SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1692 2025 – N. R.G. 00000492 2023 DEPOSITO MINUTA 01 10 2025 PUBBLICAZIONE 01 10 2025
CORTE D ‘ APPELLO DI FIRENZE SEZIONE TERZA CIVILE
Verbale di udienza con sentenza contestuale – artt. 359 e 281 sexies c.p.c. –
Causa d’appello n. 492/2023 r.g. vertente fra:
(C.F: ), in proprio e quale unica erede della madre rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME C.F.
PARTE APPELLANTE
e
(C.F.
) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME i. P.
PARTE APPELLATA
*
Oggi 01/10/2025 , alle ore 12:45, dinanzi al la Corte d’Appello di Firenze, composta da:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere Relatore
NOME COGNOME
Consigliere
nei locali del INDIRIZZO, piano INDIRIZZO, sono comparsi: Per parte appellante, l’Avv. NOME COGNOME Per parte appellata , l’Avv. NOME COGNOME
I procuratori delle parti si riportano agli atti ed illustrano oralmente le loro difese.
Esaurita la discussione, i difensori dichiarano di rinunciare ad assistere alla lettura della sentenza e si allontanano volontariamente.
La Corte si ritira in camera di consiglio e, rientrata, dà lettura della sentenza contestuale che segue, inserendola nel fascicolo telematico.
IL PRESIDENTE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
SEZIONE TERZA CIVILE
La Corte di Appello di Firenze, nella composizione di cui alla precedente parte di verbale, ha emesso, ai sensi degli artt. 352 u.c. e 281 sexies c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 492/2023 promossa da:
(C.F: ), in proprio e quale unica erede della madre rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME C.F.
PARTE APPELLANTE
e
(C.F.
) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione P.
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME i.
PARTE APPELLATA
avverso la sentenza n. 56/2023 emessa dal Tribunale di Pistoia e pubblicata il 24/01/2023
CONCLUSIONI
In data 01/10/2025 la causa viene posta in decisione sulle seguenti conclusioni:
Per la parte appellante:
‘ Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, per tutti i motivi di seguito esposti, premessa ogni altra declaratoria opportuna,
-accertata e dichiarata l’illegittimità dell’impugnata sentenza n°56/23, dichiararla nulla per mancanza degli elementi di diritto, violazione di legge e per difetto, insufficienza e contraddittorietà di motivazioni, distorsione di fatti e circostanze e, comunque, visto anche l’art. 342 cpc I° comma n° 1, in totale riforma e modifica dell’impugnata sentenza del
Tribunale di Pistoia accogliere tutte le conclusioni già avanzate nella comparsa di costituzione e riposta del giudizio di opposizione al d.i. dinanzi il Tribunale di Pistoia R.G. 3040/21 e nell’udienza del 24/01/2023 da intendersi in questa sede integralmente richiamate e ritrascritte ‘ .
Per la parte appellata:
‘ Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello: 1) In tesi nel merito respingere l’appello proposto dalla Sig.ra in quanto infondato in fatto ed in diritto e confermare la sentenza del Tribunale di Pistoia 24.01.2023, n. 56 che ha revocato il decreto ingiuntivo del Tribunale di Pistoia n. 1251/2021; 2) In ipotesi ridurre l’importo delle somme da restituire ad Euro 132.486,84; 3) In ulteriore ipotesi ammettere la prova per testi richiesta con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 2 c.p.c.; 4) In ogni caso , con vittoria di spese e compensi del presente giudizio ‘.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Nel 2009 e nel 2010 la (all’epoca concedeva due
mutui ipotecari , rispettivamente di € 180.000,00 e di € 30.000,00, a imprenditore poi fallito nel 2012. A garanzia dei mutui, e (madre e figlia) concedevano ipoteca volontaria su propri beni immobili e rilasciavano fideiussioni personali.
Nel 2015 la banca , stante l’inadempimento del mutuatario, notificava i mutui in forma esecutiva ed atto di precetto per la complessiva somma di € 189.647,64, avviando una procedura esecutiva immobiliare sui beni delle terze datrici di ipoteca.
Queste ultime proponevano opposizione al precetto, sostenendo , tra l’altro, che il credito fosse già stato soddisfatto tramite un pegno irregolare di € 177.750,00 costituito al momento dell’erogazione del mutuo del 2009.
Il Tribunale di Pistoia, con sentenza n. 893/2016 del 13.10.2016, rigettava l’opposizion e, reputando, in accordo alla tesi difensiva della banca, che il pegno fosse volto a garantire l’adempimento delle obbligazioni inerenti alla valida costituzione della garanzia ipotecaria sui beni di proprietà delle opponenti, non a estinguere il debito principale, riconosciuto come sussistente dalle stesse garanti nel 2012.
La decisione del Tribunale veniva impugnata da e dinanzi alla Corte d’Appello di Firenze , la quale, con sentenza n. 1546/2021 pubblicata l’11.8.2021 , riformava parzialmente la decisione di primo grado. In particolare , la Corte, ritenendo all’opposto che il pegno irregolare avesse funzione satisfattiva del credito e vista l’eccezione estintiva sollevata dalle opponenti con riferimento alla complessiva esposizione debitoria, (i) dichiarava nullo ed inefficace il precetto, (ii) dichiarava che e nulla dovevano alla banca per il mutuo del 2009 e (iii) quantificava in € 11.306,70 il residuo debito relativo al mutuo del 2010.
Sulla base della citata sentenza d’appello, in proprio nonché quale erede della madre nelle more deceduta (in data 24.4.2021), otteneva dal Tribunale di Pistoia decreto ingiuntivo, n. 1251/2021 del 6-8.11.2021, immediatamente esecutivo, per la restituzione della somma d i € 149.943,30, corrispondente al ricavato della vendita forzata degli immobili pignorati (nel frattempo avvenuta), al netto del debito residuo.
La banca proponeva opposizione al decreto, osservando come la sentenza della Corte d’Appello posta a fondamento della pretesa, ‘ macroscopicamente viziata ‘ e già impugnata sia per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. che per motivi di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione, non fosse ancora passata in giudicato e pertanto non cont enesse ‘ un accertamento definitivo del rapporto giuridico di cui è causa ‘ tale da ‘ giustificare una pronuncia di condanna a carico della banca ‘. Al riguardo, invocava la sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c. ovvero quella prevista dall’art. 337, comma 2, c.p.c. in attesa del passaggio in giudicato della pronuncia; in difetto, chiedeva al giudice di ‘ rivalutare autonomamente i fatti posti a fondamento della pretesa della Sig.ra negando integralmente il credito richiesto ‘ e, in via gradata, rilevava come in ogni caso il credito restitutorio dovesse essere quantificato in misura inferiore, essendo alla banca dovuta, oltre alla cifra di € 11.306,79, anche quella di € 8.134,56 a titolo di spese della procedura esecutiva (legittimamente coltivata quand’anche in relazione ad un credito inferiore).
si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’opposizione in particolare a motivo dell’impossibilità, per il giudice adito, di rimettere in discussione gli accertamenti compiuti nella sentenza di Corte d’Appello n. 1546/2021 ed i suoi effetti restitutori in favore della parte opposta.
A conclusione della causa, istruita in via documentale, il Tribunale, con sentenza n. 56/2023, accoglieva l’opposizione e revoca va il decreto ingiuntivo, compensando le spese di lite. Nello specifico il giudice di primo grado rilevava quanto segue: ‘ Appare dirimente, ai fini
della presente controversia, che la sentenza n. 1546/2021 della Corte d’Appello di Firenze non è passata in giudicato, essendo la stessa stata impugnata sia con ricorso per Cassazione, sia con revocazione ordinaria. Occorre premettere che, al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento, così come quelle costitutive, non hanno l’idoneità ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato (cfr. Cass. Civ., 26.3.2009 n. 7369; Cass. Civ., 15.11.2013, n. 25743). Ebbene, la sentenza della Corte d’Appello di Firenze sembrerebbe avere anticipata efficacia esecutiva esclusivamente quanto al capo di condanna al pagamento delle spese di giudizio in essa contenuto, mentre detta efficacia non sembrerebbe esservi quanto alle ulteriori statuizioni ivi presenti, tra cui quella relativa alla nullità dell’atto di precetto (cfr. Cass. Civ., 5.6.2020, n. 10826, laddove si legge che il principio per cui la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione diventa esecutiva solo con il passaggio in giudicato si applica alle statuizioni cassatorie in essa contenute, tra cui l’affermazione di nullità del precetto; Cass. Civ., 10.11.2014, n. 21367, Come più volte affermato da questa giurisprudenza di legittimità, infatti, al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento (così come quelle costitutive) non hanno l’idoneità, con riferimento all’art. 282 c.p.c., ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la citata norma, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto alle pronunce di condanna suscettibili secondo i procedimenti di esecuzione disciplinati dal terzo libro del codice di rito civile. La sentenza impugnata non ha tenuto conto del fatto che la sentenza declaratoria della nullità del precetto non fosse ancora passata in giudicato e fosse allo stato del tutto improduttiva di effetti) . In base ai principi espressi dalla citata giurisprudenza di legittimità, allora, affinché la pronuncia di nullità del precetto possa spiegare effetti -e, quindi, possa sostenere il diritto dell’opposta di ottenere la restituzione di quanto corrisposto in occasione del procedimento esecutivo intrapreso dall’istituto di credito è necessario che passi in giudicato. Pertanto, ad oggi, non sussiste il diritto dell’opposta di agire verso la Banca opponente per ottenere la restituzione delle somme dalla stessa incassate in conseguenza della procedura esecutiva immobiliare, potendo tale pretesa farsi valere solamente dopo il passaggio in giudicato della citata sentenza della Corte d’Appello di Firenze ‘.
con atto notificato il 23.2.2023, ha proposto appello alla sentenza n. 56/2023, essenzialmente sostenendo (a parte le critiche mosse ai provvedimenti interlocutori
con cui era stata sospesa l’efficacia esecutiva dell’ingiunzione di pagamento) che:
la pronuncia di Corte d’Appello n. 1546/2021, al di là della mancanza di capi di condanna esecutivi (eccezion fatta per quello relativo alla rifusione delle spese di lite), conteneva accertamenti di merito immediatamente efficaci, suscettibili di essere posti a base della richiesta di restituzione avanzata in via monitoria, essendo per altro verso preclusa al giudice dell’opposizione una rivalutazione dei contenuti della decisione;
il diritto alla restituzione sorgeva automaticamente ai sensi dell’art. 336 c.p.c. , norma completamente trascurata dal Tribunale.
Radicatosi il contraddittorio, la si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Essa ha in particolare rimarcato che:
la sentenza posta a fondamento del decreto ingiuntivo non aveva efficacia esecutiva, salvo che per le spese legali;
il credito restitutorio nei confronti della banca sarebbe sussistito solo se fosse stato accertato in via definitiva che il debito di era stato estinto attraverso il pegno di € 177.750,00;
tale conclusione era smentita dai fatti e dalle ammissioni sia del debitore principale che delle garanti, dato che la somma in questione, a dire della controparte rimasta in pegno alla banca, coincideva in realtà con l’importo ott enuto in mutuo dal detratte le spese e le imposte ( € 180.000,00 -€ 2.250,00), che, dopo la costituzione in pegno a garanzia della regolarità dell’iscrizione ipotecaria, era stato svincolato dalla banca ed utilizzato dal debitore;
l ‘art. 336 c.p.c. era inconferente, poiché non si trattava del pagamento di somme avvenuto in esecuzione di una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva successivamente riformata in appello, ma d i pagamento avvenuto in esito ad un’esecuzione fondata su titoli stragiudiziali (i mutui).
L’appellata ha comunque in subordine reiterato: a) le censure sull’erroneità della somma ingiunta: b) l’istanza di sospensione del giudizio ‘ in attesa della definizione delle impugnazioni proposte dalla avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1546/2021, che costituisce presupposto fattuale e logico della domanda avversaria ‘ .
Con nota di deposito del 23.1.2024 la banca ha provveduto a depositare l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 20061 pubblicata il 13.7.2023, con la quale la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1546/2021, per motivi di difetto del
contraddittorio (essendo stato pretermesso il debitore principale, litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’espropriazione contro il terzo proprietario, anche se promosso prima dell’inizio dell’esecuzione), con rinvio della causa al Tribunale di Pistoia quale giudice di primo grado; nella stessa nota l’appellata ha dedotto che ‘ Stante quanto sopra, è venuta definitivamente meno la sentenza della Corte di Appello di Firenze 11.08.2021, n. 1546, che costituiva l’unico fondamento del decreto ingiuntivo della Sig.ra oggetto della presente causa di opposizione ‘.
Con le successive note scritte del 3.6.2025, la banca ha esposto che ‘ nel giudizio di rinvio dalla Cassazione con sentenza del Tribunale di Pistoia 12.12.2024, n. 922 è stata integralmente respinta l’originaria opposizione a precetto della Sig.ra con il seguente dispositivo: ‘ dichiara inammissibile la domanda proposta dall’opponente nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. depositata in data 20/05/2024; rigetta per il resto, l’opposizione; in accoglimento della domanda riconvenzionale della Banca opposta, condanna in proprio e quale erede di al pagamento in favore di della somma di € 11.207,27 oltre interessi legali dal 28/09/2021 al saldo effettivo; condanna in proprio e quale erede di alla refusione delle spese di lite in favore della Banca opposta, liquidate come di seguito: per il primo grado di giudizio: € 13.427,00 per compensi professionali (inclusa la fase cautelare), oltre 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; -per il secondo grado di giudizio: € 9.515,00 per compensi professionali, oltre 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; per il giudizio di legittimità: € 7.655,00 per compensi professionali, oltre 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; – per il presente giudizio di rinvio: € 11.126,10 per compensi professionali, € 237,00 per anticipazioni, oltre 15% spese generali, CPA e IVA come per legge ( doc. 2 ) ‘.
Ha quindi aggiunto che ‘ Tutte le menzionate pronunce confermano che da un lato il decreto ingiuntivo non poteva essere emesso e che ora la pretesa della Sig.ra è stata dichiarata definitivamente dichiarata infondata ‘.
Con ordinanza del 25.6.2025 è stata fissata udienza dinanzi al Collegio per la discussione orale della causa, con termine alle parti per il deposito di note conclusionali.
All’odierna udienza, come da retroestesa porzione di verbale, si è svolta la discussione.
4. Orbene, va preso atto dell’ordinanza della Corte di Cassazione, intervenuta nel corso del presente giudizio di gravame, che ha cassato la pronuncia della Corte d’Appello di Firenze n. 1546/2021 (la quale aveva riformato, sostituendola, quella del Tribunale di Pistoia n. 893/2016), rinviando al giudice di primo grado la causa di opposizione a precetto originariamente promossa da e e della successiva sentenza del Tribunale di Pistoia, investito del rinvio, n. 922/2024, che ha respinto detta opposizione.
Per effetto di tali pronunce è venuto meno il decisum della sentenza n. 1546/2021 (declaratoria di nullità del precetto e parziale estinzione del credito della banca) sulla cui base anche in qualità di erede della madre, ha agito in via monitoria per ottenere la restituzione della somma incamerata dalla banca in forza dell’esecuzione non sospesa.
Con la sentenza del giudice del rinvio si è, infatti, nuovamente stabilito che il credito della banca derivante dai mutui azionati in via esecutiva non è stato estinto mediante somme date in pegno irregolare (o altrimenti), dal che consegue l’insussistenza di un diritto delle parti datrici di ipoteca alla ripetizione delle somme ricavate dalla vendita forzata.
Alla luce di quanto sopra, l’appello proposto dalla per ottenere la riforma della sentenza che ha revocato il decreto ingiuntivo di pagamento emesso in suo favore e, con tale riforma, la conferma dell’ingiunzione, non può evidentemente trovare accoglimento, essendo venuto meno l’essenziale presupposto invocato dall’appellante a fondamento del proprio diritto al recupero dell’importo di € 149.943,30.
Infatti, in base all’art. 336 c.p.c., ‘ la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata ‘, sicché non vi è dubbio che, essendo il decreto ingiuntivo, nei postulati della stessa parte appellante, conseguenza diretta del pronunciamento della Corte d’Appello di cui alla sentenza n. 1546/2021, ne sia intervenuta la caducazione già con la cassazione della citata sentenza. La decisione del Tribunale di Pistoia, quale giudice del rinvio, ha poi negato fondamento giuridico, nel merito, alla pretesa di recupero avanzata dalla in INDIRIZZO.
L’appello va per ciò solo respinto.
5. Ai fini della regolamentazione delle spese di lite, non può peraltro prescindersi dall’apprezzamento delle posizioni delle parti espresse nell’odierno procedimento (al netto, perciò, delle vicende che hanno caratterizzato il parallelo contenzioso relativo all’opposizione a precetto).
Da questo punto di vista deve riconoscersi come la motivazione adottata nella sentenza appellata non sia condivisibile.
Pur essendo pacifico che le uniche sentenze esecutive sono quelle di condanna, da ciò non deriva che le sentenze di accertamento o costitutive siano insuscettibili, prima del passaggio in giudicato, di esplicare qualsiasi effetto al di fuori del processo in cui sono state emesse, ben potendo l’autorità di esse essere invocata in un diverso processo, ipotesi questa del resto espressamente contemplata e disciplinata dall’art. 337, comma 2, c.p.c., a mente del quale ‘ Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata ‘.
Non è dunque corretto affermare che il diritto dell’opposta di agire verso la banca per ottenere la restituzione delle somme incassate in conseguenza della procedura esecutiva immobiliare potesse farsi valere solo dopo il passaggio in giudicato della più volte citata sentenza di Corte d’Appello, recante l’accertamento (sopravvenuto) dell’inesistenza del diritto della banca di procedere ad esecuzione forzata per l’intera somma precettata (tesi propugnata in prima istanza dall’appellata).
Occorreva, semmai, valutare la richiesta dell’opponente a decreto ingiuntivo di sospensione del giudizio ai sensi della suddetta norma ovvero di autonoma rivalutazione dei fatti posti a fondamento della pretesa restitutoria della (non preclusa al giudice della causa c.d. ‘pregiudicata’, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante).
Invero, come la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare, ‘ a differenza dell’art. 295 cod.proc.civ., l’art. 337, secondo comma, cod.proc.civ. disciplina un’ipotesi di sospensione facoltativa del processo: il giudice, quindi, non essendo obbligato a sospendere il giudizio, ha un ventaglio di opzioni: a) sospenderlo in attesa dell’esito dell’impugnazione, sorreggendo la decisione con una motivazione sulle ragioni di opportunità della sospensione del processo pregiudicato, e quindi l’indicazione di circostanze, di fatto o di diritto, sostanziali o processuali, che inducano a ritenere concretamente sussistente la possibilità di una riforma della decisione invocata in tale processo (Cass. n. 16051 del 18/05/2022); b) conformarsi alla decisione impugnata; c) decidere in modo difforme dalla sentenza di primo grado astrattamente pregiudicante, motivando la diversa valutazione ‘ (Cass. 30106/2024).
Da quest’ultimo punto di vista, va riconosciuto come le osservazioni critiche della banca, nel merito di quanto ritenuto con la sentenza n. 1546/2021 (oggetto di impugnazioni), fossero
particolarmente pregnanti, posto che tutta una serie di circostanze portavano ragionevolmente a ritenere (come poi ha fatto il giudice del rinvio) che, al di là delle espressioni utilizzate nel testo del contratto del 2009, la somma costituita in pegno a favore della banca fosse, in effetti, il medesimo importo concesso a mutuo (prima vincolato a garanzia della valida costituzione dell’ipoteca e poi svincolato una volta perfezionata l’iscrizione) e non già altra cifra autonomamente messa a disposizione dal debitore (cfr. pag. 912 dell’atto di citazione in opposizione a d.i. e pag. 11 -12 della comparsa di riposta in appello): su tutte la considerazione logica per cui se il mutuatario avesse avuto già a disposizione la somma di € 177.750,00 da costituire in pegno (quale somma diversa da quella ottenuto in mutuo) non avrebbe avuto alcuna necessità di accendere un finanziamento allo scopo di ricevere il medesimo importo (al netto delle impose e commissioni) da restituire poi con gli interessi; ma oltremodo significativo è anche il contegno antecedente e successivo alla stipula del contratto tenuto dallo stesso debitore principale e dalle garanti, pure messo in luce della banca.
Trattasi di elementi che avrebbero giustificato l’esercizio del potere del Tribunale di decidere in modo difforme dalla sentenza astrattamente pregiudicante o quantomeno avrebbero reso opportuno sospendere il processo in attesa della definizione delle impugnative pendenti.
Per tali ragioni, in definitiva, anche a prescindere dell’erronea motivazione con cui il primo giudice è pervenuto alla revoca del decreto ingiuntivo, la parte appellante va considerata soccombente ed onerata di rifondere le spese del presente grado di giudizio alla controparte.
La liquidazione si opera in base al D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 147/2022, § 12, secondo i parametri medi (eccezion fatta per la fase 3, per la quale si giustifica il dimezzamento del parametro medio per la modesta attività di trattazione).
Il valore della causa è compreso nello scaglione da € 52.001 ad € 260.000. Pertanto:
€ 2.977, 00 fase 1, € 1.911 ,00 fase 2, € 2.163 ,00 fase 3 ed € 5.103 ,00 fase 4, in tutto € 12.154,00, oltre accessori di legge.
Ricorrono infine nei confronti dell’appellante le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. 115/2002.
La Corte d’Appello di Firenze, sezione terza civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, anche istruttoria, disattesa, così provvede:
rigetta l’appello;
condanna parte appellante a rimborsare a parte appellata le spese processuali del presente grado, che liquida in € 12.154,00 per compensi professionali di avvocato, oltre al 15% sui compensi per rimborso forfettario di spese generali, nonché oltre cap e iva secondo legge;
dà atto che ricorrono nei confronti di parte appellante le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. 115/2002.
Firenze, camera di consiglio del l’1.10.2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
Nota
La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.