Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18315 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18315 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
RESPONS ABILITA’ COSE IN CUSTODIA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12461/2022 R.G. proposto da DITTA INDIVIDUALE LEVEQUE NOME, ambedue rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
C RAGIONE_SOCIALE NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza n. 4333/2021 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, depositata il giorno 23 novembre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi quale titolare dell’omonima ditta individuale) domandarono giudizialmente la condanna della Provincia di Napoli (cui nella more del giudizio è succeduta ex lege la Città metropolitana di Napoli) al risarcimento dei danni cagionati da un allagamento (secondo le parti attrici dovuto ad omessa manutenzione della rete fognaria) ad un locale seminterrato (nonché alle merci in esso depositate) sito in Trecase, di proprietà della COGNOME ed adoperato dalla ditta COGNOME per commercio di mobili ed elettrodomestici;
nel resistere alla lite, l’ente convenuto chiese la chiamata in causa del Comune di Trecase (cui ascrisse la responsabilità per l’occorso) e della Allianz Assicurazioni S.p.A., a scopo di manleva;
integrato in conformità il contraddittorio, il Comune di Trecase spiegò domanda riconvenzionale nei riguardi della Provincia di Napoli; all’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Torre Annunziata rigettò la domanda attorea, con pronuncia poi confermata, su appello delle originarie attrici, dalla decisione in epigrafe indicata; per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono uno actu nella indicata qualità, affidandosi a tre motivi;
resiste, con controricorso, la Città metropolitana di Napoli; non svolgono difese in grado di legittimità il Comune di Trecase e la Allianz Assicurazioni S.p.A.;
i l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato che
il primo motivo lamenta « erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata acquisizione del fascicolo di primo grado »: assume che la sentenza impugnata « emessa in assenza del
r.g. n. 12461/2022 Cons. est. NOME COGNOME
fascicolo di primo grado, non ha valutato elementi decisivi ai fini all’accoglimento dei motivi di appello, in particolare la documentazione afferente il condono edilizio presente nel fascicolo di ufficio dalla quale emergeva la modesta entità dell’abuso »;
la doglianza è inammissibile, per plurime, concorrenti, ragioni; in primis , perché evoca vizi motivazionali non più denunciabili con il ricorso per cassazione, stante la modifica della fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, num. 5, cod. proc. civ., operata dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e la conseguente riduzione al minimo del sindacato di legittimità sulla motivazione (sul tema, basti il richiamo a Cass. Sez. U, 22/09/2014, n. 19881 e a Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053);
in secondo luogo, perché essa argomenta in maniera del tutto generica ed indeterminata circa l’omessa considerazione di risultanze istruttorie conseguenti all’asserita mancata acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado: parte ricorrente non specifica natura, tipologia e contenuto della (così indicata) « documentazione afferente il condono edilizio presente nel fascicolo di ufficio », così in radice non assolvendo l’onere di dimostrare la decisività di tale documentazione;
orbene, è noto che, per consolidato orientamento di questa Corte, l’ acquisizione del fascicolo d ‘ ufficio di primo grado, ai sensi dell ‘ art. 347 cod. proc. civ., non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d ‘ appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensì, al più, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d ‘ appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata (cfr. Cass. 04/04/2019, n. 9498; Cass. 30/03/2022, n. 10164; Cass. 17/04/2023, n. 10202);
con il secondo motivo di ricorso, rubricato « erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’art. 2051 cod. civ. », si rileva che « l’immobile dei ricorrenti non è totalmente abusivo » e si imputa al giudice territoriale di non aver valutato che il « piccolo abuso non aveva nessuna influenza sull’allagamento », omettendo così l’indagine sulla « incidenza sul piano causale della condotta colposa della vittima »;
il motivo è inammissibile;
l’intera argomentazione ivi sviluppata riposa su un presupposto di natura fattuale (l’essere l’immobile dei ricorrenti oggetto di un « piccolo abuso » edilizio) non soltanto dedotto in modo assolutamente vago (non si allega cosa consisterebbe la difformità qualificata come piccola e da quali « atti di causa », così indefinitamente citati, si desumerebbe la circostanza) ma, soprattutto, contrastante con quanto accertato dalla Corte territoriale sulla scorta delle emergenze istruttorie (« il c.t.u. di primo grado ha accertato come il fabbricato sia totalmente abusivo, in quanto edificato in assenza di licenza o concessione edilizia ») da cui, coerentemente, si è fatta discendere l’applicazione al caso di specie del principio di diritto enunciato da Cass. 26/07/2019, n. 20312;
il terzo motivo, per « violazione e falsa applicazione dell’art. 360, quinto comma, num. 5, cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. », lamenta l’omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale (per lite temeraria) proposta dal Comune di Trecase nei confronti della Città metropolitana di Napoli;
anche questo motivo è inammissibile: vuoi per (palmare) difetto di interesse all’impugnazione degli odierni ricorrenti (la domanda de qua è stata pacificamente proposta da e contro altre parti in lite) vuoi perché detta domanda non risulta articolata in grado di appello;
il ricorso è dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, secondo tariffa professionale e con incremento ex art. 4, comma ottavo, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, stante la manifesta fondatezza delle difese della controricorrente;
atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione