Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28562/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio del secondo (PEC: EMAIL, EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE , a socio unico, in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL, EMAIL);
-controricorrente-
nonché contro
C.C. 05 marzo 2024
r.g.n. 28562/2021
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
–
intimata – avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di TORINO n. 889/2021 pubblicata il 2/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dalla Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
il Tribunale di Torino con sentenza n. 4395/RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto monitorio n. 8861/2016 con cui gli era stato intimato da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. il pagamento del l’importo di Euro 1. 141.634,93, quale garante in forza di contratto di fideiussione del 9/12/2002, stipulato in favore della predetta banca, prestato a garanzia delle obbligazioni del debitore principale RAGIONE_SOCIALE, ritenendo estinta la fideiussione ex art. 1956 c.c..
avverso la decisione del Tribunale proponeva appello NOME quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, già cessionaria dei crediti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a.; si costituiva NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo, a sua volta, appello incidentale condizionato; il contraddittorio veniva integrato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. che restava intimata e dichiarata contumace;
la Corte d’Appello di Torino con sentenza n. 889/2021 accoglieva l’appello e, in integrale riforma della sentenza di prime cure, rigettava l’opposizione proposta da COGNOME avverso il decreto ingiuntivo de quo , accertava la validità e efficacia della fideiussione sottoscritta dallo stesso e la nullità della clausola di massimo scoperto, revocava il decreto ingiuntivo, con condanna dell’appellato al p agamento dell’importo di Euro 1.141.634,93, oltre interessi, nonchè a rifondere le spese del doppio grado di giudizio nei confronti dell’ istituto bancario appellante;
avverso la decisione della Corte d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sorretto da cinque motivi; ha resistito con controricorso
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NOME quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE; sebbene intimata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c. ;
parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia <>; in particolare, contesta la parte di motivazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la qualità di socio (seppure di minoranza) in capo al COGNOME della società finanziata debitrice gli consentisse di conoscere la situazione economica della società, con il conseguente venir meno dell’obbligo di monitoraggio nella concessione del credito in c apo alla banca rispetto all’aumento dell’esposizione debitoria del debitore principale; secondo il ricorre nte in tal modo la Corte d’appello avrebbe ribaltato gli oneri di controllo dalla banca esclusivamente sul fideiussore, consentendo alla banca di non richiedere la debita specifica autorizzazione per la concessione del credito, assolvendola dai doveri di correttezza e buona fede, anche in considerazione della circostanza che RAGIONE_SOCIALE, pur essendo socio di minoranza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non aveva mai partecipato alla gestione di tale società e non aveva mai ricoperto la carica di amministratore;
a parere del ricorrente, in tal guisa, la c orte d’appello avrebbe violato le norme evocate che riconoscono in capo al fideiussore un vero e proprio diritto di essere informato circa il mutamento in pejus delle condizioni patrimoniali del debitore principale e di controllare, attraverso una ‘speciale autorizzazione’, l’ulteriore concessione del credito consentendo al fideiussore di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione div enuta, senza sua colpa, più
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AVV_NOTAIO gravosa; invero, la Corte d’appello non avrebbe tenuto in alcun conto il fatto che, nella specie, la banca non avesse mai informato il fideiussore né chiesto alcuna autorizzazione;
in proposito evidenzia che il giudice di prime cure aveva ritenuto la sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’art. 1956 c.c. ovvero il peggioramento della situazione economico -finanziaria della società RAGIONE_SOCIALE al momento della concessione delle aperture di credito (dal 2 febbraio 2021 al 15 aprile 2013) rispetto a quella della data di concessione della fideiussione (il 9 dicembre 2002); difatti, la situazione economico patrimoniale della società garantita risultante dal bilancio allora approvato, ossia quello chiuso al 31 dicembre 2001 chiudeva con utili pari a Lire 126.697.940 (All. D/c, già doc. 6 di primo grado) mentre dai bilanci successivi (All. D/ d -h, già docc. 7 -11 di primo grado), infatti, al di là dell’indicazione di un patrimonio netto positivo, emergeva un risultato di bilancio in perdita consistente e costante sino al 2017, e contesta che tali bilanci siano stati considerati irrilevanti perché su ccessivi all’aumento del finanziamento, senza considerare il comportamento della banca che non li aveva verificati violando l’art. 1956 cod. civ ;
2. con il secondo motivo denuncia la ‘ V iolazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1 comma, n. 3, in ordine agli articoli 1956 c.c., 1176 c.c., 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. ‘ ; in particolare, il ricorrente sostiene che la Corte d’appello ha violato i principi enunciati dal dettato dell’art. 1956 c.c., quelli in tema di onere della prova (art. 2697 c.c.), di disponibilità e di valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.) ove ha affermato che «manca, in concreto, anche la dimostrazione adeguata, che onera probatoriamente il f ideiussore (…) della consapevolezza in capo alla banca del prospettato sensibile peggioramento (…) delle condizioni economiche di RAGIONE_SOCIALE»;
ribadisce che fosse onere della banca, al momento della concessione del credito, verificare lo stato patrimoniale del soggetto
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finanziato, informandosi prima di concedere credito e/o quantomeno di esaminare i bilanci depositati presso il Registro delle Imprese e ribadisce che le condizioni negative della società finanziaria risultavano ictu oculi dai bilanci sociali e, quindi, non era necessaria altra documentazione;
con il terzo motivo denunzia ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c.)’ ed in particolare osserva che la Corte piemontese non ha esercitato il potere di ponderazione delle risultanze probatorie (vizio che rientra nell’errore di fatto, sindacabile in Cassazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), che contraddittoriamente non ha tenuto conto della perdita di esercizio dei bilanci precedenti al 2009 e non ha ritenuto che ci fossero ‘spie’ di un peggioramento progressivo importante delle condizioni economiche del debitore principale e che quindi la situazione fosse stabile e costante mentre peggiorava di anno in anno e che, se non avesse errato nell’inte rpretazione delle prove date dai bilanci, avrebbe applicato l’art. 1956 c.c.;
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto -sia pure sotto diversi profili- prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro in ordine alla sussistenza dei presupposti di applicazione, tra le altre richiamate norme, di quella di cui a ll’art. 1956 cod. civ., sono sotto plurimi profili inammissibili;
4.1. sotto le formali spoglie del vizio di violazione di legge la ricorrente sostanzialmente inammissibilmente richiede a questa RAGIONE_SOCIALE un accertamento di fatto alternativo a quello debitamente formulato dal giudice d’appello;
orbene, la C orte d’appello nel considerare la qualità dell’odierno ricorrente – socio di minoranza della società finanziata – si è posta in linea con quanto affermato da questa Corte sul tema e cioè che, la banca che, pur conoscendone le difficoltà economiche, concede finanziamenti al debitore principale confidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la
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RAGIONE_SOCIALE preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale, ma che tuttavia la mancata richiesta di autorizzazione non può tuttavia configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune o può presumersi tale (Cass. Sez. 3, 17/07/2023 n. 20713, principio espresso, di recente, in un caso ove la sentenza di merito aveva escluso l’effetto liberatorio ex art. 1956 cod. civ. in ragione del fatto che, dei tre fideiussori ricorrenti tutti legati da rapporti di parentela -, uno era socio della società garantita e un altro ne era stato, in precedenza, amministratore);
la Corte piemontese, difatti, (richiamando in proposito, Cass. n. 7444/2017) ha ritenuto a tal fine sufficiente «la concreta possibilità di conoscere, con monitoraggio costante, la situazione economica della società, da parte del socio, anche di minoranza, nell’esercizio delle prerogative che gli sono proprie quale componente dell’assemblea, a prescindere dal non essere egli anche amministratore, ad escludere l’operatività della norma in esame e a superare il riferimento ai doveri di correttezza e buona fede che debbono comunque caratterizzare l’operato della banca creditrice. In concreto NOME COGNOME COGNOME socio di RAGIONE_SOCIALE per il 45% (NOME COGNOMECOGNOME anche amministratore, era detentore della rimanente quota del 55%) ed aveva diritto di accedere a tutte le informazioni riguardanti la vita economico patrimoniale della società, quantomeno in occasione d elle assemblee per l’approvazione dei bilanci, e l’assenza di interesse e/o attenzione per quanto accadeva nella vita della società debitrice, frutto senz’altro di una libera scelta, non può essere portata a giustificazione dell’ignoranza delle sue condizi oni economiche e addirittura dell’imposizione di un obbligo attivo di vigilanza e controllo ‘sostitutivo’ in capo alla banca creditrice garantita. Proprio la qualità di socio facente capo a NOME COGNOME e le prerogative ad essa correlate rendono altresì pienamente legittima la previsione della clausola 5 della fideiussione, con la quale il garante si assume l’onere di tenersi
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informato sulle condizioni economiche del soggetto garantito, e non permettono di prospettare una responsabilità della banca sul presupposto di una carenza informativa da affermarsi in ipotesi contraria a buona fede e correttezza» (pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata);
pertanto, la Corte d’appello non ha ritenuto provato il requisito di consapevolezza della banca in ordine al peggioramento delle condizioni economiche del garantito in misura tale da ingenerare il fondato timore che questi potesse divenire insolvente;
sul punto, si è inoltre uniformata a quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di fideiussione per obbligazione futura ai fini della liberazione della garanzia ex art. 1956 c.c., che ritiene il garante onerato di provare che successivamente alla prestazione della garanzia in parola, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole del peggioramento e che ciò non è ravvisabile nella mera circostanza di un saldo negativo dei conti correnti del garantito (Cass. Sez. 1, 24/11/2022 n. 34685);
infine, ha escluso che la banca abbia agito in contrasto con i doveri di correttezza e buona fede, senza chiedere l’autorizzazione del fideiussore che, in qualità di socio, doveva e poteva ben conoscere la reale situazione economica della società garantita (pag. 13 della sentenza impugnata);
4.2. i motivi sono parimenti inammissibili nella parte in cui i ricorrenti contestano l’omesso esame e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in quanto non avrebbe tenuto conto della perdita di esercizio dei bilanci della società garantita precedenti al 2009 e affermato che non ci fossero ‘spie’ di un peggioramento progressivo importante delle sue condizioni economiche; errori che il ricorrente asserisce essere decisivi perché se la Corte d’appello non vi fosse incorsa, avrebbe applicato l’art. 1956 c.c.;
ebbene, lungi dall’aver omesso l’esame, la corte piemontese ha spiegato in modo piano e adeguato, niente affatto contradditorio, sulla
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RAGIONE_SOCIALE base dei bilanci depositati al momento dei finanziamenti concessi su conto corrente (dal 15.5.2012 al 15.05.2013), desunti dal registro delle imprese sino al 2010, che da essi si ricavava un andamento sostanzialmente stabile (pag. 12 della sentenza);
ha osservato in proposito «che il 15.5.2012 i bilanci noti, perché già approvati e depositati presso il registro delle imprese, erano quelli riferiti agli anni fino al 2010 compreso, che presentavano un andamento sostanzialmente stabile, mantenutosi tale a nche per l’esercizio chiuso al 31.12.2011, l’ultimo conoscibile al 15.5.2013: un piccolo attivo, di € 334,00 e non di € 334.000,00 -, per l’esercizio chiuso al 31.12.2009, e un passivo contenuto entro € 62.000,00 per l’esercizio chiuso il 31.12.2010 e per il successivo esercizio chiuso al 31.12.2011, di per sé non certo tale da destare particolari preoccupazioni sulla solidità della società debitrice (si sottolinea che la necessità di concessione consapevole di credito in capo alla banca non può arrivare a pretendere dalla stessa un esame analitico dei bilanci al fine di rilevarne irregolarità/falsità non immediatamente evidenti); i bilanci precedenti al 2009 non potevano essere utilmente posti a base di una valutazione di solvibilità della società finanziata effettuata dal 2012 in poi, in un contesto complessivo in cui non c’era alcuna ‘spia’ di un peggioramento progressivo ‘importante’ e costante delle sue condizioni economiche (si ribadisce che il bilancio del 2009 era sostanzialmente in pareggio e indicav a quindi una risalita economica rispetto all’anno precedente), mentre i bilanci successivi al 2011 e i loro esiti sono irrilevanti, dato che non erano ancora oggettivamente noti, perché non approvati e registrati, alla data dell’ultimo finanziamento contes tato che è del maggio 2013. La banca non ha effettuato finanziamenti successivi al maggio 2013 sul conto in contestazione ed ha infine revocato gli affidamenti, chiedendo il rientro dalla posizione debitoria, nel dicembre 2015, poco meno di due anni prima dell’esito fallimentare dell’attività di RAGIONE_SOCIALE» (pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata);
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Parte ricorrente insistendo con le argomentazioni riferite ai bilanci successivi al 2011 non scalfisce tali esatte argomentazioni e mostra di non confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata;
5. con il quarto motivo il ricorrente denunzia ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1 comma, n. 3, in ordine agli articoli 342, 343, 345 e 346 c.p.c. e 1418, 1419 e 1421 c.c. ‘ ; in particolare osserva che la Corte d’appello ha mancato di esaminare l’eccezione di nullità delle garanzie prestate sulla base dello schema predisposto dall’A.B.I. alla luce del provvedimento n. 55 del 25 maggio 2005 della RAGIONE_SOCIALE d’Italia e contesta quanto affermato in proposito dalla Corte d’appello e cioè che l’eccezione sarebbe stata proposta tardivamente in quanto sollevata solo in comparsa conclusionale; evidenzia che la questione fosse invece rilevabile d’ufficio secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con le pronunce gemelle n. 26242 e 26243 del 2014;
osserva, inoltre, che se poi si qualificasse la nullità per corrispondenza allo schema A.B.I. come nullità parziale, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità delle medesime, con conseguente nullità della clausola art. 6 del contratto (‘i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i term ini previsti dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato’) ; evidenzia che qualora tale clausola dovesse essere considerata nulla, il fideiussore non potrebbe più essere considerato obbligato e che risultasse dagli atti che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva inviato in data 10/12/2015 lettera raccomandata alla società debitrice ed ai fideiussori (tra cui COGNOME) con la quale comunicava di avere provveduto alla revoca degli affidamenti accordati ed intimato il pagamento di tutto quanto dovuto; a tale data, dovendo quindi considerarsi scaduta l’obbligazione principale, la banca avrebbe pertanto dovuto agire in giudizio ex art. 1957
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cod. civ. nei confronti del COGNOME entro i sei mesi successivi (entro quindi il 10 giugno 2016) mentre aveva agito soltanto nel luglio 2016, con ricorso per decreto ingiuntivo datato 19 luglio 2016;
6. il motivo è inammissibile;
il ricorrente insiste nel ritenere che la fideiussione de qua -contenendo la clausola di rinuncia ai termini di cui all’ art. 1957 cod. civ. riproducente il testo di uno schema di fideiussione predisposto unilateralmente dall’AB I, dichiarato in contrasto con le regole sulla concorrenza nel 2005 dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, quale Autorità garante della concorrenza tra istituti di credito- sarebbe nulla e da tale nullità discenderebbe la nullità dell’intero contratto;
in proposito, la Corte torinese, pur dichiarando la tardività dell’eccezione sollevata soltanto in comparsa conclusionale d’appello , ha tuttavia, per un verso, richiamato in modo completo «il contesto di riferimento» costituito dalle due tesi contrapposte, quella della nullità integrale dei contratti per violazione della normativa antitrust in forza di quanto rilevato da Cass. Sez. 1, n. 29810 del 2017 e quella della nullità parziale in forza di quanto ritenuto da Cass. Sez. 1, n. 24044/2019, dando conto che tale «contrasto interpretativo era stato rimesso alla valutazione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, non ancora pronunciatesi» (pag. 16 della sentenza impugnata); contrasto risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno chiarito che i contratti di fideiussione ‘ a valle ‘ di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata -perché restrittive, in concreto, della libera concorrenzasalvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass. Sez. U, Sentenza n. 41994 del 30/12/2021; di recente, v. Cass. Sez. 3, 20/09/2023, n. 26957);
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AVV_NOTAIO per l’altro verso, in merito alla ritenuta tardività dell’eccezione di nullità, la Corte d’appello ha pure aggiunto che nel caso in esame non soccorreva l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità che afferma la possibilità del rilievo d’ufficio anche in appello delle nullità (quando esse colpiscono l’atto negoziale posto a fondamento della controversia o singole clausole già specificatamente contestate in fatto, cioè quelle nullità che se effettivamente esistenti, escludono ogni giustificazione sulle pretese azionate) in quanto -come spiegato dalla stessa Corte territoriale – non era scontato che la presenza nella fideiussione di clausole nulle comportasse la nullità dell’intera garanzia e non semplicemente l’espunzione delle clausole viziate e la loro sos tituzione con la disciplina legale, clausole, del resto, neppure contestate specificatamente dall’appellante garante, odierno ricorrente (pag. 16 della sentenza impugnata);
pertanto, la Corte d’appello ha mostrato di uniformarsi correttamente all’indirizzo di questa Corte secondo cui l a nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un’eccezione in senso lato, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l’impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi (v. in tema di eccezione di nullità della garanzia personale proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione: Cass. Sez. 3, 19/02/2020, n. 4175; in via generale, da ultimo, Cass. Sez. 3, 23/02/2024 n. 4867, ove nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha confermato, la declaratoria di inammissibilità, da parte del giudice di merito, dell’eccezione di nullità di un contratto di locazione, per essere stati introdotti i fatti posti a fondamento della stessa, per la prima volta, in vista dell’udienza di discussione della causa in appello; v. anche Cass. Sez. 3, 05/12/2023 n. 34053 e Cass. Sez. 3, 06/05/2020 n. 8525).
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7. con il quinto motivo il ricorrente denunzia ‘V iolazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1 comma, n. 3, in ordine agli articoli 1283 c.c., 120 TUB e 1, comma 629, l. 21.12.2013, n. 147’ ; in particolare lamenta quanto affermato dalla sentenza impugnata sulla eccezione sollevata in ordine alla capitalizzazione trimestrale degli interessi e osserva che ‘ per il periodo a partire dal 1 gennaio 2014 la capitalizzazione trimestrale è infatti vietata e quindi esclusa, giusta la modifica normat iva introdotta dall’art. 1, comma 629, L. 21.12.2013, n. 147, cui si deve attribuire efficacia immediata e precettiva e l’assenza di una relativa delibera Cicr ‘ e che ‘c ome risulta dalla c.d. Perizia del AVV_NOTAIO (prodotta in primo grado come documento 15 di primo grado) e dal relativo allegato (doc. 17) risultano applicati interessi anatocistici nell’anno 2014 pari a euro 3.410,06 . Essi dovranno quindi essere espunti dall’eventuale somma richiesta dalla banca e dovut a dal COGNOME ‘ (pag. 86 in ricorso).
8. il quinto motivo è inammissibile;
la Corte d’appello ha debitamente spiegato che l’anatocismo risulta correttamente applicato tenuto conto che la modifica al l’art.120 del Testo Unico RAGIONE_SOCIALErio è stata introdotta a partire dal 1.1.2014 ed è intervenuta cioè, quando i rapporti bancari de quibus erano già stati definiti (pag. 19 della sentenza impugnata).
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, secondo la soccombenza. Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
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9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 5 marzo