Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25344 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15488 – 2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE –COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE –COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -(eredi di NOME COGNOME) , rappresentati e difesi in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ; avvocato COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -(erede di NOME COGNOME) , da sé medesimo rappresentato e difeso ai sensi dell’art. 86 cod. proc. civ.; tutti elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME .
RICORRENTI
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. 97099470581 – in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla INDIRIZZO, domicilia per legge.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 1327/2021 della Corte d’A ppello di Ancona; udita la relazione nella camera di consiglio del 4 giugno 2024 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con ricorso notificato in data 26.1.2012 NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, adivano il T.A.R. del Lazio.
Esponevano che il loro dante causa era stato socio della RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pesaro, ed in tale qualità aveva garantito personalmente, unitamente ad altri soci, i prestiti e gli affidamenti bancari accordati alla RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 3) .
Esponevano che a seguito della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 39/1985 del Tribunale di Pesaro, era stata proposta per il tramite del curatore fallimentare e nell’interesse dei soci garanti obbligati in solido, tra cui il loro dante causa, domanda finalizzata a conseguire l’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993 (cfr. ricorso, pag. 3) , ovvero domanda finalizzata al l’accollo a carico del bilancio dello Stato RAGIONE_SOCIALE garanzie concesse dai soci di cooperative agricole in favore RAGIONE_SOCIALE medesime società qualora in stato di insolvenza, con esclusione del diritto di ripetizione ai sensi dell’art. 126, 3° co. bis , della legge n. 388/2000 (cfr. ricorso, pag. 8) .
Esponevano che con provvedimento del 23.11.2011 il RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato che le garanzie e le posizioni debitorie facenti capo al loro dante causa, erano ‘da considerarsi escluse dall’intervento pubblico previsto dall’art. 1, comma 1 bis , della L. n. 237/1993, donde il correlato obbligo (…) di restituire la quota -parte (…) di quanto già corrisposto ed, eventualmente, di quanto verrà ulteriormente corrisposto ‘ (cfr. ricorso, pag. 7) .
Tanto premesso -e precisato che il RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto ed ottenuto, in surroga dei creditori originari, l’ammissione in chirografo al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per l’importo di euro 1.556.692,94 (cfr. ricorso, pag. 6) -chiedevano accertarsi e dichiararsi il diritto del loro dante causa all’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993, ossia all’ accollo a carico del bilancio dello Stato con esclusione del diritto di ripetizione (cfr. ricorso, pag. 8) .
Con sentenza n. 5975/2012 il T.A.R. del Lazio dichiarava il proprio difetto di giurisdizione (cfr. ricorso, pag. 8) .
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME attendevano alla riassunzione del giudizio innanzi al Tribunale di Ancona (cfr. ricorso, pag. 8) .
Il RAGIONE_SOCIALE si costituiva tardivamente.
Con sentenza n. 906/2016 il Tribunale di Ancona accoglieva la domanda e regolava le spese di lite (cfr. ricorso, pagg. 9 – 10) .
Il RAGIONE_SOCIALE proponeva appello (cfr. ricorso, pag. 10) .
NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME resistevano.
Con sentenza n. 1327/2021 la Corte d’A ppello di Ancona accoglieva il gravame, rigettava la domanda proposta in prime cure dagli appellati, che condannava in solido alle spese del doppio grado.
Reputava la corte che valenza decisiva ai fini della reiezione della domanda esperita in prime cure rivestivano le circostanze di cui alla sentenza n. 243/1996 pronunciata dal Tribunale di Pesaro nei confronti di NOME COGNOME.
Reputava in particolare che le medesime circostanze deponevano nel senso che il dante causa degli appellati aveva contribuito alla determinazione de ll’insolvenza dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Reputava quindi che legittimamente l’Amministrazione aveva escluso NOME COGNOME dai benefici ex lege n. 237/1993 (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Avverso tale sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (quali eredi di NOME COGNOME) hanno proposto ricorso; ne hanno chiesto la cassazione sulla base di quattro motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore RAGIONE_SOCIALE spese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa degli artt. 1273 e 1299 cod. civ., de ll’art.
1, 1° co. bis , dec. leg. n. 149/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 237/1993 , dell’art. 126 della legge n. 388/2000 e dei d.m. applicativi .
Deducono che , contrariamente all’assunto della Corte di Ancona, l’accollo da parte dello Stato RAGIONE_SOCIALE obbligazioni di garanzia e l’effetto liberatorio dei soci garanti costituiscono effetti automatici, ex lege (cfr. ricorso, pagg. 16 – 21) .
Deducono dunque che le garanzie originariamente prestate dal loro dante causa ‘non possono avere alcuna r e viviscenza’ (così ricorso, pag. 21) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 4 del d.m. 2.10.1995 e dell’art. 126, 3° co. bis , legge. n. 237/1993 -recte , n. 388/2000 -in correlazione con l’art. 27 Cost. e 652 cod. proc. pen.
Deducono che la Corte di Ancona ha opinato per la vigenza e per la rilevanza dell’art. 4 del d.m. 2.10.1995.
Deducono tuttavia che il T.A.R. del Lazio con sentenza n. 13659/2006 ha disposto l’annullamento dell’art. 4 del d.m. cit., ‘nella parte in cui subordina il previsto accollo di garanzie all’accertamento dell’inesistenza di procedimenti penali nei confronti dei soci istanti dei crediti ammessi’ (cfr. ricorso, pag. 31) .
Deducono altresì che inesattamente la corte d’appello ha ritenuto che il disposto dell’art. 4 del d.m. cit. è stato recepito dall’art. 126 della legge n. 388/2000 (cfr. ricorso, pag. 31) .
Deducono comunque che l’art. 4 del d.m. cit. non prevede alcun diritto di regresso (cfr. ricorso, pag. 31) e contiene un generico riferimento ai procedimenti penali in corso a carico dei soci garanti (cfr. ricorso, pag. 32) , riferimento che, in linea con la presunzione di innocenza ex art. 27 Cost., deve
necessariamente esser correlato ai procedimenti definiti con sentenza di condanna passata in giudicato (cfr. ricorso, pag. 32) .
Deducono poi che il loro dante causa è stato assolto dal reato di bancarotta per distrazione con sentenza n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro; e che il reato di falso in bilancio, che pure gli era stato ascritto, è stato dichiarato estinto per prescrizione con sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 681/2001 (cfr. ricorso, pag. 33) .
Deducono quindi che la sentenza penale dibattimentale di assoluzione ha efficacia vincolante nel giudizio civile di risarcimento danni (cfr. ricorso, pag. 33) ; e che la Corte di Ancona ha rinviato tout court alla ‘lettura’ della sentenza n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro (cfr. ricorso, pag. 36) .
Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono evidentemente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso i medesimi mezzi di impugnazione vanno rigettati.
Va dapprima rimarcato che segnatamente il secondo motivo di ricorso difetta di specificità ed ‘autosufficienza’ in spregio alle prefigurazioni del n. 4 e del n. 6 del 1° co. dell’art. 366 cod. proc. civ .
Più esattamente, i ricorrenti non solo non hanno dato riscontro del passaggio in giudicato della sentenza n. 13659/2006 del T.A.R. del Lazio (richiamata alle pagg. 30 – 31 del ricorso) , ma neanche hanno provveduto a riprodurne il testo nel corpo del ricorso.
In verità, i ricorrenti neppure hanno riprodotto nel corpo del ricorso la sentenza n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro e la sentenza n. 681/2001 della Corte di Appello di Ancona (ambedue richiamate a pag. 33 del ricorso) .
Sovviene perciò l’elaborazione di questa Corte secondo cui l’interpretazione del giudicato ‘ esterno ‘ può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione in forza del principio di ‘ autosufficienza ‘ di tale mezzo di impugnazione; cosicché il ricorso deve riportare il testo della sentenza – che si assume passata in giudicato – con richiamo congiunto e della motivazione e del dispositivo, siccome il solo dispositivo o singoli stralci della motivazione non sono bastevoli alla comprensione del comando giudiziale (cfr. Cass. 19.8.2020, n. 17310; Cass. sez. lav. 8.3.2018, n. 5508; Cass. 23.6.2017, n. 15737; Cass. 11.2.2015, n. 2617) .
13. Va dipoi rimarcato che il giudicato penale è vincolante nel giudizio civile in ordine all ‘ accertamento dei fatti materiali solo ove si tratti di sentenza irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, ma non nel caso di sentenza meramente dichiarativa della intervenuta prescrizione, dovendosi escludere l ‘ applicazione analogica dell ‘ art. 654 cod. proc. pen., atteso il carattere eccezionale della norma e tenuto conto del fatto che non sempre la prescrizione importa l ‘ accertamento della sussistenza del fatto materiale costituente reato, sicché, in tale ipotesi, il giudice civile deve procedere autonomamente all ‘ accertamento ed alla valutazione dei fatti (cfr. in tal senso Cass. sez. lav. 9.10.2014, n. 21299; Cass. sez. un. 26.1.2011, n. 1768; Cass. (ord.) 12.6.2024, n. 16422) .
Ebbene, su tale scorta, va debitamente posto in risalto che la Corte di Ancona ha senz’altro atteso all’autonomo ed ineccepibile -oltre che, si dirà in sede di disamina del terzo motivo, congruo -vaglio dei fatti e RAGIONE_SOCIALE circostanze oggetto
della sentenza di condanna n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro, condanna cui ha fatto seguito la declaratoria di prescrizione del reato con la sentenza n. 681/2001 della Corte di Ancona (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Invero, la Corte marchigiana ha non solo dato atto, alla stregua della sentenza n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro, della sopravvalutazione dei macchinari elencati nell’inventario, risultati in parte, per giunta, materialmente inesistenti o comunque non rinvenuti, ma ha reputato che siffatte circostanze palesavano ‘una predisposizione dei bilanci chiaramente finalizzata all’aumento RAGIONE_SOCIALE poste attive e lascia presumere che, quantomeno, le sopravvalutazioni non fossero da considerarsi errori in quanto chiaramente partecipi dello scopo anzidetto’ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
14. Ciò detto, il quadro normativo di riferimento si delinea così come segue. Ovvero alla stregua della prima parte del 1° co. bis del l’art. 1 del dec. leg. n. 149/1993, convertito dall’art. 1, 1° co., della legge n. 237/1993 (il 1° co. bis è stato inserito in sede di conversione) :
‘le garanzie concesse, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, da soci di cooperative agricole, a favore RAGIONE_SOCIALE cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l’insolvenza, sono assunte a carico del bilancio dello Stato’.
Ovvero alla stregua del 3° co. dell ‘art. 126 dell a legge n. 388/2000:
‘l’intervento dello Stato, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 -bis , del decretolegge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, nei confronti dei soci, come individuati ai sensi del comma 2 del presente articolo, che abbiano rilasciato garanzie, individualmente o in
solido con altri soci di una stessa RAGIONE_SOCIALE, determina la liberazione di tutti i soci garanti’.
Ovvero alla stregua del 3° co. bis dell ‘art. 126 dell a legge n. 388/2000 (comma inserito dall’art. 22, 2° co. bi s, dec. leg. n. 207/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14/2009) :
‘resta salvo il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto a seguito dell’intervento, nei confronti dei soci che abbiano comunque contribuito all’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE o che in ogni caso non abbiano titolo a beneficiare dell’intervento, subentrando nelle relative garanzie’.
15. Il delineato quadro normativo induce, sì, ad opinare per la liberazione dei soci garanti nei confronti dei creditori per effetto dell’intervento dello Stato , ben vero nei termini che questa Corte ha avuto cura di puntualizzare (cfr. Cass. (ord.) 26.8.2020, n. 17827, secondo cui l’ assunzione da parte dello Stato dei debiti contratti dai soci fideiussori di cooperative agricole dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa, con conseguente liberazione dei soci-garanti, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, del d.l. n. 149 del 1993 (inserito dalla legge di conversione n. 237 del 1993), pur essendo un diritto a questi attribuito dalla legge, non costituisce un effetto automatico della stessa ma richiede un provvedimento espresso, da adottare all’esito di un procedimento amministrativo, in conformità con la generale previsione di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 241 del 1990) .
Del resto -a riscontro, nella specie, dell ‘avvenuta liberazione dei soci garanti nei confronti degli originari creditori – il RAGIONE_SOCIALE ha chiesto ed ottenuto, in surroga dei creditori originari,
l’insinuazione in chirografo al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 28) .
E tuttavia vi è da ritenere che, pu r in epoca antecedente all’introduzione del 3° co. bis della legge n. 388/2000, fosse insito nel sistema, quanto meno per effetto dei principi di legalità e di buon andamento ed imparzialità cui l’azione amministrativa ha da conformarsi (art. 97 Cost.) , il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto nei confronti dei soci garanti responsabili dell’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE o a vario titolo immeritevoli (cfr. Cass. (ord.) 21.5.2024, n. 14146, secondo cui, in tema di cooperative agricole insolventi, ai fini dell’assunzione da parte dello Stato dei debiti contratti dai soci-garanti con conseguente loro liberazione ai sensi dell’art. 1, 1° co. bis, del d.l. n. 149 del 1993, l’inserimento del richiedente nell’elenco redatto dal RAGIONE_SOCIALE non è irreversibile, poiché la Pubblica Amministrazione ha la facoltà di svolgere una successiva istruttoria, volta a rivalutare la sussistenza dei presupposti dell’originario accollo e, comunque, ad acclarare l’inesistenza di procedimenti penali a carico dei beneficiari ovvero, ancora, ad accertare che i medesimi non abbiano contribuito all’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE garantita) .
E tanto anche a prescindere dalla normativa di attuazione, segnatamente dalla previsione dell’art. 4 del d.m. 2.10.1995 del RAGIONE_SOCIALE (‘il RAGIONE_SOCIALE, preliminarmente all’accollo RAGIONE_SOCIALE garanzie, svolgerà tutti gli accertamenti necessari e idonei ad acclarare il permanere dell’entità del credito garantito, l’inesistenza di eventuali procedimenti penali nei confronti dei soci istanti dei crediti ammessi e riportati
nel richiamato elenco n. 1, nonché eventuali altri adempimenti ritenuti necessari’) .
16. In ogni caso, la Corte di Ancona ha riscontrato che ‘i decreti ministeriali che hanno disposto il pagamento RAGIONE_SOCIALE garanzie fideiussorie del COGNOME richiamano il diritto dello Stato di surrogarsi al creditore e di agire ai sensi dell’art. 4 del d.m. 2 ottobre 1995 e dell’art. 1298 c.c. verso i soci che non aver titolo ai be nefici’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
E, ben vero, siffatto riscontro non è stato, dai ricorrenti, fatto segno di specifica, puntuale censura (anzi, i ricorrenti hanno dato espressamente atto che ‘al socio garante non meritevole del beneficio il RAGIONE_SOCIALE può solo esercitare il diritto di ripetizione previsto dall’art. 126 comma 3 legge n. 388/2000′: così ricorso, pag. 22) .
Negli enunciati termini, dunque, non può che postularsi quanto segue.
Va, per un verso, recepito il rilievo della Corte di Ancona circa la non condivisibilità degli assunti del primo giudice in tema di ripetibilità RAGIONE_SOCIALE somme
(cfr. sentenza d’appello, pag. 8)
.
Va, per altro verso, in toto disatteso l’assunto dei ricorrenti secondo cui ‘di fronte ad un diritto soggettivo perfetto al quale il RAGIONE_SOCIALE ha dato completa attuazione ed ha altresì esercitato il recupero a mezzo della surroga attuata con l’insinuazione al passivo del fallimento è giuridicamente insussistente qualsiasi possibilità di ritenere il socio COGNOME NOME ‘ (così memoria dei ricorrenti, pag. 8) .
18. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, 1° co., cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 1, 1° co. bis , dec. leg. n. 149/1993, dell’art. 4 d.m. 18.12.1995, dell’art. 126, 3° co. bis , della legge n. 388/2000 anche in relazione all’art. 27 Cost.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo e controverso.
Deducono che ‘nel caso di specie non sono emersi elementi concreti dai quali poter desumere che la condotta illecita contestata al COGNOME NOME nel procedimento penale definito con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione abbia concorso al dissesto della RAGIONE_SOCIALE‘ (così ricorso, pag. 38) .
Deducono che nessuna dimostrazione in tal senso è stata fornita dal RAGIONE_SOCIALE e che viceversa dalla documentazione allegata si desume che la crisi della RAGIONE_SOCIALE si è verificata in un contesto congiunturale particolarmente sfavorevole, non ricollegabile a responsabilità individuali (cfr. ricorso, pagg. 38 – 39) .
Deducono inoltre che la corte d’appello non ha tenuto conto, in primo luogo, della pregressa ammissione della RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ alla procedura di amministrazione controllata giusta decreto del Tribunale di Pesaro in data 26.6.1985 (cfr. ricorso, pagg. 39 -44 ); in secondo luogo, della testimonianza del curatore fallimentare e del perito all’uopo incaricato in ordine alla consistenza ed al valore del magazzino della RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pagg. 44 -50 ); in terzo luogo, RAGIONE_SOCIALE risultanze del riparto finale RAGIONE_SOCIALE somme disponibili depositato in data 12.12.2007 (cfr. ricorso, pagg. 50 -54 ).
19. Il terzo motivo di ricorso del pari va rigettato.
20. Le ragioni di doglianza veicolate dal mezzo in disamina -ancorché la ‘rubrica’ prefiguri asseriti ‘ errores in iudicando ‘ -sono volte propriamente alla censura de l giudizio ‘di fatto ‘ cui la corte di merito ha atteso, allorché, mercé la valutazione degli elementi desunti dalla sentenza n. 243/1996 del Tribunale di Pesaro, ha assunto che NOME COGNOME, ‘alla luce del comportamento tenuto (…) ha concorso al dissesto della RAGIONE_SOCIALE‘ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
In tal guisa il motivo in esame si qualifica in via esclusiva in relazione al disposto del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. (è il motivo di ricorso ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054) .
21. In questi termini soccorre l’elaborazione di questa Corte secondo cui c on il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Si vedano, inoltre, Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415, e Cass. 10.6.2016, n. 11892) .
E, ben vero, i ricorrenti hanno espressamente addotto che ‘i sono rilevanti in quanto evidenziano che manca la prova in ordine ai comportamenti idonei ad aggravare il dissesto della RAGIONE_SOCIALE (…)’ (così ricorso, pag. 54; così memoria dei ricorrenti, pag. 30) .
22. In ogni caso, è da escludere recisamente che taluna RAGIONE_SOCIALE figure di ‘anomalia motivazionale’ destinate ad acquisire significato alla stregua della
pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 RAGIONE_SOCIALE sezioni unite di questa Corte -e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte territoriale ha, in parte qua , ancorato il suo dictum .
Invero, la Corte di Ancona ha intellegibilmente, ineccepibilmente e – si aggiunge – congruamente esplicitato il proprio iter argomentativo, allorquando ha dato conto della non ‘meritevolezza’ del contegno tenuto dal dante causa dei ricorrenti.
Ovviamente, la violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia -è il caso di specie – la valutazione che il giudice abbia svolto RAGIONE_SOCIALE prove proposte dalle parti (cfr. Cass. 29.5.2018, n. 13395; Cass. (ord.) 23.10.2018, n. 26769; Cass. sez. lav. 19.8.2020, n. 17313; Cass. 5.9.2006, n. 19064) .
Ovviamente, l a violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente – il che non è nel caso di specie – di non dover osservare la regola contenuta nella norma ovvero ha giudicato – il che non è nel caso di specie – sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892;
Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-01)) .
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘ per omessa pronuncia , vizio di nullità per violazione dell’ar t. 112 cod. proc. civ.
Deducono che la Corte di Ancona non ha pronunciato in ordine alla domanda, formulata in via subordinata, di intervenuta decadenza dell’obbligazione fideiussoria ai sensi dell’art. 1957, 1° co., cod. civ. (cfr. ricorso, pag. 55) .
Deducono inoltre che è da escludere che la domanda sia stata implicitamente disattesa (cfr. ricorso, pag. 57) .
Il quarto motivo di ricorso parimenti va rigettato.
La sezioni unite hanno chiarito che questa Corte, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in ‘ error in procedendo ‘, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ‘ ex officio ‘, né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’ errore denunciato (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181) .
Ebbene, nella specie i ricorrenti non hanno fornito compiuta illustrazione della corretta soluzione.
Da un canto, i ricorrenti non hanno riprodotto il testo della garanzia che il loro dante causa ebbe a prestare in favore degli istituti bancari, creditori della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , garanzia assunta a carico del bilancio dello Stato, recte , garanzia che il RAGIONE_SOCIALE ha provveduto ad accollarsi e ad assolvere , tant’è che in surroga il RAGIONE_SOCIALE è stato ammesso in chirografo al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 6) .
Segnatamente, i ricorrenti si sono limitati a riprodurre -nel corpo del quarto motivo di ricorso – uno stralcio dell ‘atto di riassunzione ex art. 50 cod. proc. civ., ove si richiamano i decreti ministeriali con c ui si è ‘disposto il pagamento dell’importo riferito a ciascun istituto di credito’ (cfr. ricorso, pag. 58) .
Propriamente , la mancata riproduzione del testo dell’originaria garanzia rileva alla luce della elaborazione di questa Corte.
Difatti, questo Giudice spiega che la decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione, prevista dall’art. 1957 cod. civ. quale conseguenza del mancato inizio dell’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, non è posta a presidio di alcun interesse di ordine pubblico, e può di conseguenza essere derogata dalle parti sia esplicitamente, sia implicitamente attraverso un comportamento concludente (cfr. Cass. 21.5.2008, n. 13078 (Rv. 603325-01)) .
E spiega ancora che la decadenza prevista in tema di fideiussione dall’art. 1957 cod. civ., per l ‘ ipotesi che il creditore non coltivi entro sei mesi dalla scadenza dell ‘ obbligazione la propria pretesa nei confronti del debitore principale, può essere pattiziamente esclusa nei contratti di fideiussione tipici, così come allo stesso modo può essere volontariamente estesa ad un contratto
autonomo di garanzia, il quale preveda una clausola di pagamento ‘a prima richiesta’ (cfr. Cass. 21.5.2008, n. 13078 (Rv. 603326-01)) .
D’ altro canto, dallo stralcio dell’atto di riassunzione riprodotto nel corpo del quarto motivo di ricorso si desume solo ed esclusivamente che gli istituti di credito, originari creditori della debitrice ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , ebbero ad insinuarsi ‘a suo tempo al passivo fallimentare’ senza alcuna ulteriore indicazione ai fini del riscontro innanzitutto della loro ‘sollecitudine’ ex art. 1957, 1° co., cod. civ.
28. In conclusione, in termini ineccepibili e congrui è stata denegata dalla Corte di Ancona la declaratoria -invocata con l’iniziale domanda (cfr. ricorso, pag. 8) del diritto di NOME COGNOME al l’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993 con esclusione del diritto di ripetizione.
In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, a rimborsare al controricorrente, RAGIONE_SOCIALE,
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in euro 5.900,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte