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Fideiussione omnibus: il socio non è sempre informato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16822/2024, ha esaminato il caso di una fideiussione omnibus prestata da un socio per i debiti della propria società. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del garante, stabilendo che la sua qualità di socio, anche di minoranza, gli conferiva la possibilità concreta di conoscere la situazione economica della società debitrice. Di conseguenza, la banca non ha violato i doveri di correttezza e buona fede nel concedere ulteriore credito senza un’autorizzazione specifica, non operando così la liberazione del fideiussore prevista dall’art. 1956 c.c.

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Fideiussione Omnibus: Il Socio Garante Può Invocare l’Ignoranza?

La stipula di una fideiussione omnibus a garanzia dei debiti di una società di cui si è soci comporta obblighi e rischi significativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i limiti della tutela per il socio-fideiussore in caso di aggravamento delle condizioni economiche della società debitrice. L’analisi della Suprema Corte si concentra sul delicato equilibrio tra i doveri di correttezza della banca e la posizione qualificata del garante che, in virtù del suo ruolo societario, ha accesso a informazioni cruciali.

I Fatti di Causa

Un fideiussore si era opposto a un decreto ingiuntivo con cui un istituto di credito gli intimava il pagamento di una somma ingente, derivante da una garanzia prestata in favore di una società a responsabilità limitata. Il garante sosteneva che la fideiussione si fosse estinta ai sensi dell’art. 1956 c.c., poiché la banca aveva continuato a concedere credito alla società nonostante il progressivo e notorio peggioramento della sua situazione finanziaria, senza richiedere la sua specifica autorizzazione.
Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione, ritenendo estinta la garanzia. Tuttavia, la Corte d’Appello, in riforma della prima sentenza, aveva rigettato l’opposizione, condannando il fideiussore al pagamento della somma richiesta. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito del ricorso del garante.

La Posizione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione di primo grado basandosi su un presupposto fondamentale: la qualità del garante. Egli non era un terzo estraneo alla società debitrice, ma ne era socio con una quota significativa (45%). Secondo i giudici di merito, questa posizione gli garantiva una ‘concreta possibilità di conoscere, con monitoraggio costante, la situazione economica della società’.
In sostanza, il fideiussore, partecipando alle assemblee per l’approvazione dei bilanci, aveva pieno diritto e possibilità di accedere a tutte le informazioni sulla vita economica e patrimoniale dell’azienda. La sua eventuale ignoranza non poteva essere addotta come giustificazione per imporre alla banca un obbligo ‘sostitutivo’ di vigilanza e controllo. Pertanto, la Corte territoriale aveva escluso che la banca avesse violato i doveri di correttezza e buona fede.

Le motivazioni della Cassazione sulla fideiussione omnibus e il ruolo del socio

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione d’appello. Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 1956 c.c. in relazione alla figura del socio-fideiussore.

La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui la banca che concede finanziamenti a un debitore le cui difficoltà economiche sono note, senza informare il garante e senza chiederne l’autorizzazione, viola gli obblighi di correttezza e buona fede. Tuttavia, ha precisato che tale violazione non è configurabile se la conoscenza delle difficoltà economiche del debitore ‘è comune o può presumersi tale’.

Nel caso specifico, la qualità di socio del garante, detentore del 45% del capitale sociale, è stata ritenuta decisiva. Tale status, a prescindere dal fatto che non ricoprisse cariche di amministratore, gli attribuiva prerogative e diritti informativi che escludevano la possibilità di invocare un’ignoranza incolpevole. La Cassazione ha sottolineato che ‘l’assenza di interesse e/o attenzione per quanto accadeva nella vita della società debitrice, frutto senz’altro di una libera scelta, non può essere portata a giustificazione dell’ignoranza delle sue condizioni economiche’.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che non sussisteva un obbligo per la banca di richiedere una specifica autorizzazione per la concessione di nuovo credito. Il fideiussore, avendo gli strumenti per conoscere la reale situazione finanziaria della società, non poteva addossare alla banca le conseguenze della propria eventuale inerzia informativa. Anche gli altri motivi, relativi alla presunta nullità delle clausole ABI e all’applicazione di interessi anatocistici, sono stati respinti per ragioni procedurali e di merito.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento per chi presta una fideiussione omnibus a favore di una società di cui è socio. La posizione ‘qualificata’ del socio-garante riduce significativamente l’ambito di applicazione della tutela prevista dall’art. 1956 c.c. La Cassazione afferma con chiarezza che non è possibile invocare una presunta violazione dei doveri di buona fede della banca quando il garante stesso, per il suo ruolo, ha accesso diretto e privilegiato alle informazioni sulla salute economica e finanziaria del debitore principale. Questa decisione sottolinea l’importanza per i soci-garanti di esercitare attivamente i propri diritti di controllo e informazione sulla gestione societaria, poiché la loro passività non potrà essere utilizzata come scudo per liberarsi dagli obblighi assunti con la garanzia.

Una banca deve sempre richiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di concedere nuovo credito a un debitore in difficoltà?
No, la mancata richiesta di autorizzazione non costituisce una violazione liberatoria per il fideiussore se la conoscenza delle difficoltà economiche del debitore è comune o può essere presunta, come nel caso in cui il garante sia un socio della società debitrice con accesso alle informazioni finanziarie.

Il fatto che un fideiussore sia socio della società debitrice esclude automaticamente l’applicazione dell’art. 1956 c.c.?
Non automaticamente, ma in modo sostanziale. La qualità di socio, anche di minoranza, che conferisce il diritto e la concreta possibilità di conoscere la situazione economica della società, è considerata sufficiente a escludere la violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte della banca. L’eventuale ignoranza del socio-garante è ritenuta frutto di una sua libera scelta e non è opponibile alla banca.

È possibile sollevare per la prima volta in comparsa conclusionale d’appello l’eccezione di nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust?
No, la Corte ha ritenuto tardiva l’eccezione sollevata solo in comparsa conclusionale d’appello. Sebbene la nullità per violazione di norme imperative possa essere rilevata d’ufficio, ciò è possibile solo a condizione che i presupposti di fatto siano già stati acquisiti al processo nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, cosa che non era avvenuta nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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