutenzione); l’impegno alla cancellazione dell’ipoteca iscritta, nulla in contrario autorizzando la lettera del contratto, ben poteva essere assolto – come da nota prassi negoziale in materia- in un momento (giuridicamente precedente ma) temporalmente coincidente con la conclusione della cessione definitiva, utilizzandosi proprio il cospicuo saldo prezzo dovuto dalla COGNOME per l’estinzione del debito bancario e la contestuale cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, né l’attrice ha dedotto, a sostegno di una interpretazione di buona fede diversa da quella fatta propria dal Tribunale, di aver avuto bisogno della cancellazione con congruo anticipo rispetto al 31/12/2012 per proprie esigenze di finanziamento ipotecario (come del resto attestato dall’assenza di doglianze sul punto prima della diffida a concludere il contratto definitivo); la mancata nomina di un componente di nomina del COGNOME nel consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE integrava invece certamente un inadempimento, che però poteva ritenersi secondario rispetto al concreto interesse della Mauer all’affare, atteso che, oltre all’assenza di sollecitazioni sul punto dei venditori prima della ricezione della diffida ad adempiere del gennaio 2013, anche il possibile interesse ad avere voce nella redazione del bilancio 2012 della società target, al quale era agganciato il possibile aggiustamento successivo del prezzo
di acquisto (necessariamente successivo, quindi, al termine del 31/12/2012 fissato per la stipula: clausola 2, seconda parte, del primo contratto), ben poteva essere ancora utilmente soddisfatto, atteso che tale bozza sarebbe stata verosimilmente redatta non prima dell’aprile/giugno del 2013 – procedendo alla nomina subito dopo la cessione o contestualmente alla stessa- momento in cui la stessa RAGIONE_SOCIALE avrebbe oltretutto avuto la totalità dei voti in assemblea; né del resto l’attrice aveva lamentato alcuna concreta omissione od opacità contabile che la mancata nomina anticipata di un suo membro nel consiglio d’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE le avrebbe impedito di verificare; alla luce di ciò, e della comprensibile cautela di RAGIONE_SOCIALE e Razza Lomellina nei confronti di una promissaria acquirente che solo pochi mesi prima non era stata capace di condurre in porto il medesimo affare proprio per riconosciuta incapacità economica a procurarsi la provvista necessaria al pagamento del corrispettivo; pertanto, era accolta la domanda proposta dai convenuti per l’accertamento della legittimità del loro recesso, con assorbimento -attesa l’omnicomprensività del ristoro legale forfettizzato costituito dalla ritenzione della caparra (art. 1385 co. 2° c.c.)- delle ulteriori domande, anche risarcitorie proposte in via riconvenzionale subordinata.
Co n sentenza dell’8.7.2020, la Corte territoriale rigettava l’appello proposto dagli originari attori, osservando che: era inammissibile il motivo concernente l’eccezione di nullità contrattuale per indeterminatezza del prezzo, in quanto nuova e non già ‘una diversa prospettazione giuridica della stessa domanda già proposta in primo grado’, e comunque infondata poiché il prezzo di vendita delle quote sociali era stato espressamente determinato nella somma complessiva di euro 14.485.000,00, con possibilità di aggiustamenti conseguenti ad
una situazione patrimoniale (della società le cui quote erano oggetto di cessione) diversa da quella prospettata al momento della determinazione del prezzo e comprendente ‘ all’attivo il solo compendio immobiliare sito in comune di Villanova del Sillaro valutato € 14.485.000,00… ed al passivo le sole poste del patrimonio netto e l’intero effettivo azzeramento nei conti d’ordine della posta oggi rappresentata quale terza dat rice d’ipoteca a garanzia del debito della società mutuataria RAGIONE_SOCIALE ; l’ appellante neppure ha contestato (né tantomeno provato) che la situazione patrimoniale della società al 31.12.2012 fosse difforme da quella sopra descritta; pertanto, era da escludere l’impossibilità di ipotizzare un inadempimento per il mancato pagamento di un prezzo non ancora definitivo; i ricorrenti non avevano neppure contestato la circostanza della programmata presenza -avanti al notaio designato -del funzionario delegato dall’istituto di credito, al fine di prestare il pattuito assenso alla