Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1266 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1266 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5002 – 2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura allegata al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentata e difesa, giusta procura allegata al contro ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5119/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 25/7/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria della ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 28/5/2008, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, sua figlia NOME COGNOME chiedendo di accertare che la compravendita dell’appartamento in Roma, al INDIRIZZO stipulata dalla convenuta con la terza venditrice RAGIONE_SOCIALE, in data 5/6/98, con atto per notar COGNOME, al prezzo complessivo di £. 260.000.000, di cui £.140.000.000 versati in precedenza e £.120.000.000 pagati all’atto di vendita mediante sottoscrizione di un mutuo fondiario, dissimulava una donazione indiretta per avere ella corrisposto alla convenuta acquirente il denaro della caparra e dell’acconto sul prezzo e poi provveduto a pagare le rate di mutuo; rappresentò, quindi, che ella aveva abitato con la figlia nell’appartamento, di cui era comodataria, fino al 2007, quando quest’ultima , pur conoscendo le sue condizioni precarie di salute e di reddito, aveva promesso in vendita l’appartamento a terzi; chiese, pertanto, che fosse pure disposta la revocazione per ingratitudine della accertata donazione.
Nel corso del giudizio, NOME COGNOME ottenne altresì la reintegrazione nel possesso dell’appartamento a cui non aveva p otuto più accedere perché NOME COGNOME durante il suo ricovero in ospedale, aveva provveduto al cambio della serratura di accesso.
Nel contraddittorio con NOME COGNOME che negò il pagamento delle rate di mutuo da parte della madre, con sentenza n. 4010/2013, il Tribunale di Roma, accertata la donazione indiretta
dell’appartamento acquistato dalla terza venditrice RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME ne dispose la revocazione per ingratitudine.
2.1. Con sentenza n. 5119/2019, la Corte d’appello di Roma , adita da entrambe le parti, confermò la sentenza del Tribunale.
2.1. Per quel che qui ancora rileva, la Corte d’appello ritenne sussistere la prova indiziaria che la dante causa COGNOME avesse corrisposto, alla figlia COGNOME la provvista per la corresponsione dell’importo della caparra e dell’acconto sul prezzo e avesse poi provveduto anche a pagare le rate di mutuo, valutando la corrispondenza degli importi degli assegni a firma di COGNOME con le somme formalmente versate da COGNOME, la coincidenza delle date di emissione con la data di stipula del preliminare e delle date dei prelievi dal conto corrente intestato alla madre con le date di scadenza del mutuo, il contenuto delle dichiarazioni testimoniali, il rapporto di filiazione , la giovane età dell’acquirente e il suo essere priva di fonti di reddito.
Così ricostruita la prova dell’effettivo pagamento del prezzo da parte di Cerino e della sussistenza della donazione indiretta, la Corte di merito aggiunse, quindi, che Messina non aveva dato prova di avere invece corrisposto il prezzo con i suoi mezzi.
Escluse, quindi , la rilevanza del giudicato formatosi sull’avvenuto pagamento, da parte del terzo NOME COGNOME, ex marito di Cerino, di otto rate di mutuo, pari a un quarto del prezzo e della mancanza di prova della corresponsione dell’ultima rata.
Infine, confermò che costituisce ingratitudine rilevante ai fini della revocazione della donazione l’avere Messina promesso in vendita l’appartamento in cui la madre COGNOME viveva quale comodataria, pur conoscendone le condizioni precarie di salute e di reddito.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, illustrati da successiva memoria; NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve escludersi l’inammissibilità del ricorso per mancata esposizione dei fatti di causa, come eccepito dalla controricorrente, posto che l’ultimo paragrafo dopo l’esposizione dei motivi, è stato dedicato alla dettagliata ricostruzione delle vicende di giudizio.
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e 2697 cod. civ., per avere la Corte d’appello erroneament e invertito l’onere della prova, affermando che ella avrebbe dovuto provare di avere pagato il prezzo dell’immobile ; ha, quindi, aggiunto, con un secondo profilo, che il ragionamento indiziario comunque non aveva tenuto conto che era stato accertato, con efficacia di giudicato, che un quarto del prezzo era stato pagato non dalla attrice COGNOME ma da un terzo e che era perciò preclusa la configurabilità di una donazione indiretta.
1.1. Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha ricostruito la prova dell’avvenuta dazione della provvista di denaro per il pagamento del prezzo, effettuata dalla madre COGNOME alla figlia acquirente, riscontrandola in alcuni assegni e nel diretto pagamento di alcune delle rate del mutuo formalmente intestato a quest’ultima : sul punto, ha svolto in motivazione un ragionamento indiziario che non risulta adeguatamente censurato.
In particolare, la Corte d’appello ha ribadito che si può ricavare la prova che la dante causa COGNOME abbia corrisposto, alla figlia COGNOME la provvista per la corresponsione dell’importo della caparra e
dell’acconto sul prezzo e a bbia poi provveduto anche a pagare le rate di mutuo, valutando la coincidenza degli importi degli assegni a firma di Cerino con le somme formalmente versate da Messina e delle date di emissione con la data di stipula del preliminare, nonché la corrispondenza delle date dei prelievi dal conto corrente intestato alla madre con le date di scadenza del mutuo; ha, quindi, valorizzato il contenuto delle dichiarazioni testimoniali, il rapporto di filiazione, la giovane età dell’acquirent e e il suo essere priva di fonti di reddito.
Questo ragionamento indiziario risulta costruito in corretta applicazione dei principi fissati da questa Corte, secondo cui nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ id quod plerumque accidit , sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. Sez. 3, n. 1163 del 21/01/2020; Sez. 2, n. 3513 del 06/02/2019).
La Corte territoriale ha, quindi, ulteriormente rafforzato la motivazione confrontando le risultanze degli indizi con le dichiarazioni testimoniali raccolte, per poi rimarcare che, a fronte di questi elementi, Messina non si sia «fatta carico» della prova del pagamento del prezzo, atteso che «nessuna attività di allegazione in tal senso è stata svolta in prime cure, né tanto meno è stata formulata» in secondo grado.
Così decidendo, non ha violato il principio di ripartizione dell’onere probatorio, perché ha inteso soltanto sottolineare la consistenza del sostegno probatorio offerto dall’attrice COGNOME rispetto alla totale mancanza di allegazioni e prove da parte di Messina.
Peraltro, chiaro indice del reale significato della frase della sentenza, estrapolata invece dalla ricorrente per supportare la denuncia di violazione del riparto dell’onere probatorio , è nel richiamo, in motivazione, alla sentenza n. 17628 del 10/08/2007 di questa Corte: in questa pronuncia riportata nella sentenza impugnata, infatti, è stata proprio esclusa l’inversione dell’onere probatorio e confermata la decisione del Giudice di merito che, avendo esaminato e correttamente analizzato tutte le circostanze indizianti desumibili dagli atti di causa, valutandole nel loro complesso, aveva poi rilevato il carattere fittizio di un contratto di compravendita anche dalla circostanza che il compratore non avesse fornito la prova contraria dell’avvenuto pagamento del prezzo.
1.2. Quanto, poi, alla omessa valutazione dell’accertamento sull’avvenuto pagamento soltanto parziale del prezzo, in disparte la considerazione che la sentenza pronunciata tra Messina e il terzo estraneo non spiega effetti di giudicato nel presente giudizio perché Cerino non ha partecipato al procedimento in cui è stata resa, vi è che il mancato pagamento integrale del prezzo non può rilevare ai fini di una diversa statuizione: questa Corte, infatti, ha puntualizzato nel 2019, richiamando la propria precedente giurisprudenza che aveva visto una sola pronuncia difforme nel 2014, che la donazione ricorre anche nel caso in cui le somme messe a disposizione del donante soddisfino solo in parte l’obbligo di pagamento del prezzo della vendita, purché, evidentemente, sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme (Cass. Sez. 2 n. 19400 del 18/07/2019).
Resta soltanto, in tal caso, da considerare -ma è questione non posta nel presente giudizio e, perciò, del tutto estranea alla fattispecie – che laddove risulti prova che le somme donate non siano in grado di
coprire per l’intero l’obbligazione gravante sul compratore, l’oggetto della liberalità debba essere identificato, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato corrispondente alla quota parte di prezzo soddisfatta con la provvista fornita dal donante (così in Cass. 19400/19 cit.).
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per avere il giudice fondato la decisione su una prova «immaginaria», mai offerta dalle parti e per avere disatteso le risultanze della prova testimoniale.
In particolare la ricorrente ha individuato quale oggetto della sua censura, ancora una volta, una frase estrapolata dal contesto della motivazione e, cioè, l’indicazione che il terzo NOME COGNOME che avrebbe materialmente pagato otto delle rate di mutuo, avesse «la delega per operare sul conto» di Cerino; nel diverso giudizio conclusosi con la sentenza invocata impropriamente a giudicato, invece, sarebbe stato accertato che il pagamento è avvenuto dal conto intestato al solo COGNOME.
2.1. Il motivo è inammissibile per sua formulazione.
È stato chiarito che il travisamento della prova, per essere censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., postula: a) che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova ( demonstrandum ), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima ( demonstratum ), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio;
che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza (Cass. Sez. 1, n. 9507 del 06/04/2023.)
Queste condizioni non ricorrono nella specie, posto che, come si è detto al punto 1.1., l’avvenuta corresponsione anche non integrale del prezzo non esclude la sussistenza della donazione indiretta.
A ciò si aggiunga che, per sé sola, la frase riportata non è significativa di alcun errore di fatto, perché ha un diverso significato: la Corte d’appello, infatti, ha soltanto rimarcato che COGNOME, seppure autore materiale del pagamento, aveva comunque la disponibilità del denaro di Cerino perché poteva operare sul conto di quest’ultima.
Infine, per la restante parte, tutta la censura è diretta ad una rivalutazione dei fatti preclusa a questa Corte.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della ricorrente NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore della resistente NOME COGNOME liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda