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Immobile abusivo: niente risarcimento per allagamento

La Corte di Cassazione ha negato il risarcimento dei danni per l’allagamento di un locale seminterrato, poiché l’immobile è risultato essere totalmente abusivo. Secondo la Corte, la condizione di completa illegalità del fabbricato, costruito senza alcuna licenza edilizia, interrompe il nesso di causalità tra il danno e la presunta omessa manutenzione della rete fognaria da parte dell’ente pubblico. Di conseguenza, il proprietario di un immobile abusivo non può pretendere un risarcimento per i danni subiti.

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Immobile abusivo: nessun risarcimento per danni da allagamento

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio fondamentale in materia di responsabilità per danni: il proprietario di un immobile abusivo non ha diritto ad alcun risarcimento in caso di allagamento, anche se causato da una presunta negligenza dell’ente pubblico nella manutenzione della rete fognaria. La decisione sottolinea come la condizione di totale illegalità del fabbricato interrompa il nesso causale, escludendo la responsabilità del custode.

Il caso in esame: danni da allagamento

I titolari di un’impresa individuale e la proprietaria di un locale seminterrato citavano in giudizio l’amministrazione provinciale (poi divenuta Città Metropolitana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un allagamento. Secondo gli attori, l’evento era stato causato dall’omessa manutenzione della rete fognaria. Il locale, utilizzato per il commercio di mobili ed elettrodomestici, e la merce in esso contenuta avevano subito ingenti danni.

Nei precedenti gradi di giudizio, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta di risarcimento. La decisione si basava su un punto cruciale emerso durante il processo: il locale seminterrato era risultato essere totalmente abusivo, in quanto edificato senza alcuna licenza o concessione edilizia. Insoddisfatti della sentenza d’appello, i danneggiati hanno proposto ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso e la valutazione della Cassazione

I ricorrenti hanno basato il loro ricorso su tre motivi principali, tutti dichiarati inammissibili dalla Suprema Corte.

1. Mancata acquisizione del fascicolo di primo grado: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse considerato documenti relativi a un condono edilizio, che a loro dire avrebbero dimostrato la “modesta entità dell’abuso”.
2. Errata applicazione dell’art. 2051 c.c.: Si sosteneva che l’abuso fosse “piccolo” e non avesse avuto alcuna influenza sull’allagamento, criticando la mancata indagine sulla condotta colposa della vittima.
3. Omessa pronuncia su una domanda altrui: Si contestava la mancata decisione su una domanda per lite temeraria intercorsa tra il Comune e la Città Metropolitana.

La Corte di Cassazione ha rigettato ogni punto, confermando la decisione dei giudici di merito.

Le motivazioni: perché il ricorso è inammissibile?

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e netta per l’inammissibilità del ricorso. Il punto centrale risiede nella natura dell’immobile abusivo. La Corte ha ribadito che il ricorso per Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. In questo caso, i giudici di merito avevano accertato, tramite una consulenza tecnica, che il fabbricato era “totalmente abusivo”, costruito in totale assenza di permessi.

Questa circostanza fattuale, non più discutibile in sede di legittimità, è stata decisiva. La Cassazione ha spiegato che la condizione di completa illegalità dell’immobile si inserisce nel nesso causale e lo interrompe. In altre parole, la causa giuridicamente rilevante del danno non è più la presunta cattiva manutenzione della fogna, ma la stessa esistenza illegale dell’edificio. Se l’immobile non fosse stato costruito abusivamente in quel luogo, non avrebbe subito alcun danno.

I giudici hanno inoltre chiarito che i tentativi dei ricorrenti di minimizzare l’abuso come “piccolo” o di invocare la mancata acquisizione di documenti non potevano essere accolti, in quanto generici e in contrasto con l’accertamento definitivo dei giudici di merito. Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per evidente carenza di interesse, poiché riguardava una questione tra altre parti del processo.

Le conclusioni: Nessun risarcimento per chi occupa un bene illegale

L’ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio di grande importanza pratica: chi costruisce o utilizza un immobile abusivo non può invocare la tutela risarcitoria per i danni che tale bene subisce a causa di eventi esterni, anche se imputabili a terzi. La condotta illecita del proprietario, concretizzata nella realizzazione di un’opera contra legem, assume un ruolo preponderante e assorbente, escludendo la responsabilità di altri soggetti. La sentenza serve da monito, ribadendo che l’ordinamento giuridico non offre protezione a situazioni nate da un illecito.

Il proprietario di un immobile abusivo ha diritto al risarcimento per danni da allagamento causati dalla rete fognaria pubblica?
No, la Corte ha stabilito che se l’immobile è totalmente abusivo, in quanto edificato in assenza di licenza o concessione edilizia, non si ha diritto al risarcimento. La condizione di illegalità dell’immobile è considerata una causa che interrompe il nesso di causalità con la condotta del custode della rete fognaria.

È possibile contestare in Cassazione l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di appello, come la natura abusiva di un immobile?
No, il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito. La Corte non può riesaminare i fatti come accertati nei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, nei limiti ristretti previsti dalla legge.

Cosa succede se il giudice di appello non acquisisce il fascicolo del primo grado di giudizio?
L’omessa acquisizione del fascicolo non rende di per sé nulla la sentenza d’appello. La parte che se ne duole deve specificare quali elementi decisivi, non altrimenti reperibili, erano contenuti in quel fascicolo e dimostrare che la loro valutazione avrebbe potuto condurre a una decisione diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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