cancellazione a opera della Banca creditrice ipotecaria; inoltre, la compravendita aveva ad oggetto le quote della RAGIONE_SOCIALE, e non già direttamente i beni immobili dalla stessa posseduti, onde un’eventuale (e comunque dalla sentenza esclusa) permanenza del vincolo ipotecario sugli stessi (anche in fase di stipula dell’atto di acquisto delle quote) avrebbe avuto rilievo sul profilo della minor quantificazione del prezzo (traducendosi in una rilevante differenza della situazione patrimoniale) e non già direttamente sull’oggetto della compravendita; non essendo stata prestata alcuna garanzia in tal senso, la suddetta eccezione era priva di fondamento; era altresì infondata la doglianza relativa all’inadempimento dei promittenti venditori rappresentato dalla costituzione di vincoli reali sui beni immobili posseduti, non avendo essi impugnato il punto motivazionale relativo al rilievo che i suddetti vincoli fossero conosciuti dall’acquirente e dallo stesso autorizzati, neppure
essendo indicata l’estensione del preteso scostamento rispetto a quanto autorizzato; né costituiva inadempimento la mancata nomina di un componente di fiducia dell’acquirente, quale membro del consiglio di amministrazione della società compravenduta (e, prima ancora, la mancata trasformazione dell’organo di amministrazione dalla forma dell’amministratore unico a quella collegiale del consiglio di amministrazione), non essendo stato allegato di aver chiesto che fosse dato corso al previsto inserimento, neppure essendo stato provveduto all’indicazione del soggetto che avrebbe dovuto assumere l’indicata carica, con la conseguenza che non poteva ritenersi scaduto il termine per procedere alla esecuzione della modifica, e ciò anche prescindendo dal fondamentale rilievo della mancata allegazione di qualsivoglia nocumento che sarebbe derivato dal lamentato inadempimento La RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE ricorrono in cassazione, avverso la citata sentenza d’appello, con cinque motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME (nella qualità di ex soci della RAGIONE_SOCIALE), e l’ RAGIONE_SOCIALE (quale incorporante per fusione della RAGIONE_SOCIALE), illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1385, comma 2, 1460 e 2697, c.c., nonché ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per motivazione apparente.
In particolare, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello : avrebbe erroneamente applicato le norme ermeneutiche relative al contenuto del contratto preliminare, per non aver tenuto conto che il corrispettivo della cessione non fosse stato determinato dall’inizio nel suo preciso ammontare, ma che fosse determinabile sulla base della situazione
patrimoniale prospettica della società al momento della stipula del contratto definitivo; ha omesso di considerare tale mancata determinazione, che avrebbe precluso alle promittenti acquirenti la possibilità di pagare il prezzo, anche perché la situazione patrimoniale era nota solo alla controparte.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 1362 e 1363, cc, nonché omesso esame di fatto decisivo, per aver la Corte d’appello ritenuto che la mancata cancellazione dell’ipoteca di euro 10.280.000,00 gravante sul bene immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, anteriormente alla stipula del contratto definitivo, non integrerebbe un grave inadempimento.
Il terzo motivo denunzia nullità della sentenza e violazione degli artt. 1362, 1460, 13 85, c.2, cc, per non aver la Corte d’appello tenuto conto dei vincoli reali gravanti sull’immobile e della incidenza degli stessi sulla determinazione del prezzo, anche in violazione dell’art. 6 del contratto preliminare, ai fini della valutazione della gravità del l’inadempimento.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1385, comma 2, c.c., per non aver la Corte territoriale considerato quale grave inadempimento la mancata nomina nell’ambito del c onsiglio di amministrazione di un consigliere da parte dei futuri acquirenti e, al contempo, la mancata sostituzione dell’amministratore unico con un consiglio di amminis trazione composto da tre membri.
Il quinto motivo denunzia violazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c., per aver la Corte d’appello condannato parte appellante al pagamento della somma di euro 13.560,00, per aver abusato del processo.
Inoltre, i ricorrenti reiterano la domanda proposta nei confronti di NOME COGNOME, ritenuta assorbita dalla Corte territoriale, avente ad oggetto la risoluzione dei vari contratti di
cessione delle quote della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , quale conseguenza della caducazione del suddetto contratto preliminare.
Il primo motivo è inammissibile. Premesso che la motivazione non è affatto apparente, la doglianza tende al riesame dei fatti, ovvero a contrapporre una diversa motivazione; né è corretto sostenere che i ricorrenti non avrebbero potuto sollevare eccezioni sulla situazione patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE (le cui quote erano oggetto del preliminare di vendita) il cui stato patrimoniale era certo conoscibile attraverso l’esame dei relativi bilanci e documenti allegati (né al riguardo sono stati allegati impedimenti).
Il secondo motivo è inammissibile perché rimette in discussione l’accertamento di fatto non attraverso l’esatta individuazione dei parametri interpretativi che sarebbero stati violati. Al riguardo, va osservato che, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass., n. 9461/2021).
Nella specie, come detto, i ricorrenti non hanno prospettato la violazione delle regole ermeneutiche, e in quale modo la Corte di merito
si sarebbe da esse discostata, limitandosi a contrappore all’interpretazione di quest’ultima – in ordine alla ritenuta non gravità dell’inadempimento ravvisato nella mancata cancellazione dell’ipoteca di euro 10.280.000,00 gravante sul bene immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, anteriormente alla stipula del definitivo- una diversa valutazione dei fatti circa il termine entro cui avrebbe dovuto essere cancellata l’ipoteca.
Il motivo è altresì inammissibile anche con riferimento alla doglianza di omesso esame, venendo in rilievo su tale vizio motivazionale la doppia conforme.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto parimenti diretto al riesame dei fatti circa la valutazione di non rilevanza della questione relativa alla costituzione di nuovi vincoli sugli immobili della RAGIONE_SOCIALE, quali fatti conosciuti dalla promittente acquirente. La doglianza, peraltro, non coglie la ratio decidendi , in quanto la Corte d’appello ha evidenziato che l’obbligo assunto con il contratto preliminare in ordine all’assenza di vincoli dell’oggetto del trasferimento afferiva alle quote sociali e non ai beni immobili posseduti dalla società.
Su quest’ultimo punto giova rilevare che , secondo l’orientamento di questa Corte, ‘la cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione -possono giustificare la risoluzione del contratto di cessione per difetto di “qualità” della cosa venduta ai sensi dell’art.1497 cod. civ. (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che in concreto la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non
al suo valore economico) solo se il cedente abbia fornito a tale riguardo specifiche garanzie contrattuali ‘ (Cass., n. 26690/2006; n. 16031/2007).
Ne consegue che la critica in esame non è neppure pertinente all’oggetto contrattuale , atteso che i ricorrenti non hanno mai allegato nessuna questione attinente alla garanzia relativa alla cessione delle quote sociali.
Il quarto motivo è parimenti inammissibile, poiché diretto al riesame dei fatti, contest ando l’interpretazione contenuta nella sentenza impugnata e contrapponendone una diversa.
In particolare, i ricorrenti formulano una doglianza alquanto genericariproducendo il testo dell’art. 4 del contratto preliminare – senza attingere la ratio decidendi in questione, avendo la Corte di merito rilevato che la parte appellante non aveva allegato di aver mai indicato il soggetto che avrebbe dovuto essere nominato consigliere del consiglio d’amministrazione , ciò che costituiva presupposto imprescindibile per l’adempimento, non essendo possibile, in mancanza, configurarsi la mora dei promittenti venditori.
Invero, i ricorrenti non indicano come e quando avrebbero formulato la specifica richiesta del soggetto da nominare nel suddetto consiglio, sorvolando del tutto sulla questione.
Il quinto motivo è del pari inammissibile, volto genericamente al riesame dei fatti posti a sostegno della condanna emessa ex art. 96, c.3, cpc.
Infine, la domanda reiterata è da considerare assorbita dall’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 14.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 28 marzo 2025.