fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Ammortamento alla francese, interessi sulla quota capitale

Il metodo di ammortamento alla francese comporta che gli interessi sono calcolati unicamente sulla quota capitale.

Pubblicato il 02 April 2022 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA

La Corte, nelle persone dei seguenti magistrati:

pronunciato la seguente

SENTENZA n. 484/2022 pubblicata il 31/03/2022

nella causa civile in II grado iscritta al N° 1937 del Ruolo generale dell’anno 2017, promossa da

 

XXX srl, in persona del legale rapp.te YYY, agente anche in proprio e ZZZ

– appellanti –

CONTRO

KKK Banca S.p.A. (già *** soc. coop. delibera di trasformazione in s.p.a. e di modifica della denominazione assunta dall’assemblea straordinaria del 26/11/2016)

-appellata-

OGGETTO: appello avverso sentenza del Tribunale di Lanciano n.402/2017 pubblicata in data 17.10.2017.

Conclusioni delle parti.

Per l’appellante

Controparte non ha più legittimazione a contraddire.

Nel caso la legittimazione venisse riconosciuta, si precisano le conclusioni come da atto di appello. Per l’appellata.

L’Avv., per la appellata KKK Banca, preliminarmente contesta l’eccezione di carenza sopravvenuta di legittimazione a contraddire.

Tanto ribadito, l’Avv. conferma le conclusioni di cui alla propria comparsa di costituzione nel grado, e quindi chiede che l’Ecc.ma Corte di appello voglia:

– dichiarare inammissibile, nei termini analiticamente indicati nella stessa propria comparsa di costituzione anche con riguardo ad istanze istruttorie, ovvero rigettare nel merito l’avverso appello;

– condannare gli appellanti, in solido, al pagamento delle spese e delle competenze anche del presente grado, con le maggiorazioni note (rimb. forf. 15% spese generali, contributo 4% Cassa Avvocati, I.V.A. 22%).

La medesima Corte vorrà altresì valutare, con i poteri officiosi di cui all’ultimo comma dell’art. 96 c.p.c., se non ricorrano nell’insistita incauta azione avversa, come a chi scrive appare ben chiaro, gli estremi della consapevole temerarietà, dando i conseguenti provvedimenti di condanna in misura da determinarsi secondo equità.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza pubblicata ex art. 281 sexies c.p.c. in data 17.10.2017 il Tribunale di Lanciano ha rigettato la domanda proposta dagli attuali appellanti (volta ad ottenere in relazione ai due contratti di mutuo stipulati dalla XXX Srl e garantiti da YYY e ZZZ -rep. 40959/Racc.8621 del 21.04.2006 per Notar per importo di € 900.000,00 erogabili a SAL e Rep. 44863/Racc.10535 del 04.07.2007 per Notar Importo di € 1.400.000 successivamente frazionato con atto Rep. 58767/Racc.20796 del 06.05.2015- l’accertamento della usurarietà dei tassi di interesse applicati, la verifica dell’indeterminatezza dei tassi di mora, dell’applicazione di costi occulti e dell’anatocismo, la violazione di norme comunitarie e del Codice del consumo nonché delle clausole di correttezza e buona fede e la nullità della fideiussione e della clausola di riviviscenza e quella derogatoria dell’art. 1957 c.c.) condannando gli attori alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla convenuta liquidate in € 6.005,00 oltre spese generali ed accessori.

1.1 nella gravata decisione si è valutato quanto di seguito evidenziato:

– l’infondatezza dell’eccepita nullità per indeterminatezza e comunque l’illiceità del contratto di finanziamento strutturato con piano di ammortamento alla francese, di cui analizzate le specifiche caratteristiche e differenze rispetto al piano di ammortamento all’italiana, si è considerata la liceità;

-l’infondatezza della evidenziata indeterminatezza e comunque nullità della pattuizione del tasso di mora, per applicazione di anatocismo illecito e per usurarietà in conseguenza della previsione e dell’applicazione di interessi di mora sull’intera rata scaduta, comprensiva della quota di interessi corrispettivi in quanto:

a)in forza della previsione dell’art. 3 della delibera CICR 9.2.2000, attuativa del disposto dell’art. 120, c. 2, d.lgs. 385/1993, nella formulazione antecedente la modifica del 2013, nelle operazioni di finanziamento rimborsate mediante pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata, comprensivo della quota interessi, può, se contrattualmente stabilito, come nel caso di specie, ai sensi delle vigenti condizioni contrattuali, produrre interessi dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento in deroga al disposto dell’art. 1283 c.c.;

b)la modifica all’art. 120, c. 2, d.lgs. 385/1993 intervenuta nel 2013, non rileva in tema di applicazione degli interessi di mora sulle rate di rimborso nei contratti di finanziamento, come direttamente ed espressamente confermato dall’ulteriore modifica all’articolo stesso, intervenuta nel 2016, in virtù della quale “Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che […] gli interessi debitori maturati […] non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora”;

c) non è configurabile un superamento del tasso soglia usura degli interessi di mora in virtù dell’applicazione “in concreto” degli interessi di mora sulle rate scadute per il tempo del mancato pagamento, poiché l’usura oggettiva è data dalla sproporzione tra prestazione e controprestazione, sicché gli interessi corrispettivi sono controprestazione della concessione del credito mentre gli interessi moratori, sono controprestazione (più precisamente sanzione) di un inadempimento, differenza di funzione che consente di escludere che il conteggio degli interessi di mora sulla rata scaduta e non pagata di un finanziamento, comprensiva della quota interessi, si traduca nella sopravvenuta applicazione di interessi (di mora) pari alla sommatoria degli importi addebitati a titolo di interessi corrispettivi (conglobati nella rata) e di interessi moratori (applicati sulla rata).

d) è da escludere quindi anche qualsiasi profilo di indeterminatezza della pattuizione degli interessi di mora, poiché al contrario di quanto dedotto dagli attori , non vi è alcun tasso di mora “nascosto” nel meccanismo appena riferito, ma solo la lecita applicazione, sulla singola obbligazione, o porzione di obbligazione, avente a oggetto la rata (comunque composta), di una sanzione per l’inadempimento, pattuita in misura (determinata) percentuale e periodica, ossia, appunto, degli interessi di mora.

-l’insussistenza dei dedotti profili di nullità testuale ex art. 117, c. 6, d.lgs. 385/1993, in quanto la normativa di settore esclude espressamente che nel TAEG debbano essere conteggiati gli interessi di mora (applicati o meno su rate inadempiute comprensive di quota interessi corrispettivi); ciò persino nei contratti con i consumatori;

-la validità ed efficacia della clausola floor in quanto pattuita in modo chiaro e comprensibile nei contratti oggetto di giudizio, fermo restando il suo rilievo solo ai fini dello squilibrio economico e non giuridico del contratto, con conseguente insindacabilità da parte del giudice;

-la superfluità del richiamo alla normativa a tutela del consumatore trattandosi di giudizio proposto da contraente che è persona giuridica, con conseguente impossibilità di far valere la relativa tutela, anche da parte del fideiussore;

– la infondatezza delle deduzioni sulla usurarietà pattizia statica in quanto:

a1) innanzitutto oggetto del giudizio di usurarietà dei costi del credito è il TEG, non il TAEG/ISC, che dal primo differisce per funzione e composizione della base di calcolo (solo nella base di calcolo del TAEG sono incluse anche le imposte); b1)in secondo luogo la formulazione di un giudizio di usurarietà in relazione a un tasso di interessi costruito applicando la maggiorazione prevista in contratto per la determinazione del tasso degli interessi di mora, implica un giudizio di usurarietà non dei costi del credito, ma degli interessi di mora e, più in generale, delle sanzioni per l’inadempimento che fa riferimento ad un parametro di usurarietà che necessariamente è superiore a quello previsto per i costi del credito (e in primo luogo per gli interessi con funzione corrispettiva), conformemente anche alla recente novella dell’art. 1284, c. 4, c.c., che prevede un tasso legale degli interessi moratori, una volta proposta domanda giudiziale di condanna al pagamento o anche ingiunzione di pagamento, particolarmente elevato e comunque di molto superiore al tasso legale degli interessi corrispettivi.

c1)in ogni caso l’oggetto del giudizio di usurarietà, non include la commissione di estinzione anticipata, che non è una sanzione per l’inadempimento, né un costo del credito ma è il corrispettivo di un diritto di recesso ad nutum del finanziato (probabilmente qualificabile nella multa penitenziale ex art. 1373, c. 3, c.c.).

-l’irrilevanza della dedotta differenza tra il TAN dichiarato nei contratti e il TAN effettivo (TAE), trattandosi della normale conseguenza del fatto che, nei piani di ammortamento di prestiti e mutui, l’interesse annuale generalmente non viene pagato in un’unica soluzione a fine anno, ma ripartito su ogni rata infra-annuale in scadenza, con l’effetto che la corresponsione anticipata delle rate rispetto alla scadenza annuale comporta che il costo effettivo da interessi del finanziamento per il contraente non è pari al tasso annuale stabilito da contratto, ma (lievemente) maggiore; maggiorazione che è peraltro inclusa nel TAEG/ISC, che è l’indicatore del costo complessivo annuale del credito, presente in entrambi i contratti oggetto di giudizio.

-l’insussistenza della dedotta nullità ex art. 117, c. 6, d.lgs. 385/1993 (per il quale “sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali […] che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”), che presuppone la pattuizione di clausole che prevedono condizioni a carico del cliente e che dovrebbero essere conteggiate nel TAEG/ISC ma non sono state conteggiate o sono state conteggiate in termini più favorevoli di quelli effettivamente pattuiti, in quanto non possono ritenersi tali per quanto sopra detto né la clausola che pattuisce gli interessi di mora, né la clausola che prevede l’applicazione degli interessi di mora anche sulla quota interessi delle rate scadute e non pagate.

-relativamente alla clausola che prevede costi di assicurazione, ai sensi dell’art. 117, c. 7, d.lgs. 385/1993, questa sì rilevante ove applicata e non conteggiata o erroneamente conteggiata in modo diverso da quanto pattuito, nel TAEG, il rilievo che alla nullità prevista dal c. 6 consegue l’integrazione legale cogente del rapporto contrattuale con la specifica corrispondente condizione pubblicizzata, in difetto della quale (“in mancanza di pubblicità”) “nulla è dovuto” per la clausola contrattuale non conteggiata/erroneamente conteggiata nel TAEG/ISC ,con conseguente erroneità del richiamo operato dagli attori agli interessi sostitutivi e l’ulteriore rilievo che gli attori non avevano allegato alcun elemento a tal fine, il che rendeva le loro deduzioni incomplete, generiche e, comunque, irrilevanti.

-l’infondatezza e genericità delle deduzioni di nullità delle fideiussioni stipulate da YYY e ZZZ, anche per violazione dei “doveri di correttezza e buona fede” che, in ogni caso, è, di per sé, violazione di regole di comportamento e non di regole di validità e, pertanto, può fondare solo un diritto al risarcimento del danno, non oggetto nel caso di specie di alcuna domanda dei fideiussori.

2.Nel proprio atto di impugnazione gli appellanti hanno contestato la decisione ribadendo le proprie argomentazioni difensive disattese nella gravata sentenza sulla base dei motivi di seguito riassunti.

2.1 )- INDERMINATEZZA DEL TASSO DI MORA – COSTI NASCOSTI

Hanno nuovamente evidenziato:

– innanzitutto che il TAE era superiore al TAN relativamente agli interessi corrispettivi, e quindi, per questo primo motivo, il peso della mora sarebbe pari a:

1)(TAE>TAN)+3,00 = 4,913+3,00= 7,913 %. (Mutuo del 2006).

2)(TAE>TAN)+3,00 = 6,321+3,00= 9,321 %. (Mutuo del 2007) .

– in secondo luogo che il meccanismo anatocistico della mora calcolata sulla quota degli interessi scaduti faceva chiaramente comprendere che anche il TAE di mora era maggiore del TAN di mora, mentre il peso del meccanismo anatocistico non era dichiarato .

Hanno reiterato le argomentazioni in punto di valenza a tal fine del concetto espresso dall’art. 644 c.p. che fa riferimento al costo totale del credito comprensivo delle le spese e non solo dei tassi e dunque al TAEG.

Hanno pertanto dedotto la violazione da parte della gravata sentenza dell’art. 6 della delibera CICR 09.02.2000 n. 2, secondo cui: “Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione”, nonché l’omesso apprezzamento del fatto che per il secondo mutuo vi era insanabile contrasto nell’indicazione dell’ISC tra l’art. 5 (ISC = 6,536%) e il Documento di sintesi (ISC = 6,5%), che avrebbe comportato la declaratoria dell’indeterminatezza delle condizioni , con applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117.VI TUB.

2.2) USURA

Hanno ribadito la usurarietà del tasso NOMINALE di mora e dedotto la necessità che alla sua determinazione si provveda solo sulla base di quanto stabilito dalla L. 108/96, senza che rilievo alcuno possano assumere le circolari della Banca d’Italia;

2.3 INDETERMINATEZZA DEL PIANO “ALLA FRANCESE”

Hanno contestato:

– che contrariamente a quanto ritenuto in sentenza detto tipo di piano di ammortamento è teoricamente compatibile sia con un sistema di capitalizzazione semplice che con un sistema di capitalizzazione composta ed in tale secondo caso (clausola con rate costanti, capitale crescente, quota interessi decrescente) non vi è contenuto univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse, come necessariamente richiede una deroga all’art. 1284 cc , sicché il contratto deve specificare chiaramente che tipo di capitalizzazione viene applicata, verificandosi altrimenti l’ indeterminatezza dell’oggetto, che formalmente hanno eccepito.

-che se vi fosse capitalizzazione composta senza espressa previsione scritta vi sarebbe violazione dell’art. 1283 c.c..

Hanno evidenziato che in nessun punto della pattuizione contrattuale presente nei 2 contratti di mutuo è specificato quale tipo di piano venga applicato con la conseguenza che il Tribunale di Lanciano avrebbe dovuto dichiarare l’indeterminatezza delle condizioni, poiché per verificare la reale modalità di applicazione del piano, il cliente avrebbe dovuto attendere l’inizio dell’ammortamento e consultare un perito.

2.4 MANIPOLAZIONE del TASSO EURIBOR nel PERIODO

01.09.2005/31.03.2009. NULLITA’ DI PROTEZIONE E MANCATO RILIEVO D’UFFICIO
Sotto tale profilo, preso atto che i contratti analizzati erano datati 21.04.2006 e 04.07.2007 e che a seguito di indagine della Commissione Europea per inottemperanza agli artt. 101 e 102 del Trattato UE, era stata emanata la Decisione del 04.12.2013, resa pubblica in data 19.11.2016 con la quale è stata accertata la manipolazione del tasso Euribor, con conseguente comminazione di sanzioni, nel periodo dal 01.09.2005 al 31.03.2009 in quanto alcuni gruppi bancari si erano accordati in un cartello illecito per comunicare determinati parametri inveritieri in modo che la media giornaliera del tasso Euribor avesse un determinato valore, hanno dedotto la nullità parziale relativa al tasso Euribor da sostituire con il tasso legale, nullità non rilevata d’ufficio in prime cure, ma rilevabile anche in appello.

2.5 VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1325 comma I n. 1; 1337,1338, 1418 e 1419 c.c. IN RELAZIONE ALLA CLAUSOLA FLOOR
Hanno contestato la ritenuta legittimità della clausola floor deducendo previa analisi dei contributi dottrinali in materia, la sua reale natura di derivato cui si applica sicuramente il disposto dell’art. 117 TUB, così come si applicano le circolari della Banca d’Italia sulla trasparenza dei contratti e delle clausole per favorire la chiarezza e l’esaustività ai fini della tutela della concorrenza, nonché la disciplina del codice civile (1325 comma I n. 1; 1337,1338, 1418 e 1419 c.c.), che prevede la nullità di detta clausola laddove non sia stata oggetto di negoziazione né di informazione precontrattuale, nonché ove si opti per la ricostruzione secondo cui tale clausola dia luogo anche ad un’operazione finanziaria, l’applicazione pure della normativa specifica di riferimento.

Hanno lamentato l’omesso rilievo della mancanza di causa con conseguente nullità del contratto suddetto per mancanza di sinallagmaticità, in quanto, quale che sia la ricostruzione dell’istituto specialmente in presenza di tassi bassi o addirittura negativi, tale clausola svolge evidenti funzioni speculative a garanzia del guadagno della banca, alterando il sinallagma contrattuale, in difetto di corrispettivo per il cliente.

2.6)- MANCATA INCLUSIONE DEGLI INTERESSI DI MORA E DELLA COMMISSIONE DI ESTINZIONE ANTICIPATA NEL CALCOLO DI
USURARIETÀ. VIOLAZIONE art. 644 c.p. e art. 65 Ord.giudiziario.

Hanno lamentato l’omessa valutazione della doglianze già esposte in primo grado in ordine alla necessità di includere gli interessi di mora e la commissione per anticipata estinzione del credito nel calcolo di usurarietà e l’omesso esame del precedente di legittimità citato e confutazione del concetto di “vantaggio usurario”.

2.7)- DIFFERENZA TRA TAN e TAE e MANCATA INCLUSIONE DEL TAE NEL TAEG/ISC.

Hanno ribadito la rilevanza dell’omessa indicazione del TAE in entrambi i contratti, con conseguente impossibilità per il cliente di conoscere l’effettivo costo del finanziamento, contestandosi altresì la decisione per non aver indicato in quale modo abbia accertato l’inclusione del peso del piano di ammortamento e del tasso effettivo all’interno del TAEG/ISC;

2.8)- MANCATA INCLUSIONE dei COSTI ASSICURATIVI. VIOLAZIONE dell’art. 121 comma II TUB.

Nel rilevare che gli artt. 2 lett. c) e 6 bis di entrambi i contratti prevedono l’obbligo di stipula di polizza assicurativa, il cui costo ai sensi dell’art. 121 comma II Tub, deve essere conteggiato nel TAEG, hanno ribadito la mancata inclusione di tale costo nel TAEG, la mancata consegna delle polizze e quietanze, pur richieste alla Banca e la necessità di applicare gli interessi sostitutivi in caso di omessa sua inclusione nel TAEG, malgrado lo stesso vada a maggiorare il tasso dichiarato.

2.9)- VIOLAZIONE artt. 1135 e 1175 CC IN TEMA DI FIDEIUSSIONE. EXCEPTIO DOLI ET NULLITATIS. VIOLAZIONE artt. 117 e 121 TUB
NONCHÉ 1283, 1284 e 1418 comma I cc
Hanno ribadito la violazione da parte della Banca degli obblighi di correttezza e buona fede nei confronti del debitore principale, a cui erano stati applicati tassi di interesse e commissione superiori ai limiti di legge, da cui era dipeso l’aggravamento dell’esposizione e del rischio dei fideiussori che legittimava, per la gravità dell’inadempimento la risoluzione del contratto per fatto e colpa dell’Istituto di Credito.

3.Nella propria comparsa di costituzione nel grado l’appellata previa ricostruzione delle vicende temporali relative ai rapporti per cui è causa, ha ampiamente contestato l’ammissibilità dell’appello o di alcuni motivi in esso proposti, la legittimazione attiva degli appellanti in relazione al mutuo del 2006, ormai estinto, ed alla quota frazionata del mutuo del 2007 oggetto di accollo da parte di diverso soggetto giuridico, nonché la fondatezza nel merito dei motivi in esso dedotti.

4.All’udienza del 14.09.2021 tenuta con le modalità della trattazione scritta, la causa è stata trattenuta a decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti ed in epigrafe riportate, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c..

Nessuna delle parti ha tempestivamente depositato memoria conclusionale.

5.L’appello è infondato e va pertanto rigettato.

Va escluso in via preliminare ( salvo quanto di seguito specificato per singoli motivi di appello) qualsiasi profilo di generica inammissibilità del gravame con il quale si formulano espresse censure nell’interpretazione della disciplina applicabile e nella valutazione delle circostanze di fatto ritenute rilevanti.

Né coglie nel segno l’eccezione di difetto di legittimazione attiva degli attuali appellanti in dipendenza dell’estinzione del primo mutuo, in relazione al quale sono pur sempre titolari dell’interesse a denunciare la nullità delle clausole che eventualmente lo invalidino e del secondo mutuo, frazionato con accollo di una quota da parte di terzi, ma non liberatorio.

Parimenti va disattesa l’eccezione, formulata in sede di precisazione delle conclusioni dagli appellanti , di difetto sopravvenuto di legittimazione della parte appellata, operando anche in caso di successione a titolo particolare nel credito il disposto dell’art. 111 c.p.c.

Passando all’esame dei motivi di appello e riassumendo le censure che attengono alla indeterminatezza delle condizioni economiche del contratto di mutuo, esse si sostanziano:

-nella mancata indicazione del TAE con conseguente ricaduta sulla possibilità di conoscere il T.E.MO ;

-nell’utilizzo del piano di ammortamento alla francese;

-nella indeterminatezza del tasso mora e dei costi occulti;

-nell’accordo di cartello di alcune Banche europee in ordine alla individuazione del tasso Euribor verificata dalla Commissione Europea per il periodo 2005-2009; Punto di partenza nella disamina del primo motivo è costituito dal dedotto effetto anatocistico connaturato nel piano di ammortamento alla francese sulla base della diversità del TAN rispetto al TAE, che dovrebbe prendere in considerazione anche gli interessi che maturano nel corso di ogni singolo anno.

A prescindere dal fatto che nel contratto sono esattamente individuati tutti i costi del mutuo ed anche il TAEG (né viene dedotto e spiegato in quale misura in esso non sia ricompreso anche il TAE) occorre in primo luogo specificare che questo Collegio, pur nella consapevolezza del contrasto giurisprudenziale che investe la questione sottoposta al suo esame, aderisce all’impostazione che non ravvisa nel piano di finanziamento oggetto di contestazione (con ammortamento alla francese) violazione del divieto di anatocismo (da cui conseguirebbe, in ragione della presenza di un costo occulto, l’indeterminatezza del tasso di interesse) e dunque dell’art.1283 c.c..

Ciò in quanto come affermato dalla prevalente giurisprudenza di merito seguita anche dall’intestata Corte in plurimi precedenti e fatta propria anche dal giudice di prime cure , in materia di mutui, il metodo di ammortamento alla francese comporta che gli interessi sono calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata, con la conseguenza che nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti ed unicamente gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario, detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti, unicamente per il periodo successivo al pagamento della rata immediatamente precedente.

Non può peraltro non evidenziarsi che le parti si sono accordate sugli elementi essenziali dei contratti (importi mutuati, tassi, durata dei prestiti e numero delle rate, misura delle rate ) elementi tutti evincibili dai piani di ammortamento sottoscritti dalla parte finanziata da cui possono dedursi le misure delle rate di ciascun mutuo con conseguente possibilità di quest’ultima di valutare le condizioni economiche dei rispettivi piano di finanziamento.

Va infine esclusa la rilevanza ai fini della determinatezza e trasparenza delle condizioni economiche la circostanza che il piano di ammortamento prescelto abbia un costo complessivamente maggiore rispetto ad altri tipi di ammortamento potendo peraltro ciò trovare compensazione nella convenienza per il soggetto finanziato di pagare una rata costante nel tempo.

D’altro canto e conseguentemente, quanto all’omessa indicazione del TAE ritiene la Corte di dare continuità all’indirizzo dalla stessa seguito in fattispecie analoghe (sent.157/22 pubblicata il 31.1.2022) a a tenore del quale “una volta escluso che l’ammortamento alla francese comporti un fenomeno di anatocismo nella fase fisiologica del rapporto, deve escludersi l’operatività della previsione dell’art. 6 della delibera CICR 2000, la quale del resto non trova applicazione con riferimento alla previsione (afferente alla fase patologica del rapporto) di applicazione degli interessi di mora sull’intera rata scaduta.”

Va infatti ribadito come già riconosciuto in primo grado che sussiste differenza ontologica tra gli interessi corrispettivi (destinati a remunerare il credito) e gli interessi moratori che sono sanzione per l’inadempimento, così che a differenza degli interessi corrispettivi (che si calcolano sul capitale residuo), quelli di mora assumono a riferimento la rata scaduta.

La diversa impostazione (che trova fondamento nella perizia econometrica in atti ) si basa sul presupposto, oramai superato, della sommatoria tra interessi moratori e interessi corrispettivi, mentre il modello dell’ammortamento alla francese propriamente non comporta alcuna sommatoria di tassi in quanto la base di calcolo, alla quale si applica il solo interesse moratorio, rimane cristallizzata nell’importo della singola rata; l’unico limite è rappresentato dall’impossibilità di sommare tra loro gli interessi di mora, ma nel caso di specie, tale evenienza non è stata dimostrata;

Peraltro è lo stesso art.3 primo c. della delibera CICR che prevede che i ratei insoluti possano produrre interessi, come già statuito in primo grado.

Neppure coglie nel segno la censura di indeterminatezza inerente la diversa indicazione (nel mutuo contratto nel 2007) dell’ISC riportato all’art. 5 del contratto (6.536) e nel documento di sintesi (6,5).

In primo luogo infatti entrambi i contratti di mutuo sono stati conclusi in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 125 bis TUB (con il d.lvo 13 agosto 2010 n. 141) che ha espressamente previsto la nullità della clausola in caso di mancato inserimento del TAEG oppure anche solo di inserimento non corretto.

In secondo luogo perché l’ISC non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi. Con la conseguenza che l’omessa o l’erronea indicazione dell’ISC non incide sulla validità del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, ma al più può rilevare sotto il profilo della responsabilità contrattuale e/o precontrattuale nell’ipotesi in cui venga dedotto uno specifico danno eziologicamente connesso all’inadempimento dell’obbligo informativo gravante sull’istituto mutuante” (cfr ex multis Trib Roma 3.1.2018, Trib Verona, 21.6.2018; Trib Cosenza, 11.8.2020).

Infine va considerato che la discrasia dedotta (ove riferibile ad un tasso di interesse) non comporterebbe indeterminatezza del costo globale indicato, ma legittimerebbe al più, il riferimento a quello dei due che indica la condizione più favorevole per il finanziato.

Quanto poi all’indeterminatezza del tasso di interesse per effetto della manipolazione del tasso Euribor, operato da alcune Banche europee in violazione delle norme sul trattato, in arco temporale in cui risultano comprese le date di stipula dei mutui in contestazione (come accertata dalla Commissione europea con decisione del 04.12.2013 resa pubblica in data 19.11.2016) di cui si sollecita il rilievo d’ufficio, trattandosi di nullità di protezione, che determinerebbe, secondo l’assunto dell’appellante, la nullità parziale relativa al tasso Euribor con applicazione del tasso legale, ritiene questo Collegio, con valore assorbente sull’eccepita novità della questione sottoposta al suo esame, di aderire all’impostazione già espressa da buona parte della giurisprudenza di merito secondo cui la decisione della Commissione Europea del 2013 non comporta in maniera automatica la nullità della clausola Euribor.

Sul punto va considerato quanto appresso.

L’Euribor rappresenta il tasso di interesse medio applicato da un primario istituto di credito europeo ad altro primario istituto per operazioni di prestito a breve termine in euro, con scadenza da una a tre settimane e da uno a dodici mesi.

Il tasso viene rilevato (“fissato”) giornalmente dalla European Banking Federation (EBF), in base alle segnalazioni trasmesse entro le ore 11 (fuso dell’Europa centrale) all’agenzia Reuters da un insieme di oltre 50 banche, individuate tra quelle con il maggiore volume d’affari dell’area Euro (contribuiscono per l’Italia Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena).

Sebbene rilevato da un organismo (EBF) riconducibile al sistema bancario europeo, su segnalazione delle principali banche, Euribor indica anzitutto, convenzionalmente, il rendimento di un impiego non garantito in Euro a breve termine risk free. Tale deve infatti ritenersi il prestito a un soggetto solvibile, o che deve presumersi tale, quale una primaria banca europea.

Orbene, l’esistenza di un’eventuale intesa quand’anche illecita, secondo quanto stabilito dall’art. 101 trattato UE, comporta unicamente una responsabilità di natura risarcitoria dell’istituto di credito.

Nel caso di specie, parte attrice non ha neppure allegato i fatti costitutivi dell’illecito, né ha precisato quale condotta specifica – nell’ambito dell’Intesa censurata- sarebbe addebitabile all’Istituto mutuante convenuto in giudizio.

Va infatti comunque considerato che la decisione della Commissione europea del dicembre 2013 riguarda gli indicati destinatari e tra essi non è compresa l’attuale appellata.

In ogni caso i divieti contenuti nella normativa antitrust non sono destinati ad incidere sul contenuto degli atti negoziali, ma riguardano unicamente il comportamento posto in essere dai soggetti che hanno operato a monte, così che deve escludersi l’esistenza di una forma di collegamento funzionale tra l’intesa anticoncorrenziale ed il singolo negozio a valle per cui è causa, né viene offerta dall’appellante prova dell’esistenza del legame tra la dedotta manipolazione e gli specifici contratti a valle oggetto di causa.

Passando all’esame delle censure afferenti i profili di usurarietà del tasso di mora (alle quali l’appellante ha comunque dichiarato di rinunciare in sede di deposito della comparsa conclusionale) è sufficiente ribadire che è dato ormai acquisito all’interpretazione giurisprudenziale quello secondo cui sebbene e gli interessi moratori non si sottraggano alla disciplina dell’usura, nondimeno la differenza con gli interessi corrispettivi, porta ad escludere che per la verifica dell’usurarietà o meno dei primi possa procedersi alla sommatoria degli uni con gli altri (cfr. ex multis quali pronunce più recenti Cass.26286/19).

Tali conclusioni sono confermate anche dal più recente arresto della Corte di Cassazione a SS.UU. (snt.19597/20) la quale componendo il precedente contrasto giurisprudenziale sul punto ha chiarito che per la determinazione del tasso soglia, nel caso in cui i decreti ministeriali non contengano alcuna loro rilevazione facendosi applicazione del principio di simmetria già enunciato dalle Sezioni Unite nella precedente sentenza n. 16303/2018, occorre applicare una maggiorazione, peraltro già prevista dalla Banca d’Italia a partire dal luglio 2013, al fine di garantire “un mercato concorrenziale del credito in cui il gioco delle parti tende ad indicare l’equilibrio spontaneo degli interessi, pur nei limiti dei controlli e della vigilanza ad esso proprio” prevedendo tre distinte ipotesi:

a) i contratti successivi al 21 dicembre 2017, data a partire dalla quale il relativo decreto prevede, quanto alla determinazione del tasso soglia degli interessi moratori, l’applicazione della maggiorazione di ¼ al TEGM con ulteriore aumento di quattro punti percentuali;

b) i contratti successivi al 25 marzo 2003,in ordine ai quali va applicata la maggiorazione del 2,1;

c) i contratti anteriori a tale ultima data per i quali l’esigenza primaria di tutela del finanziato impone di applicare analoga maggiorazione sul TEG e procedere quindi all’aumento previsto dal decreto al fine di determinare il TEGM.

La verifica da compiere conformemente a tali criteri comporta un vaglio di infondatezza della censura in quanto correttamente applicando ai TEGM relativi alle date di stipula dei contratti di mutuo (esattamente individuati nelle CPT) la maggiorazione del 2,1 ed il successivo aumento di ½, si perviene all’individuazione di tassi soglia (9,39 per il mutuo del 2006 e 11,52 per il mutuo del 2007 non superati dagli interessi moratori convenuti nei due contratti di mutuo oggetto di esame (7,645 per il mutuo del 2006 e 9,09 per il mutuo del 2007). A conclusioni identiche si perviene prendendo come base di calcolo, per la determinazione del tasso di mora, il TEG indicato nella perizia econometrica e l’ISC indicato nei contratti.

Ribadita la correttezza della decisione laddove ha ritenuto di disattendere la censura di nullità testuale per l’omessa inclusione del tasso di mora nel calcolo del TAEG fondata sulla più volte chiarita distinzione tra gli interessi corrispettivi e quelli moratori equiparabili ad una penale –peraltro destinata ad entrare in gioco solo nella fase patologica del rapporto di cui, al momento della stipula, si sconosce il se ed il quando- sicché dalla stessa disciplina comunitaria citata dall’appellante (cfr. Direttiva Comunitaria 2008/48/CE, art. 19, par. 2), può dedursi che nella determinazione del TAEG non sono computabili gli interessi di mora , neppure può trovare accoglimento la censura secondo cui erroneamente il primo giudice avrebbe omesso di considerare, ai fini della verifica dell’usurarietà del mutuo, la penale di estinzione anticipata. Ciò in quanto la commissione per estinzione anticipata del contratto è tesa a disciplinare l’ipotesi del tutto eventuale rimessa alla volontà del mutuatario (diversa sia dall’ipotesi riguardante il fisiologico svolgimento del rapporto, sia da quella riguardante la patologia del rapporto stesso per effetto dell’inadempimento del mutuatario),che trova applicazione nel caso di recesso dal contratto di mutuo in data anteriore rispetto alla sua scadenza originariamente pattuita dalle parti.

Dunque detta commissione (da pagare unitamente alla restituzione del capitale residuo ed in percentuale sullo stesso ) indennizza il mutuante per la perdita del rendimento (in termini di interessi corrispettivi non più dovuti) del rapporto anticipatamente cessato.

E’ pertanto in tutto equiparabile ad una penale (cfr. da ultimo Cass.8109/22).

Chiarita la sua funzione è chiaro che si tratta di un onere che non può essere inteso come costo del prestito del denaro, risolvendosi piuttosto in un elemento accidentale del mutuo, di applicazione meramente eventuale.

Ancora, nei limiti in cui debba ritenersi richiamato, privo di valenza giuridica alcuna è il riferimento al T.E.MO. di cui si lamenta l’omessa indicazione e l’illiceità per effetto dell’anatocismo collegato alla prevista applicazione dell’interesse di mora sulla rata composta da capitale ed interessi corrispettivi.

In linea con orientamento già espresso dall’intestata Corte (cfr. ancora sentenza n.157/22 pubblicata il 31.1.2022) “ si rileva in primo luogo che nell’attuale assetto normativo un simile valore (TEMO) non è normato né rilevato, in quanto basato su dati (conoscenza degli interessi corrispettivi in relazione all’intera durata del rapporto e di quelli di mora, come pure il momento e la misura dell’inadempimento sub specie di ritardo nel pagamento) non conoscibili al momento della conclusione del contratto; per altro verso si rileva che la delibera CICR 2000 prevede all’art. 3 la possibilità, ove concordato tra le parti, che sulla rada scaduta e non pagata decorrano gli interessi di mora.”

Quanto alla censura riferita alla omessa considerazione nel TAEG del costo assicurativo non può questo Collegio che rilevare che gli appellanti si sono limitati a riproporre la doglianza originariamente formulata in primo grado (sull’obbligatorietà della stipula della polizza assicurativa prevista in entrambi i contratti di mutuo e sulla richiesta inoltrata alla Banca ex art. 119 prima dell’introduzione del giudizio, senza confrontarsi in alcun modo con il contenuto della decisione che ha rigettato tale richiesta sul presupposto dell’erroneo richiamo compiuto dagli attori ad “interessi sostitutivi” ed all’omessa allegazione dell’incidenza dell’omissione lamentata (sia che si ritenga di applicare un premio assicurativo sostitutivo, sia che si tratti di escludere il debito per premio assicurativo, in caso di mancanza di pubblicità).

Si rileva incidentalmente che tale ulteriore aspetto, genericamente dedotto in primo grado e riproposto in appello non è sviscerato neppure nelle perizie econometriche di parte prodotte.

Né può essere accolta in difetto di puntuale allegazione dell’incidenza del costo sulla determinazione del TAEG l’istanza di ordine di esibizione delle polizze, (i cui costi sono comunque espressamente indicati nei due mutui )che legittimamente, non avendo la Banca risposto alla richiesta ex art. 119 TUB ben poteva essere formulata (cfr.Cass.24641/21) in primo grado ma sicuramente non nel presente grado di giudizio, ostandovi il divieto di cui al’art.345 c.p.c . Il motivo è pertanto inammissibile.

Quanto alla riproposta doglianza di mancanza di causa della clausola floor inserita nel contratto, nel prendersi atto della circostanza che alcuna contestazione viene mossa sull’accertata sua chiara indicazione in contratto , ritiene la Corte pienamente condivisibile la valutazione compiuta dal Tribunale di Lanciano (peraltro conforme alla predominante giurisprudenza che si è espressa sul punto) in ordine alla piena legittimità della clausola che incide sull’assetto economico e non giuridico del contratto, nel caso in cui acceda ad un finanziamento a tasso variabile.

Con essa infatti si prevede solo una remunerazione minima garantita ma non si realizza l’automatico mutamento della natura del contratto di mutuo , in un contratto derivato, in quanto la causa contrattuale non è in ogni caso quella di realizzare un investimento mobiliare economicamente proficuo, ma di concedere/ottenere a titolo di prestito una somma con correlativo obbligo di restituzione nel tempo della stessa. E’ evidente, pertanto, che la funzione della predetta clausola costituisce la soglia al di sotto della quale le parti di comune accordo hanno testualmente considerato e regolamentato il caso di fluttuazione dei tassi d’interesse ed, in particolare, il caso in cui la stessa sia antieconomica per la banca nell’ambito della complessiva operazione creditizia, in termini di previsione di un costo minimo del denaro, per il servizio di prestito erogato al cliente. (cfr. Tribunale Forlì 461/20).

Le considerazioni sopra esposte rendono evidenza dell’infondatezza del gravame proposto dalla mutuataria senza necessità dei richiesti approfondimenti istruttori .

Quanto infine all’exceptio doli sollevata dai garanti si rileva che l’assenza di comportamenti fraudolenti o abusivi da parte della finanziatrice e l’insussistenza di cause di nullità dei contratti di mutuo per contrarietà a norme imperative o illiceità della causa esclude con valore assorbente ogni fondatezza della domanda di nullità delle fideiussioni.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, ad esclusione della fase trattazione-istruttoria non svoltasi, seguono la soccombenza.

Non ricorrono infine i presupposti (colpa grave) per la condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Va infine dato atto della ricorrenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a norma dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115/2002,

P.Q.M.

La Corte di Appello, definitivamente pronunciando:

rigetta l’appello;

condanna gli appellanti alla rifusione delle spese sostenute dall’appellata per il presente grado di giudizio, che liquida in complessivi €8.066,00, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

-ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 115/2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

L’Aquila, 08.03.2022

Il Consigliere estensore Il Presidente

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

LexCED
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati