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Fideiussione omnibus: la prova dell’intesa antitrust

Un istituto di credito ha appellato una sentenza che aveva annullato una fideiussione omnibus del 1994 per una clausola anticoncorrenziale. La Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, stabilendo che per le garanzie antecedenti all’indagine della Banca d’Italia del 2002-2005, spetta al garante l’onere di provare l’esistenza di un’intesa illecita. In assenza di tale prova, la fideiussione è stata ritenuta valida e il garante condannato al pagamento.

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Fideiussione Omnibus: La Prova dell’Intesa Antitrust per i Contratti Ante 2002

La fideiussione omnibus è uno strumento contrattuale cruciale nei rapporti tra banche e imprese, ma da anni è al centro di un acceso dibattito giurisprudenziale riguardo la sua validità in relazione alle norme antitrust. Una recente sentenza della Corte di Appello di Genova fa luce su un aspetto fondamentale: cosa succede quando la garanzia è stata firmata molto prima che le autorità accertassero l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche? La decisione chiarisce l’onere della prova a carico del garante, tracciando una linea netta tra i contratti stipulati durante il periodo “sospetto” e quelli precedenti.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo emesso da un Tribunale a favore di un istituto di credito nei confronti del garante di una società. La garanzia, una fideiussione omnibus, era stata sottoscritta nel lontano 1994. Il garante si era opposto al pagamento, sostenendo, tra le altre cose, la nullità del contratto di fideiussione. In particolare, contestava la validità della clausola n. 6, che derogava ai termini di decadenza previsti dall’art. 1957 del Codice Civile, in quanto riproduttiva di uno schema contrattuale (modello ABI) frutto di un’intesa anticoncorrenziale vietata dalla legge Antitrust (L. 287/1990).

La Decisione di Primo Grado

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione del garante. I giudici avevano ritenuto che le clausole della fideiussione fossero conformi allo schema ABI sanzionato dalla Banca d’Italia nel 2005 e dichiarato parzialmente nullo dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2021. Di conseguenza, il Tribunale aveva dichiarato la nullità parziale del contratto, specificamente della clausola n. 6. Senza tale clausola, tornava applicabile il termine di decadenza di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c. Poiché la banca non aveva agito contro il debitore principale entro tale termine, aveva perso il suo diritto nei confronti del garante. Il decreto ingiuntivo era stato quindi revocato.

L’Appello della Banca e la Questione della Prova nella Fideiussione Omnibus

L’istituto di credito ha impugnato la sentenza di primo grado, basando il suo appello su un argomento cruciale: il fattore tempo. La banca ha sostenuto che l’accertamento dell’intesa illecita da parte della Banca d’Italia riguardava esclusivamente le fideiussioni sottoscritte tra l’ottobre 2002 e il maggio 2005. Poiché la garanzia in questione risaliva al 1994, non poteva essere automaticamente considerata nulla sulla base di quel provvedimento. Spettava quindi al garante, che lamentava la nullità, fornire la prova specifica che anche nel 1994 esistesse un’intesa anticoncorrenziale e che la banca vi avesse aderito. Secondo l’appellante, tale prova non era mai stata fornita.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte di Appello ha accolto integralmente le argomentazioni della banca, riformando la sentenza di primo grado. I giudici hanno chiarito che, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, l’accertamento dell’Autorità Garante costituisce una prova privilegiata dell’esistenza di un’intesa illecita, ma solo per il periodo oggetto di indagine.

Per le fideiussioni stipulate al di fuori di tale arco temporale, come quella del 1994, l’azione del garante si qualifica come “azione stand-alone”. In questi casi, manca un accertamento amministrativo dell’illecito, e pertanto l’onere della prova grava interamente sulla parte che deduce la nullità. Non è sufficiente produrre un modulo contrattuale standard; è necessario dimostrare che l’adozione di quel modulo fosse il risultato di un accordo concertato tra banche volto a limitare la concorrenza.

Nel caso di specie, il garante non ha fornito alcun elemento utile a provare l’esistenza di un “cartello” bancario nel 1994. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto valida la clausola n. 6 del contratto di fideiussione, che derogava all’art. 1957 c.c. Essendo la clausola valida, la banca non era incorsa in alcuna decadenza e il suo diritto di credito nei confronti del garante era pienamente sussistente.

Le Conclusioni

La sentenza ribalta l’esito del primo grado e condanna il garante al pagamento della somma richiesta, oltre interessi e spese legali di tutti i gradi di giudizio. La decisione offre un’importante lezione pratica: la nullità di una fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust non è automatica, specialmente per i contratti più datati. La celebre sentenza delle Sezioni Unite del 2021 ha un’applicazione temporale ben definita. Per le garanzie stipulate prima del periodo investigato dalle autorità, chi intende far valere la nullità deve intraprendere un’azione “stand-alone”, armandosi di prove concrete per dimostrare l’esistenza di un’intesa illecita al momento della sottoscrizione. La semplice uniformità dei moduli contrattuali, da sola, non è sufficiente a vincere la causa.

Una fideiussione omnibus firmata prima del 2002 può essere dichiarata nulla per intesa anticoncorrenziale?
Sì, ma è necessario che la parte che ne chiede la nullità (il garante) fornisca la prova specifica dell’esistenza di un’intesa illecita tra banche già al momento della firma del contratto, poiché non può beneficiare della prova privilegiata derivante dall’istruttoria della Banca d’Italia, che copre il periodo 2002-2005.

A chi spetta l’onere della prova in un’azione per la nullità di una fideiussione “stand-alone”?
L’onere della prova grava interamente sulla parte che deduce l’esistenza dell’accordo anticoncorrenziale e la conseguente nullità del contratto. Questa parte deve allegare e dimostrare i fatti costitutivi dell’intesa illecita.

La clausola di deroga all’art. 1957 c.c. in una fideiussione del 1994 è valida?
Secondo questa sentenza, sì. In assenza di una prova concreta che tale clausola fosse il risultato di un’intesa anticoncorrenziale in vigore nel 1994, essa è pienamente valida ed efficace. Di conseguenza, il creditore non perde il suo diritto verso il garante anche se non agisce contro il debitore principale entro sei mesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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