Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30132 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 30132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/11/2025
SENTENZA
sul ricorso 18892-2024 proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente congiunto al ricorso e con elezione di domicilio all’indirizzo pec indicato;
-ricorrente –
contro
NOME, rappresentato e difenso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale rilasciata
su foglio separato materialmente congiunto al controricorso e con elezione di domicilio all’indirizzo pec indicato;
-controricorrente -ricorrente incidentale –
e
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente congiunto al controricorso e con elezione di domicilio all’indirizzo pec indicato;
-controricorrente -ricorrente incidentale -nonché contro
NOME COGNOME;
-intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI MILANO VENEZIA n. 1792/2024 depositata il 14 giugno 2024;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, con cui ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi;
lette le memorie delle parti;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 novembre 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi l’avvocato NOME COGNOME per il ricorrente principale e l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME, per la ricorrente incidentale COGNOME NOME;
MOTIVI IN FATTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione del 6 febbraio 2001 NOME COGNOME convenne innanzi al Tribunale di Milano i sette figli di NOME, deceduto il 19 dicembre 1999, con il quale aveva contratto matrimonio il 25 ottobre 1999, chiedendo che le fosse riconosciuta la qualità di erede.
In particolare, l’attrice, attesa la nazionalità inglese del de cuius , assunse, alla stregua della legge n. 218 del 1995, l’applicazione del diritto inglese alla sua successione sicché il testamento -redatto a Londra in data 29 ottobre 1997 -era da intendersi revocato per effetto del successivo matrimonio del testatore, in base a quanto prescritto dal Will Act del 1837, e i beni relitti da intendersi attribuiti alla stessa attrice.
La RAGIONE_SOCIALE, oltre ad agire con azione di petizione di eredità, chiese inoltre l’attribuzione della somma di sterline 125.000,00, come previsto dalla legge successoria inglese, in favore del coniuge in assenza di testamento.
In via subordinata la COGNOME, ove ritenuto valido il testamento, propose azione di riduzione, chiedendo l’attribuzione della propria quota di riserva e lo scioglimento della comunione ereditaria.
Tutti i convenuti, tranne NOME, si costituirono in giudizio, assumendo la validità del testamento e contestando il fondamento delle domande dell’attrice.
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 5175 del 20 aprile 2009, dichiarò innanzitutto applicabile la legge successoria inglese e
revocato il testamento del 29 ottobre 1997, per il successivo matrimonio del de cuius , accertò la qualità di erede in capo ad NOME COGNOME, riconoscendole -ai sensi dell’art. 581 c.c., applicabile in forza del ‘rinvio indietro’ stabilito per gli immobili dalla legge inglese -il diritto ad 1/3 dei beni immobili siti in Italia nonché a tutti i beni mobili personali del de cuius .
Il giudice di primo grado, dopo aver sciolto la comunione ereditaria relativa al compendio immobiliare e attribuito lo stesso ai condividenti NOME e NOME, con conguaglio pari ad euro 2.288.521,44 in favore della COGNOME, respinse ogni altra domanda perché ritenuta infondata. In particolare, il Tribunale rigettò sia la domanda della COGNOME diretta ad ottenere la condanna dei convenuti alla restituzione dei beni mobili, in quanto non era stata provata l’esistenza di tali beni al momento dell’apertura della successione, sia la domanda volta ad ottenere dalla massa ereditaria la somma di sterline 125.000, posto che, una volta applicata la legge inglese e revocato il testamento per effetto del matrimonio, anche il legato in esso contenuto non era venuto ad esistenza.
Tale sentenza venne appellata in via principale da NOME COGNOME e in via incidentale da NOME COGNOME e da NOME COGNOME.
La Corte d’Appello, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale, con sentenza n. 2105 del 6 giugno 2014, riformò la decisione di primo grado soltanto in punto di regolamentazione delle spese di primo grado, compensandole integralmente tra le parti e respingendo nel resto gli appelli sull’assunto che non fosse in discussione l’applicazione della legge inglese alla successione de qua , confermando la revoca del testamento del 29 ottobre
1997 quale conseguenza del successivo matrimonio del testatore con la COGNOME, trattandosi peraltro di questione attinente ai rapporti patrimoniali fra i coniugi e non alle successioni, ai sensi degli artt. 13 e 15 l. n. 218/1995.
In particolare, secondo la Corte territoriale la successione doveva considerarsi ab intestato ed in applicazione del diritto internazionale privato inglese, per i beni mobili, doveva procedersi secondo la legge del domicilio del testatore al momento della morte, e quindi quella inglese, mentre per i beni immobili occorreva provvedere in base alla legge italiana, trovandosi gli stessi immobili in Italia, senza però che la medesima legge italiana interferisse sul profilo della disciplina della revoca del testamento.
In merito alla domanda di pagamento della somma di sterline 125.000 presentata con appello incidentale dalla COGNOME, il giudice di secondo grado ritenne detta domanda infondata in quanto non era stata fornita la prova che il patrimonio del defunto, una volta esclusi i beni mobili personali, già spettanti alla vedova, ed i beni immobili, la cui ripartizione tra gli eredi non poteva essere alterata, secondo la legge italiana, avesse capienza tale da consentire il detto lascito. In particolare, la Corte territoriale osservò come tale legato non potesse gravare sull’asse ereditario costituito dagli immobili poiché in tal caso sarebbero state alterate in danno dei figli del defunto le quote di legittima in violazione della legge italiana.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propose ricorso per cassazione cui si associava NOME COGNOME che dichiarò di avere anche
un interesse autonomo all’impugnazione della sentenza, proponendo ricorso incidentale.
Anche la COGNOME propose controricorso con ricorso incidentale condizionato.
Con ordinanza interlocutoria n. 18/2020 la Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione rimise gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, ravvisando la sussistenza di plurime questioni di massima di particolare importanza, così individuate:
1. se, in virtù del combinato disposto degli artt. 13, comma 1, 15 e 46, comma 1, della l. n. 218 del 1995, la qualificazione degli istituti e delle materie, ai fini della individuazione delle norme sostanziali applicabili nei singoli casi, debba operarsi in base all’inquadramento effettuato dall’ordinamento straniero o in base alle norme e alle qualificazioni della lex fori ; 2. se l’operatività del rinvio ex art. 13, comma 1, della l. n. 218 del 1995 sia escluso allorquando la legge straniera richiamata sia in contrasto con il principio di universalità e unitarietà della successione recepito nell’art. 46 l. n. 218 del 1995; 3. qualora debba tenersi conto delle norme di rinvio contenute nella legge straniera e queste ultime contemplino il sistema della scissione, se, in quali limiti e con quali modalità, detto rinvio investa anche la validità ed efficacia del titolo successorio e se quindi possa operare in modo parziale (relativamente a taluni soltanto dei cespiti inclusi nell’asse); 4. se il rinvio alla lex rei sitae , oggetto della norma straniera richiamata, comporti invece unicamente l’applicabilità delle norme concernenti le modalità di acquisto dei beni ereditari.
Le Sezioni Unite Civili di questa Corte, con sentenza n. 2867 del 5 febbraio 2021, in accoglimento parziale del ricorso principale e di quello incidentale di NOME COGNOME, ritenendo assorbito dalla decisione il ricorso incidentale della COGNOME, cassarono la sentenza impugnata e rinviarono la causa alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, enunciando i seguenti principi di diritto:
-‘ in tema di successione transnazionale, per l’individuazione della norma di conflitto operante, ed in particolare per la qualificazione preliminare della questione come rientrante nello statuto successorio, e perciò da regolare alla stregua dell’art. 46 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il giudice deve adoperare i canoni propri dell’ordinamento italiano, cui tale norma appartiene’.
‘Allorché la legge nazionale che regola la successione transnazionale, ai sensi dell’art. 46 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sottopone i beni mobili alla legge del domicilio del de cuius e rinvia indietro alla legge italiana, come consentito dall’art. 13, comma 1, della legge n. 218 del 1995, per la disciplina dei beni immobili compresi nell’eredità, si verifica l’apertura di due successioni e la formazione di due distinte masse, ognuna assoggettata a differenti regole di vocazione e di delazione, ovvero a diverse leggi che verificano la validità e l’efficacia del titolo successorio (anche, nella specie, con riguardo ai presupposti, alle cause, ai modi ed agli effetti della revoca del testamento), individuano gli eredi, determinano l’entità delle quote e le modalità di accettazione e di pubblicità ed apprestano l’eventuale tutela dei legittimari “.
In sostanza, secondo le Sezioni Unite, in conseguenza del rinvio del diritto internazionale privato italiano al diritto privato internazionale inglese e del correlato rinvio indietro previsto da quest’ultimo, si determina l’effetto della cosiddetta “scissione” tra i beni immobili e i beni mobili del defunto, senza che emerga alcun contrasto con l’ordine pubblico internazionale ex art. 16 della citata legge n. 218/1995: la legge che governa la successione inerente ai beni immobili è la legge italiana, ovvero quella dello Stato in cui i beni si trovano ( lex rei sitae ); la legge che governa la successione inerente ai beni mobili, per contro, è la legge inglese, legge del domicilio del defunto. Tale principio della scissione opera sia nell’ambito di una successione ab intestato sia in una successione testamentaria.
Pertanto, la ricorrenza di un sistema dualista nella disciplina della successione transazionale comporta l’apertura di due (o più, se più sono gli Stati in cui esistono beni immobili del defunto) successioni e la formazione di due distinte masse, ognuna assoggettata a differenti regole di vocazione e di delazione, ovvero a diverse leggi chiamate a verificare la validità e l’efficacia del titolo successorio, ad individuare gli eredi, a determinare l’entità delle quote e le modalità di accettazione e di pubblicità.
In particolare, l’ambito di applicazione della lex successionis , individuata per le due successioni, quella mobiliare e quella immobiliare, abbraccia tutti i tre momenti in cui si sviluppa il procedimento successorio: quello della devoluzione, quello della trasmissione ereditaria dei beni e quello della divisione.
Con citazione NOME COGNOME ha riassunto la causa, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., innanzi alla Corte d’Appello di Milano,
insistendo per l’accoglimento dell’azione di riduzione per lesione di legittima per la quota di 1/4 dei beni immobili siti in Italia, con domanda di accertamento della sua qualità di erede del defunto marito NOME COGNOME e con le consequenziali domande in ordine alla successione dei beni mobili secondo il diritto inglese e alla successione di beni immobili secondo il diritto italiano, alla luce dei principi di diritto statuiti dalla citata sentenza n. 2867/2021 delle Sezioni Unite.
Si sono costituiti in giudizio tutti i convenuti, ad eccezione di NOME.
In particolare, i convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiedendo il rigetto delle domande proposte della COGNOME, hanno domandato, oltre allo scioglimento della comunione ereditaria, la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale della COGNOME sul compendio immobiliare relitto, della sentenza del Tribunale di Milano -con attribuzione alla attrice di 1/3 del diritto di proprietà sul detto compendio immobiliare -e dell’iscrizione dell’ipoteca legale a garanzia del conguaglio stabilito dalla decisione di primo grado.
La Corte d’Appello, con sentenza n. 1792 del 14 giugno 2024, in parziale riforma della sentenza di primo grado n. 5175/2009, accertata la validità del testamento del 29/10/1997, con riferimento alla successione avente ad oggetto i beni immobili -in quanto la sua revoca, come affermato dal Tribunale, sarebbe contraria ai principi statuiti dalle Sezioni Unite -ha accolto la domanda dell’attrice di riduzione delle disposizioni lesive della quota di riserva, pari ad 1/4 della massa ereditaria immobiliare, reintegrandola nella detta quota, e ha dichiarato la spettanza
della quota di 1/4 in capo alla stessa. Perciò, procedendo allo scioglimento della comunione, ha assegnato alla COGNOME il controvalore in denaro della detta quota, pari a complessivi euro 1.602.603,37 e ha condannato NOME al pagamento, in favore della stessa COGNOME, della somma di euro 1.373.660,03, e NOME al pagamento, sempre in favore della COGNOME, dell’importo di euro 228.943,34, in entrambi i casi con interessi legali da far data dalla stessa sentenza.
La Corte di rinvio nel rigettare, poi, la domanda di pagamento della somma di sterline 125.000, ha rilevato, non solo che tale somma a titolo di legato non trovava il suo fondamento nel testamento, bensì nella stessa legge successoria inglese -che in assenza di testamento stabilisce la spettanza al coniuge di una somma di sterline 125.000 a titolo di legato -ma anche che non fosse stata fornita alcuna prova di una capienza della massa ereditaria mobiliare, esclusi i beni mobili personali già di spettanza del coniuge superstite, tale da permettere il pagamento del legato.
Inoltre, il giudice di rinvio, dopo aver dichiarato inammissibile per il suo carattere generico ed esplorativo l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. avanzata dalla COGNOME diretta ad ottenere la documentazione delle operazioni di liquidazione, ha escluso che il legato potesse trovare soddisfazione nell’ambito della successione immobiliare in ragione della completa autonomia e separazione del regime giuridico delle due successioni, mobiliare, interamente regolata dalla legge inglese, fondamento del riconoscimento del legato, ed immobiliare, regolata dal diritto italiano, che non prevede il detto legato.
In ordine alla domanda avanzata da NOME COGNOME COGNOME di pagamento della somma di euro 694.216,38, il giudice di merito, nel dichiararla inammissibile in quanto mai formulata nelle fasi di merito del giudizio ed escludendo la sussistenza di alcuna prova di debiti riferibili alla massa ereditaria immobiliare di un tale importo, ha rilevato come la stessa si fosse basata su una interpretazione non condivisibile del diritto inglese in quanto non è corretto affermare che nella successione ab intestato il coniuge, cui spettano tutti i beni di uso personali del defunto, sia escluso dalla successione quanto a tutti gli altri beni mobili perché, al contrario, la legge inglese stabilisce che nella successione legittima ‘l’ administrator ‘ -quale soggetto nominato dal Tribunale per la gestione del patrimonio ereditario -dopo aver pagato i debiti distribuisce quanto rimane tra gli aventi diritto tra cui individua anche il coniuge superstite.
In ragione dell’autonomia delle due successioni, mobiliare e immobiliare, secondo il giudice di merito, le uniche passività riferibili alla seconda sono esclusivamente i debiti collegati al compendio immobiliare, dovendosi ritenere tutti gli altri estranei al patrimonio immobiliare e, pertanto, relativi alla sola massa ereditaria mobiliare in relazione alla quale trova applicazione il diritto inglese in base al quale nella successione legittima l’ administrator dopo aver pagato i debiti distribuisce quanto rimane tra gli aventi diritto, che sono il coniuge e figli superstiti, gli ascendenti, fratelli e sorelle, parenti di grado più remoto secondo l’ordine previsto dall’Administrator of Estates Act del 1925.
Quanto alle richieste di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale introduttiva del giudizio di primo grado, della sentenza di primo grado e dell’iscrizione ipotecaria eseguita per il credito dovuto a titolo di conguaglio, la Corte d’Appello le ha dichiarate infondate in quanto basate sull’erroneo presupposto che la cassazione della sentenza di appello da parte della Suprema Corte avesse determinato l’automatica caducazione della sentenza di primo grado, con la conseguenza che le domande proposte dall’attrice originaria dovessero intendersi definitivamente respinte.
Al contrario, secondo il giudice di secondo grado, la sentenza del Tribunale di Milano non era stata travolta dalla pronuncia della Suprema Corte, che ha cassato la sentenza di secondo grado, confermativa, salvo che per le spese, di quella di primo grado. Quest’ultima è stata parzialmente incisa solo nell’ambito del giudizio di rinvio in forza dei principi affermati dalla sentenza rescindente, mentre alcune statuizioni sono state confermate.
Il giudice di secondo grado ha proceduto, infine, allo scioglimento della comunione, rigettando ogni altra domanda delle parti, confermando nel resto la sentenza di primo grado e compensando integralmente le spese di lite -in ragione della particolare complessità delle questioni dibattute e dell’assoluta novità delle stesse -con attribuzione degli esborsi della CTU grafologica in primo grado a carico di NOME COGNOME COGNOME e quelli delle due CTU estimative in primo grado e nel giudizio di rinvio a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME, in ragione di metà per ciascuno.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione basato su cinque motivi, illustrati da memorie.
NOME COGNOME, oltre ad associarsi all’impugnazione principale, ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale basato su tre motivi.
Anche NOME COGNOME ha proposto ricorso incidentale basato su cinque motivi e con autonomo controricorso ha resistito al ricorso incidentale di NOME COGNOME.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso principale il NOME denuncia, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per aver la Corte territoriale dichiarato inammissibile la domanda dello stesso ricorrente diretta a ottenere il riconoscimento a favore dei figli del de cuius della somma di euro 694.216,38 in quanto mai formulata nei gradi di merito del giudizio.
A parere del ricorrente, la domanda di riconoscimento della somma non solo sarebbe stata formulata in via riconvenzionale in primo grado e reiterata in appello, ma sarebbe anche stata oggetto di motivo specifico di ricorso in Cassazione, motivo accolto dalle Sezioni Unite.
In ogni caso, secondo il ricorrente, la richiesta di attribuzione ai figli pro quota del denaro e dei titoli costituirebbe domanda legittimamente proposta ai sensi dell’art. 394 c.p.c. che consente anche le domande nuove, la cui necessità sorga dalla sentenza di cassazione. Nel caso di specie, il riconoscimento per la
successione transnazionale del de cuius di due distinte successioni legittimerebbe la domanda di attribuzione.
1.1. Il motivo è infondato.
In disparte l’erroneo riferimento in rubrica alla deduzione del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 co. 1 c.p.c., essendo evidente che la censura miri piuttosto a denunciare un error in procedendo , quanto alla asserita erronea declaratoria di inammissibilità della domanda de qua , ad avviso del collegio la soluzione del giudice di rinvio appare incensurabile alla luce del rigore che pone il dettato dell’art. 394 c.p.c., che vieta alle parti di precisare conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza.
Gli scritti difensivi del ricorrente versati in atti nei precedenti gradi di merito non consentono di rinvenire negli stessi la proposizione della domanda volta a conseguire la condanna della COGNOME al riconoscimento della somma sopra indicata, in quanto di spettanza degli odierni ricorrenti incidentali, atteso che la lettura della domanda riconvenzionale in primo grado attiene evidentemente alla richiesta di restituzione di somme delle quali si sosteneva la COGNOME si sarebbe appropriata (domanda poi ritenuta infondata), mentre quella degli scritti depositati in appello indicava la detta somma come una passività della quale si doveva tenere conto ai fini del riparto dei beni mobili nel Regno Unito, ma senza che a tale accertamento fosse accompagnata la richiesta di appurare che si trattava invece di somme spettanti ai germani NOME.
Così del pari incensurabile è l’ulteriore affermazione del giudice di rinvio che, per corroborare la declaratoria di inammissibilità, ha
evidenziato che nemmeno era dato invocare la deroga che l’art. 394 c.p.c. pone alle conclusioni nuove imposte dalla sentenza di cassazione, atteso che la possibilità che la successione dei beni siti in Inghilterra fosse regolata secondo le regole di diritto straniero in tema di successione priva di testamento era questione che era stata immediatamente evidenziata dalla stessa domanda attorea (che invocava la sopravvenuta revoca ex lege del testamento redatto dal coniuge defunto), risultando quindi manifestata la situazione di diritto cui si ricollega evidentemente la richiesta del ricorrente principale di veder accertato il detto credito (cfr. Cass. n. 5137/2019, secondo cui la riassunzione della causa – a seguito di cassazione della sentenza – dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di presentare nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Corte di cassazione; conseguentemente, nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione differenti da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l’effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall’altro, la formazione del giudicato interno).
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e/o falsa applicazione delle norme consuetudinarie di diritto inglese e dell’Administration of Estates Act 1925 Sect. 46 e Sect. 55 X in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver la Corte
d’Appello stabilito che nella successione ab intestato secondo il diritto inglese il coniuge, oltre che ricevere i beni personali del de cuius di cui alla citata Sect. 55 X, partecipa anche alla distribuzione del denaro e dei valori mobiliari espressi in denaro. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale, nell’interpretare il concetto di ‘ personal property’ di cui alla normativa inglese -concetto più ampio di quello romanistico di beni mobili -non avrebbe considerato che l’Administration of Estates Act esclude espressamente l’attribuzione al coniuge superstite del denaro e dei valori mobiliari espressi in denaro, oltre che dei beni usati per l’esercizio degli affari, spettando gli stessi agli altri eredi. In conseguenza di ciò i debiti del de cuius dovrebbero essere pagati con la liquidazione degli altri beni presenti nell’asse ereditario così come l’eventuale pagamento al coniuge superstite del legato previsto per legge.
In sostanza, secondo il ricorrente, se la normativa di riferimento esclude l’attribuzione al coniuge superstite di alcune categorie di beni mobili, questi non potrà partecipare alla ripartizione degli stessi tra gli eredi, nemmeno pro quota .
2.1. Il motivo si palesa in primo luogo inammissibile, nella parte in cui mira a contestare la correttezza di un’affermazione resa dal giudice di rinvio sul fondo della questione ma di seguito ad una preventiva declaratoria di inammissibilità della richiesta di merito, cui era funzionale la motivazione impugnata con il mezzo in esame.
Vale a tal fine il richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte a mente della quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di
competenza), con la quale si è spogliato della ” potestas iudicandi ” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ” ad abundantiam ” nella sentenza gravata (Cass. Sez. U., n. 3840/2007; Cass. S.U. n. 15122/2013; Cass. S.U. n. 2155/2021; Cass. n. 32092/2024).
La censura è comunque infondata nel merito (rilevando la corretta devoluzione dei beni mobili siti all’estero anche per la valutazione dei successivi motivi di ricorso), avendo il giudice di rinvio, anche avvalendosi della perizia redatta da un’esperta di diritto privato internazionale, provveduto alla corretta ricostruzione della portata delle norme di cui in rubrica si denuncia l’erronea applicazione.
Pacifica la devoluzione dei beni mobili relitti siti nel Regno Unito secondo le regole della successione ab intestato e precisamente in base a quanto disposto dall’Administration of Estates Act del 1925, e ribadita l’esclusiva appartenenza al coniuge superstite dei beni mobili personali (personal chattels) del defunto (sect. 46), essendo rimessa la loro individuazione alla sect. 55X dello stesso Admnistration of Estates Act, in base alle norme di diritto straniero, il cui testo si rinviene nel controricorso COGNOME alla pag. 16, con traduzione in nota, è esclusa la correttezza della tesi che è alla base del motivo di ricorso in esame, e che vorrebbe
tutti i beni mobili diversi da quelli personali (come detto attribuiti dalla legge al coniuge superstite), devoluti integralmente ai figli. E’ la stessa norma di cui alla sect. 46 a deporre per la correttezza della conclusione del giudice di rinvio che ha ritenuto che alla distribuzione dei beni mobili che non siano di carattere personale debba concorrere anche il coniuge superstite, avuto riguardo alle innovazioni apportate con l’Intestates’ Estates Act del 1952, il quale dispone: che il coniuge è chiamato in quanto sia sopravvissuto almeno ventotto giorni; in ogni caso ha diritto al trasferimento della casa coniugale, eventualmente previo versamento della differenza tra il suo valore e la quota di eredità di sua spettanza (previsione che nella specie non rileva, non rinvenendosi beni immobili in Gran Bretagna); qualora concorra con figli o altri discendenti, al coniuge sono attribuiti: tutti gli effetti personali del defunto -ivi includendo gioielli, quadri, arredi e persino l’automobile; la somma di centoventicinquemila sterline (secondo la versione della norma applicabile alla data di apertura della successione); ed un diritto accostabile al nostro usufrutto vitalizio su metà dell’asse, peraltro dietro sua istanza da inoltrarsi entro l’anno dall’apertura della successione -capitalizzabile, ossia suscettibile di conversione in una quota del capitale. Il residuo asse compete ai figli. Solo in assenza di figli, la somma garantita al coniuge è elevata nel suo importo, e la restante metà dell’asse compete ai genitori oppure ai fratelli e sorelle. Laddove manchi il coniuge, sono chiamati: i figli, i fratelli germani, quelli unilaterali, i nonni, gli zii, con la regola per cui l’ordine prossimo esclude il remoto.
Alla medesima conclusione risulta essere pervenuta anche la Corte d’Appello nella sentenza impugnata (sebbene senza la specificazione che la metà dei beni residui spettante al coniuge è costituita in trust vitalizio, ma trattasi di imprecisione che non rileva ai fini della valutazione della difesa del ricorrente, il quale vorrebbe invece assegnata ai figli l’intera consistenza mobiliare residua), risultando evidente l’errore interpretativo in cui incorre la tesi del ricorrente che ritiene, sol perché la legge espressamente riserva al coniuge i beni personali, che resti esclusa la sua partecipazione agli altri beni, ricavando quindi da una norma evidentemente di favore per il coniuge, una preclusione alla partecipazione alla distribuzione dei beni caduti in successione che avrebbe invece dovuto essere chiaramente esplicitata.
Né può sostenersi che accedendo alla tesi fatta propria dal giudice di rinvio, al coniuge sarebbe riconosciuta una quota del patrimonio residuo senza peraltro concorrere al pagamento dei debiti ereditari. Ed, infatti, come ricorda lo stesso motivo, nel diritto anglosassone non è contemplata la figura dell’erede quale soggetto che si sostituisce al defunto e che risponde dei debiti ereditari, ma nel caso di successione non testamentaria, quale quella in esame, è prevista la nomina giudiziale di un ‘ administrator ‘, che assume la gestione dei beni ereditari, paga i debiti ereditari e quindi procede alla divisione dei beni tra gli aventi diritto. Ne consegue che, concorrendo il coniuge con i figli alla distribuzione di ciò che residua all’esito del pagamento dei debiti, fatto salvo il diritto a percepire i beni personali in esclusiva, quanto è destinato a ricevere sui beni mobili è già
depurato delle passività ereditarie, così che il meccanismo è tale da far concorrere il coniuge, per la quota di sua spettanza anche al ripiano delle passività ereditarie, che assorbono in tutto o in parte l’attivo relitto in proporzione di quanto la legge riserva ad ognuna delle categorie degli aventi diritto.
Trattasi, peraltro, di una regola di estinzione delle passività esplicitamente dettata dalle norme di diritto straniero, e che, in relazione alla successione dei beni mobili, assume una portata autonoma, senza che sia dato invocare la diversa regola di diritto interno di cui all’art. 752 c.c., che invece opera solo in relazione alla diversa massa successoria concernente i beni immobili ubicati in Italia.
La censura deve, pertanto, essere disattesa.
Il terzo motivo di ricorso principale denuncia la violazione dell’art. 384, co. 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non essersi la Corte d’Appello in sede di rinvio uniformata ai principi statuiti dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 2867/2021 che aveva accolto il ricorso principale e il ricorso incidentale, nonché il quarto motivo del ricorso incidentale in ordine alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 581 c.c., per aver il giudice di rinvio erroneamente attribuito alla moglie del de cuius tutti i beni mobili personali ed 1/3 degli immobili siti in Italia, senza aver considerato i debiti gravanti sull’eredità.
In particolare, la Corte territoriale, nell’escludere i debiti ereditari dal calcolo della quota di pertinenza del coniuge pretermesso, avrebbe sottoposto ad un nuovo esame la questione, ritenendo erroneamente non documentati, se non in minima parte, i debiti riferibili al compendio immobiliare.
Secondo il ricorrente, il giudice di rinvio avrebbe dovuto invece uniformarsi al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, il quale presuppone l’integrale applicazione per ogni massa successoria della disciplina degli ordinamenti di riferimento che per il diritto italiano prevede che prima dell’attribuzione dei cespiti e del calcolo dell’eventuale conguaglio si depuri la massa attiva dai debiti del de cuius . Tale assunto, a parere del ricorrente, sarebbe espressione dell’accoglimento implicito del quarto motivo di ricorso incidentale.
3.1. Il motivo è infondato.
Il quarto motivo di ricorso incidentale di NOME COGNOME proposto avverso la sentenza di appello lamentava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 581 c.c., in quanto la Corte d’appello aveva attribuito ad NOME COGNOME tutti i beni mobili personali del de cuius ed un terzo degli immobili siti in Italia, senza neppure tener conto dei debiti gravanti sull’eredità.
La sentenza delle Sezioni Unite ha trattato unitariamente il ricorso principale di NOME COGNOME e quello di NOME COGNOME, pervenendo sì al loro accoglimento, ma come specificato a pag. 15 nei limiti delineati dalla motivazione, ed analoga precisazione è contenuta nel dispositivo. Ne deriva che la censura di cui al detto quarto motivo è stata accolta nella parte in cui la sentenza di appello, in contrasto con la chiara affermazione della scissione delle due masse ereditarie, -in ragione del luogo di rinvenimento dei beni relitti, ciascuna delle quali soggetta a differenti regole di vocazione e delazione e dunque a differenti leggi alla cui stregua verificare la validità e l’efficacia del titolo successorio (quanto a presupposti, cause, modi ed effetti della
revoca del testamento), individuare gli eredi, determinare l’entità delle quote e le modalità di accettazione e di pubblicità, e apprestare l’eventuale tutela dei legittimari, – aveva regolato la devoluzione dei beni immobili secondo le regole della successione ab intestato , senza avvedersi che, in base ai principi invece enunciati dalle Sezioni Unite, per detti beni il testamento era valido e non revocato, sebbene suscettibile di riduzione, potendo quindi la COGNOME vantare sugli stessi solo il riconoscimento della propria quota di riserva.
E’ quindi in tal limite che risulta accolto il detto motivo, essendo stato rimesso al giudice di rinvio il nuovo accertamento della consistenza dei diritti vantati dalle parti sulle due distinte masse, alla luce delle indicazioni offerte dalla sentenza delle Sezioni Unite in punto di autonomia delle due masse.
Chiariti in questi termini le ragioni della precedente cassazione, in relazione alle censure a suo tempo mosse dal ricorrente, tutte le doglianze di cui al motivo in esame risultano destituite di fondamento.
In primo luogo è erronea, alla luce di quanto detto in occasione della disamina del motivo che precede, l’affermazione circa la non corretta applicazione per i beni mobili delle regole successorie del diritto inglese, così come pure è immeritevole di accoglimento la deduzione secondo cui la sentenza impugnata, nel rivalutare autonomamente le due masse, avrebbe violato i limiti posti al giudice di rinvio, senza considerare i debiti ereditari che erano stati assolti con il denaro rinvenuto tra i beni mobili esteri. Infine, proprio l’affermazione dell’autonomia delle due masse relitte, ognuna sottoposta alle regole successorie previste nel luogo di
ubicazione dei beni, imponeva al giudice di rinvio di considerare le stesse separatamente anche in relazione ai pesi ereditari, occorrendo distinguere, come appunto avvenuto, tra i debiti correlati immediatamente alla gestione ed all’utilizzo dei beni immobili e quelli di genesi diversa la cui regolazione andava operata secondo le norme poste dal diritto inglese, e cioè ricorrendo all’attività di gestione e liquidazione svolta dall’ administrator .
Non può, quindi, avere seguito la tesi del ricorrente secondo cui anche i debiti aventi genesi non collegata al patrimonio immobiliare relitto dovrebbero incidere sulla determinazione del valore dei beni immobili la cui quota spetta alla COGNOME, sebbene non in natura ma sotto forma di conguaglio in denaro.
4. Il quarto motivo di ricorso principale denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 752 c.c. alla luce dell’art. 2740 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per avere la Corte territoriale escluso la riferibilità alla massa ereditaria assoggettata al diritto italiano dei debiti ereditari documentati in euro 694.216,38 e per aver respinto la domanda di esso ricorrente volta al riconoscimento della detrazione dalla somma da lui dovuta dell’importo di euro 57.940,80, utilizzato per il pagamento di un debito ereditario. In particolare, la Corte avrebbe erroneamente limitato l’incidenza delle passività ereditarie sul compendio immobiliare in chiara violazione del principio per cui tutto il patrimonio del debitore costituisce la garanzia generica del creditore.
Secondo il ricorrente, inoltre, il giudice di rinvio sarebbe incorso in una doppia violazione del principio cardine di ogni successione
ereditaria per cui la ripartizione dei debiti deve essere realizzata tra tutti gli eredi in proporzione alle rispettive quote: per il diritto inglese per il pagamento dei debiti utilizzando il cespite di pertinenza degli eredi diversi dal coniuge (i figli); per il diritto italiano perché ha attribuito al coniuge la quota di conguaglio senza tener conto dei debiti ereditari.
4.1. Il motivo è infondato, avuto riguardo alle considerazioni già espresse in occasione della disamina dei motivi che precedono. La soluzione del giudice di rinvio, lungi dal rivelarsi erronea, appare invece imposta proprio dai principi dettati dall’arresto delle Sezioni Unite intervenuto nel presente giudizio, dovendosi, perciò, sottoporre le due diverse masse alle regole specificamente dettate dai singoli ordinamenti alle quali sono sottoposte.
Correttamente è stato, quindi, affermato che, al fine di stabilire la quota di riserva vantata dalla COGNOME sul patrimonio immobiliare, si dovesse detrarre solo il passivo corrispondente ai debiti direttamente correlati al patrimonio immobiliare. Inoltre, come già anticipato, proprio il peculiare meccanismo successorio individuato nel diritto del Regno Unito, con la liquidazione delle passività affidata all’ administrator denota come in quell’ordinamento non sia invocabile la norma di cui all’art. 752 c.c., che invece parte ricorrente richiama per giustificare la propria censura, e ciò in quanto i singoli eredi non rispondono direttamente dei debiti ereditari, sebbene ne subiscano le conseguenze, venendo a ricevere beni già depurati delle passività delle quali era debitore il de cuius.
Trattasi, peraltro, di un meccanismo che appare chiaramente derogatorio anche della invocata regola di cui all’art. 2740 c.c. e ciò anche a voler tacere del fatto che tale norma potrebbe operare solo per la massa sottoposta alle regole del diritto italiano, e cioè per quella immobiliare, con quanto ne consegue in ordine alla stretta inerenza ai beni dei debiti suscettibili di essere correlati a tale massa.
Quanto, infine, alla censura che investe direttamente il mancato riconoscimento come debito gravante sui beni immobili della somma di € 57.940,80 asseritamente pagata da NOME COGNOME, la stessa, oltre che risultare ancorata all’erroneo argomento secondo cui i beni immobili dovrebbero essere gravati di tutti i debiti, a prescindere dalla loro fonte, attinge però una valutazione di merito del giudice di rinvio che ha ritenuto non provata la detta genesi, affermazione questa che non appare in alcun modo contrastata nemmeno dalle asserzioni contenute nel motivo, ove si sostiene che si tratterebbe di un pagamento sostenuto per causali estranee alla gestione degli immobili.
A questo punto, per ragioni di ordine logico-sistematico, si profila opportuno esaminare i primi due motivi del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME.
Con il primo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e/o l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., in merito alla prova di debiti ereditari pari ad euro 694.216,38. In particolare, la Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato
l’assenza di debiti ereditari documentati, nonostante la documentazione in atti degli stessi da parte del AVV_NOTAIO.
La prova documentale dei debiti ereditari potrebbe essere valutata, secondo il ricorrente, anche sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo in quanto è stata oggetto di discussione tra le parti nel giudizio di rinvio, ma non esaminata dal giudice di merito.
Il secondo motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 384 c.p.c. e 556 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non aver il giudice di secondo grado calcolato il conguaglio ereditario, deducendo dal valore del compendio relitto l’intero ammontare dei debiti ereditari pari a euro 694.216,38.
La Corte territoriale avrebbe arbitrariamente individuato -ai fini della detrazione dal valore del relictum e per il calcolo della quota riservata all’attrice e del conguaglio i soli debiti collegati al compendio immobiliare, escludendo tutti gli altri debiti ereditari senza indicare alcun fondamento normativo e in violazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 2867/2021 in base al quale il giudice del rinvio è tenuto a calcolare il conguaglio ereditario richiesto in base esclusivamente alle norme di diritto sostanziale italiano in virtù dell’apertura, nel caso di specie, di due successioni.
Secondo il ricorrente, il concetto di ‘debito connesso al compendio immobiliare’ sarebbe il frutto della creazione del giudice di rinvio, non trovando lo stesso riscontro in alcuna norma positiva.
5.1. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati, avuto riguardo alle ragioni espresse al fine di pervenire al rigetto dei suesposti motivi del ricorso principale, occorrendo unicamente specificare che in realtà la Corte d’Appello non ha inteso negare l’esistenza dei debiti ereditari nell’importo di € 694.216,38, come sembra lamentare il primo motivo del ricorso incidentale, ma ha piuttosto negato che in tale importo potessero quantificarsi i debiti univocamente riferibili alla massa sottoposta alle regole successorie italiane, avendo quindi alla pag. 24 individuato i debiti il cui importo andava invece detratto, previa attualizzazione, dal valore, sempre attualizzato, dei beni immobili.
Risulta, quindi, fallace e totalmente sconnessa dall’effettivo contenuto della sentenza impugnata la deduzione che è alla base dei motivi in esame, secondo cui il giudice di rinvio sarebbe incorso in un’erronea valutazione delle risultanze probatorie, dovendo piuttosto ribadirsi che la valutazione in maniera autonoma delle passività ereditarie, in relazione alle due autonome masse, lungi dal configurare una violazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, ne è una conseguenziale applicazione, che rende quindi la sentenza impugnata immune rispetto alle doglianze mosse.
Il quinto motivo del ricorso principale di NOME denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2668 c.c. in relazione agli artt. 2652 e 2653 c.c. per aver il giudice di secondo grado respinto le domande dello stesso ricorrente e del controricorrente NOME aventi ad oggetto l’ordine di cancellazione della domanda giudiziale introduttiva del giudizio di
primo grado, trascritta nei confronti dei sette fratelli su tutti i beni facenti parte dell’asse ereditario, anche se alienati a terzi, e l’ordine al Competente Ufficio del Territorio di trascrizione dell’emananda sentenza.
Il motivo denuncia, altresì, la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 2668 c.c. in relazione agli artt. 2652 e 2653 c.c. per aver la Corte territoriale respinto le domande di NOME COGNOME e di NOME COGNOME aventi ad oggetto l’ordine all’Ufficio del Territorio competente della cancellazione della trascrizione del diritto di proprietà, per la quota di 1/3, sui beni della successione ed integralmente attribuiti ai figli dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Milano, effettuata, a richiesta di NOME COGNOME, in data 27/4/2009 sui beni della successione denominati RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE Torricino”; nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2874 c.c., 2875 c.c. e 2884 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver respinto le domande di NOME COGNOME e di NOME COGNOME aventi ad oggetto l’ordine di cancellazione dell’ipoteca iscritta d’ufficio sull’intera proprietà in favore della signora NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 2817 c.c., per l’importo pari ad euro 2.288.521,24 sui beni sopra identificati, nonostante che la sentenza abbia pronunciato la riduzione dell’importo dovuto alla COGNOME.
In particolare, la Corte territoriale, nel ritenere che la cassazione della sentenza d’appello non travolgesse la decisione del Tribunale, che invece avrebbe mantenuto la sua efficacia -in violazione del principio dell’efficacia sostitutiva della sentenza d’appello nei confronti della sentenza di primo grado -, si
porrebbe in palese contrasto con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la sentenza di appello determina ex lege anche la caducazione dell’efficacia della sentenza di primo grado e gli effetti della cassazione con rinvio si estrinsecano rendendo inefficaci le sentenze di merito emesse nel corso del giudizio.
Secondo il ricorrente, invece, la Corte d’Appello in sede di rinvio, in conseguenza del travolgimento da parte della sentenza delle Sezioni Unite della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto ordinare all’Ufficio del Territorio la trascrizione della sentenza, con il conseguente venir meno dell’efficacia prenotativa della trascrizione della domanda giudiziale, la cancellazione della trascrizione della proprietà per la quota di 1/3 a favore della COGNOME, il riconoscimento del diritto di proprietà dell’intero compendio immobiliare a favore di NOME e NOME COGNOME rispettivamente nella misura di 6/7 e 1/7.
Il Conservatore dei Registri Immobiliari, a parere del ricorrente, in assenza di un ordine contenuto in una sentenza passata in giudicato, non potrebbe procedere alla cancellazione e/o alla modifica delle trascrizioni e non risponderebbe al principio dell’economia dei giudizi costringere gli eredi assegnatari degli immobili a iniziare un nuovo giudizio per ottenere la regolarizzazione delle trascrizioni.
Il terzo motivo di ricorso incidentale di NOME denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2652, 2668, 2884, 2909 c.c. e 324 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non aver il giudice di secondo grado accolto la richiesta di
cancellazione delle trascrizioni delle domande dell’attrice e della sentenza di primo grado.
Secondo il ricorrente, non residuerebbe alcuna domanda che legittimi il permanere della trascrizione dell’atto di citazione, essendo stata rigettata la domanda di reintegrazione di eredità per la quota di 1/3 e venuta meno la rilevanza della domanda di riduzione del testamento quale conseguenza del passaggio in giudicato dell’assegnazione del compendio immobiliare ai signori NOME.
7.1. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono solo in parte fondati.
Il quinto motivo del ricorso principale è sicuramente inammissibile nella parte in cui contesta la correttezza della decisione di rinvio quanto al diniego di disporre la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, per difetto di specificità.
La Corte d’Appello ha fatto puntuale richiamo in motivazione ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 20315/2012, a mente della quale, qualora sia stata iscritta ipoteca giudiziale in forza di una sentenza di primo grado, poi confermata in appello, la cassazione con rinvio della sentenza d’appello, non determinando alcun effetto sulla pronuncia di primo grado, ai fini dell’art. 336, secondo comma, cod. proc. civ., non incide in nessun modo sulla legittimità dell’iscrizione ipotecaria, con la conseguenza che deve essere rigettata, per inesistenza del diritto fatto valere, la domanda, proposta dalla parte che abbia ottenuto la cassazione con rinvio, volta ad ottenere, in base all’art. 389 cod. proc. civ., la cancellazione dell’ipoteca e il risarcimento dei danni per la pretesa illegittimità
dell’iscrizione (per la medesima conclusione, sebbene sulla scorta di un diverso iter argomentativo, che si fonda sul dettato del combinato disposto degli artt. 2818 e 2884 cod. civ., così che la cancellazione dell’ipoteca deve essere eseguita dal conservatore solo quando è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dall’autorità competente, cfr. Cass. n. 584/1996). La censura non si confronta affatto con tale precedente e si limita a richiamare argomentazioni spese per il diverso tema della cancellazione della domanda giudiziale, senza tenere conto delle peculiarità invece dettate in materia di ipoteca. Ove, però, voglia intendersi la critica come diretta al solo fatto che all’esito del giudizio di rinvio sia stato riconosciuto un diritto di credito a favore della COGNOME di importo inferiore rispetto a quello accordato dalla sentenza di primo grado, trattasi all’evidenza di argomento che non può essere speso al fine di lamentare l’omessa cancellazione dell’ipoteca, atteso che la riduzione dell’importo del credito garantito avrebbe al più legittimato una richiesta di riduzione ex artt. 2872 e 2874 c.c., richiesta che però non risulta sia stata avanzata alla Corte d’Appello.
Quanto alla diversa richiesta di cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali, va qui richiamato il dettato dell’art. 2668 c.c. che appunto prevede che possa essere disposta a seguito di ordine giudiziale con sentenza passata in giudicato.
Va qui ricordato come la cogenza di tale indicazione, quanto alla necessità del giudicato è stata confermata anche dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 143/2022 che – nel ritenere inammissibile la questione di legittimità costituzionale
delle norme che impedivano di poter addivenire, in maniera alternativa alla sentenza passata in giudicato, alla cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali – ha sottolineato come il microsistema di pubblicità dichiarativa realizzato dagli artt. 2652, 2653 e 2668 cod. civ., mediante la disciplina della trascrizione e della cancellazione delle domande giudiziali, porta a sintesi plurimi diritti individuali e interessi generali, tutti di rilievo costituzionale.
L”effetto prenotativo’ della trascrizione della domanda che consente alla domanda trascritta di prevalere sulle successive trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto, una volta trascritta la sentenza di accoglimento -risponde ad un principio basilare di effettività della tutela giurisdizionale (la durata del processo non può mai andare a detrimento dell’attore che ha ragione) e tende anche a tutelare i terzi, per consentire loro di poter valutare la convenienza o meno del compimento di negozi giuridici con una delle parti litiganti.
Pur nella consapevolezza della limitazione di fatto della commerciabilità del bene attinto dalla relativa formalità, è stato evidenziato come l’equilibrio tra la posizione dell’attore e quella del convenuto è affidato dalla legge ad un rimedio ex post , di carattere risarcitorio, compendiato nella responsabilità processuale aggravata dell’attore trascrivente di cui all’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. E’ pur vero che tale rimedio potrebbe risultare in concreto inidoneo, o quantomeno insufficiente (soprattutto nelle ipotesi in cui la trascrizione ha insistito molto a lungo su un cespite di notevole importanza, così da rendere il danno patito dal convenuto nei fatti irreparabile),
ma il legislatore, pur avendo introAVV_NOTAIOo l’istituto della rinnovazione della trascrizione, a pena di perdita di inefficacia della originaria trascrizione, ha ritenuto che il mantenimento incondizionato del requisito del giudicato ai fini dell’ordine di cancellazione della trascrizione della domanda, non sia censurabile sul piano delle norme costituzionali, rilevando che le varie soluzioni alternative ipotizzate nella prassi o in AVV_NOTAIOrina impingono in valutazioni riservate alla discrezionalità del legislatore, in quanto la rimozione del limite del giudicato potrebbe vanificare eccessivamente la tutela prenotativo che il codice ha inteso assicurare alla domanda dell’attore.
Tale premessa appare utile al fine di evidenziare che la sola cassazione con rinvio della sentenza d’appello non è equipollente alla sentenza passata in giudicato, che è invece presupposta dal dettato dell’art. 2668 c.c., e ciò proprio nel caso in cui il giudice di rinvio sia chiamato nuovamente a pronunciarsi, sebbene alla luce del vincolo derivante dalla sentenza rescindente, sulla medesima domanda per la cui assicurazione degli effetti venne in origine disposta la trascrizione.
Ad opinare nel senso indicato dai ricorrenti, basterebbe quindi la sola cassazione a determinare l’immediata cancellazione della trascrizione della domanda, e ciò risulterebbe evidentemente pregiudizievole per la posizione dell’attore, che all’esito del giudizio di rinvio veda comunque riconosciuta la fondatezza della domanda, anche se non negli stessi termini quantitativi nei quali venne accolta con le pronunce cassate, vanificando in tal modo, pur a fronte di una domanda poi rivelatasi, quanto meno in parte, fondata, la prenotazione dei suoi effetti nei confronti dei terzi.
Se, come sostengono i ricorrenti, la cassazione con rinvio travolge tutte le sentenze di merito, sulla res controversa non può ritenersi intervenuto né un accoglimento né un rigetto, così che, essendo ancora necessaria la sua decisione, resta attuale la funzione cautelare cui assolve la trascrizione de qua , soprattutto ove poi il giudice di rinvio accolga, in tutto o in parte, il diritto cui fa riferimento la domanda stessa.
Se, quindi, non è invocabile una cancellazione solo per effetto della cassazione con rinvio, nella specie occorre evidenziare che l’attrice aveva proposto due domande, in parte alternative, per le quali aveva provveduto alla trascrizione di entrambe. Da un lato aveva richiesto, anche in relazione ai beni immobili ubicati in Italia, l’accertamento della revoca ex lege del testamento, con la conseguente attribuzione dei diritti vantati in base alla successione ab intestato prevista dalla legge italiana (trascrizione avvenuta ai sensi dell’art. 2652 n. 7 c.c.); dall’altro, per l’ipotesi in cui invece si fosse ravvisata la permanente efficacia del testamento, aveva fatto valere per il testamento il carattere lesivo della quota di riserva spettante al coniuge, proponendo quindi l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie ( ai sensi dell’art. 2652 n. 8 c.c.).
Per effetto dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza rescindente, il giudice di rinvio, avuto riguardo anche alle posizioni delle parti, ha dato atto che l’attrice aveva inteso coltivare quanto alla successione italiana, e per la quale era intervenuta la trascrizione, solo l’azione di riduzione. Peraltro, l’accoglimento della domanda attorea, quanto agli immobili, solo dell’azione di riduzione implica evidentemente il rigetto della
domanda volta a far dichiarare la revoca del testamento, dovendosi pertanto ritenere che vi sia stato (se non ad opera delle stesse Sezioni Unite, ma da parte del giudice di rinvio) il rigetto di una delle domande per le quali era intervenuta la trascrizione.
Ne deriva che si rivela illegittimo il diniego di cancellazione della trascrizione della domanda di revoca ex lege del testamento quanto agli immobili siti in Italia, con il conseguente accoglimento del motivo in parte qua.
A diversa conclusione deve invece pervenirsi per la domanda di riduzione, atteso che la medesima, ed anzi proprio in conseguenza della cassazione della sentenza di appello, è stata coltivata dall’attrice, divenendo attuale l’interesse alla sua decisione.
Ciò comporta che deve escludersi che su tale domanda sia intervenuto un rigetto (tantomeno con efficacia di giudicato) che possa legittimare una richiesta di cancellazione, emergendo piuttosto come proprio in sede di rinvio la domanda sia stata accolta.
Né potrebbe supportare la richiesta di cancellazione la circostanza che i diritti della legittimaria siano stati soddisfatti esclusivamente in denaro, essendosi in precedenza provveduto all’assegnazione degli immobili ai due germani NOME, atteso che trattasi pur sempre di una modalità con la quale è stata accolta la domanda di riduzione che coinvolgeva le disposizioni relative agli immobili. La circostanza che la tacitazione dei diritti del legittimario avvenga per equivalente anziché in natura non recide però il nesso che esiste tra la domanda originaria di cui sia stata curata la
trascrizione e l’esito finale della condanna al pagamento di una somma, analogamente a quanto può accadere nel caso in cui trascritta la domanda di divisione immobiliare, al condividente sia assegnato solo un conguaglio in denaro (nel caso di attribuzione del bene ad altro condividente), ovvero solo una somma di denaro (per l’ipotesi in cui il bene comune ritenuto non comodamente divisibile, sia venduto a terzi). Inoltre, proprio in materia di riduzione, i diritti del legittimario potrebbero essere soddisfatti in denaro, come previsto dall’art. 560, co. 2, c.c., o nella diversa ipotesi disciplinata dall’art. 563 c.c.
L’esito alternativo alla riduzione in natura, con il riconoscimento di una somma di denaro, non fa venir meno l’esigenza prenotativa che è correlata alla trascrizione della relativa domanda, ma le preoccupazioni dei ricorrenti circa il pregiudizio collegabile alla permanenza della trascrizione sono destinate a venir meno proprio alla luce del contenuto della sentenza di accoglimento emessa in sede di rinvio che, nel riconoscere solo un conguaglio in denaro permette di rilevare che la funzione cautelare che giustificava la trascrizione afferente agli immobili, è ormai superata a seguito del contenuto della sentenza che ha deciso nel merito, escludendo che l’attrice possa ancora accampare diritti sui beni immobili.
Il motivo deve, quindi, essere accolto solo in parte e nel imiti esposti nella motivazione che precede.
Il primo motivo di ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per la violazione del diritto alla prova per non avere la Corte territoriale ammesso l’istanza istruttoria ex art.
210 c.p.c. dalla stessa formulata e volta a dimostrare la capienza dell’asse ereditario mobiliare soggetto al diritto inglese al fine del soddisfacimento del legato ex lege della somma di 125.000,00 sterline, una volta esclusi i beni personali già di spettanza del coniuge.
In particolare, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la suddetta istanza istruttoria per la sua genericità ed il suo carattere esplorativo, quindi per motivi che, a parere della ricorrente, prescinderebbero dalla valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso e al compendio delle altre prove richieste o già acquisite.
Secondo la difesa della COGNOME, invece, sarebbe stata fornita la prova, non solo dell’impossibilità di accedere autonomamente alla relativa documentazione, ma anche dell’esistenza dei documenti e del loro contenuto in maniera sufficientemente circostanziata e tale da consentire al giudice l’indagine sulla rilevanza del mezzo istruttorio e di apprezzarne la decisività rispetto all’accoglimento della domanda.
8.1. Il motivo è fondato, ritenendo il Collegio di dover dare continuità all’orientamento secondo cui la valutazione discrezionale del giudice di ordinare alla parte o a un terzo, ex artt. 210 e 421 c.p.c., l’esibizione di un documento rimane subordinata alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118 e 210 c.p.c. e 94 disp. att. c.p.c. e deve essere supportata da un’idonea motivazione – anche in considerazione del più generale dovere di cui all’art. 111, comma 6, Cost. saldandosi tale discrezionalità con il giudizio di necessità
dell’acquisizione del documento ai fini della prova di un fatto (Cass. Sez. 2, n. 19760/2025; Cass. Sez. 2, n. 13533/2011).
Nella specie, a fronte del fatto pacifico che le operazioni di liquidazione erano avvenute sotto la direzione di un AVV_NOTAIO, il giudice di rinvio si è limitato ad affermare che la richiesta di esibizione era generica ed esplorativa, sebbene il tenore della stessa ne palesasse il carattere dettagliato in quanto volta ad acquisire i documenti relativi alle operazioni di liquidazione affidate al AVV_NOTAIO su incarico del Tribunale, nonché dei documenti relativi alla chiusura di tali operazioni, con specificazione dell’eventuale avanzo o disavanzo e della sua destinazione, essendo stata anche evidenziata la pertinenza della richiesta rispetto alla finalità di accertare un eventuale attivo capiente rispetto all’ammontare del legato.
A supporto della richiesta, il motivo ribadisce che la stessa era stata reiterata anche in sede di rinvio ed appare corroborata anche dalla risposta del menzionato AVV_NOTAIO (che si riferisce essere già richiamata in citazione), dalla quale si ricava altresì il carattere indispensabile dell’acquisizione tramite esibizione
Il motivo deve, pertanto, essere accolto
Il secondo motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME denuncia la violazione e/o falsa applicazione della legge inglese ed in particolare dell’Administration of Estates Act 1925 Sect. 46 -Family Provision Intestate Succession Order 1993 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non avere la Corte territoriale attribuito alla ricorrente quanto meno la somma di euro 24.531,00 resasi per tabulas disponibile nella massa mobiliare, in
quanto i debiti che era andata a coprire sono stati attribuiti a quella immobiliare.
Di conseguenza, la ricorrente sostiene di essere rimasta penalizzata in quanto, da un lato, l’imputazione dei debiti alla massa mobiliare avrebbe determinato la negazione del suo diritto a vedersi riconosciuto il legato ex lege , dall’altro, gli stessi debiti, già imputati, alla massa mobiliare, sarebbero stati nuovamente detratti dalla massa immobiliare, andando in tal modo a diminuire la misura del conguaglio spettante.
9.1. Il motivo è fondato.
Ed, infatti, richiamato il principio per cui l’autonomia delle masse e la scissione delle stesse si riflette anche sulla diversa considerazione ed imputazione dei debiti ereditari, la sentenza di rinvio, pur attenendosi correttamente a tale principio, ed avendo quindi detratto dall’importo del valore degli immobili quello dei debiti strettamente correlati alla massa immobiliare, e quantificati nel detto importo, non ha però tenuto conto del fatto che le stesse somme risultavano già incluse nella maggior somma di € 694.216,38, avendo la stessa sentenza gravata riscontrato come anche i debiti poi ritenuti imputabili alla massa immobiliare erano inclusi nel prospetto di graduazione dei creditori dell’eredità accettata con beneficio di inventario dai figli del de cuius, e quindi soddisfatti nel corso delle operazioni dirette dal AVV_NOTAIO incaricato.
Ne deriva che la stessa somma risulta essere stata sottratta dall’ammontare dei beni mobili non personali, ed allo stesso tempo ha inciso negativamente sul valore in base al quale fissare la quota di riserva dell’attrice sui beni immobili. Una volta reputata corretta tale seconda imputazione, pur dovendosi tenere
conto della necessità di dover verificare la consistenza del patrimonio mobiliare all’esito di quanto scaturente dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale della COGNOME, ove anche non si rinvenissero altri beni mobili, dovrebbe tuttavia escludersi l’importo dei debiti riferiti alla massa immobiliare, indebitamente inseriti tra i debiti della massa mobiliare, così che il recupero di tale posta andrebbe a diretto vantaggio della COGNOME che su tale somma potrebbe parzialmente soddisfare il diritto di legato ex lege attribuito al coniuge dalla legge inglese.
Anche tale motivo va, perciò, accolto.
Il terzo motivo di ricorso incidentale -condizionato all’ipotesi di accoglimento del quarto motivo di ricorso principale con la conseguente imputazione integrale dei debiti ereditari alla massa ereditaria immobiliare -denuncia la violazione e/o falsa applicazione della legge inglese ed in particolare dell’Administration of Estates Act 1925 Sect. 46 Family Provision Intestate Succession Order 1993 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.
In particolare, secondo la ricorrente, la massa ereditaria mobiliare, non più onerata da alcun debito e non spettante in via esclusiva ai figli del de cuius , sarebbe automaticamente capiente per consentire il pagamento del legato ex lege di sterline 125.000.
10.1. Atteso il rigetto del quarto motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale di NOME, il motivo resta evidentemente assorbito.
11. Il quarto motivo di ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per la violazione dell’art. 132, co. 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per apparente motivazione della decisione non essendo chiaro l’ iter logico seguito dalla Corte territoriale nel compensare integralmente le spese -in ragione della particolare complessità delle questioni dibattute e dell’assoluta novità delle stesse nonostante l’esito vittorioso della lite in capo alla RAGIONE_SOCIALE.
Al contrario, a parere della ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto tenere conto delle sorti dell’intero giudizio secondo il principio della soccombenza e di conseguenza pronunciare la condanna alle spese di NOME e NOME, essendo gli stessi soccombenti nel giudizio di primo e secondo grado, oltre che in quello di rinvio.
Inoltre, la particolare complessità delle questioni, in ogni caso, avrebbe comportato non una compensazione integrale delle spese, bensì una compensazione parziale delle stesse.
12. Il quinto motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non aver la Corte territoriale tenuto conto, nel disporre la compensazione delle spese di lite, dell’esito complessivo del giudizio, avendo, al contrario, esposto la parte vittoriosa in violazione del principio della soccombenza. Secondo la ricorrente, la complessità della vicenda avrebbe potuto indurre alla compensazione delle spese laddove i coeredi avessero almeno versato le somme dovute.
12.1. Atteso l’accoglimento di alcuni motivi del ricorso principale e dei ricorsi incidentali, ed imponendosi quindi la cassazione con
rinvio, e dovendo il giudice di rinvio regolare le spese dell’intero giudizio rescissorio, anche tali motivi restano assorbiti.
13. In definitiva, in conseguenza dell’accoglimento – nei limiti di cui in motivazione – del quinto motivo del ricorso principale, del terzo motivo del ricorso incidentale di COGNOME e del primo e del secondo motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio, dei precedenti giudizi di merito, del precedente giudizio di legittimità e del primo giudizio di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso di COGNOME NOME, il terzo motivo del ricorso incidentale di NOME, nonché il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME, nei limiti di cui in motivazione;
rigetta gli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale di NOME e dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso incidentale di COGNOME NOME;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio, dei precedenti gradi di merito e del precedente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, in data 6 novembre 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME