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Donazione indiretta: revoca per ingratitudine

Una madre finanzia l’acquisto di un immobile per la figlia, configurando una donazione indiretta. Quando la figlia, in seguito, tenta di vendere l’immobile e cambia la serratura, impedendo l’accesso alla madre che vi abitava, quest’ultima agisce in giudizio. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso della figlia e convalidando la revoca della donazione indiretta per grave ingratitudine, basandosi su prove presuntive.

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Donazione Indiretta: quando il gesto di un genitore può essere revocato per ingratitudine

L’acquisto di una casa per un figlio è uno degli atti di generosità più comuni all’interno di una famiglia. Spesso, un genitore fornisce il denaro necessario, realizzando così una donazione indiretta. Ma cosa succede se il rapporto si deteriora e il figlio compie atti lesivi nei confronti del genitore benefattore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo delicato tema, chiarendo i presupposti per la revoca di una donazione per ingratitudine e le modalità con cui tale donazione può essere provata in giudizio.

I fatti di causa: l’acquisto dell’immobile e l’origine del conflitto

Una madre decideva di aiutare economicamente la propria figlia nell’acquisto di un appartamento, fornendole le somme necessarie sia per la caparra e l’acconto, sia per il pagamento delle rate del mutuo. Si configurava così una classica ipotesi di donazione indiretta. La madre, inoltre, andava a vivere con la figlia nell’immobile, in regime di comodato d’uso.

La situazione precipitava quando, anni dopo, la figlia, a conoscenza delle precarie condizioni di salute e di reddito della madre, non solo prometteva in vendita l’appartamento a terzi, ma durante un ricovero ospedaliero della madre, provvedeva a cambiare la serratura della porta, impedendole di fatto il rientro. Di fronte a tali comportamenti, la madre si rivolgeva al Tribunale per chiedere che fosse accertata la donazione indiretta e disposta la sua revoca per ingratitudine.

La prova della donazione indiretta tramite presunzioni

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda della madre. La figlia, tuttavia, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando principalmente un’errata applicazione delle norme sull’onere della prova. A suo dire, i giudici avrebbero erroneamente preteso da lei la prova di aver pagato l’immobile con mezzi propri, invertendo l’onere che spettava invece alla madre.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo un punto fondamentale: la prova di una donazione indiretta può essere fornita anche attraverso presunzioni, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente costruito il loro ragionamento su una serie di indizi convergenti:

* La coincidenza temporale tra l’emissione di assegni da parte della madre e il versamento di caparra e acconto da parte della figlia.
* La corrispondenza tra le date dei prelievi dal conto della madre e le scadenze delle rate del mutuo.
* Le dichiarazioni testimoniali che confermavano l’accordo.
* La giovane età della figlia all’epoca dell’acquisto e la sua assenza di fonti di reddito proprie.

Di fronte a un quadro probatorio così solido fornito dalla madre, la totale assenza di allegazioni e prove contrarie da parte della figlia ha rafforzato il convincimento dei giudici, senza che ciò costituisse un’inversione dell’onere della prova.

L’ingratitudine che giustifica la revoca

Una volta accertata la natura di donazione indiretta dell’operazione, la Corte ha confermato che il comportamento della figlia integrasse pienamente gli estremi dell’ingratitudine. L’aver messo in vendita l’immobile in cui viveva la madre, ben conoscendo le sue difficoltà economiche e di salute, è stato ritenuto un atto di grave pregiudizio morale e materiale, sufficiente a giustificare la revoca del beneficio ricevuto. La Cassazione ha inoltre precisato che, ai fini della configurabilità di una donazione indiretta, non è necessario che il donante fornisca l’intero prezzo del bene, essendo sufficiente che contribuisca anche solo in parte, purché sia dimostrato il nesso tra la dazione del denaro e il successivo impiego per l’acquisto.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso basandosi su principi consolidati in materia di prova per presunzioni. Il ragionamento indiziario svolto dalla Corte d’Appello è stato ritenuto corretto e immune da vizi logici, in quanto fondato sull’applicazione dell’ id quod plerumque accidit (ciò che accade di solito). I giudici hanno sottolineato che non è necessario un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale tra il fatto noto (i versamenti della madre) e quello ignoto (la donazione), ma è sufficiente un giudizio di alta probabilità. La censura della ricorrente è stata giudicata inammissibile poiché mirava a una rivalutazione dei fatti, preclusa nel giudizio di legittimità. Anche il secondo motivo, relativo a un presunto travisamento della prova, è stato dichiarato inammissibile per carenza dei presupposti richiesti dalla giurisprudenza per tale tipo di vizio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un importante principio a tutela dei donanti: la generosità non può essere ripagata con l’ingratitudine. La decisione chiarisce che la fornitura di denaro per l’acquisto di un immobile a favore di un figlio è una donazione indiretta del denaro stesso, e come tale è soggetta a revoca. Questo provvedimento conferma che il sistema giudiziario offre strumenti per proteggere chi, dopo aver compiuto un atto di liberalità, si trova vittima di comportamenti gravemente lesivi da parte del beneficiario, anche all’interno dei legami familiari più stretti.

Quando l’acquisto di un immobile da parte di un figlio con denaro del genitore si considera donazione indiretta?
Si considera donazione indiretta quando viene provato, anche tramite presunzioni (come la coincidenza di date e importi, la mancanza di reddito del figlio, etc.), che il genitore ha fornito il denaro con lo specifico scopo di permettere al figlio l’acquisto, arricchendolo.

È possibile revocare una donazione indiretta per ingratitudine?
Sì. La Corte ha confermato che la donazione indiretta può essere revocata se il beneficiario compie atti di grave ingratitudine, come mettere in vendita la casa dove vive il genitore donante, conoscendo le sue condizioni precarie di salute e reddito.

Come si può provare in giudizio una donazione indiretta?
La prova può essere fornita attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti. Il giudice può basare la sua decisione su un insieme di indizi, come la corrispondenza tra i versamenti del genitore e i pagamenti del figlio, le testimonianze, il rapporto di parentela e la situazione economica delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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