Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6785 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6785 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8572/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa quale mandataria e procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
LO COGNOME NOME, LO COGNOME NOME, COGNOME NOME, UNICREDIT SPA, RAGIONE_SOCIALE;
-intimati- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 2009/2019 depositata il 22/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio i sigg. NOME COGNOME ed altri, per sentir nei loro confronti dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di donazione da parte del COGNOME e della moglie sig. NOME COGNOME in favore dei figli NOME e NOME COGNOME della quota, pari a ½ della nuda proprietà di un immobile, in quanto asseritamente pregiudicante la garanzia patrimoniale del credito vantato nei confronti del COGNOME, quale fideiussore omnibus della società RAGIONE_SOCIALE, esposta per una somma pari ad euro 1.330.000,00.
Nella resistenza dei convenuti e dell’intervenuta società RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti in blocco di RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima, incorporante RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), con sentenza n. 2009/2019 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di donazione della quota di proprietà del padre della nuda proprietà dell’immobile, rigettando la domanda nei confronti della NOME e dei figli NOME e NOME COGNOME, limitatamente alla parte relativa alla donazione della quota spettante alla madre, della nuda proprietà dell’immobile di Capri.
Con ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ. n. 3230/2019, depositata in data 20/12/2019, la Corte di Appello di Napoli,
dichiarata la contumacia della società RAGIONE_SOCIALE e della NOME, ha dichiarato inammissibili i riuniti appelli interposti sia dal sig. NOME COGNOME che, con atto autonomo, dai figli NOME e NOME COGNOME.
Avverso la suindicata ordinanza della corte di merito il sig. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria.
3.1. Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, che ha depositato anche memoria. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
3.2. Con separato ricorso per cassazione, rubricato sub R.G. n. 8582/2020, avverso la suindicata ordinanza della corte di merito hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi illustrati da memoria, i sigg. NOME e NOME COGNOME, cui resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, che ha depositato anche memoria.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disposta ex art. 335 c.p.c. la riunione, al presente, del ricorso sub. R.G. n. 8582/2020.
5.1. Con il primo complesso motivo il ricorrente sig. NOME COGNOME denuncia ‘omessa ponderata valutazione delle prove raccolte’ nonché ‘omessa motivazione circa la scelta di non disporre la verifica tecnica delle asserzioni delle parti, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 4 c.p.c.’.
Si duole che nell’accertare la sussistenza dell’ eventus damni il proprio patrimonio non sia stato correttamente valutato.
Lamenta l’erronea valutazione delle emergenze processuali e probatorie, dolendosi in particolare della mancata considerazione della partecipazione totalitaria delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE, idonea a rendere capiente il suo patrimonio in relazione al credito vantato dalla banca.
Si duole non essere stata disposta CTU al riguardo.
5.2. Con il secondo motivo denuncia <> degli artt. 2188, 2469, 2470, 2471 e 2901 c.c., e dell’art. 101 disp. att. c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Si duole essersi considerata la partecipazione totalitaria del ricorrente ad RAGIONE_SOCIALE quale valore immobiliare effimero e volatile da equiparare, ai fini dell’articolo 2901 c.c., alla proprietà di denaro contante.
Lamenta che tale ratio decidendi si fonda su ragioni di infondatezza diverse o ulteriori rispetto a quelle poste a base della decisione di primo grado.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Le censure sollevate risultano invero volte a sollecitare un diverso apprezzamento delle prove raccolte rispetto a quello compiuto dai giudici di merito, laddove nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti.
Non essendo questa Corte giudice del fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da
rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
Nel caso di specie il Tribunale ha valutato dettagliatamente sia il patrimonio mobiliare sia quello immobiliare del COGNOME (cfr. pag. 10, 11 e 12 sentenza impugnata) e sulla base di tale analisi ha ritenuto sussistente l’elemento dell’ eventus damni poiché l’atto donativo posto in essere dal ricorrente era idoneo a rendere più difficile ed incerto il recupero coattivo del credito da parte della RAGIONE_SOCIALE.
6.1. Con particolare riferimento al 2° motivo va ulteriormente posto in rilievo che giusta orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’ordinanza della Corte d’Appello pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis non è autonomamente impugnabile in cassazione quando, come nel caso di specie, conferma le statuizioni di primo grado pur se con un percorso argomentativo parzialmente diverso da quello seguito nella pronuncia impugnata. In tale ipotesi, non si ha, infatti, una decisione autonoma e diversa da quella di primo grado, essendo le due statuizioni fondate sulla medesima ratio ( v. Cass. n. 25559/2023; Cass. n. 19396/2023; Cass. n. 4527/2023; Cass. n. 26915/2020; Cass. n. 23334/2019 ).
Del resto, il giudizio prognostico della Corte d’appello nella ordinanza de qua, si è certamente sostanziato in una conferma della sentenza del Tribunale per infondatezza prima facie dell’appello ed è stato espresso con motivazione logica, esauriente e adeguata, sovrapponibile a quella di primo grado, seppure integrata da ulteriori argomentazioni.
Con il primo motivo i ricorrenti sigg. NOME e NOME COGNOME denunciano nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 348 bis c.p.c., in relazione all’art. 360, 1° co, n. 4, cod. proc. civ. Lamentano che all’ordinanza della Corte territoriale va riconosciuta natura sostanziale di sentenza, essendosi dalla corte di merito con
la medesima definito il giudizio al di là dei limiti della cognizione solo sommaria, per aver riformato la motivazione della decisione di prime cure laddove era stato valutato solo il patrimonio della società debitrice, omettendo di esaminarsi anche la solvibilità del patrimonio del fideiussore, proprietario oltre che di immobili di prestigio anche dell’intera quota del capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE.
Si dolgono che la Corte territoriale abbia errato nel pronunciarsi con ordinanza, in quanto non si è limitata a confermare meramente quanto statuito in primo grado, ma ha statuito, per la prima volta, su una circostanza omessa dal giudice di primo grado.
7.2. Con il secondo motivo denunciano <> degli artt. 2470 c.c. e 2901 c.c. sotto il profilo della sussistenza dei presupposti (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.)’.
Si dolgono che la corte territoriale abbia erroneamente valutato il regime di circolazione e di opponibilità delle quote societarie, qualificandole come bene ‘volatile’ e di conseguenza, affermando la sussistenza di uno dei presupposti, l’eventus damni, per l’esercizio dell’azione revocatoria, stante l’asserita insufficienza degli altri beni a garantire l’asserito debito.
7.3. Con il terzo motivo denunciano violazione dell’art.132 c.p.c. Mera apparenza della motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62 e 191 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. (ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c.).
Si dolgono che la corte territoriale abbia erroneamente ritenuto indimostrata la consistenza del patrimonio residuo del donante, al netto dell’atto dispositivo in favore dei figli, non solo per l’asserita volatilità della quota sociale detenuta dal fideiussore, ma anche per l’indimostrata consistenza del suo patrimonio personale, senza considerare le perizie di stima dei patrimoni della RAGIONE_SOCIALE e del COGNOME, depositate in atti dal fideiussore, nonché per avere
rigettato la richiesta di ammissione di CTU estimatoria richiesta dal medesimo.
8. Il ricorso è inammissibile.
Risulta dai ricorrenti impugnato il provvedimento della Corte d’appello e non anche la sentenza del Tribunale di Napoli, laddove nel dirimere il contrasto sorto tra le sezioni semplici le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 1914/2016 hanno affermato che l’ordinanza pronunciata ex art. 348 bis c.p.c. non è essa stessa ricorribile nel merito per cassazione, dovendo essere censurata, in sede di legittimità, la decisione di primo grado (da ultimo, Cass. n. 19953/2023; Cass. n. 35118/2022; Cass. n. 14870/2022).
Né, nel caso, può ritenersi autonomamente impugnabile tale ordinanza con ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost, avendo le stesse Sezioni Unite chiarito che trattasi di strumento utilizzabile per denunziare solo vizi propri dell’ordinanza, che integrano violazioni di legge processuale, avuto riguardo alla logica e alla struttura del relativo giudizio (vizi, come, per esempio, l’inosservanza delle previsioni dell’art. 348 bis , comma 2, c.p.c. e dell’art. 348 ter, commi 1, primo periodo, e comma 2, primo periodo, c.p.c.; la fondatezza dell’appello su ius superveniens o su fatti sopravvenuti; la statuizione sulle spese).
Nella specie è evidente che le censure dei ricorrenti non attengono ad alcun vizio processuale proprio dell’ordinanza, ma si sostanziano (secondo motivo) o comunque celano (primo e terzo motivo), inammissibili doglianze alla valutazione di merito dell’appello operata dalla Corte territoriale.
Deve ulteriormente porsi in rilievo che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 25559/2023; Cass. n. 19396/2023; Cass. n. 4527/2023; Cass. n. 26915/2020; Cass. n. 23334/2019) detta ordinanza non è autonomamente impugnabile in cassazione quando, come nel caso di specie, conferma le statuizioni di primo grado pur se con un percorso argomentativo parzialmente diverso
da quello seguito nella pronuncia impugnata. In tale ipotesi, non si ha, infatti, una decisione autonoma e diversa da quella di primo grado, essendo le due statuizioni fondate sulla medesima ratio.
Del resto, il giudizio prognostico della Corte d’appello nella ordinanza de qua si è certamente sostanziato in una conferma della sentenza del Tribunale per infondatezza prima facie dell’appello ed è stato espresso con motivazione logica, esauriente e adeguata, sovrapponibile a quella di primo grado, seppure integrata da ulteriori argomentazioni. Ragioni quindi per respingere il ricorso straordinario, atteso che l’unico rimedio impugnatorio era quello previsto contro la sentenza di primo grado.
8. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce al presente il ricorso sub. R.G. n. 8582/2020 e dichiara i ricorsi inammissibili. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella Camera di consiglio della Sezione Terza