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Fattibilità del piano: quando un ricorso è inammissibile

Una società immobiliare, dichiarata fallita dopo la bocciatura della sua proposta di concordato, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un difetto di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che la valutazione sulla fattibilità del piano spetta al giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva ampiamente e logicamente motivato l’irrealizzabilità del piano, basandosi su dati incompleti, una rappresentazione inesatta del passivo e un’evidente sopravvalutazione dell’attivo.

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Fattibilità del piano: quando la motivazione del giudice non è ‘apparente’

La valutazione sulla fattibilità del piano di concordato preventivo è un momento cruciale che determina il destino di un’impresa in crisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del controllo di legittimità sulla decisione del giudice di merito che ritiene un piano irrealizzabile, specialmente quando si lamenta un difetto di motivazione. La sentenza sottolinea che una motivazione dettagliata e logicamente coerente, basata su elementi concreti, non può essere considerata ‘apparente’ e rende il ricorso inammissibile. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti di causa

Una società a responsabilità limitata, attiva nel settore commerciale, si trovava in una grave situazione debitoria. A fronte delle istanze di fallimento presentate da diversi istituti di credito, la società aveva tentato la via del concordato preventivo con riserva, presentando successivamente un piano di tipo liquidatorio. Il piano si basava principalmente sulla cessione della sua quota di partecipazione, pari al 70%, in un’altra società, titolare di un importante centro commerciale.

Il Tribunale, tuttavia, riteneva la proposta di concordato inammissibile e, con una sentenza separata, dichiarava il fallimento della società. La società reclamava la decisione dinanzi alla Corte d’Appello, sostenendo, tra le altre cose, che la sentenza di fallimento fosse priva di un’adeguata motivazione. La Corte d’Appello rigettava il reclamo, confermando la decisione di primo grado. Contro questa sentenza, la società proponeva ricorso per Cassazione.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla fattibilità del piano

Il motivo principale del ricorso in Cassazione si fondava sulla presunta violazione di legge, in particolare sulla carenza di motivazione della sentenza di fallimento. La società ricorrente sosteneva che la decisione fosse solo ‘apparentemente’ motivata, basata su argomenti astratti e priva di una reale valutazione dei documenti contabili che, a suo dire, attestavano la fattibilità del piano.

La Suprema Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, svolgendo un’importante riflessione sulla natura della motivazione nelle procedure concorsuali. I giudici hanno chiarito che, sebbene la sentenza dichiarativa di fallimento possa avere una motivazione sintetica, eventuali carenze possono essere integrate e superate nel successivo giudizio di reclamo. Grazie all’effetto devolutivo pieno del reclamo, il giudice d’appello riesamina l’intera vicenda. Di conseguenza, il vizio di motivazione che può essere fatto valere in Cassazione è quello relativo alla sentenza di secondo grado.

Il giudizio sulla fattibilità del piano: ruolo del tribunale

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: rientra nel giudizio di fattibilità giuridica, demandato al tribunale, la valutazione dell’effettiva realizzabilità della proposta concordataria. Questo controllo non è puramente formale, ma deve entrare nel merito della ‘causa concreta’, verificando che il piano preveda una soddisfazione dei creditori in tempi ragionevoli e con mezzi realistici.

Nel caso specifico, la Corte di Roma non si era limitata a una valutazione superficiale. Al contrario, aveva fornito un’analisi dettagliata e congrua delle ragioni che rendevano il piano manifestamente inadatto a raggiungere i risultati promessi.

Le motivazioni

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione tutt’altro che apparente, esplicitando in modo chiaro e intellegibile il proprio percorso argomentativo. Le ragioni dell’irrealizzabilità del piano erano state individuate in specifici e gravi elementi di criticità:

1. Inattendibilità della relazione del professionista: La relazione che attestava la fattibilità era viziata da incompletezza documentale e da una rappresentazione inesatta dell’attivo e del passivo.
2. Errata quantificazione del debito: L’esposizione debitoria verso le banche era stata indicata in 14 milioni di euro, mentre l’importo reale ammontava a oltre 22,6 milioni, a seguito della risoluzione di un precedente accordo transattivo non onorato.
3. Sopravvalutazione dell’attivo principale: L’asset fondamentale del piano, ovvero la partecipazione del 70% nella società veicolo, era stato stimato in circa 5,7 milioni di euro. Tale stima è stata giudicata inattendibile perché la società partecipata era a sua volta in procedura di concordato, con un patrimonio immobiliare interamente vincolato a garanzia dei propri creditori ipotecari per un valore superiore a 22 milioni di euro.

Questi elementi, analiticamente esposti dalla Corte d’Appello, dimostravano la sostanziale irrealizzabilità della proposta concordataria, rendendo la motivazione della sentenza solida e immune da censure di legittimità.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza della Suprema Corte conferma che un ricorso basato su un presunto difetto di motivazione ha scarse possibilità di successo quando il giudice di merito ha condotto un’analisi approfondita e logica della fattibilità del piano. La motivazione non è ‘apparente’ se il giudice non si limita ad affermazioni generiche, ma individua e spiega concretamente gli elementi di incertezza e di irrealizzabilità che minano alla base la proposta del debitore. La valutazione della realizzabilità della causa concreta del concordato resta una prerogativa del giudice di merito, il cui operato è sindacabile in Cassazione solo in caso di anomalie motivazionali gravi, qui del tutto assenti.

Che cosa si intende per ‘fattibilità del piano’ in un concordato preventivo?
Si intende la valutazione concreta e realistica sulla possibilità che il piano proposto dall’impresa in crisi possa essere effettivamente attuato. Il giudice deve verificare non solo la fattibilità giuridica (conformità alla legge) ma anche quella economica, ovvero se le risorse indicate sono sufficienti e realizzabili per soddisfare i creditori come promesso.

Una sentenza che dichiara il fallimento può avere una motivazione molto breve?
Sì. Secondo la Cassazione, la sentenza dichiarativa di fallimento può avere una motivazione sintetica, soprattutto se segue un giudizio sommario come quello sull’ammissibilità del concordato. Eventuali carenze motivazionali possono essere integrate e completate nel successivo giudizio di reclamo (appello), che consente un riesame completo della questione.

Perché il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello, che confermava il fallimento, non era affatto ‘apparente’. Al contrario, era dettagliata, logica e basata su elementi concreti che dimostravano l’irrealizzabilità del piano di concordato, come l’inattendibilità della relazione del professionista, l’errata quantificazione dei debiti e la chiara sopravvalutazione dell’asset principale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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