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Eccezione di inadempimento: compenso amministratore

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda di pagamento dei compensi di un’amministratrice di una società poi fallita. La Corte ha stabilito che parte del credito era prescritta e che la curatela fallimentare aveva validamente sollevato l’eccezione di inadempimento, pur senza formule sacramentali, semplicemente allegando la grave mala gestio dell’amministratrice che aveva causato danni ingenti alla società.

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Eccezione di inadempimento: quando l’amministratore non ha diritto al compenso

L’amministratore di una società che ha agito in modo dannoso e negligente può vedersi negare il compenso? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34702/2024, affronta un caso emblematico, chiarendo come l’eccezione di inadempimento possa essere sollevata dalla società anche senza l’uso di formule giuridiche specifiche, ma semplicemente dimostrando la grave mala gestio. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla tutela delle società contro amministratori inadempienti.

I Fatti del Caso

Una ex amministratrice di una S.r.l., successivamente dichiarata fallita, chiedeva di essere ammessa al passivo fallimentare per un credito di oltre 200.000 euro a titolo di compensi non percepiti per la sua attività svolta tra il 2011 e il 2018. La sua richiesta era stata respinta sia dal Giudice Delegato sia, in sede di opposizione, dal Tribunale.

Il Tribunale aveva fondato la sua decisione su due pilastri:
1. Prescrizione: Gran parte del credito era estinto per prescrizione quinquennale, essendo trascorso il termine di legge prima del primo atto interruttivo (una notifica di decreto ingiuntivo nel luglio 2020).
2. Inadempimento grave: Era emerso un grave inadempimento dell’amministratrice ai suoi doveri. La curatela fallimentare aveva evidenziato condotte illecite e una gestione dannosa che avevano svuotato il patrimonio sociale e causato il fallimento, con un’esposizione debitoria milionaria. Tale inadempimento era stato anche oggetto di un’azione di responsabilità promossa da un socio.

L’amministratrice ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando sia l’errata applicazione delle norme sulla prescrizione, sia il fatto che il Tribunale avesse rigettato la sua domanda per inadempimento, nonostante la curatela non avesse mai formulato esplicitamente una exceptio inadimpleti contractus ai sensi dell’art. 1460 c.c.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibile il motivo sulla prescrizione e infondato quello relativo alla violazione dell’art. 1460 c.c.

L’Eccezione di inadempimento e la sua formulazione implicita

Il punto cruciale della decisione riguarda l’eccezione di inadempimento. La ricorrente sosteneva che la curatela si fosse limitata a menzionare l’esistenza di una causa di responsabilità a suo carico, senza mai sollevare formalmente l’eccezione che le avrebbe permesso di rifiutare il pagamento del compenso.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’eccezione di inadempimento, come altre eccezioni, non richiede formule sacramentali o forme speciali. È sufficiente che la volontà della parte di avvalersene sia desumibile in modo non equivoco dal complesso delle sue difese.

Nel caso di specie, la curatela, sia in fase di ammissione al passivo sia nel giudizio di opposizione, aveva costantemente allegato:
– La pendenza di un giudizio di responsabilità per atti dolosi e colposi contro l’amministratrice.
– Il grave inadempimento degli obblighi gestori che avevano causato il dissesto della società.
– Successivamente, aveva prodotto la sentenza di condanna a suo carico.

Questo comportamento processuale, secondo la Corte, non poteva avere altro significato giuridico se non quello di rifiutare l’adempimento della propria obbligazione (pagare il compenso) a fronte del grave inadempimento della controparte (la mala gestio dell’amministratrice).

La Questione della Prescrizione

Anche sul tema della prescrizione, la Corte ha respinto le doglianze della ricorrente. Ha chiarito che il Tribunale aveva correttamente applicato l’art. 2949 c.c., che prevede una prescrizione di 5 anni per i diritti derivanti dai rapporti sociali. Avendo individuato l’atto interruttivo nel luglio 2020, il Tribunale aveva implicitamente ma correttamente ritenuto prescritti tutti i crediti maturati fino a cinque anni prima di quella data, ovvero quelli dal 2011 al 2015.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla prevalenza della sostanza sulla forma. Non è necessario un richiamo esplicito all’art. 1460 c.c. se dai fatti allegati e dal comportamento processuale emerge chiaramente l’intenzione di una parte di non adempiere a causa dell’inadempimento altrui. La curatela, opponendosi alla richiesta di pagamento e producendo prove del danno causato dall’amministratrice, ha integrato di fatto gli estremi dell’eccezione. Questa interpretazione valorizza il principio di corrispettività nei contratti: non si può pretendere una prestazione se non si è adempiuta correttamente la propria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio di diritto societario e processuale. Il compenso dell’amministratore non è un diritto automatico, ma è strettamente legato al corretto adempimento dei suoi doveri. Una società, anche se in procedura fallimentare, può legittimamente rifiutare di pagare un amministratore che, con la sua cattiva gestione, ha causato un grave danno patrimoniale. Soprattutto, insegna che la difesa in giudizio non deve necessariamente basarsi su formule rigide: l’allegazione di fatti concreti che dimostrano l’inadempimento della controparte è sufficiente per attivare potenti strumenti di autotutela contrattuale come l’eccezione di inadempimento.

Come può una società contestare la richiesta di compenso di un amministratore inadempiente?
Può sollevare un’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), rifiutandosi di pagare il compenso a causa della grave violazione dei doveri da parte dell’amministratore. Non è necessario usare formule legali specifiche, ma è sufficiente allegare e provare i fatti che costituiscono il grave inadempimento, come la mala gestio che ha causato danni alla società.

Qual è il termine di prescrizione per il diritto al compenso dell’amministratore?
Il diritto al compenso dell’amministratore si prescrive in 5 anni, come previsto dall’art. 2949 c.c. per i diritti derivanti dai rapporti sociali. Il termine decorre anche in corso di rapporto.

È necessario che la società citi espressamente l’art. 1460 c.c. per sollevare l’eccezione di inadempimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’eccezione non richiede forme speciali o formule sacramentali. È sufficiente che la volontà della parte di avvalersene sia desumibile in modo non equivoco dall’insieme delle sue difese, come ad esempio allegare la pendenza di un’azione di responsabilità per mala gestio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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