Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10568 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10568 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13835/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende con avvocati CONFIDATI COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE NOMECOGNOME NOME
NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOMEintimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 122/2022 depositata il 18/3/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/2/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Per quanto qui interessa, con sentenza n. 13/2019 il Tribunale di Spoleto accoglieva domande ex articolo 2901 c.c. presentate da BPS S.p.A., da Italfondiario S.p.A. nonché da Banca di Credito Cooperativo di Spello e Bettona s.c.a r.l., dichiarando inefficaci nei confronti di tali istituti di credito atti di vendita di immobili da NOME COGNOME e NOME COGNOME a RAGIONE_SOCIALE quale terzo nominato ex articolo 1401 c.c. dalle controparti dei contratti preliminari NOME COGNOME e NOME COGNOME.
COGNOME e COGNOME proponevano appello principale e Nord Sud Trade appello incidentale. La Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 122/2022, rigettava entrambi.
Ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi; tra le attuali controparti si sono difese con rispettivo controricorso RAGIONE_SOCIALE – tramite la procuratrice RAGIONE_SOCIALE S.p.A. RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE – tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE.
Memorie hanno depositato la ricorrente e Purple SPV; 2 Worlds ha depositato un atto ulteriore rispetto al controricorso di cui si dirà infra .
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, nn.2 e 4 c.p.c., violazione del combinato disposto degli articoli 324 c.p.c. e 2909 c.c. ‘in relazione a precedente sentenza passata in giudicato’.
1.1 A riguardo della presente vicenda sarebbe stata instaurata un’altra causa, ovvero BPS aveva proposto davanti al Tribunale di Spoleto in tesi domanda di accertamento di simulazione assoluta o di nullità per motivo illecito comune a entrambe le parti dei contratti preliminari stipulati il 12 maggio 2012, e in subordine domanda di accertamento di simulazione relativa, prospettando che i contratti preliminari dissimulassero donazione, da qualificare nulla per difetto di forma prevista ad substantiam ; in ulteriore subordine, aveva chiesto proprio la revocatoria ex articolo 2901 c.p.c. di tali contratti. Questa causa, in cui erano intervenute Italfondiario, Unicredit, Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio e Banca di Credito Cooperativo di Spello e Bettona, era stata conclusa con sentenza n. 104/2017, che aveva rigettato ogni domanda ed era passata in giudicato.
Ad avviso della ricorrente, allora, tutte le ‘valutazioni’ che nella suddetta sentenza ‘hanno formato antecedente logico e giuridico
della decisione’ sarebbero rispetto all’articolo 2909 c.c. ‘elementi ostativi ad un nuovo giudizio tra le medesime parti e/o loro aventi causa’ come la ricorrente stessa. Verrebbe così inficiato il fondamento del decisum della Corte d’appello di Perugia – a sua volta confermante il ragionamento del Tribunale di Spoleto nella sentenza n. 13/2019 per cui ‘ i contratti preliminari del 2012 introducevano <> onde i contratti definitivi del 2015 stipulati tra COGNOME/COGNOME e l’attuale ricorrente ‘avrebbero assunto <>’; e si argomenta in tal senso.
D’altronde – si sostiene ancora – il Tribunale di Spoleto, nella causa pauliana riguardante i contratti definitivi di compravendita da parte di NST, ‘non avrebbe potuto e dovuto … valutare la loro revocabilità in funzione dei soli preliminari del 2012, e su quella base affrontare le questioni dell’eventuale stato soggettivo in cui abbiano versato i promissari acquirenti all’atto della loro stipula, avendo in precedenza stabilito che essi, pur in apparente esecuzione di quei preliminari, rappresentavano, dal punto di vista dei venditori … adempimento di obblighi contrattuali già assunti nel 2002/2004, in un periodo di tempo cioè in cui non v’era possibilità di considerare le loro promesse di alienazione in qualsiasi modo suscettibili di revoca’. Ciò deriverebbe pure dalla sentenza n. 104/2017, ‘in base alla quale nell’ipotesi in cui i contratti preliminari del 2012 dovessero essere considerati privi di effettiva causa giuridica in quanto meramente riproduttivi di obblighi già assunti dalle parti promittenti la vendita in precedenza, sarebbero questi ad essere nulli, non certo le promesse originarie’.
In conclusione, nel caso in esame si sarebbe ‘realizzato un autentico ne bis in idem con riguardo anche al tempo in cui deve essere valutata la scientia damni del venditore’.
1.2 La sentenza del 28 marzo 2017 n. 104 pronunciata dal Tribunale di Spoleto e ritualmente certificata come definitiva (cfr. Cass. sez. 3, 28 dicembre 2023 n.36258 e Cass. sez. 1, ord. 2 marzo 2022 n.6868) così da costituire giudicato, per quanto emerge dal ricorso e dall’allegata sua produzione, avrebbe pronunciato in relazione a domanda di accertamento di simulazione assoluta o di nullità per motivo illecito comune ad entrambe le parti dei contratti preliminari stipulati il 12 maggio 2012 e, in subordine, in relazione a domanda di accertamento di simulazione relativa, dissimulante donazione nulla per difetto di forma. In ulteriore ipotesi, sarebbe stata proposta domanda ex articolo 2901 c.c.
Tale causa era stata instaurata nel 2013 (n. 960/2013 R.G. del Tribunale di Spoleto); l’attuale causa, in cui si sosterrebbe l’incidenza del suo giudicato, nel 2016 in primo grado (n. 641/2016 R.G. del medesimo Tribunale). Ciò risulta dal ricorso stesso.
1.3 Essendosi formato il giudicato, dunque, quando questa causa era già stata avviata, e non essendo stato mai eccepito prima del presente giudizio di legittimità mentre avrebbe evidentemente potuto esserlo, la sua eccezione in questa sede risulta tardiva e ciò assorbe ogni altro profilo.
Infatti si è condivisibilmente affermato che ‘nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno solo con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello e, pertanto, successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie di replica, momento in cui il quadro fattuale sulla quale la decisione di secondo grado può e deve fare riferimento è da considerarsi chiuso’ (Cass. sez. 3, ord. 21 maggio 2019 n. 14883; e cfr. Cass. sez. 5, 2 settembre 2022 n. 25863): altrimenti, il giudicato viene a costituire nel giudizio di legittimità un inammissibile novum , come da ultimo dichiara Cass. sez. 1, ord. 29 febbraio 2024 n. 5370: ‘L’eccezione di giudicato esterno non può
essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità’. Sussistendo già anteriormente al giudizio di legittimità la pronuncia che costituirebbe il giudicato esterno, e in particolare, come nel caso in esame, essendo stata tale pronuncia emessa durante la trattazione del giudizio in primo grado che poi si è snodato in appello ed è giunto al presente giudizio di legittimità, l’eccezione proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità sarebbe tardiva anche sotto il profilo dell’articolo 372 c.p.c., come si evince da Cass. sez. 2, ord. 22 gennaio 2008 n. 1534, per cui nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è rilevabile d’ufficio, come quello interno, ‘non solo quando emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia del giudicato anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotto nei precedenti gradi del processo’; e si vedano pure Cass. sez. 5, 18 ottobre 2017 n. 24531 per cui il giudicato esterno ‘può essere dedotto e provato anche per la prima volta in sede di legittimità, purché, però, esso si sia formato dopo la conclusione del giudizio di merito o dopo il deposito del ricorso per cassazione’ e Cass. sez. 5, 19 ottobre 2016 n. 21170 ‘Nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno intervenuto nelle more del giudizio di merito, senza tempestiva deduzione in quella sede, non è rilevabile d’ufficio’ -.
1.4 Sulla stessa linea, e anche ai fini del rilievo d’ufficio, molto chiara è Cass. sez. 2, ord. 22 gennaio 2018 n. 1534 che, nella motivazione, per giustificare la inammissibilità della produzione in memoria ex articolo 378 c.p.c. di una sentenza quale prova di giudicato esterno, osserva che: ‘… secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 26041/2010) nel giudizio di cassazione il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, sicché solo in tal caso la sua produzione non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che potevano essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato (conf. Cass. n. 11112/2008; Cass. n. 16376/2003; Cass. S.U. n. 13916/2006).
Pertanto, poiché il giudicato invocato si sarebbe formato in epoca ben anteriore alla definizione del giudizio di appello, la relativa produzione non può avvenire in questa sede, stante il divieto di cui all’art. 372 c.p.c., non potendosi quindi avere riguardo, ai fini della decisione, al contenuto della sentenza di cui parte ricorrente invoca l’efficacia di giudicato’.
Da ultimo, poi, Cass. sez. 3, ord. 6 giugno 2023 n. 15846 rimarca: ‘Il principio della rilevabilità in sede di legittimità del giudicato esterno, sempre che questo risulti dagli atti comunque prodotti nel giudizio di merito, deve essere coordinato con l’onere di completezza e autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve indicare il momento e le circostanze processuali in cui i predetti atti siano stati prodotti, senza possibilità di depositare per la prima volta la sentenza in sede di legittimità, atteso che tale facoltà è consentita solo in caso di giudicato successivo alla sentenza impugnata’; e Cass. sez. 3,
ord. 20 settembre 2023 n. 26916 dichiara espressamente che la questione della violazione di giudicato esterno, già verificatosi prima della decisione di merito oggetto del ricorso per cassazione, non è proponibile per la prima volta in sede di legittimità, in quanto avrebbe dovuto essere tempestivamente sottoposto all’esame del giudice di merito.
Il motivo è dunque inammissibile, assorbito ogni altro e diverso profilo.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ‘omessa considerazione delle proposte di acquisto ed accettazioni come <> e della conseguente unicità della vicenda negoziale’ che ha generato i contratti definitivi del 2015.
2.1 In conseguenza di quanto affermato nel precedente motivo, si dovrebbero qualificare le originarie proposte di acquisto dei Celesti/Lucidi accettate da COGNOME/COGNOME ‘preliminare di preliminare’, accordo di cui ha riconosciuto la validità S.U. 4628/2015. Si argomenta sulla sequenza della vicenda, che si sarebbe snodata in ‘tre fasi successive’, la prima consistente nella ‘proposta irrevocabile dell’acquirente il quale fa un’offerta al proprietario per l’acquisto dell’immobile il quale accetta o rifiuta’, la seconda coincidente con il contratto preliminare e la terza con il contratto definitivo; e il ‘preliminare di preliminare’ ha per oggetto la stipulazione di un contratto preliminare ed ‘è valido ed efficace ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto’, generante uno stadio prenegoziale regolato dall’obbligo di buona fede dell’articolo 1337 c.c. Sussiste pertanto negli atti successivi al preliminare del preliminare un’unica vicenda contrattuale sotto aspetto di fattispecie a formazione progressiva, in cui non è ravvisabile, come invece sostenuto dal giudice d’appello, alcuna ‘sequenza negoziale nuova’. D’altronde ‘non si può configurare la nullità di un contratto
che contenga la previsione della successiva stipula di un contratto preliminare, anche qualora il primo accordo già contenga gli estremi del preliminare’ poiché sono configurabili stati prenegoziali avanzati.
2.2 Essendo dinanzi a una conseguenza del primo motivo, come espressamente viene qualificato in primis dalla ricorrente, questa censura ne condivide l’inammissibilità.
Con il terzo motivo si denuncia difetto di prova della scientia fraudis e/o damni del promissario acquirente nonché ‘mancanza di motivazione sul punto specifico’ ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.
3.1 La giurisprudenza di legittimità (Cass. 31920/2019) insegna che il creditore, per ottenere la revocatoria dell’atto, deve provare la conoscenza del suo pregiudizio da parte del solo debitore se l’atto è a titolo gratuito e da parte anche dell’acquirente terzo se a titolo oneroso, ovvero ‘provare che il terzo sapeva che il suo dante causa aveva debiti e che il restante patrimonio del suo dante causa era insufficiente a soddisfarli’; e nel caso in cui l’atto da revocare sia anteriore al sorgere del credito, occorre provare la dolosa preordinazione consilium fraudis – da parte del debitore e di cui l’acquirente ben sapesse.
Il giudice d’appello motiva ‘come risulti provato lo stato soggettivo del terzo acquirente nei termini richiesti’, sia nel caso in cui per terzo acquirente si intenda lo stipulante del preliminare sia nel caso in cui sia l’acquirente del definitivo.
Eppure il primo giudice ‘aveva individuato una serie di <> nel comportamento complessivo delle parti’, giungendo però a un esito divenuto oggetto di appello dall’attuale ricorrente; e la corte territoriale si sarebbe limitata al rilievo di circostanze che ‘non necessariamente dovevano/potevano rientrare nella sfera di conoscibilità dei promissari acquirenti all’atto della stipula dei contratti preliminari’, da parte dei quali non se ne
rileva scientia , e non avrebbe fornito ‘una valutazione sulla correttezza logicogiuridica del ragionamento con cui il Tribunale … ha assunto taluni (altri) elementi della vicenda come sintomatici della consapevolezza del pregiudizio alle ragioni del credito anche in capo ai promissari acquirenti’, determinandosi quindi il vizio denunciabile ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.
3.2 Il giudice d’appello ha confermato la decisione del primo giudice, e la ricorrente riproduce in sostanza la censura già proposta avverso la sentenza del tribunale, incorrendo nella evidente inammissibilità di cui all’articolo 348 ter c.p.c., assorbito ogni altro profilo.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente.
Va al riguardo invero precisato che l’atto denominato ‘Memoria ex art. 380bis 1 c.p.c.’ depositato dalla controricorrente società RAGIONE_SOCIALE si sostanzia in realtà in un mero rinvio a quanto già addotto nel controricorso, per cui non può considerarsi memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. e non sorregge una specifica voce di spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE; in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025